Forse Non Come L’Originale, Ma Sempre Un’Ottima Cantautrice! Music Thea Gilmore, Words Sandy Denny – Don’t Stop Singing

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Thea Gilmore – Music Thea Gilmore Words Sandy Denny Don’t Stop Singing -Island

Più che un titolo un breve racconto! Ma descrive bene le mie impressioni su questo CD di Thea Gilmore che interpreta alcuni testi inediti di Sandy Denny, trovati in Australia dal ramo Lucas della famiglia di Sandy. Come ho già detto brevemente in precedenti occasioni a me questo album piace: non sarà un capolavoro assoluto, ma se unisci una delle giovani (si può dire, essendo nata a Oxford nel 1979) e più prolifiche cantatutrici inglesi (dal ’98 a oggi, 13 album più alcuni EP), nonchè tra le più brave, con quella, che a parere di chi vi scrive, è stata la più grande cantante inglese di sempre, questo Don’t Stop Singing non poteva mai essere un fiasco. Come invece, anche questo già detto, sembra averlo considerato il recensore della rivista inglese Mojo che gli ha riservato due ignominiose stellette che non si danno neanche al ultimo disco di Cliff Richard (o a quello sì? E’ nella pagina prima della rivista)!

Come saprà chi legge questo Blog io non ho problemi a parlare dei pareri espressi da altri, purché motivati e poi dire a mia volta quello che penso anche dilungandomi quando è il caso. Vediamo cosa dice tale Andy Fyfe: intanto il titolino della recensione “Testi perduti di una leggenda del Folk interpretati in modo deludente”, poi elabora ulteriormente “Invece (riferito alla scelta della famiglia di Sandy, Nda) hanno trovato la Gilmore, la cui levigata interpretazione del folk spesso divide le opinioni. I risultati sono lontani da quelli che avrebbero potuto essere. I testi della Denny sono insolitamente diretti (forse perché non erano destinati a diventare canzoni! Nda), ma il problema ricade sulla Gilmore, la sua voce affettata mostra poco dell’abbandono emozionale che Sandy regalava nel suo lavoro, mentre gli arrangiamenti ricchi di archi troppo spesso ricordano musicals di seconda mano o, in modo sconcertante, il country per una canzone che tratta della più americana tra tutte le città, Londra”. E’ anche sarcastico,o non ama la Gilmore, prima di concludere, con una battuta da Festival dell’ovvietà: ” E’ difficile non pensare che qualcuno che ha lavorato con la Denny – magari Richard Thompson – avrebbe costruito una veste più elegante per queste canzoni, che fanno di questo Don’t Stop Singing una occasione mancata”. Strano che non le ha anche detto di andare a nascondersi nel deserto australiano!

Partiamo dall’ultima affermazione. E perchè non Joni Mitchell o Bob Dylan che avrebbero provveduto a cancellare i testi e a riscriverli ex novo? Mi sembra ovvio che Richard Thompson avrebbe potuto fare un lavoro migliore, ma perché è più bravo della Gilmore e i suoi lavori sono comunque di grande spessore. Sulla obiezione riguardo al fatto che una canzone come London ha un “suono americano”, ed è, detto per inciso, una bellissima canzone dove Thea Gilmore ha una voce che ricorda la migliore Rosanne Cash, non è mica obbligatorio che una canzone che tratta nel testo di una città inglese debba essere suonata con un approccio londinese o che un brano, per dire, tratto da Tumbleweed Connection, il disco più “americano” di Elton John debba essere suonata con banjo, dobro e pedal steel, per una maggiore autenticità, mi sembra una pirlata.

Intanto Thea Gilmore si è conquistata la stima di pubblico e critica con una lunga serie di ottimi album sicuramente influenzati dalla musica americana ma che mostrano un talento notevole all’opera e non per nulla l’ultimo è un tributo a Bob Dylan per i suoi 70 anni, dove ha reinterpretato John Wesley Harding dall’inizio alla fine con eccellenti risultati. Tornando a questo Don’t Stop Singing ci sono parecchi brani che ricatturano lo spirito dei brani originali di Sandy Denny, a partire dall’iniziale Glistening Bay, imbevuto della tipica dolce malinconia delle migliori ballate di Sandy con l’hammered dulcimer di Maclaine Colston che ne caratterizza il suono che poi via via si arricchisce con una ampia strumentazione, anche gli archi, che peraltro erano spesso presenti anche nei dischi originali della Denny, e penso a Like An Old Fashioned Waltz.

Il collaboratore abituale musicale della Gilmore in questo come negli altri dischi della sua produzione, è il marito Nigel Stonier, che suona chitarre, piano, harmonium, basso, ukulele, melodica, armonica e tutto quanto serve per rendere più pieno il sound del disco. Quando serve c’è anche John Kirkpatrick, l’unico nome celebre, che con accordian e concertina dà quel tocco folk al disco.

Don’t Stop Singing, la title-track, ha quell’approccio vocale alla Joni Mitchell, una cantante amata anche da Sandy Denny, con degli intrecci tra tappeti di chitarre acustiche ed un organo, che si amalgano molto bene con harmonium e fisa. Frozen Time è una ballata pianistica che ricorda forse più la prima Sarah McLachlan o Kate Bush con inserti celtici new age, che la cantante inglese ma ha quei colori autunnali cari a Sandy e piacevoli intrecci vocali. Anche Goodnight rimane su queste coordinate e mi ha ricordato per certi versi quelle atmosfere barocche orchestrali un po’ alla Judy Collins del periodo centrale o certe cose di Mary Black, anche se onestamente non è un brano memorabile, qui il richiamo ai musicals glielo appoggio. Di London abbiamo detto, Pain In My Heart con il cello in evidenza ha addirittura dei richiami ai Beatles del McCartney di Eleanor Rigby anche senza arrivare a quei livelli ma la classe della Gilmore c’è tutta e anche la sua bella voce molto evocativa.

Sailor costruita attorno ad un bel tappeto di percussioni e arricchita da chitarre acustiche, il solito harmonium ed un bel violino ha il fascino di certi brani del repertorio della Sandy anche se, per ovvi motivi, la voce e il modo di interpretare sono diversi. Quello che sembra un bouzouki ci introduce a Song #4 un’altra canzone affascinante che forse non ricorda la Denny ma lo stile della Gilmore che fino a prova contraria ha scritto le musiche di questo disco senza applicare la tecnica della carta carbone ai testi ritrovati. Più raccolta ed acustica, Long Time Gone è un altro bell’esempio della tecnica compositiva di Thea che la canta con grande partecipazione.

