Buone Nuove Dal Sud! Kenneth Brian Band – Welcome To Alabama

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Kenneth Brian Band – Welcome To Alabama – Southern Shift Records

Kenneth Brian, quasi esordiente (ha un album alle spalle, Fallin’ Down Slow, ma in pochi lo conoscono) di Decatur, Alabama, è un musicista d’altri tempi. Fisicamente somigliante a Hank Williams III (magro come un’acciuga, aria un po’ truce, tatuaggi impossibili dappertutto), musicalmente sembra invece provenire direttamente dagli anni settanta, ed il suo credo si rifà direttamente alla più classica musica del Sud.                                                                         

Basta vedere il nome del produttore di questo Welcome To Alabama (un titolo, un programma): Johnny Sandlin è una vera e propria leggenda, membro con i fratelli Allman degli Hourglass, ha prodotto Brothers And Sisters della Allman Brothers Band, oltre a dischi di Wet Willie, Delbert McClinton, Eddie Hinton e Bonnie Bramlett (in anni più recenti ha lavorato anche con i Widespread Panic), oltre ad essere stato nei settanta vicepresidente della mitica Capricorn, mentre oggi suona il basso nella Capricorn Rhythm Section.                                                                                

Un vero uomo di musica, che non si muove se non ne vale la pena: se non vi siete ancora convinti, aggiungo che a Welcome To Alabama partecipano in qualità di ospiti la già citata Bramlett, il quasi omonimo Randall Bramblett e Jason Isbell.Bei nomi, ma non la solita sfilza di celebrità fine a sé stessa, ma una serie di musicisti veri, che hanno suonato con mezzo mondo (meno Isbell, che è più giovane) e che aggiungono valore ad un disco prezioso.                                                        

Welcome To Alabama è infatti un bel disco, in alcuni momenti un grande disco, da parte di un musicista che sembra aver fermato la macchina del tempo al 1975: Kenneth e i suoi (Travis Stephens, chitarra, Dickey Pryor, batteria, Zach Graham, basso) suonano come se ogni sera facessero da opening act a gruppi come Marshall Tucker Band o Allman Bros.                                                      

Un suono caldo, chitarristico, pregno di umori Sudisti, con qualche finestra aperta sul country (ecco il collegamento con la band dei fratelli Caldwell, ma anche con gli Allman versante Dickey Betts), una sezione ritmica dura e pura e le tastiere di Bramblett che danno il tocco in più (per non dire della produzione di Sandlin, uno che farebbe sembrare sudista anche LadyGaga).                                      

Si inizia con Something Better, un brano potente e chitarristico, nel quale Kenneth canta con grinta e la band non fa prigionieri: il nostro è anche un ottimo chitarrista (la solista la suona lui) e lo dimostra già da questo brano, dove, oltre ai gruppi citati prima, ci sono tracce anche di Black Crowes e North Mississippi All Stars. Texas By Tonight ha un mood più countreggiante, una melodia solare e la voce di Brian più distesa, anche se le chitarre hanno sempre un suono bello ruspante: gran bella canzone.    La title track sembra una outtake dei Lynyrd Skynyrd: puro southern rock, eseguito con un feeling da elefante ed una nonchalance insolita per un quasi esordiente.                                                             

Sembra un veterano con già dieci dischi alle spalle. Last Call è una ballata lenta ed attendista, quasi notturna, sfiorata dal country, con una bella doppia voce femminile (Lillie Mae Rische), e l’organo di Bramblett a fornire il sapore del Sud; Holdin’ On è per contro una rock ballad tersa, fluida ed orecchiabile, tra le più riuscite del disco.                       

Tonight We Ride è un classico uptempo rock, con un intro alla Neil Young ed uno sviluppo ad alto tasso di elettricità (Kenneth è sempre più convincente brano dopo brano, sia come autore che come chitarrista); Nothing You Can Do (con la Bramlett), sa di Muscle Shoals Studios, mentre nella semiacustica e lenta Prayer For Love brilla l’intervento di Isbell alla slide.                                                                              

L’album (dieci canzoni, tre quarti d’ora circa, anche in questo ricorda i dischi di una volta) si chiude con la vibrante The Fall, dal tono epico, e con Cry To The Dark, con la quale Kenneth si congeda da solo con la sua chitarra, una piccola gemma acustica ma di grande valore.Kenneth Brian è un sicuro talento, ed in futuro sentiremo ancora parlare di lui: se continua così potrebbe anche diventare una delle colonne del suono sudista.                                                                     

Welcome to Alabama…

Marco Verdi

Un Armonicista Olandese? Big Pete – Choice Cuts

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Big Pete – Choice Cuts – Delta Groove Productions

Un armonicista olandese? Anzi, un armonicista olandese Blues, e pure di quelli bravi! Non solo, ma anche un ottimo vocalist. Potrebbe sembrare una cosa strana, perché in effetti di solito si collegano gli olandesi al ciclismo o naturalmente al calcio ma non si penserebbe alla musica e al Blues in particolare. E invece i Paesi Bassi hanno una lunga tradizione in questo campo, non solo Shocking Blue e Golden Earring come nomi conosciuti in ambito musicale ma già a fine anni ’60 in pieno “British Blues” Boom in Olanda operavano gruppi come Cuby & The Blizzards e i Livin’ Blues che poi avrebbero avuto una carriera pluridecennale facendo dell’ottima musica.

In ogni caso il salto per arrivare a Pieter “Big Pete” Van Der Pluijim è di quelli lunghi e tortuosi: un giovane che già da teenager si appassiona di Blues ed in particolare di quello di Lester Butler è da triplo salto mortale. Un musicista non conosciutissimo, di culto, bianco, che ha operato negli anni ’90 come leader dei Red Devils, autori di un unico album prodotto da Rick Rubin e che erano stati scritturati per suonare nell’album solista di Mick Jagger Wandering Spirit, il suo unico disco valido, ma i loro brani poi non furono utilizzati e uno solo è apparso nell’antologia di Jagger. In quel gruppo c’erano un paio di Blasters, Bateman e Taylor e alcuni dei loro pezzi sono apparsi anche nel cofanetto postumo di Johnny Cash Unhearted dove suonano come backing band. Poi Butler ha suonato in un altro gruppo, i 13, prima di morire per una overdose nel maggio del 1998.

Tutto questo è collegato a Choice Cuts il disco di debutto registrato dal giovane Big Pete per la Delta Groove in quel di North Hollywood, California dove appaiono alcuni dei musicisti coinvolti nei vecchi dischi di Butler insieme a molte altre “stelle” del Blues contemporaneo.

Tanto per chiarire subito, il disco è bello, sono tutte cover scelte con minuzia nel grande repertorio della “musica del diavolo” e gli ospiti si alternano al proscenio nei vari brani aggiungendo spessore all’ottima house band utilizzata da Big Pete e che vede Alex Schultz alla chitarra, autore di un paio di album da solista e che ha suonato con Tad Robinson, Rod Piazza, William Clarke, i già citati 13 e una valanga di altri nomi in ambito Blues, al basso c’è Willie J Campbell e alla batteria Jimi Bott.

