Meglio La Seconda! SuperHeavy Vs. Brogues

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 Per la serie una cosa tira l’altra in questi giorni è disponibile su YouTube Miracle Worker il primo brano dei SuperHeavy, la band di Jagger, Stewart, Stone, A.R. Rhaman e Marley (figlio). Si tratta di un reggae-pop non memorabile ma meno peggio di quello che mi aspettavo e che anticipa l’album che anche se TBC (To Be Confirmed) dovrebbe uscire il prossimo 20 settembre per la A&M (e pare non sia poi male ma vige sempre il sistema San Tommaso, provare per credere). Cantano Damian Marley, che dovrebbe essere l’autore (ma forse è Mick) Jagger e Joss Stone.

Di quest’ultima è in uscita il 26 luglio il nuovo album LP1 prodotto da Dave Stewart, registrato in quel di Nashville qualche tempo or sono e molto meglio di quanto mi aspettavo. Da quello che ho sentito (una volta, velocemente) mi sembra un ritorno alle promesse del primo album anche se la bilancia sonora sì è spostata verso un sound più rock e commerciale ma di buona qualità e lei con la voce chi si ritrova, senza rappers e sonorità dance imposte dalla (ex) casa discografica, è libera di cantare a piena ugola. Sta ritornando sulla retta via, anche se il nuovo progetto potrebbe traviarla di nuovo. Vedremo, in fondo ha solo 24 anni! Questa è la canzone dei Super Heavy

Si diceva, una cosa tira l’altra, en passant Miracle Worker era anche il titolo originale del film Anna dei miracoli di Arthur Penn con Ann Bancroft, ma Ain’t No Miracle Worker era il titolo di una Nugget presente nel cofanetto su garage e psichedelia curato da Lenny Kaye ma non nel doppio LP originale Nuggets. Il brano, cantato dai Brogues, ovvero Gary Duncan e Greg Elmore dei futuri Quicksilver Messenger Service, era la versione originale di Sono un ragazzo di strada dei Corvi (ebbene sì, anche quella era una cover)! E mi sembra molto meglio della prima. Ascoltare, please!

That’s All Folks!

Bruno Conti

Blackie And The Rodeo Kings – Re e Regine!

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Blackie and The Rodeo Kings – Kings and Queens – Dramatico Records

Il Canada ha regalato alla musica una serie di grandi talenti, prima Neil Young, Joni Mitchell, la Band e Leonard Cohen, che però sono riconosciuti come musicisti universali ma di formazione “americana”. Poi negli anni ’70 c’è stata una seconda ondata, meno importante nei nomi ma non a livello qualitativo (per semplificare all’estremo), che ha prodotto gente come Bruce Cockburn, David Wiffen, Murray McLauchlan, Valdy e Willie P. Bennett (sempre andando per citazioni). Cockburn soprattutto, in quella decade non ha sbagliato un disco, uno più bello dell’altro, ma anche gli altri hanno saputo regalare pagine di musica squisita in quegli anni.

Il nome che ci interessa qui è quello di Willie P. Bennett, perché dal titolo di una sua canzone prende il nome il gruppo di cui ci occupiamo. Lo so che molti hanno già recensito questo Kings and Queens ed il sottoscritto arriva buon ultimo a parlarne ma questo album (e il gruppo) meritano tutta la mia attenzione e il mio rispetto. Intanto, il disco mi piace, forse non sarà il loro più bello (ma non sono sicuro), ma il livello qualitativo rimane molto elevato. Da quel lontano (ma non troppo) 1996 in cui esordivano con High and Hurtin’:The Songs of Willie P. Bennett il trio di Tom Wilson, Stephen Fearing e Colin Linden ha pubblicato sette album (questo CD ed una antologia compresi), e da una sorta di super cover band che pubblicava solo materiale di Bennett si sono trasformati in uno dei gruppi migliori in circolazione.

Ci sarà pure un motivo se quattordici delle migliori voci femminili della musica nord-americana sono scattate come un “sol uomo”, va bene facciamo donna, per partecipare a questo album. Forse il rispetto e l’ammirazione per tre musicisti che anche in proprio sono in grado di regalare musica emozionante, forse una occasione a cui era difficile dire no perché, stranamente, non siamo di fronte in questo caso ad uno dei classici dischi-tributo a cui si partecipa quasi per dovere. Le canzoni, scritte tutte per l’occasione alternano le tre anime del gruppo: il “rocker” Tom Wilson, che divide la sua musica anche con i Lee Harvey Osmond insieme ad alcuni Cowboy Junkies (ecco forse perché in questo album non appare Margo Timmins, ce l’aveva già in “casa”), il “romantico” Stephen Fearing, cantautore sopraffino canadese ma che ha speso la sua gioventù in Irelanda, terra del suo attuale partner musicale Andy White (i due hanno appena pubblicato un disco insieme di cui avete letto nel Blog una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white.html). Infine Colin Linden, il chitarrista e produttore, quello più vicino al Blues ma anche alla musica di Cockburn di cui è stato a lungo collaboratore e che anche gli altri due hanno incrociato spesso, ma quella è un’altra storia.

Prima dicevo che l’album sarebbe stato bello anche di suo, senza le ospiti, visto che ci sono molte belle canzoni e qualcuna un filo meno riuscita, ma dato che sono presenti parliamone: il disco parte alle grande con un country-rock chitarristico come If I can’t Have You che ben si adatta alla voce di Lucinda Williams che agisce di supporto a quella di Tom Wilson che sfodera una voce alla Nick Lowe per l’occasione mentre la solista di Linden ricorda il sound degli ultimi dischi di Lucinda ma anche grandi country-rockers canadesi come i Blue Rodeo e Blackie and The Rodeo Kings,perché no! Sarah Watkins è uno dei nomi emergenti della musica roots-folk americana, sia come cantante che come violinista (era nei Nickel Creek) e aggiunge una patina vagamente old-time e bluegrass alla slide di Linden e alla voce caratteristica di Fearing in Another Free Woman.