Per concludere rimane Georgia, un’altra ballata maestosa ed avvolgente che avrebbe, penso, incontrato l’approvazione di Sandy Denny, avrà un sound americano. che peraltro la cantante scomparsa amava moltissimo, ma è proprio bella. Parere personale contro parere personale, poi vedete voi, se vi piacciono le belle voci femminili è una buona occasione per scoprirla se la non conoscete, magari poi per risalire a ritroso la carriera di Thea Gilmore. Un appunto finale: parlano male di noi italiani ma i curatori della Island inglese (OK non è un’artista sotto contratto con loro) sono riusciti a scrivere sulla costa del CD “Thea Gilmour”, ma per favore?!?, magari diventerà una rarità come il Gronchi rosa!

Bruno Conti

Una Brutta Notizia! R.I.P. Jackie Leven 18-06-1950/14-11-2011

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L’ho scoperto solo oggi, ma lunedì 14 novembre 2011 alle 8 di sera se ne è andato Jackie Leven, uno dei più grandi cantautori scozzesi di sempre e tra i preferiti di chi vi scrive.

Era ammalato di cancro da tempo (non lo sapevo) ma continuava a combattere tenacemente la malattia e non più tardi di due mesi fa aveva pubblicato il suo ultimo album, Wayside Shrines And The Code Of The Travelling Man registrato in compagnia del fido collaboratore Michael Cosgrave.

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Leven aveva iniziato la sua carriera oltre 40 anni fa, prima ai bordi dell’underground sotto lo pseudonimo di John St. Field, poi in piena era punk è stato il leader dei Doll By Doll, uno dei gruppi più sottovalutati di quei tempi, autori di uno stile che fondeva il fuore del punk alla raffinatezza della canzone d’autore. Ha combattuto e vinto la dipendenza dalle droghe, forse non un’eccessiva e pantagruelica passione per i liquori e le bevande in genere. E’ stato uno degli autori più “letterati” della musica rock, grande appassionato di poesia e dei grandi autori i testi hanno sempre avuto una importanza fondamentale nelle sue canzoni

Il suo album The Mystery Of Love Is Greater Than The Mistery Of Death (grande titolo) è stato inserito dalla rivista inglese Q tra i 100 migliori album di tutti i tempi. Era il CD che conteneva il brano Call Mother A Lonely Field, quello che molti considerano il migliore tra le oltre 400 canzoni scritte nella sua lunga carriera.

Per ricordarlo con le sue parole: “Ci sono cantastorie spirituali e cantautori pieni di sentimento. Io spero di essere un cantastorie appassionato (soulful). Io vedo i due generi come due differenti direzioni. Lo spirituale è ascendente. Il Cielo, Dio e tutte quelle cose. Spero che il mio raccontare storie sia dirigersi più giù all’interno  della terra, più bagnato, umido, ricco di liquidi”.

Dovunque stia andando gli auguriamo di trovare quello che più cercava!

R.I.P. Jackie Leven.

Bruno Conti

Fi(u)ori Di Zucca! Gideon Smith And The Dixie Damned – 30 Weight

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Gideon Smith & The Dixie Damned – 30 Weight –  Small Stone Records

Di tanto in tanto mi capitano tra le mani, da recensire, dei dischi “strani” che non saprei come definire. Questo 30 Weight di Gideon Smith & The Dixie Damned dal nome verrebbe da pensare che è un CD di Southern Rock. E invece no (per quanto, qualcosa c’è), stando alle notizie della casa trattasi di – Delta Blues incrociato a psichedelia hippy degli anni ’60, rock classico misto a bayou jams per un destino raccapricciante! – capito poco? Anch’io! Proviamo con My Space, che dice: hard rock, stoner rock e southern rock, già meglio? Per altri è heavy metal!

A questo punto che faccio? Come al solito, lo ascolto, sempre per il famoso teorema “San Tommaso”, provare per capire, o del “lascia perdere il copia e incolla o solo il copia, che impera ormai sovrano nel 90% delle recensioni, perché se no non ne veniamo più a capo”! La prima impressione, ascoltando l’iniziale Black Fire, è quella di sentire una sorta di Black Sabbath del primo periodo con un cantante dal vocione alla Mark Lanegan (il Gideon Smith in questione) per un hard stoner southern rock desertico dalle venature psichedeliche, quindi non male, atmosfere rallentate (quel creepy doom tradotto come destino raccapricciante), la chitarra di Phil Durr molto alla Tony Iommi, quindi niente di nuovo, come al solito, ma suonato bene e con un mood intrigante. Ma già la successiva Ride With me sfuma verso un hard rock molto di maniera, tra grunge e metal senza spunti di interesse. South, nuovamente con ritmi più lenti e rarefatti ha quel tocco sixties che intriga senza entusiasmare mentre Love Of The Vampire, con un basso martellante e ritmi pesanti potrebbe ricordare, anche nella voce sepolcrale di Smith, certe cose inglesi alla Cult o Sisters of Mercy del primo periodo.

Ormai si è capito che le cose più interessanti si manifestano quando i ritmi rallentano e si fanno più rarefatti, come nella sinistra I Bleed Black nuovamente tra Sabbath, dark blues-rock e inserti psichedelici della chitarra. Born On the Highway ha qualcosa tra l’Hendrixiano e gli Steppenwolf o gli Hawkwind più spaziali ma sempre con quella ritmica volutamente stoner che alla lunga stanca, se non sei un appassionato del genere. Questo Gideon Smith è un tipo strano, appassionato di arti marziali, motori, storia antica e occultismo: 30 Weight è il suo terzo album ma ha partecipato a una valanga di tributi, agli Aerosmith, agli anni ’70, a Zodiac Mindwarp, agli Antiseen una delle prime band punk americane degli anni ’80, a sé stesso, un tipo eclettico insomma.

Quando è  partita When I Die una sorta di ballata country futuristica (scritta dal GG Allin degli Antiseen citati prima) con chitarra acustica e lap steel ad accompagnare il bel vocione baritonale di Smith sono rimasto veramente sorpreso, molto bella, anche se non c’entra un tubo con il resto, ma già nella precedente Shining Star delle chitarre acustiche e una slide avevano fatto capolino nel sound del gruppo riavvicinandolo a certe cose del già citato Mark Lanegan,  atmosfere sospese forse realizzate con meno classe ma non prive di interesse. Conclude Come and Howl che è un energico brano di stampo southern rock con il marchio del suono “strano” del gruppo e la chitarra di Durr che presiede le operazioni con buona inventiva.

Bruno Conti  

Novità Di Novembre Parte IV. Rolling Stones, Kate Bush, Jeff Healey, Tim Buckley, Willie Nelson, Can, Howlin’ Wolf, Hugh Laurie, Cross Canadian Ragweed

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Riprendiamo con le uscite discografiche. Questa volta sono quelle del 22 novembre, con qualche recupero di quelli precedenti e qualche titolo sparso qua e là che era sfuggito o era stato dimenticato, anche per il non perfetto funzionamento del Blog domenica scorsa 20 novembre.