E poi tutti gli ospiti: dopo l’iniziale Driftin’ firmata proprio da Lester Butler, sei minuti di torrido blues con l’armonica di Big Pete in grande evidenza e cantato anche con notevole autorità e bella voce si passa a Can’t You SeeWhat You’re Doin’ To Me un classico brano del repertorio di Albert King con la chitarra tirata e lancinante di Schultz che cerca di ricreare lo spirito dell’originale con grande impegno e ottimi risultati, per arrivare al primo ospite Kim Wilson che sfodera la sua armonica per una Act Like You Love Me di grande intensità e con un suono molto pimpante, tipico della produzioni Delta Groove. Just To Be With You di Roth Bernard non la conoscevo ma è uno slow blues di quelli DOC con la chitarra di Kirk Fletcher e il piano di Rob Rio a duettare con Big Pete con ottimi risultati.

Don’t Start Crying di James Moore alias Slim Harpo la faceva anche Van Morrison (ma dove sei?) ai tempi dei Them ed è uno di quei brani veloci e tirati che ti attizzano con la chitarra di Schultz e l’armonica di Pete che si dividono il proscenio. I Got My Eyes On You con il suo mood alla Help Me vede un altro armonicista come ospite, Al Blake mentre Hey Lawdy Mama la faceva anche Clapton ai tempi e Kirk Fletcher estrae dal cilindro (dicasi chitarra) un notevole solo per l’occasione. Ottima anche la tiratissima I Was Fooled di Jody Williams con un ficcante assolo di Shawn Pittman che si conferma uno dei migliori axemen delle ultime generazioni. In tutti i brani Big Pete suona e canta con passione e trasporto come nell’ottima cover dell’Howlin’ Wolf d’annata Rockin’ Daddy dove la chitarra solista è nelle mani di Kid Ramos. Left Me With A Broken Heart è cantata da Johnny Dyer mentre in Just A Fool dal repertorio di Little Walter la solista è quella di Rusty Zinn. In Chromatic Crumbs uno strumentale per virtuosi l’armonica di Big Pete viene sostenuta dalle soliste di Schultz e John Marx. La conclusione è affidata a I’m A Business Man un brano di Willie Dixon che è l’occasione per Pete di duettare con la “melodica” di Paul Oscher.

Decisamente un buon disco di Blues classico per questo giovane olandese e per gli amanti del genere!

Bruno Conti      

Un “Capolavoro” Della Musica Rock! Blues Project – Projections

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Blues Project – Projections – Sundazed Records – ****

Questo Projections è uno dei dischi “fondamentali” della storia della musica rock e di quell’anno straordinario che fu il 1966. Così come i Blues Project sono stati tra i gruppi più importanti di quel periodo fecondo di novità. Nati come prosecuzione del Blues Project che era una compilation di brani di artisti vari pubblicata dalla Elektra nel 1964, in cui appariva tra gli altri anche il musicista folk e blues Danny Kalb, originario della zona del Greenwich Village, che poi fu fulminato come molti musicisti dell’epoaca dalle prime apparizioni dei Beatles sul suolo americano e decise di formare una band rock. Il gruppo nacque nell’estate del 1965 intorno a un nucleo che oltre a Kalb vedeva Steve Katz anche lui alla chitarra, Andy Kulberg al basso e al flauto, Roy Blumenfeld alla batteria e il cantante Tommy Sanders. E con questa formazione si presentarono ad un provino per la Columbia dove vennero clamorosamente rimbalzati. Ma in quell’occasione conobbero Al Kooper, un ex chitarrista trasformato da poco in tastierista e reduce dal clamoroso successo della partecipazione a Like A Rolling Stone di Bob Dylan. I sei uniscono le forze e firmano per la Verve Folkways che li fa esordire con un buon disco dal vivo Live At The Cafe Au Go Go che mette in luce subito i loro grandi pregi.

I Blues Project (che nonostante il nome, non facevano solo Blues, anche ma non solo) erano uno dei primi gruppi “rock” della storia, una delle prime jam band dell’epoca, liberi di improvvisare, come i Grateful Dead loro contemporanei facevano sull’altro lato dell’America, tra psichedelia, lunghe cavalcate chitarristiche, ritmi soul e folk, tanto Blues, l’organo e il piano di Al Kooper in grande evidenza. Il primo disco Live è un buon disco ma il loro capolavoro è questo Projections uno dei dischi più “influenti” di quel periodo. Registrato nell’autunno del 1966, con la produzione di Tom Wilson (reduce dal lavoro nel brano citato di Dylan e che da lì a poco avrebbe prodotto il primo Velvet Underground), nella formazione del gruppo non c’è più il cantante Tommy Flanders e la parti vocali sono divise equamente tra Kalb, Katz e Kooper.

Onestamente Projections, sentito ancora oggi a 45 anni dall’uscita originale del novembre 1966, è un album formidabile, 9 brani per più di 50 minuti di musica di grande livello. La qualità sonora, anche con la rimasterizzazione in mono della Sundazed, non è fantastica, forse il suono del basso di Kulberg è più rotondo. Siamo sui livelli (anzi, forse inferiori come qualità sonora, ma è un parere personale che non inficia la validità del dischetto) delle precedenti edizioni in CD, quella degli anni ’90 che era uscita brevemente per la Mercury se non ricordo male e sempre a fine anni ’90 appariva nella sua interezza nel doppio Anthology pubblicato dalla Universal nella serie Chronicles, in stereo e anche con il meglio del resto della produzione del gruppo.

Comunque per chi vuole l’album puro e duro come fu concepito se lo ritrova in questo CD della Sundazed: si capisce che le cose sono serie fin dalle prime note di I Can’t Keep From Cryng Sometimes, un brano tradizionale arrangiato da Al Kooper che sin dalle prime svisate dell’organo e dai suoni in libertà delle chitarre lancinanti segnala la nascita di quel suono che poi avrebbe influenzato tutta la scuola californiana dai Grateful Dead passando per i Jefferson Airplane, i Doors e quanti altri possono venirvi in mente. Per non parlare dei Ten Years After che avrebbero fatto di questo brano un formidabile tour de force per le loro improvvisazioni dal vivo.

In un baleno ci ritroviamo nel folk barocco e psichedelico a tempo di minuetto della Steve’s Song firmata da Katz, sognante e ricercata ricorda il suono dei primi esperimenti nel rock di Donovan sull’altro dell’oceano. Altro cambio di scena e siamo nel rock’n’roll bluesato della cover di You Can’t Catch me di Chuck Berry con le chitarre lievemente acide che duettano con il pianino di Kooper e nel finale se ascoltate attentamente si riconosce il riff di I’m Going Home del nostro amico Alvin Lee che evidentemente sulla musica del gruppo ci ha costruito una carriera.

Two Trains Running raccoglie undici minuti di pura magia sonora, un lungo slow blues torrido e cadenzato che riprende un brano del repertorio di Muddy Waters e lo trasforma in una delle prime cavalcate rock-blues, in contemporanea con la nascita della Butterfield Blues Band e i primi passi del British Blues, senza dimenticare che questo stile era già presente, in embrione, nel disco dal vivo pubblicato un anno prima. Al Kooper è già uno dei più grandi organisti della storia del rock nel blues come avrebbe confermato con la sua Supersession di un paio di anni dopo. Se non vi basta c’è anche Wake Me, Shake Me che è un altro traditional arrangiato da Kooper e che presenta anche  aspetti rock&soul non dissimili da quanto faceva Stevie Winwood con lo Spencer Davis Group in Inghilterra o in ambito più beat i primi Them di Van Morrison e anche gli Stones.

