Un Nuovo “Vecchio” Soul Singer. Charles Bradley – No Time For Dreaming

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Charles Bradley – No Time For Dreaming – Daptone Records

Questo signore ha aspettato di arrivare alla rispettabile età di 63 anni prima di pubblicare il suo primo disco, questo No Time For Dreaming, quindi figuriamoci se si offende perchè il sottoscritto lo ha fatto attendere alcuni mesi prima di decidersi a recensirlo. Intanto diciamo subito che è bellissimo e valeva l’attesa, si tratta di uno dischi soul migliori dell’anno. La Daptone Records (l’etichetta di Sharon Jones e di Naomi Shelton) se lo è “giocato” con calma, pubblicandogli un 45 giri ogni 2 anni circa dal 2002 al 2010 per un totale di sette, poi, sempre affiancato dalla Menahan Street Band (che sono bianchi fuori ma neri dentro), ha deciso che era il momento di fare uscire l’album completo. Vogliamo chiamarlo retro-soul pensando di offenderlo? Con una voce così, nata da mille “battaglie” vissute tra i più disparati lavori per sbarcare il lunario, Charles Bradley non fa certo mistero di quali siano le sue preferenze musicali e basta guardarlo per capire.

Trattasi di soul, infatti lo chiamano “the Screaming Eagle Of Soul” e nella sua voce ci sono echi di Otis Redding, James Brown (il suo idolo), Marvin Gaye (più a livello musicale che vocale ma anche…), sicuramente Al Green, un pizzico abbondante di Wilson Pickett, mica pischelli qualsiasi. A furia di aspettare di pubblicare il suo album, questo genere, nei corsi e ricorsi, è tornato di moda quindi Bradley al momento è perfetto. E i fiati, le chitarre, l’organo, le voci delle coriste, la ritmica rimbombante della Menaham Street Band richiama alla mente Booker T & the Mg’s, i Mar-Keys, il vecchio Isaac Hayes nella sua veste di arrangiatore.

Ci sono brani più belli e vissuti, come l’iniziale The World (Is Going Up In Flames), la straordinaria Lovin’ You, Baby che se Otis fosse ancora vivo avrebbe fatto sua, i temi sociali alla Marvin Gaye di The Golden Rule (e anche quel tipo di ritmi) ma cantati con la grinta di un Wilson Pickett. Momenti più leggeri, tipo The Telephone Song che sembra una versione di Buonasera dottore di Claudia Mori rivista in un ottica maschile e black, ma molto migliore dell’originale. La ballata sofferta alla Al Green di I Believe In Your Love, con un giro di basso strepitoso e coriste e fiati ai limiti della perfezione.

Il funky reiterato alla James Brown della gagliarda title-track e lo slow fantastico (sempre vicino alle tematiche dei lentoni à la Brown) con una chitarrina col reverbero sfiziosa che contrappunta, insieme ai fiati, “l’urlato” di Bradley. In You I Found Love, con i suoi fiati sincopati è un’altra variazione sul tema della perfetta canzone soul da declamatore/urlatore più Wilson che Otis ma con con gli ottoni sempre di provenienza Stax. Eccellente anche Why Is it So Hard, altro brano con il testo che si immerge nel sociale e la musica che sprofonda sempre più nel soul, “deep” come non mai. La chitarrina acustica, i ritmi latineggianti, il classico organo hammond, le percussioni e i fiati che entrano in sequenza nello strumentale Since Our Last Goodbye rimandano più ai Mar-Keys che agli Mg’s ma sempre di piacevolissima musica parliamo.

Sarà tutto un gioco di rimandi e citazioni come nella conclusiva Heartaches And Pain, che ci riporta nuovamente al miglior Otis Redding ma lasciateli “citare” ed essere derivativi se il risultato è questo, meglio retro che avant-soul mille volte se sono così bravi.