Partiamo con le uscite dei Rolling Stones: la Universal pubblica la versione Deluxe di Some Girls, l’ultimo grande disco degli Stones in varie versioni. Vediamo i vari contenuti:

CD 1 – ALBUM ORIGINALE RIMASTERIZZATO
MISS YOU – WHEN THE WHIP COMES DOWN- JUST MY
IMAGINATION (RUNNING AWAY WITH ME) – SOME
GIRLS – LIES – FAR AWAY EYES – RESPECTABLE –
BEFORE THEY MAKE ME RUN – BEAST OF BURDEN –
SHATTERED
CD 2 –12 BRANI INEDITI
CLAUDINE – SO YOUNG – DO YOU THINK I REALLY
CARE – WHEN YOU’RE GONE – NO SPARE PARTS –
DON’T BE A STRANGER – WE HAD IT ALL –
TALLAHASSEE LASSIE – I LOVE YOU TOO MUCH – KEEP
UP BLUES – YOU WIN AGAIN – PETROL BLUES

DVD
LIVE FROM FORT WORTH, TEXAS ’78:
BEAST OF BURDEN – SHATTERED – TUMBLING DICE
SOME GIRLS PROMO VIDEO
RESPECTABLE – FAR AWAY EYES – MISS YOU

SUPER DELUXE BOXSET INCLUDE:
7” SINGLE DI “BEAST OF BURDEN/WHEN THE WHIP COMES
DOWN” (CONFEZIONE IN BUSTA ORIGINALE)
LIBRO DI 100 PAGINE CON COPERTINA RIGIDA
COMPRENSIVO DI SERVIZIO SUL CONTROVERSO ARTWORK
SERVIZIO FOTOGRAFICO INEDITO DI HELMUT NEWTON
ANNOTAZIONI DEL GIORNALISTA ANTHONY DE CURTIS
5 STAMPE DI HELMUT NEWTON
5 CARTOLINE
POSTER

Se non vi basta esce anche il vinile 180 grammi con il contenuto del primo CD.

E se non siete ancora soddisfatti il 6 dicembre uscirà anche il 45 giri a tiratura limitata con No Spare Parts/Before They Make Me Run(lo so che il Record Store Day Black Friday delle uscite in vinile in teoria dovrebbe essere il 25 novembre ma in Italia escono con date a capocchia).

Sempre il 22 novembre la Eagle Rock/Edel pubblica Some Girls Live In Texas 1978 che esce in DVD, Blu-Ray, DVD+CD, Blu-Ray + CD. Si tratta di un concerto inedito dell’epoca a Forth Worth, Texas il 18 luglio del 1978. Ovviamente i brani che appaiono nel DVD contenuto nell’edizione Super Deluxe di Some Girls sono gli stessi, solo che non trovate il concerto completo, quindi come al solito “occhio al portafoglio”.

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Evidentemente registrando il Director’s Cut con le nuove versioni dei vecchi brani Kate Bush ha ripreso contatto con la musa ispiratrice e quindi ha registrato anche 7 nuovi brani che andranno a far parte del nuovo album 50 Words For Snow che nella prima tiratura esce con quella confezione a libretto. Sono solo 7 brani ma il CD dura quasi 65 minuti ed esce per la sua etichetta Fish People distribuzione Capitol/EMI. Sentiremo, pare che sia molto bello a giudicare dalle 4 stellette sia di Mojo che di Uncut, ma io preferisco sempre verificare di persona. Per esempio il nuovo Thea Gilmore che canta Sandy Denny Don’t Stop Singing al quale Mojo ha dato solo due stellette come vi avevo riferito lo sto sentendo in questi giorni e mi pare decisamente un bel disco. Appena ho tempo scrivo il Post apposito.

Uno che problemi di prolificità non ne è ha mai avuti, anzi al contrario, bisogna abbatterlo per fermare le sue uscite, è Willie Nelson del quale il 22 novembre per una nuova etichetta la R&J Records uscirà questo Remember Me Vol. 1. Sono tutti celebri brani country che sono stati Top Ten Hits di Billboard negli ultimi 70 anni. Per questo primo volume abbiamo:

1. Remember Me
2. Sixteen Tons
3. Why Baby Why
4. Today I Started Loving You Again
5. I m Movin On
6. That Just About Does It
7. This Old House
8. Sunday Morning Coming Down
9. Smoke! Smoke! Smoke!
10. Slowly
11. Satisfied Mind
12. Roly Poly
13. Release Me
14. Ramblin Fever

Brani tratti dal repertorio di Johnny Cash, George Jones, Merle Haggard, Ray Price, Porter Wagoner e molti altri, ma alcune le cantavano anche Elvis o Engelbert Humperdinck. Un po’ come ha fatto un paio di anni fa Rosanne Cash. Produce James Stroud. Secono capitolo già previsto per il 2011.

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Un po’ di cofanetti. Prosegue la ristampa del materiale d’archivio dal vivo di Jeff Healey, questa volta la Eagle Records pubblica un cofanetto quadruplo. 3 CD + 1 DVD: si tratta dei concerti al St. Gallen Open Air Festival del 1991 che c’è sia in audio che in video, Montreal Jazz Festival del 1989 e Toronto’s Hard Rock del 1995 questi solo in compact. Si chiama Full Circle: The Live Anthology e dovrebbe esistere sia in long box che con una confezione più piccola ad un prezzo indicativo tra i 25 e i 30 euro.

La Universal prosegue con le sue ristampe in Box del catalogo Chess sempre su etichetta Hip-o-Select quindi a tiratura limitata e a prezzi più “frizzanti”. Questo quadruplo dedicato a Howlin’ Wolf si chiama Smokestack Lightning The Complete Chess Masters 1951-1960 e comprende tutti i 97 brani pubblicati per l’etichetta di Chicago in quella decade. Ovviamente c’è molto più materiale rispetto al Chess Box che era uscito nel 1991 ed era una antologia di tutta la carriera con 75 brani. Ci si poteva anche accontentare ma per chi vuole essere più completista questo è un cofanetto molto curato come al solito, libretto di 45 pagine e molte versioni alternative.