E poi c’è pure Ma Che Colpa Abbiamo Noi dei Rokes, o meglio Cheryl’s Going Home di Bob Lind  splendido esempio di quel pop psichedelico e flower power che sarebbe nato l’anno successivo. Non manca la prima versione di Flute Thing, un brano strumentale scritto da Al Kooper e guidato dal flauto di Andy Kulberg che scivola verso percorsi easy jazz duettando con l’organo, il piano e l’ondioline di Kooper e le due soliste e che sarebbe poi riapparsa nel repertorio dei Seatrain, il gruppo post Blues Project degli anni ’70.

Si conclude con un altro formidabile blues come Caress me Baby firmata da Jerry Reed ricca di tensione e assoli e la conclusiva Fly Away che i tipi della Sundazed sicuramente per un refuso di stampa attribuiscono a Reed ma è un brano di Al Kooper, un piacevole brano pop con l’armonica di Katz in evidenza ma non particolarmente memorabile. I due Kooper e Katz, nel 1968 avrebbero fondato i grandi Blood, Sweat & Tears ma quella è un’altra storia.

Per il momento “accontentiamoci” di questo Projections uno dei dischi più belli di quel periodo d’oro e che non può mancare in nessuna discoteca che si rispetti. Super consigliato.

Bruno Conti  

Un Disco “Autunnale” Per Una Grande Cantautrice Americana. Catie Curtis – Stretch Limousine On Fire

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Catie Curtis – Stretch Limousine On Fire – Compass Records 2011

L’autunno è alle porte e come spesso accade in questi tempi “piovosi” vengono alla luce dischi delicati di rara bellezza, disseminati di melodie pungenti e malinconiche. Il personaggio di cui tratteremo oggi risponde al nome di Catie Curtis, cantautrice originaria di una piccola città del Maine (Saco), che molti di voi. immagino, non conoscano. La giovane Catie ha fatto una lunga gavetta negli Stati Uniti, suonando in piccoli locali e incidendo per “Label” indipendenti, fino ad imporsi all’attenzione del pubblico nel 1997 con l’album omonimo, dal quale fu tratto il singolo Soulfully che entrò a far parte della colonna sonora di una fortunatissima serie televisiva, Dawson’s Creek.

Veterana della scena folk di Boston, la nostra ha ricevuto il plauso della stampa locale e, se si deve dare un merito a Catie Curtis, è quello di essere stata capace di crescere e di avere migliorato disco dopo disco la sua scrittura e la sua vocalità, partendo dall’esordio Dandelion nel lontano’89 edito solo in cassetta e poi ripreso in From Years to Hours (91), Truth from Lies (95), il menzionato Catie Curtis (97), A Crash Course in Roses (99), My Shirt Looks Good on You (2001), la ripubblicazione del primo CD From Years to Hours con tracce aggiunte, edita nello stesso anno, e sempre nel 2003 anche Acoustic Valentine, Dreaming in Romance Languages (2004), Long Night Moon (2006), Sweet Life (2008), Hello Stranger (2009), per finire con questo Stretch Limousine on Fire  prodotto dal batterista e percussionista Lorne Entress, che vede la presenza di fidati musicisti come Jay Bellerose alla batteria, Jennifer Condos e Jesse Williams al basso, Duke Levine e Thomas Juliano alle chitarre, Glenn Patscha al pianoforte, David Limina all’organo e la grande Mary Chapin Carpenter al controcanto, in compagnia di altre “donzelle”, Lisa Loeb, Jenna Lindo, e Julie Wolf utilizzate alle armonie vocali.

Si parte con Let it Last, con le chitarre che ricamano la melodia, sorrette dalla sezione ritmica e la voce vellutata della Carpenter. L’incipit di Shadowbird è tutto giocato sull’arpeggio delle chitarre, per un ritornello “assassino” che entra nel cuore. Highway del Sol scorre quasi sussurrata, con un lavoro di chitarra che enfatizza il pathos del brano. La “title track” si sviluppa lineare sostenuta da una valida sezione ritmica, seguita da una River Wide pianoforte e voce, la canzone più bella del lavoro, una ballad classica costruita su una melodia che mi ricorda una delle più belle canzoni di Joan Armatrading Love by You nell’album Secret Secrets del 1985, penso poco conosciuto.

Si riparte da una Another Day on Earth, una canzoncina pop dove le tre “grazie” Lisa, Jenna e Julie danno il meglio al controcanto. Il livello si alza decisamente con una After Hours che a tratti ricorda alcune composizioni di Lucinda Williams, un brano che si farà fatica a dimenticare, altra gemma del disco. Segue una delicata e morbida I Do con un tessuto sonoro che scivola sulla splendida voce di Catie. Wedding Band è costruita intorno ad un bel “riff” di chitarre acustiche, a volte raddoppiato dal violino o da una slide sempre acustica. Il CD si chiude con la splendida Seeds and Tears quasi sussurrata, con un giro di chitarra a disegnare un perfetto connubio con la voce splendida della Curtis, per uno stile compositivo, che ricorda, al meglio, due mie beniamine, Mary Gauthier e Eliza Gylkison.

Conosco Catie Curtis fin dagli esordi, e mi chiedo come mai questa “singer songwriter” non abbia mai saputo imporsi come il suo talento avrebbe meritato, per il momento il consiglio è quello di accostarvi a queste dieci canzoni, che di sicuro non vi deluderanno, un ritorno gradito che non mancherà di scaldare i vostri cuori, per un lavoro solido che non lesina brani di qualità, e non cala minimamente alla distanza. Che sia finalmente giunta l’ora di Catie Curtis ?

Tino Montanari

New Old Soul. JC Brooks & The Uptown Sound – Want More

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JC Brooks & The Uptown Sound – Want More – Bloodshot Records

So che il titolo del Post potrebbe sembrare un ossimoro (e lo è, anzi, in inglese, come da titolo, “an oxymoron”) ma è anche il modo ideale per descrivere la loro musica. Non si tratta di quella robaccia che viene spacciata per “nu soul” (con le dovute eccezioni), non è blue-eyed soul, mi sembra che lui sia scuretto anche se gli Uptown Sound compensano per il lato bianco del gruppo.

Non è molto nuovo perché sembra di ascoltare un disco della Stax o della Motown dei tempi d’oro con Wilson Pickett e i suoi “gotta gotta gotta” che emergono in Don’t Lock The Door o tutti i Tempations rollati insieme nella voce di JC Brooks (falsetti compresi) in un brano com I Got High. Ci sono James Brown e Little Richard con i loro ciuffi (ma le pettinature cambiano), ma anche con la loro musica, nell’aspetto esteriore di Brooks ma anche nel suo saper tenere il palco con grande maestria.

Non sapevo che fossero venuti da poco in Italia, il 9 ottobre a Gambettola, ma essendosi trovato il mio amico Roberto casualmente a Denver per lavoro la settimana scorsa, su mio consiglio, è andato a sentire il loro concerto al Soiled Dove Underground il 31 ottobre e questo è quello che mi ha scritto in una mail:

“Sera di Halloween, pubblico di 60 persone, tra le quali noi 4 (3 itali e 1
gallese), gli stessi del concerto (quasi) pogato dei Gaslight Anthem a
Colorado Springs, Aprile 2009. Tra il pubblico pure 1 cinquantenne vestito da
superman e una ragazzetta carina vestita da Peter Pan.