Rosanne Cash ha una voce inconfondibile, bellissima, matura e piena ed è una di quelle che più caratterizza il brano a cui partecipa, Got You Covered avrebbe potuto essere nel suo ultimo bellissimo The List invece la trovate qui a duettare con Colin Linden che ci regala anche un delizioso assolo di chitarra. Amy Helm si conferma degna figlia di tanto padre (e leader delle Olabelle) nel bellissimo duetto dai profumi soul con Tom Wilson nella ritmata I’m Still Lovin’ You mentre la slide di Linden ricama altre note di contorno.

E fin qui stiamo andando alla grande: Golden Sorrows di e con Stephen Fearing è una ballata avvolgente e Cassandra Wilson si conferma voce di gran classe e distinzione nell’adattarsi ai ritmi e alle melodie delicate di Fearing e alla magica chitarra di Linden. Patti Scialfa, eh, dunque, sarà sempre la signora Springsteen ma se la cava molto bene nella cover (ebbene sì ho mentito, ce ne sono due) di Shelter me Lord dei coniugi Buddy & Julie Miller, un gospel blues tagliente e affilato cantato con Colin Linden. Pam Tillis è anche lei figlia d’arte (e in questo disco abbondano) ed è una delle cantanti country meno legate ai rigidi cerimoniali di Nashville, quindi una canzone come My Town Has Moved Away se la canta lei con un piccolo aiutino da parte di Fearing, sarà anche country ma ci piace lo stesso. Janiva Magness è una delle “nuove” regine del Blues e in questo trio con Fearing e Wilson porta la sua verve ad un brano scanzonato come How Come You Treat Me Soooo Bad.

Step Away è l’altra cover, come è giusto che sia, un brano di Willie P. Bennett, cantato da Colin Linden e Tom Wilson, un brano lento e spettrale che ben si adatta alla vocalità di Emmylou che come al solito fà la Harris della situazione, ma non è memorabile come in altre occasioni. Memorabile è invece la presenza di Mary Margareth O’Hara per la rarità delle sue apparizioni (a fronte di tanto talento, ma ha deciso così e quindi godiamocela quando c’è): Heart Of Mine è un brano insolitamente mosso nel suo canone sonoro abituale ma la zampata di classe della vocalist in un brano fondamentalmente country e cantato con evidente piacere in compagnia di Wilson e Fearing è una gradita sorpresa.

Holly Cole è un’altra canadese che si dedica abitualmente al jazz ma non disdegna capatine nel mondo dei cantautori e questa bellissima ballata di Fearing (con un ennesimo intervento della solista di Linden) ne esalta le capacità vocali. Ottimo anche il contributo di una divertita Exene Cervenka che si avventura con Tom Wilson in un brano come Made of Love che avrebbe fatto la gioia di “popparoli” di classe come Lowe e Edmunds, detti anche i Rockpile o del T-Bone Burnett del primo periodo. Ma perché l’avrò nominato? Son troppo astuto: in Love Lay Me Down appare Sam Phillips, la sua ex-signora e ci delizia con questo rarefatto e ricercato duetto con Colin Linden che tanto ricorda la sua musica (peraltro da scoprire se non conoscete) ma forse stona un po’ con il resto del disco.

Il brano più bello è l’ultimo (ma ce ne sono tanti): la versione in crescendo di Black Sheep di Stephen Fearing cantata con la giovane e pimpante Serena Ryder, con il violino aggiunto di Sara Watkins e la chitarra di Linden è veramente da brividi e conclude in pompa magna un disco che conferma Blackie and The Rodeo Kings come uno dei migliori gruppi in circolazione.

Mi sono dilungato apposta perché ne valeva la pena e vi consiglio vivamente questo disco a prescindere dalle “regine”, sarebbe bello anche se non ci fossero, ma visto che ci sono, godetevele! In questo momento sono al n.1 delle classifiche Folk-Blues-Roots canadesi, e son soddisfazioni anche queste.

Bruno Conti

Sandy Denny – Una Storia Che Non Finisce Mai!

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 Aggiungerei “per fortuna” al titolo del Post. O se preferite Sandy Denny News.

Ogni tanto (quando ho tempo) mi faccio un giro per il Web e poi approfondisco. Cosa sono quei due album che vedete qui sopra? Il primo, che uscirà il 19 settembre per la Witchseason (l’etichetta di Dave Cousins degli Strawbs), si chiama 19 Rupert Street ed è una registrazione casalinga di Sandy Denny con Alex Campbell fatta il 5 agosto del 1967 in quel di Glasgow, appunto al 19 di Rupert Street. Secondo Cousins, che la conosceva molto bene, si tratta di un vecchio nastro dove i due ridono, scherzano e, soprattutto, cantano in un’atmosfera rilassata e divertita, priva di quell’aura malinconica che si sarebbe impadronita della personalità di Sandy Denny negli anni a seguire, e che peraltro era parte del suo fascino (come di quello di Nick Drake). Sempre secondo Dave Cousins, dopo il lavoro tecnico di masterizzazione ed editing fatto dal “mago” Chris Tsangarides, il tutto rimane comunque una home recording ma con “una presenza” tale che vi sembrerà di essere lì con loro in quella stanza!

Tracklisting:

1. The Leaves Of Life
2. Willie Moore
3. Balulalow
4. The Sans Day Carol
5. Trouble In Mind
6. Jimmie Brown The Newsboy
7. The Midnight Special
8. Milk And Honey
9. Who Knows Where The Time Goes?
10. Fairytale Lullaby
11. She Moves Through The Fair
12. (And so to bed) Chuffa Chuffa Chuff/Clementine/Jesus Loves Me

L’altro disco è una cosa più complessa. Non sarebbe la prima volta che vengono completate registrazioni inedite in maniera postuma ma in questo caso Thea Gilmore sembra che abbia messo in musica una serie di liriche di canzoni mai pubblicate da Sandy Denny. Il tutto si intitolerà The Technicolour Dream e dovrebbe uscire per la Island (o per la Decca, Universal comunque) in una data compresa tra il 22 agosto e la metà di settembre. Speriamo che come reperibilità vada meglio del Box! TBC (to be confirmed), da confermare, come si usa dire, i brani dovrebbero essere questi:

1. Glistening Bay
2. Don’t Stop Me Singing
3. Frozen Time
4. Goodnight
5. London
6. Pain In My Heart
7. Sailor
8. Long Time Gone
9. Song No. 4
10. Georgia         

Due aggiunte che riguardano i Fotheringay.