Per la serie, bravi, fateci incazzare anche proprio voi della Daptone che siete i paladini del vinile, la “nuova” versione per il download dell’album aggiunge alla tracklist le cover di Heart Of Gold di Neil Young e Stay Away dei Nirvana (anche se pare che ci sia nel LP un codice per il download gratuito dei 2 brani). Comunque, in ogni caso, la versione in CD da dodici brani basta e avanza, è di un “derivativo” mostruoso ma così autentico che sembra quasi vero e si gode come ricci sempre quando c’è buona musica!

Per finire l’anno in gloria, Buon Anno!

Bruno Conti

Australiani, Questi Sconosciuti! Silent Feature Era – This Old Leather Heart

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Silent Feature Era– This Old Leather Heart – Grape Juice Records 2011

Eccellente debutto dei Silent Feature Era duo di Brisbane composto da Greg Gathcart (autore di tutti i brani ) e Adrian Mauro, più un “ensemble” di musicisti che sono stati coinvolti nelle registrazioni  di questo splendido progetto, negli studi The Ark “costruiti” dalla coppia. La scelta che sta alla base di This Old Leather Heart è quella di dispensare una musica universale, dove trombe, violini, armonica, tastiere elettroniche convivono con strumenti rock per valorizzare il talento di Gathcart, che scrive delle bellissime canzoni dalle incantevoli melodie, che per certi versi ricordano le tematiche musicali di Morricone, con arrangiamenti Folk dalla struttura armonica che potrebbe rimandare ad altri gruppi poco conosciuti della sperduta provincia Australiana.

L’iniziale Supersomeone con tromba d’accompagnamento sembra un brano degli Eels più ispirati, mentre la seguente The Horsebreaker uno dei brani migliori del lotto, inizia lenta per poi esplodere con trombe e tamburi in stile Calexico. All The King Men svela sonorità  più elettriche, seguita da una The Only Rose dove le armonie vocali femminili rincorrono un sound campestre con armonica, violino e banjo in evidenza e con un finale trascinante. Something For The Quiet Life sembra portare a galla il lato più intimista e romantico della musica dei SFE, come pure la bellissima ballata This Old Leather Heart che dà il titolo al lavoro, brani sospesi  tra folk e canzone d’autore con sottofondo orchestrale.

L’incalzante Oliver potrebbe accostarli ai canadesi Arcade Fire, mentre la pianistica ed avvolgente In Your Shoes, si avvicina ad atmosfere notturne con grande eleganza. Then Again Maybe è una canzone in versione elettro-acustica, che precede un’altra perla del disco Blue Ribbon Man, che inizia con un violino “tzigano” che può ricordare le dolenti melodie dei Sophia, quanto la  vena malinconica  presente nell’oscura poesia di Nick Cave, per poi improvvisamente sprigionare convulsioni ritmiche grazie all’innesto di misurati arrangiamenti orchestrali.

Per concludere un esordio notevole, suonato e cantato magnificamente da questi “grandi” illustri sconosciuti che, insieme a chissà quanti altri, sono il potenziale musicale della Australia di oggi. Se vi affascinano le scommesse, rompete il salvadanaio e correte dal vostro negozio di fiducia (se lo trovate ancora), in quanto i Silent Feature Era sono sicuramente una band da tenere d’occhio. Per quanto mi riguarda visto che sono ancora in tempo, lo inserisco d’ufficio fra i migliori del 2011, sempre che il titolare di questo “blog” lo consenta. (NDB, Non so!).

Tino Montanari

The Who – Quadrophenia, Il Miglior Cofanetto Del 2011, E Gli Altri Box Che Varrebbe La Pena Di Avere

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Con questo Post dedicato ai Box si conclude la mia disamina sui migliori dischi del 2011 ovvero “The Best According To Bruno” e anche secondo le riviste musicali e i Blog specializzati all over the world, poi magari integrerò con qualche Poll delle riviste musicali italiane quando usciranno.