Apre band un po’ sfigata locale, alle 9 sale sul palco il CICLONE JC Brooks.
Concerto tiratissimo, lui è un animale da scena, cresta con ciuffo alla
Elvis, è andato avanti 1h e mezza e ne ha fatte di tutti i colori, compresi i
falsetti doo-wop, urla assassine, tutto. Band granitica che non sbaglia un
attacco, si vede che si divertono.”

La zona geografica del concerto è questa:

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Sottoscrivo tutto (e utilizzo tutti per il Blog, a gratis obviously) e aggiungo che mi ha aggiornato anche sulla discografia che oltre a questo nuovo disco e uno indipendente Beat Of Our Own Drum del 2009 di cui sapevo, comprende anche due volumi dal vivo di cui ignoravo l’esistenza, che devono essere notevoli, che lui ha comprato e sa cosa dovrà fare (uso privato di Blog pubblico)!

In questo Want More ci sono anche un paio di soul ballads, Missing Things, che inizia come un brano della Band dei tempi d’oro e poi diventa deep soul fantastico misto a elementi gospel come in Awake che potrebbe venire dal repertorio di Al Green. C’è anche una To Love Someone (That Don’t Love You) cantata con un falsetto da brividi degno del miglior repertorio di Marvin Gaye dell’epoca Motown. Un brano che si chiama Sister Ray Charles che parte con un piano elettrico che ricorda il suono dei Beatles circa dell’epoca Beatles For Sale e poi diventa un altro potente brano soul con fiati sempre presenti.

C’è anche una versione superba di I Am Trying To Break Your Heart dei Wilco fatta nello stile che Pickett e Redding usavano per rivisitare i Beatles che è il “singolo” dell’album.

Nell’album ci sono anche brani più tirati con una chitarra solista tipicamente rock usata in modo non dissimile dalle produzioni di Bruce Sprinsgteen dei dischi di Gary US Bonds come l’iniziale Want More. Saranno revivalisti, poco originali, “antichi” e derivativi ma son bravi!

Il disco magari non entrerà tra i miei preferiti dell’anno (bubbling under) ma mi sento di consigliarlo agli amanti del soul e della buona musica in generale.

E abbiamo recuperato uno dei famosi dischi dalla pigna degli arretrati, anche se è uscito solo dal 26 ottobre.

Bruno Conti

Novità Di Novembre Parte II. Una Piccola Appendice: Randy Newman, Murray McLauchlan, Medeski-Scofield-Martin-Wood, Barr Brothers, Van Dyke Parks

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Qualcosa alla fine si dimentica sempre, per cui oggi doppia razione di Post.

Partiamo con il CD+DVD Live In London di Randy Newman di cui mi erano arrivate notizie in una mailing list della Nonesuch già mesi fa e poi, per parlarne in prossimità dell’uscita, me ne stavo dimenticando. Per la verità il doppio esce martedì 8 novembre negli Stati Uniti e una settimana dopo, il 15 novembre, in Europa per cui siamo ancora in tempo. Si tratta della registrazione di un concerto tenuto alla LSO St.Luke’s Church, una chiesa anglicana del 1700 restaurata dalla London Symphony Orchestra per l’utilizzo nei loro concerti. Ma anche la BBC, e in questo caso la sua orchestra, di tanto in tanto la utilizza: per una delle poche date fatte da Newman in Europa per pubblicizzare l’album Harps And Angels del 2008, uno dei migliori di quell’anno. Sono 22 brani con moltissimi classici tra cui Mama Told Me Not To Come, Short People, God’s Song, Louisiana 1927, You Can Leave Your Hat On (eh sì l’ha scritta lui!), Political Science, Sail Away, I Thing It’s Going to Rain Today (molto adatta al periodo) e Laugh And Be Happy e A Few Words In Defense Of Our Country che apparivano in quell’album. Un gioiellino da aggiungere ai Randy Newman Songbooks nella rilettura dei suoi capolavori.

Anche Murray McLauchlan, uno dei più grandi cantautori canadesi di sempre, era tornato sulle scene circa tre anni fa con Songs From The Streets, una doppia antologia edita dalla True North che ripercorreva il meglio delle sue canzoni, con qualche inedito, una rilettura di Carmelita di Warren Zevon e un brano nuovo scritto per l’occasione. A parte consigliarvi di recuperarla perchè si tratta di ottima musica, nella schiera dei cantautori canadesi nati negli anni ’70, McLauchlan era secondo solo a Cockburn per bravura e consistenza dei suoi dischi, evidentemente è stata propedeutica per un ritorno più duraturo. Questo Human Writes contiene dieci brani nuovi e sul mercato canadese, sempre per la True North, era già disponibile da alcune settimane. Addirittura la prima tiratura é stata tutta autografata da McLauchlan che, forse, non si aspettava grandi vendite. Non perdetevelo perché questo signore è uno di quelli bravi.

L’accoppiata Medeski, Martin & Wood + John Scofield era già apparsa in Scofield’s A Go Go, Verve 1998 e poi, come titolari alla pari, in Out Louder della Indirecto Records uscito nel 2006. La stessa etichetta ora pubblica questo doppio CD Msmw Live: In Case The World Changes Its Mind. Sono solo dodici brani, ma un’ora e cinquanta di musica dal vivo, quindi si improvvisa alla grande, in quel miscuglio di jazz, rock, blues e funky che li rende un po’ gli eredi, riveduti e corretti per i giorni nostri, delle scorribande chitarra-organo dei grandi Jimmy Smith e Wes Montgomery. Non solo jazz, anche se non è musica “facilissima”, però suonano, ragazzi! Qui le jam si specano.

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Questo due erano rimasti invece, come si dice, “in canna”. Non tutti gli album vengono presentati nella rubrica delle anticipazioni, su alcuni, i più meritevoli a mio parere, ci ritorno, altri li recensisco direttamente, ma la pigna di CD vicino al PC e all’impianto diventa sempre più alta e anche con l’aiuto di “ospiti” esterni non riesco a smaltire gli arretrati per cui ogni tanto alcuni titoli “vanno in fanteria”, anche con tutta la buona volontà e con grande dispiacere. Ma bando alle tristezze e veniamo a questi due album.

Il primo, Van Dyke Parks Arrangements Volume I è già uscito dal 20 settembre per la Bananastan LLC, anche se, onestamente, purtroppo non se ne sono accorti in molti. Ed è un peccato perché in questa raccolta risalta il genio del collaboratore storico di Brian Wilson e di molti altri grandi musicisti. In questo CD ci sono brani dello stesso Van Dyke, di George Washington Brown, di Sal Valentino, di Arlo Guthrie, di Dino Martin, di Bonnie Raitt, di Ry Cooder, dei Mojo Men, di Lowell George e dei Little Feat. Quindi musicisti noti e assolutamente “oscuri” uniti dall’arte di Van Dyke Parks, con arrangiamenti spesso al limite della genialità e anche i suoi album solisti per la Warner, ancorché “strani” per usare un eufemismo erano spesso unici per le loro trovate ma anche per la vena pop bizzarra. Da scoprire, d’altronde se siete in questo Blog a leggere un motivo ci sarà.