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Il primo è la registrazione di un concerto tenuto alla famosa Grugahalle di Essen, in Germania il 23 ottobre del 1970. Etichetta Thors Hammer, per il momento è uscito solo in Germania. Come per il recente Ebbets Fields dei Fairport Convention la rimasterizzazione è stata curata da Jerry Donahue. L’altro è un DVD (con bonus CD): non so cosa vuol dire perché non sono ancora riuscito a trovarlo. Il DVD dovrebbe contenere 4 brani, registrati sempre per la potente televisione tedesca nel 1970 e mandati in onda nella trasmissione Beat Club, 2 brani, gli altri due non dovrebbero essere mai andati in onda. Too Much Of Nothing, Gipsy Davey, Nothing More, John The Gun i titoli, Gonzo Records l’etichetta.

Sembra interessante. Lo so che sembra di essere un po’ malati di mente o “carbonari” a parlare di queste cose, ma come recita il titolo di questa rubrica all’interno del Blog bisogna pure spargere il Verbo (sono autoironico, prima che arrivi qualche commento indignato)!

Bruno Conti

L’Erede Di Johnny Winter? Eric Sardinas and Big Motor – Sticks and Stones

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Eric Sardinas and Big Motor – Sticks and Stones – Mascot/Provogue/Edel

 Il nuovo disco, nel momento in cui scrivo, è ancora di là da venire (esce il 29 agosto) quindi vado con lo streaming dell’album e con le informazioni fornite dalla casa discografica. Però sono sempre da prendere con le molle (casa americana, non ce l’ho con gli italiani): secondo la Mascot, la sua nuova etichetta, questo è il settimo album, o meglio, per essere precisi, si parla di sei album precedenti. Mi sono perso qualcosa? Il primo, Treat Me Right, è del 1999, come spesso succede è il migliore, con Johnny Winter e Hubert Sumlin ospiti. Vogliamo considerare anche Angel Face del 2000 che è un EP con 3 brani? Devil’s Train, ancora ottimo del 2001, è quello prodotto da David “honeyboy” Edwards (che ha appena compiuto 96 anni). Black Pearls del 2003, prosegue la sua carriera di epigono di Winter. Poi, dopo una lunga pausa, nel 2008 il primo omonimo con il nuovo gruppo Big Motor, un nuovo produttore, Matt Gruber (ma quello prima era curato da Eddie Kramer, l’ingegnere del suono di Hendrix), che nel suo CV conta Ricky Martin, Carrie Underwood e gli Scorpions.!?! Nel suono del gruppo entrano anche tastiere, voci femminili e un repertorio più mainstream, con qualche ballata, virate southern e meno freschezza anche se Sardinas suona la sua Resonator elettrificata sempre con gusto e furore. Sarebbero 4 album e un EP. Vogliamo aggiungere anche il DVD del 2010 (solo 45 minuti purtroppo).

Questo nuovo CD riporta pregi (molti) e difetti (qualcuno) del precedente album. La slide viaggia sempre alla grande: per credere, provate a sentire il terrificante strumentale Behind The 8, dove Sardinas si conferma l’erede dello stile pirotecnico, tra R&R e Blues, del grande Johnny Winter.

Ci sono brani come Goodness e Burnin’ Sugar dove il suono assume sapori tra southern rock e rock “classico” alla Black Crowes, con le chitarre acustiche ed elettriche che si fondono al suono delle tastiere e i coretti delle backing vocalists si aggiungono alla voce più “educata” di Eric.

E possiamo aggiungere anche l’iniziale Cherry Wine a questo nuovo corso musicale, sempre ottimo e piacevole ma “diverso” dal suono più selvaggio e meno curato dei primi dischi. Road to Ruin, più tirata e bluesata ci fa gustare il lato più ruspante della sua musica. Anche Full Tilt Mama con il suo pianino scatenato aggiunto non è male, mi ha ricordato, anche per la foga di Sardinas, certe cose del Rory Gallagher più ispirato di metà anni ’70.

County Line è un bel country blues che ci riporta al suono più canonico dei primi dischi. Mentre Through The Thorn è il classico Blues alla Sardinas, tirato e ricco di pathos, nella migliore tradizione del chitarrista della Florida. Ratchet Blues è un breve brano acustico mentre Make It Shine oscilla tra il suono acustico ed elettrico della Resonator del nostro amico e nelle sue atmosfere vagamente Zeppeliniane ricorda certe cose dell’ottimo John Campbell, un musicista che andrebbe sottoposto ad un adeguato ripasso. In conclusione c’è perfino una ballata come Too Many Ghosts, niente male peraltro.

A quando un bel Live?

Bruno Conti

Ancora Piccoli Tesori Dalla EMI Inglese. Cofanetti Barclay James Harvest e UFO

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Uno è già uscito la scorsa settimana (UFO), l’altro uscirà la prossima settimana (Barclay James Harvest), in ogni caso un plauso alla Emi inglese che sta aprendo i propri archivi con una serie di cofanetti retrospettivi dopo quelli dedicati agli Hollies e Frankie Miller, e il tutto a prezzi molto contenuti (ma poi ve la “faranno pagare” a fine settembre quando inizieranno a uscire i Box dedicati ai Pink Floyd!). Comunque per il momento:

il cofanetto quintuplo dedicato agli UFO The Chrisalys Years 1973-1979 contiene i 5 album originali di studio (quelli dell’era Michael Shenker), Phenomenon, Force It, No Heavy Petting, Lights Out, Obsession più il doppio Live Strangers In The Night. Se non fossero stati tutti ripubblicati, non da molto, a prezzo speciale e con bonus, sarebbe perfetto. In ogni caso, visto il prezzo e la notevole mole di inediti, compreso un concerto del 1974 all’Electric Ballroom di Atlanta e molte altre chicche, il cofanetto rimane interessante.