Quel doppio che vedete di Tim Buckley è la ristampa del primo omonimo album a cura della Rhino Handmade e in America è disponibile già da un mesetto. Ora arriva anche in Europa, sempre import ma ad un prezzo decisamente più accessibile dei circa 50 euro a cui circola attualmente. Probabilmente rimarrà in circolazione per poco per cui se vi interessa affrettatevi. Contiene ben 34 bonus tracks rispetto alla versione singola tra demo, versioni acustiche, alternate takes. Fondamentale da avere per chi ama uno dei più grandi cantautori che la musica americana abbia mai avuto. Questa è la lista dei brani, se volete verificare, dal 13° in avanti partono gli “inediti”:

1. I Can’T See You
2. Wings
3. Song Of The Magician
4. Strange Street Affair Under Blue
5. Valentine Melody
6. Aren’T You That Girl
7. Song Slowly Song
8. It Happens Every Time
9. Song For Janie
10. Grief In My Soul
11. She Is
12. Understand Your Man
13. I Can’T See You (Mono)
14. Wings (Mono)
15. Song Of The Magician (Mono)
16. Strange Street Affair Under Blue (Mono)
17. Valentine Melody (Mono)
18. Aren’T You That Girl (Mono)
19. Song Slowly Song (Mono)
20. It Happens Every Time (Mono)
21. Song For Janie (Mono)
22. Grief In My Soul (Mono)
23. She Is (Mono)
24. Understand Your Man (Mono)
25. Put You Down (Demo)
26. It Happens Every Time (Demo)
27. Let Me Love You (Demo)
28. I’Ve Played That Game Before (Demo)
29. She Is (Demo)
30. Here I Am (Demo)
31. Don’T Look Back (Demo)
32. Call Me If You Do (Demo)
33. You Today (Demo)
34. No More (Demo)
35. Won’T You Please Be My Woman (Demo)
36. Come On Over (Demo)
37. She Is (Acoustic Demo)
38. Aren’T You The Girl (Acoustic Demo)
39. Found At The Scene Of A Rendezvous That Failed (With Larry Beckett) (Acoustic Demo)
40. Wings (Acoustic Demo)
41. My Love Is For You (Acoustic Demo)
42. Song Slowly Song (Acoustic Demo)
43. Song Introductions By Larry (Demo)
44. I Can’T See You (Acoustic Demo)

45. Birth Day (With Larry Beckett) (Acoustic Demo)

46. Long Tide (Acoustic Demo)

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Altre tre “ristampe”. Tago Mago è uno dei classici del rock tedesco dei primi anni ’70, 1971 per la precisione, un disco dove psichedelia, rock sperimentale e mprovvisazione vanno di pari passo. Era già stato ripubblicato dalla Mute nel 2004 e ora per questa nuova versione è stata riutilizzata quella rimasterizzazione. E’ stato aggiunto anche come bonus un CD di materiale registrato dal vivo nel 1972, sono 3 brani ma…Mushroom dura 8:42, Halleluwah 9:12 e poi c’è una versione breve di Spoon, solo 29:55 neanche mezz’ora. Facezie a parte, molto interessante anche se i commenti sulla qualità sonora dei pezzi dal vivo sono molto discordanti e non tutti entusiasmanti, insomma non è inciso proprio benissimo per dirla chiara ma a livello di un buon/ottimo bootleg. E’ uscito la settimana scorsa, vedete voi.

Passiamo a due uscite che fanno girare le pale degli elicotteri: prima il CD di Hugh Laurie Let Them Talk, che viene ripubblicato dalla Warner in versone CD+DVD con quattro brani in più nel CD e un DVD con un concerto inedito, 15 brani, quindi non una cosa striminzita. E allora ditelo che dovete rompere gli ex ministri Maroni, il tutto costa come un singolo CD, quindi considerando le aggiunte ci si può anche fare un pensierino e addirittura se non lo avete già preso, caldamente consigliato, si tratta di un ottimo album prodotto da Joe Henry e il Dr.House è anche un bravo cantante e pianista.

Anche il Box dei Cross Canadian Ragweed sarebbe interessante, infatti contiene i 5 album pubblicati dalla Show Dog Universal ad un prezzo molto interessante. Si tratta di Cross Canadian Ragweed, Soul Gravy, Garage, Mission California and Happiness più un DVD dal vivo inedito filmato al Cain’s Ballroom in Tulsa, OK. Peccato che se uno ha già gli altri dischi è alquanto costoso. Si spera in una uscita separata. E a questo proposito, per farvi inc…are vi annuncio fin d’ora che a metà Dicembre la Universal pubblicherà, fuori dal Box, l’unico DVD inedito che era contenuto nel Super e Uber Deluxe degli U2 di Achtung Baby, ovvero From The Sky Down,sia in DVD che Blu-Ray e anche con del materiale in più non contenuto nei cofanettoni, contenti? Prima dell’uscita del 13 dicembre vi dirò anche cosa contiene esattamente.

Può bastare, riprendo i miei ascolti di Thea Gilmore e del bellissimo Live in CD+DVD di Thug Of Love di Dirk Hamilton, immancabile, con una versione da antologia di I Will Acquiesce di oltre 17 minuti.

Bruno Conti

Una Leggenda Del Rock And Roll ? Charlie Gracie – For The Love Of Charlie

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 Charlie Gracie – For The Love Of Gracie – Abkco Music

Va bene, lo ammetto, non è che prima dell’uscita di questo For The Love Of Gracie avessi ascoltato molte volte la musica di Charlie Gracie. Sapevo della sua esistenza e della sua importanza, perché mi era capitato spesso di imbattermi in questo nome leggendo le storie di musicisti che ho ammirato e ammiro: dai Beatles George Harrison e Paul McCartney che lo ricordano, al pari degli Stones e di Graham Nash degli Hollies per essere stato uno dei primi grandi musicisti americani di rock and roll ad andare in tour in Inghilterra nel 1957 e 1958. Anche il “ragazzino” Van Morrison era un suo fan e lo ha voluto come opening act nel tour del 2000. George Harrison lo citava già in interviste del 1966 come uno dei chitarristi alla cui tecnica si era ispirato e Paul McCartney lo volle in un suo spettacolo del 1999 che celebrava i pionieri del R&R.

Perché non bisogna dimenticare che questo arzillo signore del 1936, già nel 1952 pubblicava un paio di singoli dal titolo rispettivamente di Boogie Woogie Blues e Rockin’ and Rollin’ quando Elvis non si sognava neppure di incidere il suo primo singolo. Poi, il grandissimo successo non sarebbe mai arrivato, come per un altro grande Charlie del rockabilly, quel Feathers che spesso si cita pure lui tra i pionieri del rockabilly. Voglio essere sincero ed affermo che Presley, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash, Carl Perkins e perfino Roy Orbison, per non parlare di Gene Vincent, Eddie Cochran e Buddy Holly, che forse è quello che gli somiglia di più, sono un’altra cosa ma Charlie Gracie, in quegli anni ha comunque avuto i suoi successi: Butterfly, ad inizio 1957 arrivò fino al n.5 delle classifiche USA e lanciò l’etichetta Cameo Parkway, una delle più importanti di quel periodo e anche Fabulous e Wandering Eyes furono dei grandi successi permettendogli anche di partecipare al film Jamboree una delle prime pellicole in bianco e nero sul R&R con Frankie Avalon, Dick Clark, Fats Domino, Jerry Lee Lewis e Carl Perkins, poi la sua carriera è continuata sino ai giorni nostri, ma se devo essere nuovamente sincero, sentito oggi, Charlie Gracie mi sembra più un personaggio della statura di Bill Haley, importante e di notevole bravura ma non fondamentale nella storia del rock and roll.