I Barr Brothers non sono né famosi nè influenti nella storia del rock, però sono bravi. Questo disco eponimo dei fratelli Brad & Andrew Barr (ex degli Slip, chiii? Non erano male, hanno fatto un paio di dischi, Angels Come On Time per la Rykodisc nel 2002 e Eisenhower per la Bar/None nel 2006, tra pop, rock e alternative, una sorta di Big Star in miniatura) è uscito a fine settembre per la Secret City Records e non è affatto male, agli stili del precedente gruppo hanno aggiunto anche un po’ di folk, che va di moda, psichedelia, blues e il risultato è molto interessante, nel filone dei “nuovi” gruppi americani, da Fleet Foxes a Decemberists a Low Anthem nel senso che non hanno un genere definito come questi gruppi, magari non gli assomigliano neppure se non nell’eclettismo sonoro, ma pure nel loro calderone sonoro confluiscono mille influenze. Da investigare, se volete album-stream-the-barr-brothers—the-barr-brothers.html.

Bruno Conti

La Band Dell’Anno? The Decemberists – Long Live The King

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The Decemberists – Long Live The King – EP – Capitol Records

Nel ringraziare Bruno per l’avermi ospitato nuovamente nel suo Blog (che in questi giorni compie due anni: auguri!!!), mi accingo con grande piacere a parlare della nuova uscita discografica dei Decemberists, quintetto di Portland, Oregon autore all’inizio di questo 2011 di quello che, a mio modesto parere, ed a pari merito con Smart Flesh dei Low Anthem e Helplessness Blues dei Fleet Foxes, è il disco più bello di quest’anno, cioè The King Is Dead (a dimostrazione che a fare musica rock come si deve non sono rimasti solo i sepolcri imbiancati, ma anche diverse giovani band: che poi il loro suono si ispiri a quello dei classici è un altro paio di maniche).

Ora però il gruppo guidato da Colin Meloy (ricordiamo anche gli altri: Chris Funk, Jenny Conlee, Nate Query e John Moen) fa uscire un nuovo EP (ma allora qualcuno li fa ancora!) di sei canzoni, “rischiando” così di vincere per distacco al fotofinish la gara di band dell’anno.

Sì, perché Long Live The King (notate la finezza, anche nel titolo si collega direttamente al suo predecessore), pur durando meno di mezz’oretta, è il degno seguito del CD uscito, mi sembra, lo scorso Gennaio: roots-rock (definizione un po’ abusata, ma qui calza a pennello) di gran lusso, contaminazioni folk e country, un suono scintillante ed una serie di canzoni che non avrebbero affatto sfigurato su The King Is Dead.

Registrato durante le sessions per la loro ultima fatica, non propone, come erroneamente riportato da alcuni siti, sei covers: ce n’è soltanto una (in realtà sarebbero due, ma l’altra è una cosa un po’ particolare, che poi vedremo), peraltro splendida, di Row Jimmy dei Grateful Dead, che è anche l’unico brano già uscito (era una b-side di un vinile a sette pollici, ma chi ce l’ha???), più quattro brani nuovi di pacca usciti dalla lucida penna di Meloy.

Un altro particolare simpatico: l’EP esce da solo, invertendo l’odiosa tendenza di ripubblicare a distanza di pochi mesi l’ultimo CD in versione “deluxe” con brani aggiunti (come fece qualche anno fa un signore che si fa chiamare il Boss con un disco intitolato The Seeger Sessions, ma anche più recentemente gruppi come Arcade Fire e Mumford & Sons).

L’avvio è scarno, ancorchè bellissimo: E. Watson è una splendida folk song acustica, eseguita dal solo Meloy con la sua chitarra, più un paio di backing vocalists femminili, un brano molto evocativo, che piacerà sicuramente ad una come Gillian Welch. Foregone, elettrica e full band, è senza dubbio il capolavoro del dischetto (cover dei Dead a parte), e non capisco perché non l’abbiano messa su The King Is Dead: classico suono roots tipico dei nostri, una melodia aperta ed una languida steel ad impreziosire il tutto. Il suono non si distanzia molto da quello dell’ultimo Ashes & Fire di Ryan Adams, ed anche con la qualità ci siamo.

Burying Davy è un folk tune dal motivo decisamente tradizionale, contrapposto ad un accompagnamento molto elettrico ed in taluni punti quasi psichedelico e dissonante, come fanno talvolta i Cowboy Junkies (specie nell’ultimo Sing In My Meadow): il brano comunque non sfugge di mano a Meloy e soci, che anzi dimostrano di non aver paura ad osare pur proponendo sempre qualcosa di stimolante. Come dire che un giorno potrebbero fare un intero album con questo sound senza farci storcere la bocca. I 4 U & U 4 Me, nonostante il brutto titolo alla Prince, è un home demo, con Meloy che si occupa di tutto, ma suona come un brano fatto e finito, una folk song elettroacustica dal ritmo veloce, che personalmente mi ricorda certe cose del Los Lobos, versante Hidalgo.

Ed eccoci alla già citata Row Jimmy (un plauso alla scelta, niente affatto scontata, vuol dire che i Decemberists conoscono i Dead nel profondo): versione lunga (sette minuti) ed elettrica, solare e decisamente rispettosa dell’originale, che mette in primo piano la bella melodia, tipica di Jerry Garcia (o Jerome, come scrivono i ragazzi nei credits), per poi lavorarla con un abile cesello di slide guitar e pianoforte (Funk e la Conlee, entrambi molto bravi). E veniamo alla fine, con Sonnet, che altro non è che l’adattamento in inglese, con musica scritta ex novo…del Sonetto di Dante Alighieri a Guido Cavalcanti!

Non c’è che dire, i ragazzi dimostrano anche di avere una profonda cultura, fatto non scontato in una band di giovani americani (non prendete per ironico, o peggio ancora, snob o razzista questo mio commento: amo l’America, ci andrei perfino a vivere, e conosco molto bene per motivi di lavoro il popolo americano, che ha indubbiamente grandi qualità, ma tra queste non c’è di certo la cultura internazionale, specie in geografia…). A prescindere comunque da tutto questo, il brano è ancora un folk rock decisamente riuscito, con l’ennesima bella melodia ed un originale arrangiamento, nel quale il riff vocale è ripreso ad libitum da tromba e trombone, creando un cocktail molto stimolante.

A questo punto, penso che se avete comprato ed apprezzato The King Is Dead, non potete esimervi dall’accaparrarvi anche Long Live The King…sarebbe come mangiare polenta e brasato senza accompagnarlo con una bottiglia di nebbiolo, barbera, ecc. (il paragone calza, visto il periodo…).

Buon appeti…ehm…buon ascolto!

Marco Verdi

Novità Di Novembre Parte II. Sigur Ros, Thea Gilmore, Etta James, Rush, Scorpions, Cass McCombs, Judy Collins, Laura Veirs, Billy Joel

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Seconda “ondata” di uscite di Novembre, sempre in aggiunta a quanto “anticipato” a parte con Post ad uopo, tipo Pink Floyd Wish You Were Here nelle varie edizioni, Deep Purple BBC Sessions, il Carole King natalizio, Daryl Hall Laughing Down Crying.

Esce un nuovo doppio CD con DVD (o BluRay) dei Sigur Ros, si chiama Inni e si tratta della registrazione di un concerto tenuto nel novembre del 2008 all’Alexandra Palace di Londra (Ally Pally per gli inglesi). Girato in alta definizione dal regista Vincent Morisset è stato trasferito su pellicola 16 mm e ri-filmato di nuovo e “trattato” attraverso specchi e altri oggetti, per creare degli effetti unici, da Karl Lemieux che di solito collabora con i Godspeed You! Black Emperor. Sembra un interessante seguito di Heima. Poteva mancare una limited edition con cartoline? Etichetta Krunk.