Ecco la lista completa dei brani:

Disc 1:
‘Give Her The Gun’ (Single A-Side)
‘Sweet Little Thing’ (Single B-Side)
‘Oh My’
‘Crystal Light’
‘Doctor Doctor’
‘Space Child’
‘Rock Bottom’
‘Too Young To Know’
‘Time On My Hands’
‘Built For Comfort’
‘Lipstick Traces’
‘Queen Of The Deep’
‘Doctor Doctor’ (Single Edit) *
Bob Harris session (28th October 1974):
‘Rock Bottom’
‘Time On My Hands’
‘Give Her The Gun’

Disc 2:
Electric Ballroom, Atlanta, GA 5th November 1974 (Previously Unreleased):
‘Oh My’
‘Doctor Doctor’
‘ Built For Comfort’
‘Give Her The Gun’
‘Cold Turkey’
‘Space Child’
‘Rock Bottom’
‘Prince Kujuku’
‘Let It Roll’
‘Shoot Shoot’
‘High Flyer’
‘Love Lost Love’
‘Out In The Street’

Disc 3:
‘Mother Mary’
‘Too Much Of Nothing’
‘Dance Your Life Away’
‘This Kid’s’ (Including ‘Between The Walls’)
‘Natural Thing’
‘I’m A Loser’
‘Can You Roll Her’
‘Belladonna’
‘Reasons Love’
‘Highway Lady’
‘On With The Action’
‘A Fool In Love’
‘Martian Landscape’
‘Too Hot To Handle’
‘Just Another Suicide’
‘Try Me’
‘Lights Out’

Disc 4:
‘Gettin’ Ready’
‘Alone Again Or’
‘Electric Phase’
‘Love To Love’
‘Try Me’ (Single Remix) *
John Peel session (27th June 1977)
‘Too Hot To Handle’
‘Lights Out’
‘Try Me’
‘Only You Can Rock Me’
‘Pack It Up (And Go)’
‘Arbory Hill’
‘Ain’t No Baby’
‘Lookin’ Out For No 1′
‘Hot ‘N’ Ready’
‘Cherry’
‘You Don’t Fool Me’
‘Lookin’ Out For No 1′ (Reprise)
‘One More For The Rodeo’
‘Born To Lose’
‘Only You Can Rock Me’ (Single Version) *

Disc 5
‘Natural Thing’
‘Out In The Street’
‘Only You Can Rock Me’
‘Doctor Doctor’
‘Mother Mary’
‘This Kid’s’
‘Love To Love’
‘Lights Out’
‘Rock Bottom’
‘Too Hot To Handle’
‘I’m A Loser’
‘Let It Roll’
‘Shoot Shoot’
‘Doctor Doctor’ (Live Single Edit)
‘On With The Action’ (Live Single B-Side) *

* – Available on CD for the first time              

Sempre 5 CD per il cofanetto dedicato ai Barclay James Harvest Taking Some Time On: The Parlophone – Harvest Years 1968-1973 che comprende i 4 album pubblicati per la Harvest Barclay James Harvest, Once Again, …and other short stories, Baby James Harvest e, in questo caso, veramente una valanga di extra, singoli, demo, brani live e BBC, versioni alternative e molto altro.

Non male per un gruppo che un giornalista definì Poor Man’s Moody Blues e che qualche anno dopo, nel 1977 in Gone To Earth, divenne il titolo di un brano che citava Nights in White Satin e rendeva omaggio ai Moody Blues stessi.

Anche in questo caso ecco la tracklisting completa:

DISC ONE:

1. Early Morning (A side)
2. Mr Sunshine (B side)
BBC Top Gear Session (1968)
(Recorded: 23rd April 1968 / Transmitted: 5th May 1968)
3. So Tomorrow
4. Eden Unobtainable
5. Eden Unobtainable (1968 version)
BBC Top Gear Session (1968)
(Recorded: 30th July 1968 / Transmitted: 4th August 1968)
6. Night
7. Pools Of Blue
8. Need You Oh So Bad
9. Small Time Town
10. Dark Now My Sky
11. Brother Thrush (A side)
12. Poor Wages (B side)
13. Mocking Bird (1970 Version)
Their First Album (1970)
Side One
14. Taking Some Time On
15. Mother Dear
16. The Sun Will Never Shine
17. When The World Was Woken

DISC TWO

Their First Album (1970)
Side Two
1. Good Love Child
2. The Iron Maiden
3. Dark Now My Sky
4. I Can’t Go On Without You
Once Again (1971)
5. She Said
6. Happy Old World
7. Song For Dying
8. Galadriel
9. Mocking Bird
10.Vanessa Simmons
11. Ball And Chain
12. Lady Loves

DISC THREE

Once Again bonus tracks
1. Introduction – White Sails (A Seascape)
2. Too Much On Your Plate
3. Galadriel (Non-Orchestral version)
4. Happy Old World (Take one)
5. Song For Dying (Full version)
6. Mocking Bird (Extended Non-Orchestral version)
7. Dark Now My Sky (Live)
BBC Bob Harris session (1971)
(Recorded: 29th June 1971 / Transmitted: 5th July 1971)
8. Galadriel
9. She Said
10.Someone There You Know
11. Ursula (The Swansea Song)

DISC FOUR

And Other Short Stories (1971)
1. Medicine Man
2. Someone There You Know
3. Harry’s Song
4. Ursula (The Swansea Song)
5. Little Lapwing
6. Song With No Meaning
7. Blue John’s Blues
8. The Poet
9. After The Day
10.Brave New World (Demo)
BBC Bob Harris session
(Recorded: 15th March 1972 / Transmitted: 3rd April 1972)
11. Child Of Man
12.Medicine Man
13.I’m Over You (A side)
14.Child Of Man (B side)
15.Breathless (A side)
16.When The City Sleeps (B side)
17.Medicine Man (B side)

DISC FIVE

BBC Bob Harris session (1972)
(Transmitted: 9th October 1972) *Previously Unreleased
1. One Hundred Thousand Smiles Out
2. Delph Town Morn
3. Thank You
Baby James Harvest (1972)
4. Crazy Over (You)
5. Delph Town Morn
6. Summer Soldier
7. Thank You
8. One Hundred Thousand Smiles Out
9.Moonwater
10.Thank You (Alternate version)
11. Rock And Roll Woman (A side)
12. The Joker (B side)    

E questo è “solo” il primo periodo, attendiamo il box del periodo Polydor ed eventuali seguìti. Se non li conoscete e amate il rock progressivo melodico, trattasi di acquisto ideale.