Quadrophenia degli Who era già di suo un grande disco e sicuramente nessuno dei migliori album del 2011 gli era superiore: tradotto in soldoni, per me, è più bello di tutti i dischi usciti quest’anno, per quanto ce ne siano stati molti di validi, e vince la sfida a mani basse. Per Pete Townshend è il loro più bello di sempre, anche se il sottoscritto, per un pelo, gli preferisce ancora Who’s Next. Ma in questo caso il sacrificio economico per acquistare la versione Superdeluxe è assolutamente da farsi. Oltre al suono del disco originale che era già fantastico di suo e in questo ulteriore mixaggio guadagna ulteriormente in nitidezza e potenza sonora, per la prima volta gli extra contenuti nei due ulteriori CD sono all’altezza delle aspettative (il DVD Audio con Dolby 5.1 e il 45 giri sono per completisti). 25 brani tra demo e versioni alternative che raccontano la storia del disco vista da Townshend, o meglio, la storia sempre quella rimane e lui l’ha scritta, ma in questa versione la voce solista non è quella di Roger Daltrey ma è lo stesso Townshend che canta questi demo che diventano proprio dei brani completamente diversi. Sono canzoni fatte e finite non dei semplici provini acustici (con poche eccezioni) e rendono giustizia al genio del nasuto musicista inglese anche come interprete. Il suono, scarno ma completo al tempo stesso potrebbe ricordare una loro esibizione dal vivo (senza pubblico) per la immediatezza e la potenza dei contenuti. Il librone, con presentazione delle tracce da parte dello stesso Pete è un ulteriore atout di questo cofanetto che s’ha assolutamente da avere. O almeno, al limite, almeno la versione doppia!

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Anche per i Beach Boys di The Smile Sessions, se possibile la versione da 5 CD (più 2 45 giri, 2 vinili e un libro) sarebbe da preferire anche se costa veramente cara. Mi rendo conto che siamo nell’ambito dei “maniaci musicali” con 36 versioni di Heroes and Villains e 79 minuti complessivi di Good Vibrations. Però 144 tracce contro 42 della versione doppia, se siete malati, fanno la differenza.

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Questo Live At The BBC di Richard Thompson l’ho già messo nella mia Top Ten assoluta ma lo ribadisco anche tra i cofanetti. Anche in questo caso 80 brani (di cui solo 3 editi su CD) tra 3 dischetti audio e uno video lo rendono indispensabile.

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Il boxettino da 4 CD di Mickey Newbury An American Trilogy è ancora qui sul mio tavolo che mi guarda ma non favella. Avrei dovuto recensirlo da mesi, ma rimanda che ti rimanda siamo arrivati a fine anno, almeno ve lo consiglio tra i migliori del 2011: contiene Looks Like Rain, Frisco Mabel Joy, Heaven Help The Child e un disco di outtakes Better Days. Forse l’unico rimprovero è che, non avendo comunque riprodotto graficamente gli album originali, ci sarebbe stato tutto comodamente in un disco in meno (forse due). L’ideale per scoprire uno dei grandi talenti “nascosti” degli anni ’70, grande autore ma anche raffinato interprete. La prima tiratura, più costosa, aveva una copertina diversa e una confezione più lussuosa.

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 L’opera omnia per la Chrysalis di uno dei più grandi rocker prodotti dalla musica inglese negli anni ’70, una voce fantastica e della musica gagliarda tutta da godere: Frankie Miller That’s Who The Complete Chrysalis Recordings (1973-1980), 4 CD, sette album (più uno in versione inedita alternativa) a un prezzo ridicolo. Buy!

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Le due sorelle canadesi Kate & Anna McGarrigle rivivono in questo “lavoro d’amore” curato dal loro produttore storico Joe Boyd. Il triplo Tell My Sister ripropone i primi due album e una serie di brani inediti che sono pura poesia sonora.