Il progetto di Thea Gilmore (ma la conoscete?), musica e voce e Sandy Denny, parole, era in gestazione dal mese di agosto. Esce per la Island la settimana prossima, si chiama Don’t Stop Singing e non vedo l’ora di sentirlo visto che mi piacciono entrambe e la Gilmore è una delle nuove cantautrici più interessanti ed era stata scelta espressamente per dare vita a questo progetto. Sulla rivista Mojo di Dicembre l’hanno un po’ stroncato ma preferisco verificare applicando il famoso principio “San Tommaso”! (anche se il giornalista che ha scritto la recensione, Andy Fyfe, non è uno di quelli di cui di solito mi fido e la rivista aveva appena dato 5 stellette all’ultimo stupendo June Tabor). Quindi, provare per credere.

Questo The Dreamer dovrebbe essere l’ultimo disco di Etta James. Mi spiego meglio: non ultimo in senso di nuovo, ma, dopo questo ultimo CD la grande cantante soul ha annunciato il suo ritiro. Speriamo di no. Esce, a macchia di leopardo, l’8 novembre negli Stati Uniti, la settimana dopo in Europa e a fine mese in Italia, sempre per la Verve Forecast/Universal. Da quello che ho sentito mi sembra ottimo come sempre, voce un po’ “affaticata” ma sempre gran classe e ottima scelta di brani, Insomma, bella musica.

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Per la serie, ma non è che gli Scorpions ci stiano pigliando per i fondelli? Prima dell’uscita di Sting In The Tail avevano annunciato che sarebbe stato il loro ultimo album e poi hanno fatto anche un Farewell World Tour. Ed adesso esce questo Comeblack per la Sony/BMG! Tutte cover di classici: brani di Beatles, Kinks, Rolling Stones, T-Rex, Small Faces, Soft Cell (?!?) e già che c’erano nuove versioni di Wind Of Change, Still Loving You, Blackout, Rock You Like A Hurricane che evidentemente loro considerano dei “classici” alla stregua di Ruby Tuesday, Across The Universe, Children Of The Revolution, Tin Soldier, All Day And All Of The Night.

Era già qualche mesetto che i Rush non pubblicavano un bel Live, ero preoccupato! Time Machine 2011:Live In Cleveland esce per la Eagle Vision in DVD o Blu-Ray e in doppio CD per la Roadrunner Records. Preferibile la versione video che dura quasi tre ore. A fine mese sono annunciati tre cofanetti da 6 CD ciascuno, Sector 1 – 2 – 3 con la discografia raccolta in box e in questi giorni è uscito per la Left Field Media un disco dal vivo di quelli semi-uffiiciali ABC 1974 con un broadcast radiofonico di un concerto del 26 agosto del 1974 all’Agora Ballroom di Cleveland. Quindi mani ai portafogli e provvedere.

A proposito di Classici, Piano Man di Billy Joel è sempre stato il mio album preferito del cantautore di Long Island, ancora di più di The Stranger, quello dove meglio ha saputo fondere il suo stile pianistico al rock classico. Brani come Piano man, The Ballad Of Billy the Kid e Captain Jack sono fantastici. In questa doppia Legacy Edition che esce per la Columbia/Sony l’8 novembre in USA e un paio di settimane dopo in Europa è stato aggiunto un secondo CD che riporta uno spettacolo radiofonico registrato ai Sigma Sound Studios di Philadelphia (proprio quelli del mitico Philly Sound) nell’aprile del 1972 quando Joel era ancora senza contratto e proprio in base a questo concerto fu scelto dalla Columbia di allora. Ovviamente nel concerto ci sono anche molti brani mai sentiti prima.

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Altra uscita in tempi differenziati nei diversi continenti è quella del nuovo Judy Collins Bohemian che esce l’8 novembre in America e ai primi di dicembre in Europa, sempre la sua etichetta, la Wildflower Records. Un misto di brani nuovi, quattro e covers di grandi artisti, tra gli altri l’amata Joni Mitchell e Jimmy Webb. Per chi ama le belle voci è sempre un bel sentire.

Cass McCombs è uno dei cantautori americani emergenti più interessanti e questo Humor Risk dovrebbe essere il suo sesto album. Esce martedì 8 novembre per la Domino Records e oltre alle sue solite ballate tormentate e raffinate questa volta ci sono anche pezzi rock più vivaci. Sempre bella musica.

Laura Veirs è una delle cantanti più amate dalla critica e da suo marito, il famoso produttore Tucker Martine, quello di Decemberists, My Morning Jacket, Bill Frisell e molti altri. Insieme hanno realizzato questo Tumble Bee che sottotitola Sings Folk Songs For Children. Ed è un disco molto piacevole e ben suonato, se volete regalare ai vostri figli (e a voi stessi) un bel disco di musica folk diverso dal solito esce per la Bella Union il prossimo 8 novembre. Piacevolissimo e non palloso. La versione di Jamaica Farewell di Harry Belafonte è una piccola meraviglia.

Bruno Conti

Un Nome Bizzarro Per Un Grande Gruppo Anni ’70! Be-Bop DeLuxe – Futurist Manifesto 1974-1978 The Harvest Years

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Be-Bop DeLuxe – Futurist Manifesto 1974-1978 The Harvest Years – 5CD – EMI Catalogue/Harvest

Nella stessa benemerita serie di cofanetti di ristampe della EMI Inglese dove sono usciti i Box di Frankie Miller, Hawkwind, Barclay James Harvest e  molti altri di cui vi ho parlato in queste pagine virtuali, è stato pubblicato di recente (un mesetto fa) anche questo Futurist Manifesto dedicato ai Be-Bop DeLuxe, la creatura di Bill Nelson, uno dei gruppi più sottovalutati del rock inglese anni ’70 e questa raccolta potrebbe essere l’occasione per colmare una lacuna nelle vostre discoteche e nei vostri ascolti (la categoria della recensione è “carbonari” non a caso)!

Nati nel 1972 sono stati inseriti nel filone glam rock, ma quello del miglior Bowie se proprio vogliamo paragonarli al Duca Bianco, anche se Nelson ha sempre respinto questo accostamento, poi sono stati citati Roxy Music, King Crimson, Van Der Graaf, Pink Floyd, Frank Zappa e un po’ di tutti questi elementi effettivamente confluiscono nella musica del gruppo. Ma se dovessi indicare un genere direi rock, puro e semplice, con tutte quelle influenze ma è proprio rock, anzi rock chitarristico, perchè Bill Nelson è uno dei grandi “guitar heroes”  misconosciuti della musica degli anni ’70, un solista dalla tecnica notevole e con un gusto quasi unico per le sonorità più ricercate e raffinate. E sono stati anche un gruppo di successo in Inghilterra, i loro dischi navigavano spesso nei top 20 delle classiche britanniche di quegli anni e addirittura Live In The Air Age, che vedete indicato a parte perché purtroppo non è contenuto nel box in questione, è salito fino al 10° posto delle British Charts. Non male per un doppio disco dal vivo con il meglio dei loro concerti di quegli anni e pubblicato nel 1978 a termine carriera.