Alla prossima.

Bruno Conti

Sarà Mica Blues? Ruff Kutt Blues Band – Mill Block Blues

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Ruff Kutt Blues Band – Mill Block Blues – Ruff Kut Blues Rec.

A volte si credono delle cose non vere: per anni sono stato convinto che il cognome di Anson Funderburgh si scrivesse con la “n” (e quindi Anson Fundenburgh) e sono rimasto di questa idea dai tempi del suo primo album che risale all’ormai lontano 1981. Questa è l’occasione per correggermi e anche per parlare del nuovo album del personaggio in questione. Perché sotto quel nome Ruff Kutt Blues Band si celano Funderburgh ed una schiera di amici e musicisti Blues, perlopiù Texani, riuniti per l’occasione, anche benefica visto che raccoglie fondi per musicisti  malati o in difficoltà.

Il grande chitarrista texano non incideva un nuovo disco dal 2003, anno del disco Which Way Is Texas, ultimo della lunga collaborazione con Sam Myers, poi scomparso nel 2006. In effetti mi sembrava che i suoi dischi (a parte molte ristampe su Hepcat del vecchio materiale) non circolassero più, ma a volte è solo distrazione e uno si “dimentica” di un musicista.

Ma “The Master of The Stratocaster” (per non confonderlo con Albert Collins e James Burton che erano the Masters of The Telecaster) non è un chitarrista qualunque: intanto (come Ronnie Earl) non ha mai cantato e si è sempre avvalso di cantanti (e armonicisti) che lo facessero per lui, agli inizi Darell Nulisch e poi per un ventennio nel suo gruppo dei Rockets, il già citato Sam Myers. E questo già è ammirevole, se non sei capace lascia fare agli altri, non come fanno alcuni che non citerò (ma ogni tanto nelle mie recensioni lo dico). L’altro fatto significativo è che Funderburgh è uno degli ultimi grandi chitarristi in grado di fondere Texas Blues e Chicago Blues, quindi uno stile molto vario ma canonico che si rifà ai grandi come Albert Collins o BB King ma anche i fratelli Vaughan di cui è contemporaneo e conterraneo, giusto per citare qualche influenza e punto di paragone.

Per questo album si è avvalso dell’operato di John Street, tastierista che si è anche occupato degli arrangiamenti e di James Goode, il bassista, che ha scritto i testi di tutti i brani. O forse viceversa, i due hanno utilizzato l’operato di Anson che suona la chitarra in tutti i brani e produce il disco Poi ci sono una valanga di ospiti: almeno sei diversi vocalists, bassisti, batteristi, armonicisti e suonatori di fisarmonica come piovesse. Il risultato finale, lungi dall’essere dispersivo è un bel disco di Blues (e dintorni) che tocca tutti i generi. Dall’iniziale Cut Like A Knife, che secondo le note del CD dura 3:64 (prego?), un bel blues cadenzato e fiatistico, cantato da Dempsey Crenshaw che suona anche l’armonica e appare come voce solista in quattro brani. La chitarra di Funderburgh, dal suono caldo e classico è subito in evidenza. Il secondo brano, Living Without You,  è cantato da Steven Richardson, un personaggino dal fisico esile che sembra si sia ingoiato BBKing e Solomon Burke e gli è avanzato anche un po’ di spazio, ma la voce è celestiale, tra soul e blues, come il brano richiede e lui si occupa anche della batteria, mentre l’ottimo assolo di sax è affidato a Ron Jones. Michael Schaefer è un altro chitarrista e cantante molto noto in Texas (un bianco come Funderburgh, ma ci sono molti musicisti neri in questo disco multietnico) che si occupa di Down On Dry Land un altro blues classico con fiati. Now You See Me è uno slow blues anomalo con la fisarmonica di Christian Dozzler a duettare con la chitarra di Funderburgh e con la voce vissuta dell’altro Jones, Andrew, un nero che già suonava negli anni ’60 nella band di Freddie King.

Senza stare a farvela troppo lunga il disco alterna blues lenti, ritmati, classici, anche strumentali come The Fowler Street Stumble con la chitarra spesso in evidenza ben sostenuta dall’organo di Street ma anche R&B gagliardi come She’s Gone cantata ancora da Andrew Jones e l’unico brano dove non appare (sembrerebbe) Funderburgh, però l’assolo di chitarra è ottimo comunque. Mill Block Blues è un bel duetto tra Schaefer e Funderburgh in pieno territorio texano mentre non manca anche un sapido brano gospel come Oh Lord cantato alla grande da tale Shuronda Kemp e il torrenziale lungo slow blues Daddy Sang The Blues con in evidenza ancora la voce e l’armonica di Crenshaw.

In definitiva se vi piacciono, nell’ordine, il Blues e Anson Funderburgh, qui c’è “trippa per gatti”, fine del messaggio!

Bruno Conti   

Bello E Divertente! Kenny “Blues Boss” Wayne – An Old Rock On A Roll

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Kenny “Blues Boss” Wayne – An Old Rock On A Roll – Dixie Frog/Stony Plain  

Non è facile al giorno d’oggi trovare un titolo divertente e calzante per un nuovo disco e quando ci riesci, come per questo disco di Kenny Wayne, non dico che sei a metà dell’opera ma sicuramente aiuta. Se poi sei un musicista di talento (pianista in questo caso) e un buon cantante e autore (tutti suoi i brani) hai fatto un ulteriore passo avanti. Niente, niente riesci anche a trovarti un buon produttore che sa suonare alla grande e, casualmente ha un ottimo gruppo, e stiamo parlando di Duke Robillard, allora è fatta.