Questo For the Love Of Gracie raduna tra i suoi ranghi una bella sfilata di nomi importanti: da Al Kooper che produce il disco e suona tastiere, basso, percussioni, chitarra, mandolino, pedal steel e qualsiasi altro strumento conosciuto dall’essere umano, ma anche Quentin Jones che si alterna alla chitarra solista con Jimmy Vivino e Craig Ross. Per non parlare di Peter Noone degli Herman’s Hermits che canta come voce di supporto nell’iniziale All I Wanna Do Is Love You e Graham Nash già citato tra i ragazzini inglesi presenti a Manchester tra il pubblico in quel lontano 1957 (o 1958) e che ora rende il favore cantando con Gracie in Rock’n’Roll Heaven, uno dei brani migliori e quello più vicino allo stile di Buddy Holly da cui gli Hollies presero il loro nome.

Lo stesso Nash firma anche un breve “ricordo” non postumo di Gracie nelle note del CD che unito a quello del noto giornalista Jeff Tamarkin della rivista Goldmine inquadra il personaggio. Non tutto il disco è all’altezza della sua fama, ogni tanto la produzione nonostante la presenza di Kooper è un po’ “paludosa” ma quando tutto funziona come ad esempio nella scatenata Rock’N’Roll Party il buon Charlie Gracie si dimostra ancora pimpante a dispetto dei suoi 75 anni.

Non sarà il disco che salverà il futuro del R’n’R ma questo dischetto, dodici brani in 37 minuti, celebra nel migliore dei modi uno dei suoi personaggi minori e, per molti, è l’occasione di conoscerlo. Se volete approfondire c’è un bel Best Of Charlie Gracie 1956-1958 pubblicato sempre dalla Abkco nel 2006 (sì è proprio l’etichetta che distribuiva gli album degli Stones negli Stati Uniti, quella di Allen Klein).

Bruno Conti

E’ Proprio Lei! Shaun Murphy – Live At Callahan’s Music Hall

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Shaun Murphy – Live At Callahan’s Music Hall – Self Released

Spesso le informazioni le immagazzini nella tua memoria e poi non ci pensi più. Preparandomi a parlare di questo disco dal vivo di Shaun Murphy (nata Cheryl Murphy a Omaha, Nebraska in un imprecisato periodo degli anni ’50, non si dice l’età delle signore, anche perché non lo so) mi sono ricordato che ero andato a cercare le sue origini musicali quando, per un lungo periodo a cavallo tra anni ’90 e la prima decade del 2000, era stata la cantante dei Little Feat (che ha lasciato nel 2009) e avevo scoperto che la sua carriera era iniziata nel lontano 1971 quando era stata messa sotto contratto dalla Tamla Motown di Los Angeles come Stoney & Meatloaf (proprio quello, non ce sono altri!) e di cui, all’epoca, ufficialmente non fu pubblicato nulla ma quando il “bisteccone”  originale divenne una megastar a livello mondiale iniziarono a circolare degli strani dischi con quelle registrazioni che non c’entravano molto con lo stile di Meat Loaf dei tempi d’oro ma non erano male nella loro miscela di soul e rock.

Dopo quel primo periodo la Murphy se ne era tornata a Detroit, la città dove viveva e prima sede della Motown nonché patria di Bob Seger con cui Shaun iniziò una lunga collaborazione che si è protratta fino ai giorni nostri. Credo che sia presente come backing vocalist anche nel tour attuale (e sembra finale, pare che si ritirino tutti) di Seger. Ha cantato, dal vivo e in studio, anche con una miriade di musicisti famosi e non, dai Moody Blues a Herbie Hancock, Phil Collins, Glenn Frey, Joe Walsh, Maria Muldaur, Bruce Hornsby, Michael Bolton (nessuno è perfetto), Alice Cooper, JJ Cale, Coco Montoya e tantissimi altri ma le è rimasta la passione per il soul e il Blues e dal 2009 ha iniziato una carriera da solista e in tre anni ha pubblicato 3 CD autogestiti di cui questo Live At Callahan’s Music Hall è forse il migliore, ma anche Livin’ The Blues e The Trouble With Lovin’ sono gagliardi ancorché di non facile reperibilità, per usare un eufemismo.

Accompagnata da quella che chiama nelle note del Cd “My Wonderful Band” , un solido quartetto, tastiere, chitarra e sezione ritmica più due voci femminili di supporto e in alcuni brani una sezione di quattro fiati, il repertorio è composto da classici del soul e del Blues con una preferenza per il repertorio di Koko Taylor (che deve essere una “preferita” della Murphy) ma anche brani come Come To Mama firmata Willie Mitchell/E.Randle e che viene dal repertorio della grande Ann Peebles o Can’t No Grave Hold My Body Down che era uno dei cavalli di battaglia di Sister Rosetta Tharpe e qui viene ripresa in una ottima versione. Anche Someone Else Is Steppin’ In è un solido errebi firmato da Denise Lasalle e spicca pure una bella versione strumentale di Amazing Grace che lascia spazio all’ottimo gruppo che l’accompagna.

Lei ha una bellissima voce che in certi momenti, per l’intonazione, mi ricorda quella della compianta Phoebe Snow, una cantante che sapeva fondere nella voce musica bianca e nera con grande feeling e in altri Tracy Nelson un’altra che non scherza quanto a polmoni, ma se avete sentito i dischi di Little Feat e Bob Seger sicuramente la conoscerete. Ottimo anche il duetto “rustico” con il suo tastierista dalla voce vissuta, Larry Van Loom in una Hopelessly In Love With You scritta da un bluesman contemporaneo, Mike Holloway. Molto bella anche la versione di un brano del grande Frankie Miller I Know Why The Sun Don’t Shine di cui recentemente è uscito un cofanettino imperdibile con l’opera omnia per la Chrysalis negli anni ’70. Nel finale quando arrivano i fiati la temperatura sale, prima con Gonna Buy Me A Mule e Love of Mine e poi con due fantastiche cover di Down In The Flood di Bob Dylan a tempo di boogie e It Feels Like Rain, uno dei brani più belli di John Hiatt al quale viene resa piena giustizia. Una mezza stelletta in più sulle canoniche tre, per la parte finale, la meriterebbe ma la nostra amica è proprio brava, gran voce!

Bruno Conti 

Piaceri Proibiti! Pablo Cruise – It’s To Good To Be Live

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Pablo Cruise – It’s Good To Be Live – BDG/Red Distribution CD+DVD

Negli anni ’70 c’era tutto un fiorire di nuovi gruppi e personaggi che a tutt’oggi sono considerati tra i depositari della buona musica (e non stiamo a fare i nomi, ma si sanno), poi c’era tutto un sottobosco di solisti e gruppi che potremmo definire “piaceri proibiti”, ovvero gente che faceva comunque buona musica ma non erano politically correct o perché erano commerciali o perché facevano della cosiddetta musica “orecchiabile”.

