La Band Dell’Anno? The Decemberists – Long Live The King

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The Decemberists – Long Live The King – EP – Capitol Records

Nel ringraziare Bruno per l’avermi ospitato nuovamente nel suo Blog (che in questi giorni compie due anni: auguri!!!), mi accingo con grande piacere a parlare della nuova uscita discografica dei Decemberists, quintetto di Portland, Oregon autore all’inizio di questo 2011 di quello che, a mio modesto parere, ed a pari merito con Smart Flesh dei Low Anthem e Helplessness Blues dei Fleet Foxes, è il disco più bello di quest’anno, cioè The King Is Dead (a dimostrazione che a fare musica rock come si deve non sono rimasti solo i sepolcri imbiancati, ma anche diverse giovani band: che poi il loro suono si ispiri a quello dei classici è un altro paio di maniche).

Ora però il gruppo guidato da Colin Meloy (ricordiamo anche gli altri: Chris Funk, Jenny Conlee, Nate Query e John Moen) fa uscire un nuovo EP (ma allora qualcuno li fa ancora!) di sei canzoni, “rischiando” così di vincere per distacco al fotofinish la gara di band dell’anno.

Sì, perché Long Live The King (notate la finezza, anche nel titolo si collega direttamente al suo predecessore), pur durando meno di mezz’oretta, è il degno seguito del CD uscito, mi sembra, lo scorso Gennaio: roots-rock (definizione un po’ abusata, ma qui calza a pennello) di gran lusso, contaminazioni folk e country, un suono scintillante ed una serie di canzoni che non avrebbero affatto sfigurato su The King Is Dead.

Registrato durante le sessions per la loro ultima fatica, non propone, come erroneamente riportato da alcuni siti, sei covers: ce n’è soltanto una (in realtà sarebbero due, ma l’altra è una cosa un po’ particolare, che poi vedremo), peraltro splendida, di Row Jimmy dei Grateful Dead, che è anche l’unico brano già uscito (era una b-side di un vinile a sette pollici, ma chi ce l’ha???), più quattro brani nuovi di pacca usciti dalla lucida penna di Meloy.

Un altro particolare simpatico: l’EP esce da solo, invertendo l’odiosa tendenza di ripubblicare a distanza di pochi mesi l’ultimo CD in versione “deluxe” con brani aggiunti (come fece qualche anno fa un signore che si fa chiamare il Boss con un disco intitolato The Seeger Sessions, ma anche più recentemente gruppi come Arcade Fire e Mumford & Sons).

L’avvio è scarno, ancorchè bellissimo: E. Watson è una splendida folk song acustica, eseguita dal solo Meloy con la sua chitarra, più un paio di backing vocalists femminili, un brano molto evocativo, che piacerà sicuramente ad una come Gillian Welch. Foregone, elettrica e full band, è senza dubbio il capolavoro del dischetto (cover dei Dead a parte), e non capisco perché non l’abbiano messa su The King Is Dead: classico suono roots tipico dei nostri, una melodia aperta ed una languida steel ad impreziosire il tutto. Il suono non si distanzia molto da quello dell’ultimo Ashes & Fire di Ryan Adams, ed anche con la qualità ci siamo.

Burying Davy è un folk tune dal motivo decisamente tradizionale, contrapposto ad un accompagnamento molto elettrico ed in taluni punti quasi psichedelico e dissonante, come fanno talvolta i Cowboy Junkies (specie nell’ultimo Sing In My Meadow): il brano comunque non sfugge di mano a Meloy e soci, che anzi dimostrano di non aver paura ad osare pur proponendo sempre qualcosa di stimolante. Come dire che un giorno potrebbero fare un intero album con questo sound senza farci storcere la bocca. I 4 U & U 4 Me, nonostante il brutto titolo alla Prince, è un home demo, con Meloy che si occupa di tutto, ma suona come un brano fatto e finito, una folk song elettroacustica dal ritmo veloce, che personalmente mi ricorda certe cose del Los Lobos, versante Hidalgo.

Ed eccoci alla già citata Row Jimmy (un plauso alla scelta, niente affatto scontata, vuol dire che i Decemberists conoscono i Dead nel profondo): versione lunga (sette minuti) ed elettrica, solare e decisamente rispettosa dell’originale, che mette in primo piano la bella melodia, tipica di Jerry Garcia (o Jerome, come scrivono i ragazzi nei credits), per poi lavorarla con un abile cesello di slide guitar e pianoforte (Funk e la Conlee, entrambi molto bravi). E veniamo alla fine, con Sonnet, che altro non è che l’adattamento in inglese, con musica scritta ex novo…del Sonetto di Dante Alighieri a Guido Cavalcanti!

Non c’è che dire, i ragazzi dimostrano anche di avere una profonda cultura, fatto non scontato in una band di giovani americani (non prendete per ironico, o peggio ancora, snob o razzista questo mio commento: amo l’America, ci andrei perfino a vivere, e conosco molto bene per motivi di lavoro il popolo americano, che ha indubbiamente grandi qualità, ma tra queste non c’è di certo la cultura internazionale, specie in geografia…). A prescindere comunque da tutto questo, il brano è ancora un folk rock decisamente riuscito, con l’ennesima bella melodia ed un originale arrangiamento, nel quale il riff vocale è ripreso ad libitum da tromba e trombone, creando un cocktail molto stimolante.

A questo punto, penso che se avete comprato ed apprezzato The King Is Dead, non potete esimervi dall’accaparrarvi anche Long Live The King…sarebbe come mangiare polenta e brasato senza accompagnarlo con una bottiglia di nebbiolo, barbera, ecc. (il paragone calza, visto il periodo…).

Buon appeti…ehm…buon ascolto!

Marco Verdi

La Band Dell’Anno? The Decemberists – Long Live The Kingultima modifica: 2011-11-06T13:18:00+01:00da bruno_conti
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