 

I tipi della Stony Plain (Dixie Frog in Europa) quando hanno messo sotto contratto Kenny “Blues Boss” Wayne sapevano di avere tra le mani uno degli ultimi grandi pianisti del Blues (e del soul, del R&B, del boogie woogie, della musica di New Orleans): ora che Pinetop Perkins se ne è andato e Fats Domino ha molto diradato le sue presenze (per usare un eufemismo) rimangono Dr.John e Allen Toussaint a difendere la vecchia guardia. E Kenny Wayne (un 1944, anche se la sua è stata una carriera tardiva per la resistenza di una famiglia religiosa al fatto che il figlio suonasse la “musica del diavolo”) non ha nulla da invidiare a questi nomi: le influenze primarie sono state Fats Domino e Johnnie Johnson (il pianista di Chuck Berry), per non parlare di Amos Milburn e Johnny Otis ma poi il nostro amico si è fatto le ossa con molti anni on the road e con una bella serie di dischi soprattutto per la canadese Electro-Fi ma questo An Old Rock On A Roll ha quel tocco in più portato dalla classe di Robillard.

 

Lo capisci subito dal boogie woogie scatenato dell’iniziale Searching For My Baby, le mani iniziano a volare sulla tastiera, la sezione ritmica è scatenata, c’è anche un organo in sottofondo, la solista di Robillard si ritaglia un suo spazio e Wayne canta con suprema nonchalance, una bella voce, naturale e corposa, mai sopra le righe, indice di gran classe. Se poi aggiungi i fiati come nella successiva Fantasy Meets Reality la festa è garantita, jump and jive di grande intensità e coinvolgimento con tutti i musicisti che pedalano uniti verso la meta di far divertire il pubblico, e ci riescono alla grande. Non manca anche il grande Blues come nella intensa Heaven, Send Me An Angel, duro e puro nella migliore tradizione dei grandi ma anche delle ultime uscite di Duke Robillard, pensate ai migliori brani del Duke e aggiungete un grande pianista e cantante che duetta alla grande con la solista del predetto. Una spruzzatina di soul riveduto e corretto al sapore country come nell’ottima Devil Woman aggiunge ulteriore colori alla tavolozza del robusto Kenny. An Old Rock On A Roll ha quasi sonorità funky-rock alla Little Feat o Radiators che qualche ideuzza dalla musica di New Orleans l’hanno presa. Don’t Pretend è uno slow blues da after hours che calza come un pennello a Robillard e alla sua band e Wayne ci mette la ciliegina con una grande interpretazione.

Ma quando partono i ritmi in puro stile New Orleans di Run Little Joe la goduria è suprema, ti sembra di essere in un disco di Fats Domino e di quelli più coinvolgenti, divertimento e gran classe con un ritmo irresistibile, una piccola meraviglia di equilibri sonori con la parte fiatistica da antologia della musica e il resto di conseguenza. Ottimo anche il funky vibrante di Howlin’,  sulle note portanti del basso di Brad Halle e della chitarrina maliziosa di Robillard con il piano solo a colorare il sound e la voce sicura di Kenny Wayne a unire il tutto. Ancora un tocco di fifties old fashioned swing come nella deliziosa Wild Turkey 101 Proof e poi è di nuovo tempo di blues, con la fiatistica e malinconica Bring Back The Love che ricorda anche il grande Ray Charles e quindi il miglior R&B con echi gospel. Si torna al boogie woogie scatenato venato di swing e jump per l’ottima Way Overdue e poi si accelera ulteriormente per Rocking Boogie Party, un proclama fin dal titolo, con Wayne che percuote gli 88 tasti alla grande e canta anche meglio. Lo strumentale scatenato Give Thanks, con organo e piano a rubarsi la scena conclude degnamente un disco che è una piccola chicca.

Bruno Conti  

Non C’è’ Niente Da Fare, L’Originale E’ Sempre Meglio! Vargas, Bogert & Appice – VBA

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 Javier Vargas Tim Bogert Carmine Appice- VBA – Roadrunner/Warner CD+DVD 

 Vargas, Bogert & Appice, chissà perché non mi fa lo stesso effetto di Beck, Bogert & Appice? Mah! Sarà perché sono passati quaranta anni dal progetto originale? Sarà perché l’unico disco del trio originale fu una mezza delusione (ma il doppio Live in Giappone era una bomba) e poi a causa del ritardo che i tre ebbero a ritrovarsi abbiamo avuto i Cactus e la seconda versione del Jeff Beck Group con Bobby Tench, Max Middleton e Cozy Powell che non erano male (per usare un eufemismo). Il sodalizio tra Beck e la sezione ritmica dei Vanilla Fudge evidentemente era come il matrimonio tra Renzo e Lucia, “non s’aveva da fare!”.

In ogni caso quel disco sentito oggi è meno peggio di come lo si ricordava: Beck era il solito fulmine di guerra nelle sue ultime escursioni hard in un power trio prima della svolta jazz-rock di Blow By Blow che continua a tutt’oggi (ma ha appena registrato un disco di Blues con Rod Stewart), e Carmine Appice e Tim Bogert erano (e sono) una della sezioni ritmiche più devastanti della storia del rock.

Quindi cosa ci fanno con Javier Vargas e soprattutto chi è costui? La Vargas Blues band ha registrato più di venti album in una carriera iniziata nei primi anni ’90 (ma prima il chitarrista madrileno, che ha vissuto anche in Argentina, Venezuela e Stati Uniti, aveva suonato anche con altri musicisti) e una bella mattina Javier si è svegliato e ha detto “quasi quasi chiamo il mio amico Carmine e gli chiedo di registrare un disco a Las Vegas”. Detto fatto, Appice si è detto d’accordo, il bassista lo porto io e il produttore e proprietario degli Hit Track Studios, tale Tom Parham presenta loro Paul Shortino ex cantante di Rough Cut e Quiet Riot, uhm, doppio uhm! Questa la storia in breve, rimarrebbe da scegliere il materiale: brani nuovi o repertorio blues, ma Vargas propone un disco di cover di classici del rock e quindi tutto è deciso. E a questo punto temo la famosa “tavanata galattica”, ma loro, astutamente, aprono il disco con una versione di Lady che non ha nulla da invidiare all’originale sembra quasi che ci siano gli stessi musicisti dell’originale, basso e batteria pompano come ai tempi d’oro, Vargas è un bel manico e Shortino estrae dal cilindro una voce alla Paul Rodgers. Tutto bene quindi?