Quindi se qualcuno a quei tempi ti chiedeva cosa ascoltavi erano molto più cool, figo se preferite, dire” mah, io ascolto soprattutto Metal Machine Music di Lou Reed, gli Art Ensemble of Chicago e Shirley & Dolly Collins, ah sì…anche John Fahey”, non potevi certo confessare che ascoltavi anche, chessò i Supertramp di Crime Of The Century, o i primi Journey o Loggins & Messina, questi ultimi forse un po’ borderline ma ammessi, perché questa confessione sarebbe stata “un’anatrema” come avrebbe detto Faletti ai tempi dei testimoni di Bagnocavallo. Anche i Pablo Cruise erano tra questi piaceri proibiti.

Nato nel 1973 dallo scioglimento dell’ultima versione degli Stoneground dell’ex Beau Brummels Sal Valentino, il gruppo era composto da alcuni ottimi musicisti californiani, tra cui i due leader Cory Lerios alle tastiere (soprattutto piano) e voce, e David Jenkins alla chitarra e altro vocalist della band, alla batteria c’era ( e c’è tuttora, come gli altri due), Steve Price. Lo stile era quel rock americano, californiano se preferite, molto piacevole, ben suonato, con agganci ai Journey e Loggins & Messina già citati, ma anche il primo Billy Joel, Huey Lewis (che non a caso firma le note del libretto) con i suoi Clover, gli Eagles del secondo periodo, quelli meno country-rock, i primi Toto, insomma più o meno ci siamo capiti.

Oltre a tutto, dopo un paio di album, il primo omonimo del 1975 e Lifeline del 1976, con il terzo A Place In The Sun del 1977 arriva il grande successo con Whatcha Gonna Do? e la title-track. Poi ribadito con il successivo Worlds Away. In quegli anni i Pablo Cruise erano uno dei gruppi rock americani di maggior successo e, con le dovute prospettive, facevano anche della buona musica, commerciale ma suonata e cantata con gran classe, anche se poi a fine carriera hanno perso molto del loro smalto.

Questo per chi non li ha mai sentiti nominare. Per chi li conosce ed apprezza la loro musica questo doppio It’s Good To Be Live è il primo disco dal vivo della loro carriera ed è una piacevole sorpresa, Lerios And Jenkins sono in gran forma sia a livello vocale che strumentale, i successi ci sono tutti: Worlds Away, A Place In The Sun, Love Will Find A Way,(entrambe riprese anche nel finale, se piacciono si rifanno!), Whatcha Gonna Do, Ocean Breeze. Ma anche brani meno conosciuti e più recenti; il tutto eseguito con grande vigore, sarà musica orecchiabile ma Cory Lerios è un pianista di tutto rispetto, non ha nulla da invidiare al miglior Billy Joel, le mani volano sulle tastiere e gli assoli sono frenetici e sempre diversi tra loro, David Jenkins con la sua chitarra si alterna al proscenio con interventi brevi e ficcanti ed entrambi hanno delle belle voci che spesso armonizzano con quel sound californiano che li contraddistingue. Quindi scordatevi quelle reunion di maniera, con musicisti bolsi e alla frutta, qui la musica, sempre con i limiti già ricordati, è piacevole e piena di verve, il pubblico si diverte, noi che ascoltiamo il CD o guardiamo il DVD pure, quindi perché non consigliarlo?  E infatti lo faccio!

Bruno Conti

Di Padre In Figlio, Sempre Blues Ma…Bernard Allison – Live At The Jazzhaus

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Bernard Allison Group – Live At The Jazzhaus – 2CD o DVD Jazzhaus Records

Torna Bernard Allison, a distanza di pochi mesi dal precedente The Otherside bernard%20allison  e lo fa con un bel doppio CD dal vivo (o DVD) che risolleva le sue quotazioni un po’ appannate da un paio di dischi non all’altezza della sua fama. Per chiarirlo subito, Bernard non è ai livelli del babbo Luther Allison, uno dei migliori musicisti della seconda generazione del Blues elettrico, ma è comunque un musicista di notevole spessore, buon cantante, ottimo chitarrista, influenzato tanto dal blues classico dei vari King e di Muddy Waters quanto da Johnny Winter e Stevie Ray Vaughan oltre che dal padre. Non manca anche una notevole passione per il funky e la soul music più ritmata tra le influenze del nono figlio della famiglia Allison, che si è fatto la sua bella gavetta nella band di Koko Taylor e poi nel gruppo del babbo e dal 1990, anno dell’esordio con The Next Generation, ha già pubblicato una quindicina di album per diverse etichette.

Questo Live At The Jazzhouse si inserisce sicuramente tra i migliori della sua produzione: accompagnato da un solido quintetto dove spicca il sax di Jose James che è un po’ il secondo solista della band in alternativa al tastierista Toby Lee Marshall il concerto, nella classica guisa delle soul and blues revue parte con uno strumentale, Send It In che è il classico brano per rompere il ghiaccio con tutti i musicisti che scaldano il pubblico per la stella della show con assoli di sax, organo e chitarra.Stella, Bernard Allison che arriva e parte con una versione ricca di funky soul di I Wouldn’t Treat A Dog dal repertorio di Bobby “Blue” Bland che forse in omaggio al nome del suo interprete originale è un po’ “blanda” (lo so, battuta scarsa)! L’altra cover del CD è una versione decisamente più vigorosa di quello che viene considerato il primo brano della storia del R&R, Rocket 88 attribuita a Jackie Brenston ma che proviene dalla fertile inventiva del primo Ike Turner. Quando con Tired Of Tryin’ i ritmi si fanno più funky-rock sembra di ascoltare una versione dei Band Of Gypsys con sax e tastiere aggiunti anche se più all’acqua di rose ma la chitarra con e senza wah-wah viaggia che è un piacere.

So Devine è una sorta di slow soul alla Robert Cray con la bella voce di Allison in evidenza mentre Black and White alza ritmi ed intensità mantenendo quel filone funky con basso slappato che appartiene allo stile del nostro amico. Life Goes On è uno di quei bei pezzi blues che avrebbero fatto la gioia di babbo Luther, Allison Way addirittura batte territori reggae-blues che è un filone non molto frequentato, peculiare ma non malvagio. Il secondo CD parte con una Groove me sempre funky ma con quei richiami alla SRV mentre The Otherside conferma la non eccessiva validità della versione di studio tratta dall’ultimo album, non memorabile per usare un eufemismo. Decisamente meglio la lunga Just My Guitar and me dove il contemporaneo uso di slide e wah-wah conferisce sonorità particolari alla chitarra di Bernard Allison che finalmente dà sfogo alle sue notevoli doti di solista e non per nulla il brano era firmato anche da Luther Allison.