E si tratta di un disco fantastico (il CD uscito rimasterizzato nel 2004 è singolo) che s’ha da avere: una serie di brani dove lo stile “futurista” del gruppo viene sublimato in una serie di assoli di chitarra meravigliosi di Bill Nelson che culminano in una versione di Adventures In A Yorkshire Landscape che si colloca tra le pietre miliari del solismo rock di quegli anni, immaginate una via di mezzo tra un Gilmour meno “psych”ma con qualche spunto Blues che anche il chitarrista dei Pink Floyd ha nei suoi gusti e nel suo DNA, il Santana più melodico e il Peter Green più ricercato ed avrete una vaga idea di cosa aspettarvi. Questo disco non lo trovate nel quintuplo ma si trova a parte a prezzi comunque molto contenuti, per non dire economici.

Anche l’antologia, come le altre della serie, si trova a poco più (o poco meno) di 20 euro ed è una vera cornucopia di sorprese: si parte con il rock più tradizionale di Axe Victim e Futurama per approdare al sound influenzato dalla new wave e ancora dal Bowie berlinese (quello con Fripp & Eno) degli ultimi album Modern Music e Drastic Plastic e della postilla del 1979 Sound On Sound già a nome Bill Nelson’s Red Noise che annuncia la svolta più elettronica della carriera successiva e che non trovate in questo disco.

Rimanendo a questo Futurist Manifesto, oltre a una serie di belle canzoni di grande spessore cantate con voce chiara, vibrante e “gentile, tipicamente inglese, troverete anche molti esempi dello stile chitarristico di Nelson una sorta di Tom Verlaine ante-litteram su questo lato dell’Oceano. Oltre ai cinque album di studio completi nel quinto CD c’è una serie di inediti in studio e soprattutto dal vivo veramente interessanti. E il suono ricavato dalla rimasterizzazione fatta negli Abbey Road Studios nel 2011 è veramente notevole, con qualche eccezione tratta dai remasters effettuati nel 2004 per i singoli album. Sinceramente io (oltre al Live) avevo un Best Of pubblicato una ventina di anni fa, Raiding The Divine Archive, e la differenza nel suono è veramente abissale.

Non male per un gruppo di cui non si ricorda neppure l’esatta grafia del nome, Be Bop o Be-Bop con la lineetta? Dovrebbe essere giusta la seconda grafica ma spesso sulle copertine dei CD si trova senza. Ma sono dettagli, l’importante è la musica che se seguirete il mio “consiglio d’acquisto” vi sorprenderà e anche per già li conosce c’è in ogni caso “trippa per gatti” in questo cofanetto!

E il jazz, nonostante il nome, non c’entra per nulla, forse qualcosa del jazz-rock di quegli anni.

Bruno Conti

C’erano Pochi Cofanetti In Circolazione. Questi Mancavano All’Appello! Whitesnake – Box ‘O’ Snakes + Thin Lizzy – Live At The BBC Box

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Whitesnake – Box ‘O’ Snakes: The Sunburst Years 1978-1982 – EMI 9CD+1DVD+1 7″ White Vinyl EP

Altro mega confanetto in uscita in questi giorni e pensate che copre solo il periodo dal 1978 al 1982 della carriera dei Whitesnake! Contiene i 5 album di studio, il Live…In The Heart Of The City, 2 CD con i concerti al Festival di Reading del 1979 e 1980 registrati per la BBC e in precedenza inediiti, un DVD con un “Official Booteg” registrato nel 1980 a Washington, DC, anche questo inedito. Più un libro di quello succosi, 90 pagine formato gigante, con foto mai viste e una intervista a David Coverdale nonché un breve saggio del giornalista Geoff Barton della rivista Classic Rock. E anche, per i patiti del vinile, un 45 giri in vinile bianco con l’EP di esordio Snakebite che conteneva i primi 4 brani incisi dal gruppo. Il tutto temo che vi costerà ben oltre i 100 euro. Ma ormai è un classico!

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Thin Lizzy – Live At The BBC Boxset – 6CD + 1DVD – Universal

Thin Lizzy – Live At The BBC – 2CD – Universal

Avete appena comprato la serie di CD “rimasterizzati e potenziati” della discografia dei Thin Lizzy con aggiunte molte tracce inedite tratte dal materiale BBC e ora, giustamente, per punirvi, la Universal pubblica questo cofanetto che raccoglie gran parte del materiale registrato dalla band di Phil Lynott presso l’emittente di stato inglese, comprese le famose Peel Sessions (uscite anche a parte) e molto altro.

Se volete tirare fuori i vostri CD e fare il classico “celo-manca” per vedere se vale la pena di ricomprare per l’ennesima volta, questa è la tracklist dei contenuti completa e dettagliata:

Disc 1
play 01 Look What The Wind Just Blew In (Sounds Of The Seventies, 1971) 04:25
play 02 Return Of The Farmers Son (Sounds Of The Seventies, 1971) 03:52
play 03 Whiskey In The Jar (John Peel Session, 1972) 05:54
play 04 Suicide (John Peel Session, 1972) 04:00
play 05 Black Boys On The Corner (John Peel Session, 1972) 03:06
play 06 Saga Of The Ageing Orphan (John Peel Session, 1972) 03:38
play 07 Vagabond Of The Western World (John Peel Session, 1973) 04:27
play 08 Gonna Creep Up On You (John Peel Session, 1973) 03:24
play 09 Little Girl In Bloom (John Peel Session, 1973) 04:45
play 10 Randolph’s Tango (John Peel Session, 1973) 03:46
play 11 The Rocker (John Peel Session, 1973) 05:17
play 12 Slow Blues (John Peel Session, 1973) 05:36
play 13 Randolph’s Tango (Bob Harris Session, 1973) 03:46
play 14 Little Girl In Bloom (Bob Harris Session, 1973) 04:41
play 15 The Rocker (Bob Harris Session, 1973) 05:15
Disc 2
play 01 Little Girl In Bloom (Rock On Session, 1974) 05:26
play 02 Little Darling (Rock On Session, 1974) 03:07
play 03 Showdown (Rock On Session, 1974) 04:41
play 04 Sitamoia (Bob Harris Session, 1974) 03:45
play 05 Little Darling (Bob Harris Session, 1974) 03:05
play 06 Slow Blues (Bob Harris Session, 1974) 05:31
play 07 Showdown (Bob Harris Session, 1974) 04:12
play 08 It’s Only Money (John Peel Session, 1974) 02:41
play 09 Little Darling (John Peel Session, 1974) 03:06
play 10 Still In Love With You (John Peel Session, 1974) 05:33
play 11 Black Boys On The Corner (John Peel Session, 1974) 04:12
play 12 Sitamoia (John Peel Session, 1974) 03:15
play 13 She Knows (John Peel Session, 1974) 05:13
play 14 It’s Only Money (John Peel Session, 1974) 02:44
play 15 Sha La La (John Peel Session, 1974) 03:42
play 16 Philomena (John Peel Session, 1974) 03:42
Disc 3
play 01 Dear Heart (Bob Harris Session, 1974) 04:33
play 02 Banshee (Bob Harris Session, 1974) 02:48
play 03 Half Caste (John Peel Session, 1975) 03:54
play 04 Rosalie (John Peel Session, 1975) 03:19
play 05 Suicide (John Peel Session, 1975) 05:19
play 06 Emerald (John Peel Session, 1976) 03:56
play 07 The Warrior (John Peel Session, 1976) 03:54
play 08 Cowboy Song (John Peel Session, 1976) 05:12
play 09 Jailbreak (John Peel Session, 1976) 04:04
play 10 Don’t Believe A Word (John Peel Session, 1976) 02:45
play 11 Johnny (John Peel Session, 1976) 04:15
play 12 Fools Gold (John Peel Session, 1976) 03:52
play 13 Johnny The Fox Meets Jimmy The Weed (John Peel Session, 1976) 03:41
play 14 Killer Without A Cause (John Peel Session, 1977) 03:45
play 15 Bad Reputation (John Peel Session, 1977) 02:50
play 16 That Woman’s Gonna Break Your Heart (John Peel Session, 1977) 03:29
play 17 Dancing In The Moonlight (It’s Caught Me In A Spotlight) (John Peel Session, 1977) 03:24
play 18 Downtown Sundown (John Peel Session, 1977) 03:57
Disc 4
play 01 The Rocker (Live In Concert, 1973) 06:00
play 02 Things Ain’t Working Out Down At The Farm (Live In Concert, 1973) 08:01
play 03 Slow Blues (Live In Concert, 1973) 07:58
play 04 Gonna Creep Up On You (Live In Concert, 1973) 03:48
play 05 Suicide (Live In Concert, 1973) 04:28
play 06 She Knows (Live In Concert, 1974) 06:01
play 07 It’s Only Money (Live In Concert, 1974) 03:35
play 08 Still In Love With You (Live In Concert, 1974) 05:19
play 09 Showdown (Live In Concert, 1974) 05:09
play 10 Rock N Roll With You (Live In Concert, 1974) 04:28
play 11 Baby Drives Me Crazy (Live In Concert, 1974) 04:22
Disc 5
play 01 Angel Of Death (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 07:42
play 02 Renegade (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 06:18
play 03 Hollywood (Down On Your Luck) (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 04:42
play 04 The Pressure Will Blow (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 03:58
play 05 Killer On The Loose (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 05:51
play 06 The Boys Are Back In Town (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 04:58
play 07 Are You Ready (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 02:45
play 08 Baby Drives Me Crazy (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 09:21
play 09 Emerald (Live at the Hammersmith Odeon, 1981) 04:45
Disc 6
play 01 Introduction (Live at the Regal Theatre, 1983) 50
play 02 Jailbreak (Live at the Regal Theatre, 1983) 03:54
play 03 This Is The One (Live at the Regal Theatre, 1983) 04:01
play 04 Cold Sweat (Live at the Regal Theatre, 1983) 03:38
play 05 The Sun Goes Down (Live at the Regal Theatre, 1983) 08:01
play 06 The Holy War (Live at the Regal Theatre, 1983) 05:35
play 07 The Boys Are Back In Town (Live at the Regal Theatre, 1983) 05:32
play 08 Rosalie (Live at the Regal Theatre, 1983) 07:01
play 09 Baby Please Don’t Go (Live at the Regal Theatre, 1983) 07:02
play 10 Still In Love With You (Live at the Regal Theatre, 1983) 06:58
play 11 Dancing In The Moonlight (It’s Caught Me In A Spotlight) (Live at the Regal Theatre, 1983) 04:32
play 12 Baby Drives Me Crazy (Live at the Regal Theatre, 1983) 07:40
Disc 7
play 01 The Boys Are Back In Town (Live at The Rainbow, 1979) 04:46
play 02 Emerald (Live at The Rainbow, 1979) 04:03
play 03 Dancing In The Moonlight (It’s Caught Me In A Spotlight) (Live at The Rainbow, 1979) 03:56
play 04 Massacre (Live at The Rainbow, 1979) 02:55
play 05 Still In Love With You (Live at The Rainbow, 1979) 07:57
play 06 Don’t Believe A Word (Live at The Rainbow, 1979) 03:33
play 07 Are You Ready? (Live at The Rainbow, 1979) 02:49
play 08 Sha La La (Live at The Rainbow, 1979) 05:50
play 09 Baby Drives Me Crazy (Live at The Rainbow, 1979) 06:11
play 10 Me And The Boys (Live at The Rainbow, 1979) 05:18
play 11 Jailbreak (Live at The Regal Theatre, 1983) 03:57
play 12 This In The One (Live at The Regal Theatre, 1983) 03:55
play 13 Cold Sweat (Live at The Regal Theatre, 1983) 03:20
play 14 The Sun Goes Down (Live at The Regal Theatre, 1983) 08:04
play 15 The Holy War (Live at The Regal Theatre, 1983) 05:08
play 16 The Boys Are Back In Town (Live at The Regal Theatre, 1983) 05:35
play 17 Rosalie (Live at The Regal Theatre, 1983) 07:23
play 18 Baby Please Don’t Go (Live at The Regal Theatre, 1983) 06:34
play 19 Whiskey In The Jar (Live on Top Of The Pops, 1973) 03:37
play 20 Jailbreak (Live on Top Of The Pops, 1976) 03:08
play 21 Don’t Believe A Word (Live on Top Of The Pops, 1976) 02:16
play 22 Dancing In The Moonlight (Live on Top Of The Pops, 11/08/77) 02:40
play 23 Dancing In The Moonlight (Live on Top Of The Pops, 25/08/77) 02:21
play 24 Rosalie (Cowgirl Song) (Live on Top Of The Pops, 11/05/78) 03:11
play 25 Rosalie (Cowgirl Song) (Live on Top Of The Pops, 22/06/78) 02:32
play 26 Waiting For An Alibi (Live on Top Of The Pops, 1979) 03:08
play 27 Sarah (Live on Top Of The Pops, 1979) 02:43
play 28 Chinatown (Live on Top Of The Pops, 1980) 02:26
play 29 Are You Ready (Live on Top Of The Pops, 30/04/81) 02:36
play 30 Are You Ready (Live on Top Of The Pops, May 1981) 02:33
play 31 Back On The Streets (Live on The Old Grey Whistle Test, 1979) 04:04
play 32 Don’t Believe A Word (Live on The Old Grey Whistle Test, 1979) 04:37
play 33 Ode To A Black Man (Live on The Old Grey Whistle Test, 1981) 03:46
play 34 Somebody Else’s Dream (Live on The Old Grey Whistle Test, 1981) 05:31
play 35 Renegade (Live on Three Of A Kind, 1983) 04:39

Se più modestamente volete accontentarvi la Universal pubblicherà anche una versione doppia con una selezione di 33 brani dal settuplo CD (si può dire, ho controllato sul dizionario). Anche perché pure questo cofanetto si avvicinerà pericolosamente alla soglia dei 100 euro.

E tenetevi pronti, prima di Natale usciranno molti altri Box assai appetibili e dai costi micidiali, a partire da questo di Costello, con gioco accluso che vi costerà intorno ai 250 euri. Per 1DVD, 1 CD e un 10 pollici. Se ce li avete! Se no aspettate il 2012 e usciranno anche le versioni per “poveri”

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Il primo Post pubblicato in questo Blog il 2 novembre del 2009 non casualmente si intitolava “Spendi Spandi Effendi”. 750 post dopo (eh sì, ne faccio più di uno al giorno) siamo ancora lì, ma ci piace?!?

Bruno Conti