Ma manco per niente, il secondo brano Surrender è un vecchio pezzo dei Cheap Trick ma in questa versione sembra una copia peggiorata dei pezzi più brutti del peggior Bryan Adams. Right On una vecchia canzone di Ray Barretto che fonde il suono della slide di Vargas (non male) con fiati e percussioni (soprattutto la batteria di Appice in overdrive) in una sorta di versione riveduta e corretta dei Santana.

Insomma ci siamo capiti è un po’ come l’ultimo di Carlos Santana, qualche brano è buono, altri meno, Parisienne Walkways della coppia Lynott (l’autore) e Moore (il chitarrista) vorrebbe essere un omaggio a due musicisti che non ci sono più, la chitarra di Vargas vibra con passione ma il risultato ricorda una Samba Pa Ti pallida, bravi ma basta? E il feeling? You Keep Me Hanging On nella versione Vanilla Fudge ci sono due che la conoscerebbero piuttosto bene ma il trattamento vocale heavy di Shortino e i fiati aggiunti non c’entrano molto, per cui Carmine Appice può picchiare quanto vuole ma le tastiere programmate di tale Alfonso Perez, quelle no, grazie.

Se dovessi scegliere un brano tra i tanti belli che ha scritto Paul Rodgers non so se andrei a finire su Soul of Love e infatti anche questo brano alla fine suona come un Bryan Adams di seconda mano (una volta era bravo, mi piaceva, l’ho visto una volta agli inizi della sua carriera al Rolling Stone, ci saranno state poco più di cento persone ma fece un gran concerto, fine della digressione) certo con un ottimo chitarrista per non parlare della sezione ritmica.

Almeno Black Night dei Deep Purple la fanno più o meno uguale all’originale per cui non si può sbagliare, o sì, con quel cantante! Alla fine un brano adatto alla voce glielo hanno trovato (forse) It’s A Long Way To The Top (If You Wanna Rock’N’Roll), un pezzo degli AC/DC. E poi con un balzo degno di Bob Beamon si passa a Tonight’s The Night di Rod Stewart (cosa c’entra vi chiederete? Anch’io. No, il batterista nel brano originale era Carmine Appice): e non è neanche male, Shortino la canta bene. Si conclude in gloria con Over my shoulder di Mike and The Mechanics! E’ consentita l’ironia? Allora bisogna complimentarsi perché sono riusciti a superare l’originale che fu una mezza delusione. Mah, cosa aggiungere: nel DVD ci sono i video di due brani e un documentario sul making of.

Bruno Conti

“Materiale D’Epoca” – Brad Vickers & His Vestapolitans – Traveling Fool

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Brad Vickers & His Vestapolitans – Traveling Fool – ManHatTone Rec.

Questo è un altro disco (ogni tanto ne escono) che più che una novità sembra una ristampa, una sorta di album retrodatato automaticamente e volutamente all’epoca pre-Beatles, tra Blues, R&R e rockabilly ma d’epoca please, con quel suono vintage tipo l’ultimo Mellencamp anche senza spingersi a registrarlo in mono. Il risultato che Brad Vickers e i suoi Vestapolitans ottengono per certi versi non è dissimile da quello delle ultime produzioni di Jimmie Vaughan (di cui esce il secondo capitolo in questi giorni): anche in questo disco oltre ai generi già citati impazzano pure jump and shout, western swing e tutti i generi che erano in voga prima degli anni ’60. E tutto viene ottenuto con materiale scritto per l’occasione da Vickers e Margey Peters, la sua bassista e violinista, con l’occasionale cover scelta nel repertorio Blues classico.

Ovviamente quello che si ascolta può piacere o meno, con la sua aria da vecchio paio di ciabatte o, con rispetto parlando, vecchie mutande, comode e confortevoli, ma non molto belle a vedersi, poco alla moda. La citazione a Jimmie Vaughan si può estendere anche al suo vecchio gruppo, i Fabulous Thunderbirds ma con il sound, ripeto, più da combo che da gruppo rock. Loro sono un sestetto, chitarra, basso, batteria, piano e un paio di fiati con qualche ospite, in particolare il chitarrista Bobby Radcliff che appare in quattro brani con la sua solista dal suono riverberato e scrive anche le note (ovviamente super positive) del disco ma che “puzzano” (a proposito di mutande e calzini) di conflitto di interessi.

Brad Vickers oltre che suonare la chitarra (non parlerei di virtuosismo solistico) canta con entusiasmo e passione rifacendosi al sound dei vecchi dischi Chess tra Lowell Fulsom e Chuck Berry con qualche tocco alla Fats Domino o alla Bill Monroe fusi insieme, come ad esempio quando si sconfina nel western swing bluesato della cover di Diggin’ My Potatoes salace brano dai doppi sensi evidenti scritto da Sonny Terry e con violino e clarinetto in evidenza. Nell’iniziale Traveling Fool sembra di ascoltare un vecchio disco di Chuck Berry con il suo R&R basico dove il piano e il sax vanno a braccetto con il reverbero della chitarra di Radcliff per ricreare quel suono che avrebbe influenzato i primi Stones (Richards in particolare) e Beatles. Ma in questo disco, il terzo della serie per Vickers and Co, l’evoluzione non avviene e il suono rimane ancorato a quelle coordinate.

Anche nella divertente Because I Love You That Way si respira quell’aria 50’s tra R&R e R&B alla Fats Domino che fa muovere il piedino. Non mancano omaggi più evidenti al Blues come nello slow Leave Me Be o nella cover quasi filologica di How Long Blues di Leroy Carr. Anche l’ultimo di Clapton, per certi versi e non in tutti i brani, si rivolgeva a questo tipo di repertorio e di suono (infatti in questo CD appare anche una cover di JB Lenoir) e per questo non mi sentirei di consigliarlo a tutti. Si tratta di un album più che di nicchia, di genere, “antico” se vogliamo e come nella musica classica dove ci sono formazioni che sono famose appunto per il loro approccio filologico all’interpretazione anche Brad Vickers e i suoi amici, aiutati dal produttore Dave Gross cercano di ricreare e perpetrare questo “ritorno alle radici”.