Tobys B3 come da titolo è una improvvisazione di organo di Marshall mentre Serious era uno dei cavalli di battaglia di Allison Sr. e Bernard Allison e la sua band gli rendono giustizia con una versione monstre di oltre 15 minuti con tutti i solisti di volta in volta al proscenio e il leader del gruppo che ci regala un assolo di quelli magistrali per questo slow blues in crescendo. Si poteva anche finire qui ma Chills and Thrills tra Hendrix e Stevie Ray non è male pure nella sua eccessiva funkytudine, anche se l’assolo di chitarra è micidiale come di consueto e anche il sax si difende.

Bravo anche se non fondamentale, sempre Blues ma…il babbo Luther era molto più bravo.

Bruno Conti

Novità Di Novembre Parte III. Who, Mary Black, Kate Rusby, Neal Casal, Dirk Hamilton, Bill Labounty

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Questa settimana iniziamo la disamina delle uscite di martedì 15 novembre con il pezzo forte, la riedizione di Quadrophenia degli Who. Come vedete ne usciranno due versioni (più il vinile) mentre la terza è un intruso che sarà pubblicato a fine mese per il “Black Friday”, il giorno del vinile.

Il box Super Deluxe conterrà (leggo): Disc 1&2 – The Original Album 2011 Remaster

Disc 3&4 – 25 Demo Tracks, questi i brani:

Disc three – the demos

1.
The Real Me (demo)

2.
Quadrophenia – Four Overtures (demo)

3.
Cut My Hair (demo)

4.
Fill No. 1 – Get Out and Stay Out (demo)

5.
Quadrophenic – Four Faces (demo)

6.
We Close Tonight (demo)

7.
You Came Back (demo)

8.
Get Inside (demo)

9.
Joker James (demo)

10.
Punk (demo)

11.
I’m One (demo)

12.
Dirty Jobs (demo)

13.
Helpless Dancer (demo)

Disc four – the demos

1.
Is It In My Head (demo)

2.
Any More (demo)

3.
I’ve Had Enough (demo)

4.
Fill No. 2 (demo)

5.
Wizardry (demo)

6.
Sea & Sand (demo)

7.
Drowned (demo)

8.
Is It Me (demo)

9.
Bell Boy (demo)

10.
Dr Jimmy (demo)

11.
Finale-The Rock (demo)

12.
Love Reign O’er Me (demo)

Disc 5 Versione 5.1 di “solo” 8 brani del disco in dolby surround.

Libro Deluxe di 100 pagine in hardback con un nuovo saggio scritto da Pete Townshend e fotografie, testi, note e latro materiale inedito oltre a presentazione brano per brano dei 25 demo.

45 giri 7″ con 5.15 e Water

Poster 20″x30″ e sei inserti facsimile raccolti in una confezione.

Leggevo proprio dalla confezione per cui sono informazioni precise. Naturalmente la confezione è molto bella e molto costosa.

Per chi vuole spendere meno esce anche una versione doppia Deluxe con l’album originale rimasterizzato e 11 demo inediti, questa la tracklist:

Disc: 1
1. I Am The Sea
2. The Real Me
3. Quadrophenia
4. Cut My Hair
5. The Punk And The Godfather
6. I’m One
7. The Dirty Jobs
8. Helpless Dancer
9. Is It In My Head?
10. I’ve Had Enough
11. 5:15
12. Sea And Sand
13. Drowned

1. Bell Boy – Who
2. Doctor Jimmy – Who
3. The Rock – Who
4. Love Reign O’er Me
5. The Real Me (demo) – Who
6. Cut My Hair (demo) – Who
7. Punk (demo) – Who
8. Dirty Jobs (demo) – Who
9. Is It In My Head (demo) – Who
10. Any More (demo) – Who
11. I’ve Had Enough (demo) – Who
12. Drowned (demo) – Who
13. Is It Me? (Demo)
14. Doctor Jimmy (Demo)
15. Love Reign O’er Me (Demo)

Il 29 novembre (che è un martedì, anche se dovrebbe essere il Black Friday!) in Italia uscirà quel 10″ di Townshend chiamato The Quadrophenia Demos 1 con 6 tracce, queste:

Side One:
The Real Me / Demo
Cut My Hair / Demo
Punk / Demo

Side Two:
Dirty Jobs / Demo
Is It In My Head? / Demo
Anymore / Demo

Il secondo volume uscirà ad aprile per il Record Store Day.

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E’ già uscito da qualche giorno, ma pochi se ne sono accorti perché è stato pubblicato solo dalla Rhino francese questo bellissimo Box di 4 CD di Bill Labounty uno dei più bravi (e sconosciuti) vocalist americani apprezzato da uno sparuto manipolo di fans sparsi per il tutto il mondo. Contiene 70 brani, di cui 18 demos inediti, 5 brani dall’album di debutto di Bill Promised Love mai uscito in CD e il meglio della sua produzione tratta da tutti gli album della sua discografia con presentazione delle tracce a cura dello stesso Labounty in un libretto di 16 pagine. Tra i musicisti che appaiono nel cofanetto questi “illustri sconosciuti”, James Taylor, Larry Carlton, Jeff Porcaro, Willie Weeks, Steve Lukather, Lenny Castro, Robbie Dupree (altro grande cultore sconosciuto di questo stile raffinato, che per mancanza di migliori termini definirei “blue-eyed soft soul and jazz” con risvolti californiani), Patti Austin, Jennifer Warnes, Steve Gadd e molti altri. Sciambola!

Un altro grandissimo cantautore americano, che da qualche anno svolge la sua attività anche e soprattutto in Italia, è Dirk Hamilton. E infatti il nuovo Thug Of Love Live viene distribuito in esclusiva per il mercato italiano dalla IRD (è già uscito questa settimana). Si tratta di un doppio, CD+DVD edito dalla Acoustic Rock Records, che festeggia i fasti di Thug Of Love, uno dischi più belli del 1980 (quarto della sua discografia): riproposto in tre concerti tenuti a Dozza, Modena e Cologne a marzo dello scorso anno per il 30° anniversario dal disco originale. Particolare non trascurabile il contenuto di CD e DVD è diverso perché è tratto dalle tre diverse date: quindi un totale di 24 brani. Nell’ultimo brano del CD How Do You Fight Fire appaiono come ospiti Graziano Romani, Massimo Mantovani e Max Marmiroli. Sarebbe d’uopo procurarsi anche l’originale ristampato in CD dalla Wounded Bird nel 2007 e, perché no, i due precedenti, altrettanto stupendi Meet Me At The Crux e Alias I ristampati dalla Akarma. Purtroppo il primo You Can Sing On The Left Or Bark To The Right non è mai stato fatto in CD (credo) e il mio disco originale, prestato ad un “presunto” amico non mi è più stato restituito, ciulato come direbbe Massimo Boldi! Pensate che In Wikipedia non c’è neppure una voce dedicata a Dirk Hamilton. I dati sul nuovo disco sono esatti visto che li ho letti proprio dal CD e non da comunicati stampa.

