Un Jonathan Tira L’Altro, Da Laurel Canyon (E Dintorni) Jonathan Wilson – Gentle Spirit

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Jonathan Wilson – Gentle Spirit – Bella Union

Dopo ripetuti ascolti che procedono alacremente da un po’ di tempo a questa parte non posso dire “Habemus Papam” ma ci avviciniamo parecchio. Il giudizio su questo CD di debutto di Jonathan Wilson Gentle Spirit è oscillato tra l’indispensabile e il molto bello a seconda delle giornate (e tra l’altro non è manco il debutto perché nel 2007 ne aveva già pubblicato un altro intitolato Frankie Ray che secondo la mitologia ed alcuni cronisti sarebbe stato registrato ma non pubblicato, ma invece, in modo sotterraneo ma circola): sono ancora indeciso tra le due opzioni perché il disco mi piace parecchio, ma non so se vale le quattro stellette che gli ha assegnato Mojo e poi vi spiegherò il perché

Intanto vediamo chi è costui, nato a Forest City, North Carolina il 30 dicembre 1974 (secondo Wikipedia e altre biografie, ma alla domanda di un cronista che gli chiede “sei nato a Spindale, North Carolina nel 1977?” risponde affermativamente, quindi si deve essere “fumato” qualcosa di forte o inizia a creare il proprio mito?) ma da lunghi anni residente in California, prima Laurel Canyon poi Echo Park, Los Angleles dove è ora ubicato il suo studio di registrazione. Infatti la sua reputazione nasce come produttore e liutaio (costruisce e ripara chitarre che pare siano fantastiche e ricercatissime dai colleghi): ha prodotto i due album dei Dawes con i quali ha spesso collaborato, anche nel recente tour europeo con Jackson Browne, ma anche dischi di J. Tillman dei Fleet Foxes, Mia Doi Todd, James Gadson, un tributo a Roy Harper (e qui prende molti punti) con Will Oldham, Chris Robinson dei Black Crowes, Andy Cabic dei Vetiver tra gli altri. Ha suonato anche nei dischi di Gary Louris e Erykah Badu, Johnathan Rice (di Jenny And Johnny) e Neal Casal. E tutti costoro, più o meno, sono presenti in questo nuovo Gentle Spirit che, se mi chiedeste, a bruciapelo, a cosa assomiglia di più vi direi immediatamente If I Could Only Remember My Name di David Crosby.

Lo spirito è quello, anche se non la voce, e qui la mia prudenza nel giudizio, quelle libere collaborazioni della California inizio anni ’70 dove i musicisti in un interscambio di musica e idee (e qualche droga per espanderle, ma qui lo dico e qui lo nego, sottosegretario Giovanardi!) suonavano liberamente nei dischi dei colleghi; in questo album il principio viene ripreso in grande libertà, in tredici brani per oltre 78 minuti di musica, un disco che non si misura sui singoli brani ma nel suo insieme, anche se alcuni sono migliori di altri, comunque. Si oscilla tra il folk acido e la psichedelia morbida dei Mad River o dei Quicksilver più rurali, passando per il già citato Crosby e le acrobazie chitarristiche di Stills e Young ma niente Nash. Ma tra le influenze anche il folk raffinato di Roy Harper e di Nick Drake e certe cose più “morbide” ancorché psichedeliche dei Pink Floyd di Meddle o Atom Heart Mother.

 

Tutta “roba” buona: dall’inizio pastorale di Gentle Spirit che dà il titolo alla raccolta con oboe, mellotron e chitarre, tante chitarre, acustiche ed elettriche, una sezione ritmica molto presente nel suono stereo analogico (Gerald Johnson e Gary Mallaber della vecchia Steve Miller Band) , volutamente vintage del brano, con la voce ora sospirata, ora in un leggero falsetto di Jonathan Wilson, e senza accorgerti i 6 minuti e passa ti scivolano addosso in modo piacevolissimo. Il semi country iniziale alla Neil Young di Can We Really Party Today si stempera in una serie di cambi di tempo leggeri ed eterei come la musica che trasportano con echi di musiche “antiche” e l’eco vero che Wilson dispensa in abbondanza nelle sue canzoni, con pianoforte e viole che colorano il sound del brano che nella parte finale galleggia su uno stupendo intervento dell’organo di Adam MacDougall (presumo, non ho ancora l’album tra le mani) dei Black Crowes, tra citazioni di cannabis e vaghe proteste sociali ed ecologiche.

 

Desert Raven con il riff circolare e continuo delle due chitarre soliste (lui e Andy Cabic dei Vetiver) che si rispondono dai canali dello stereo è assolutamente meravigliosa, Quicksilver+Crosby+Stills+Grateful Dead, Calfornia in excelsis (ma qualche momento ricorda anche quelle improvvise accelerazioni elettriche nei dischi di Roy Harper o Michael Chapman che era anche un signor chitarrista come Wilson). E sono passati quegli altri otto minuti senza accorgersene, cullati dalla voce serena  e dalle armonie degli “ospiti” del nostro amico. Canyon In The Rain, introdotta dal rumore (indovinato!) della pioggia è un’altra piccola meraviglia di equilibrismi sonori sulle onde delle improvvisazioni sonore, acustiche queste volte ma sempre con quel suono curato, naturale ed analogico che dà il giusto spazio a tutti gli strumenti e anche alla ritmica mai invadente ma comunque discretamente presente.

 

Natural Rhapsody con le sue chitarre-gabbiano sognanti, il basso alla Phil Lesh e la voce alla Gilmour, suona come avrebbero potuto suonare i Pink Floyd di Meddle in una ipotetica jam con i Grateful Dead e CSN&Y, altri 8 minuti di pure delizie sonore. Cinque brani 35 minuti, non male come inizio. Pausa centrale di riflessione: Ballad Of The Pines è Music Is Love di Crosby incrociata con Blackbird di Stills, quasi! The Way I Feel, una cover psych di Gordon Lightfoot con le sue chitarre più grintose e in libertà di improvvisare è una sorta di gustoso antipasto della “gloriosa ” Jam finale, gli oltre dieci minuti acidi di Valley Of The Silver Moon dove l’organo del grande Barry Goldberg si aggiunge agli altri musicisti per una cavalcata che non ha nulla da invidiare ai duelli chitarristici tra Neil Young e Danny Whitten ai tempi di Cowgirl In The Sand, più narcotica e lisergica magari con echi dei citati Mad River e un cantato quasi solenne di Jonathan Wilson. Ci sarebbe anche il valzerino folk quasi Beatlesiano di Don’t Give Your Heart To A Rambler, il blues acido di Woe Is Me, e la Younghiana Magic Everywhere che ricorda le atmosfere di On the Beach, e tanta altra carne al fuoco che vi lascio scoprire. Sicuramente una delle sorprese dell’anno, se sarà un “capolavoro” lo deciderà il tempo, sicuramente ricorda album, musiche e artisti che i capolavori li hanno creati, con rispetto e grande bravura e creatività. Perditempo astenersi, richiede concentrazione totale e capacità di sognare, altamente consigliato! Esce domani, 8 agosto in tutto il mondo e il 30 agosto in Italia (chiuso per ferie).

Bruno Conti

 

Un Jonathan Tira L’Altro, Da Laurel Canyon (E Dintorni) Jonathan Wilson – Gentle Spiritultima modifica: 2011-08-08T19:38:00+02:00da bruno_conti
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