Anche se il brano conclusivo Rockabilly Rumble con le sue derive alla Link Wray annuncia quello che avverrà (avvenne) negli anni a venire!

Quindi se amate sapori forti e sonorità più rock anche nel vostro Blues è meglio lasciar perdere, viceversa se un giretto nel passato di tanto in tanto non vi spaventa, nei quindici brani di questo Traveling Fool  si trovano ampi motivi di piacevole e moderato godimento.

Bruno Conti  

Novità Di Luglio Parte II. R.e.m., Suzanne Vega, George Thorogood, Graham Parker, Kasey Chambers, Jimmie Vaughan Eccetera

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La calura non accenna a diminuire e neppure il numero delle uscite discografiche.

Iniziamo con il secondo volume degli archivi “pirata” di Graham Parker. The Bootleg Box vol. 2. sempre pubblicato dalla Voiceprint/Retroworld/distr.IRD, sempre cofanetto da 6 CD, sempre prezzo molto speciale intorno ai 30 euro. Contiene 6 concerti:  

 “Graham Parker & The Rumors  – Live at the Rainbow 1977”, “Live alone- The Bastard Of Belgium ”, “Graham Parker And The Latest Clowns – “Live clowns” “Graham Parker & The Rumour S&+ Hot!”, Graham Parker & the Figgs “more live cuts from somewhere”, Graham Parker And The Latest Clowns – “More Live clowns”.

Quindi anche materiale più recente con i Figgs e in solitaria.

Il buon George Thorogood torna con 2120 South Michigan Avenue sempre su Emi Records. Per i più attenti in effetti si tratta sia dell’indirizzo dei mitici studi di Chicago della Chess Records che il titolo di un brano strumentale degli Stones. Come al solito per Thorogood un misto di brani originali e classici del Blues che questa volta prevalgono. Ospiti Buddy Guy e Charlie Musselwhite in due brani.

Terzo capitolo della serie di album che Suzanne Vega dedica alla riedizione dei suoi vecchi brani in versioni più scarne ed acustiche. Close-up vol.3, States Of Being, esce come al solito per la Cooking Vinyl/Edel e contiene anche un brano scritto per l’occasione in coppia con Duncan Sheik.

Data di uscita per tutti i 3, oggi 12 luglio.

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Kasey Chambers è una cantautrice australiana molto brava (vagamente una sorta di country-rock-pop down under) e in effetti questo Little Bird in Australia era già uscito lo scorso anche in versione Deluxe doppia (ma il secondo CD per la maggior parte è parlato). Etichetta Welk, tra gli ospiti Missy Higgins, Patty Griffin, il marito Shane Nicholson, il babbo Bill e il fratello Nash Chambers. Produce lei ma non vi aspettate un prodotto familiare ma, come già detto, dell’ottima country-roots music con ampie aperture pop. In Australia vende a carrettate.

Giusto un anno fa anche dalle pagine (virtuali) di questo Blog vi parlavo del nuovo album, molto bello, di Jimmie Vaughan Plays Blues, Ballads & Favorites. Aggiungete un More al titolo per il secondo capitolo, ma Lou Ann Barton e l’etichetta Proper rimangono, ovviamente cambiano i brani e il colore della copertina. Uscirebbe il 26 luglio ma visto che è già approdato nelle nostre lande ve lo segnalo.

E sempre più o meno un annetto fa usciva la ristampa per il 25esimo di Fables of The Reconstruction. Quest’anno tocca a Lifes Rich Pageant dei R.E.M., versione doppia, etichetta IRS/Emi con la solita valanga di inediti, demos e rarità, anzi per la verità questa volta il secondo CD sono tutti demo:

2011 25th Anniversary Edition reissue bonus tracks (The Athens Demos)
  1. “Fall On Me” (Demo)
  2. “Hyena” (Demo)
  3. “March Song (King of Birds)” (Demo)
  4. “These Days” (Demo)
  5. Bad Day” (Demo)
  6. “Salsa (Underneath the Bunker)” (Demo)
  7. “Swan Swan H” (Demo)
  8. “Flowers of Guatemala” (Demo)
  9. “Begin the Begin” (Demo)
  10. “Cuyahoga” (Demo)
  11. “I Believe” (Demo)
  12. “Out of Tune” (Demo)
  13. “Rotary Ten” (Demo)
  14. “Two Steps Onward” (Demo)
  15. “Just a Touch” (Demo)
  16. “Mystery to Me” (Demo)
  17. “Wait” (Demo)
  18. All the Right Friends” (Demo)
  19. “Get On Their Way (What If We Give It Away?)” (Demo) 

Come al solito, se volete spendere una decina di euro in più (e non abitate là o avete amici americani), la versione USA ha un boxettino più carino e alcune cartoline nelle confezione.

Anche per questo trittico la data è il 12 luglio.

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Ingrandendo la copertina questo sarebbe il volume 6 delle Cowboy Songs e capitolo 3 del Buckaroo Bluegrass per Michael Martin Murphey. L’album si chiama Tall Grass & Cool Water, esce per Rural Rhythm e anche se dopo ha fatto una valanga di album per me Murphey rimane sempre quello di Geronimo’s Cadillac e Cosmic Cowboy Souvenir due dei più bei dischi di country-rock cantautorale di tutti i tempi. Non che quelli che continua a fare non siano sempre belli ma uno ha le sue preferenze.

In tema di country-rock la BGO ristampa in uno dei loro classici twofer, due album in un cd, Head Over Heels e Rose Of Cimarron, l’ultimo con Timothy B. Schmit che poi sarebbe andato negli Eagles, Rusty Young e Paul Cotton, presenti anche nel disco precedente. Molto belli entrambi e hanno circolato molto poco in CD.

William Elliott Whitmore è una delle ultime “scoperte” della Anti in ambito country-folk alternativo. Questo Field Songs segue l’ottimo Animals In The Dark del 2009 che lo aveva fatto conoscere ed apprezzare. Ma tra ufficiali e autoprodotti di dischi ne ha già fatti una decina.

Anche per questa settimana è tutto per le uscite.

Bruno Conti