Il nuovo Neal Casal (lui c’è in Wikipedia), Sweeten The Distance, esce sempre il 15 per la Fargo Records. E’ il 12° della sua carriera, più 2 raccolte e tre dischi con gli Hazy Malaze. Ora che i Cardinals di Ryan Adams di cui era il leader e con cui ha pubblicato 5 dischi si sono sciolti, è libero di riprendere la sua carriera solista.

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Tre voci femminili. Torna, dopo una pausa che durava sei anni, la grande cantante irlandese Mary Black con un nuovo album Stories From The Steeples pubblicato dalla Blix Streets Records in Inghilterra e dalla 3ù Records in Irlanda. Per curiosità ero andato a vedere se il disco fosse uscito prima sul mercato irlandese e fosse già in classifica ma non c’era ancora. In compenso, con grande piacere, ho visto che l’ultimo Christy Moore Folk Tale ha esordito al 3° posto delle charts e la settimana in corso era al 6° lottando eroicamente con Justin Bieber, Rhianna, David Guetta e Co che sono tutti alle sue spalle. Se volete curiosare le classifiche di tutto il mondo questo è il link http://www.lanet.lv/misc/charts/. Nel disco di Mary Black appaiono come ospiti Imelda May, Finbar Furay e Janis Ian.

Altra grande vocalist britannica è Kate Rusby, questo While Mortals Sleep, edito come sempre dalla Pure Records, è il secondo capitolo decicato a brani “stagionali”, di tipo natalizio per intenderci, ma non solo. Sono canzoni e carole, quindi sempre musica tradizionale folk per la brava Kate accompagnata dalla sua band più un quintetto di fiati. Il primo volume si chiamava Sweet Bells.

La terza copertina è quella di Bracing For Impact il nuovo disco di Pegi Young questa volta con i Survivors. Che non comprendono mister Neil Young in formazione, anche se nel disco, pubblicato dalla Vapor Records, c’è! Il gruppo comprende Spooner Oldham alle tastiere, Rick Rosas al basso, Kelvin Holly alla chitarra e Phil Jones alla batteria. Produce Pegi con l’aiuto di Elliot Mazer e “lui” ha scritto Doghouse dove canta le armonie vocali e suona l’armonica, nonché la chitarra elettrica in Lie e Song For A Baby Girl e nuovamente l’armonica in Number 9 Train. Nel disco, che non è male, ci sono anche le ottime Watson Twins alle armonie e una versione della famosa I Don’t Want To Talk About It scritta da Danny Whitten per il primo Crazy Horse dove la seconda voce è quella di Chandra Wilson. Ma mi rendo conto che il disco si compra perché c’è dentro Neil Young e anche se non ci fosse per il legame di parentela, quantomeno per curiosità.

Fine della prima parte (oggi ci sono dei problemi con il Blog).

Bruno Conti

Un “Comprimario” Di Classe – Bill Toms – Memphis

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BILL TOMS – Memphis – Terraplane Records 2011

E’ il caso di dire che l’allievo ha superato il maestro. Per chi frequenta le cronache del rock americano il suo nome non è nuovo, perché per un sacco di tempo Bill Toms è  stato il chitarrista degli Houserockers di Joe Grushechy, una delle più longeve “blue collar” band americane. Bill durante i suoi 25 anni di carriera artistica come chitarrista ( iniziata nel lontano 1987 nella leggendaria band di Pittsburgh), ha esordito nel 2000 con la sua band gli Hard Rain con My Own Eyes, sfornando in seguito lavori sempre di buon livello come This Old World, Paradise Avenue, The West end Kid, Spirits Chaos and a Troubadour Soul fino all’introvabile EP One Lonesome Moment,oltre al bellissimo Live At Moondog’s, tutti ispirati ad un rock stradaiolo, figlio di personaggi del calibro di Bob Seger, John Mellencamp, il suo mentore Joe Grushechy, ma più di tutti è stato Bruce Springsteen “il Boss” la figura di maggior riferimento di Toms.

Con questo nuovo Memphis (dal titolo emblematico) prodotto da Will Kimbrough , Bill ha
trovato il tempo e l’occasione giusta per mettere insieme un piccolo repertorio personale che
oltre alle ballate, riscopre una certa tradizione Soul e Rhythm & Blues per una musica  più
“southern ”. Con una  “squadra di musicisti”, che comprende Will Kimbrough che suona
di tutto (chitarra, basso, mandolino e armonica), Tom Breiding alle chitarre acustiche, Steve
Binsberger al piano, il bravissimo Phil Brontz al sax, Tom Valentine al basso, Bernie Herr alla batteria, Mark Cholewski alle chitarre, e Marc Reisman, Rick Witkowski, David Henry alle armoniche e percussioni, per un “sound” puro heartland rock.

Si parte con il Bo Diddley sound di I Won’t go to Memphis No More con il piano di Steve in evidenza, seguita da una ballata Colleen Goodbye cantata con una voce da carta vetrata, con  il sassofono di Phil Brontz a sputare note infuocate a ricordare il mai dimenticato Clarence Clemons. Misery si dimostra un brano dal profilo volutamente dimesso, cui fa seguito una On the Road of Freedom dall’inizio prettamente blue collar rock con un’armonica che apre all’intervento del sax, per un ritornello che entra subito in circolo.

Somebody Help Me e Waiting on the Pain, sono brani che ricordano il miglior Gary U.S. Bonds.  Una chitarra acustica introduce I’m Getting Closer un’altra ballad di spessore giocata sempre con il sax di Phil , l’elemento che caratterizza indistintamente il suono degli Hard Rain. Un piano notturno introduce una “maestosa” Tear This Old House Down, interpretata con voce e cuore da Bill, brano che non sfigurerebbe su un disco del primo Tom Waits, ad esempio The heart of Saturday Night. Meravigliosa!

Si cambia decisamente ritmo con una Lord don’t Take Me Now con la ritmica e l’organo per un suono da perfetta bar-boogie band. Con Hold On si tocca il punto più alto del lavoro, una ballata desertica con un’armonica “morriconiana” cantata in modo struggente e sofferto, brano che rimanda ad un periodo felice, quando una canzone sembrava poter cambiare il mondo e Springsteen era visto come il pioniere di una nuova era musicale. Da brividi. Per non uscire dal tema dopo una canzone di tale livello segue una I’ve Made Peace Now, dove le chitarre, il piano e l’immancabile sax disegnano un delicato tessuto sonoro. Si chiude come si era iniziato, con una Let’s Make a Better World dall’incedere saltellante dove traspare chiaramente che i componenti oltre alla loro bravura, si divertono alla grande a suonare con Bill Toms.

Memphis è la buona prova di un validissimo gregario diventato capitano, che senza grandi pretese ha realizzato un disco sui bei tempi andati, che lascia aperte tutte le porte ad un rock americano, un CD magari non impedibile, ma schietto e onesto dalla prima all’ultima nota.  Consigliato !!!

Tino Montanari