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Jimi Hendrix Winterland. Al momento dell’uscita (quasi) tutte recensioni da sballo, poi nelle liste di fine anno non si trova nei migliori 30 praticamente di nessuno. Pecché, why? Da avere assolutamente, perché è Jimi Hendrix, è dal vivo ed è stato il più grande chitarrista rock di tutti i tempi. Ed è pure bello, meglio nella versione limited con il 5° Cd aggiunto che comprende Dear Mr.Fantasy.

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Non so che anniversario fosse (ma direi il 45°) ma questa versione doppia di Sunshine Superman di Donovan anche se tecnicamente non si qualifica come cofanetto cionondimeno è da avere. Contiene la versione stereo, quella mono e un tot di versioni alternative. Era l’era di Sgt. Peppper’s, anche un po’ prima, per essere precisi, e la classe è quella!

Potrei andare avanti per ore e ore ma mi fermo qui (il resto come già detto in altre occasioni ve lo potete leggere sul Blog andando a ritroso nell’anno). Da evitare, Super e Uber Deluxe di Achtung Baby degli U2, visto che l’unico DVD veramente inedito nella confezione poi l’hanno pubblicato a parte. OK, bellissimi manufatti ma tutta roba già sentita, strasentita e vista. Idem per le ristampe dei Pink Floyd di Dark Side of The Moon e Wish You Were. Belle confezioni ma i CD veramente inediti, dal vivo e in studio li trovate anche nella versione doppia. Per il resto “poca ciccia”. Stesso discorso per la 40Th Anniversary Edition di Aqualung dei Jethro Tull, DVD audio, Bluray e vinili se non siete collezionisti sono assolutamente ridondanti mentre la versione doppia è addirittura imperdibile considerando che l’edizione per i 25 anni suonava col “culo”, per usare un eufemismo! Questo se non siete collezionisti o fans del gruppo ma solo amanti della buona musica!

Bruno Conti

P.s Se vi sono avanzati dei soldi un pensierino sul cofanetto Deluxe di Living In The Material World sulla storia di George Harrison con la regia di Martin Scorsese ce lo farei! Ma anche nella versione doppia rimane il miglior DVD musicale dell’anno e nonostante non esista la versione con i sottotitoli in italiano (per il momento) bisognerebbe averlo.

Record Mondiale? Una Curiosità Per Collezionisti “Milionari”! Tony Bennett – The Complete Collection

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Tony Bennett – The Complete Collection – Sony Music – 73 CD + 3 DVD

Credevo che i Grateful Dead con il loro Box di 72 CD Europe ’72: The Complete Recordings avessero battuto ogni record (classica esclusa) relativo ad un cofanetto di rock o jazz quando ecco cosa ti pubblicano (ma è già uscito lo scorso mese, non credevo di parlarne ma oggi per fare un Post In Breve “mi è scappato)! Un box dedicato all’opera omnia di Tony Bennett, reduce dai successi del recente CD di duetti che ne ha rinverdito i fasti, con Amy Winehouse e Lady Gaga in heavy rotation nelle radio, lo pubblica la Sony e contiene tutto quello che ha inciso per Columbia, Roulette, MGM/Verve, Fantasy, Improv e Hallmark, 73 compact, più di mille canzoni (1020 per la precisione), un libro di 250 pagine rilegato e 3 DVD, dal 1946 a oggi, 65 anni di carriera. Il tutto per la modica cifra di circa 800 euro o dollari o 700 sterline, giusto quelli che vi erano avanzati dopo il Natale, sempre che non sia esaurito come sembrerebbe girando per la rete. Il grande rivale di Frank Sinatra (che lo amava moltissimo) si prende la sua rivincita a 85 anni. E pensare che si era anche “ritirato” tra il 1977 e il 1986.

La prima canzone che mi piace “con” Lady Gaga.

Così, una curiosità di fine anno!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2011 – Quater: Outsiders E “Gravi” Dimenticanze!

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Pensa che ti ripensa mi sono accorto che l’avevo fatta grossa, avevo dimenticato alcuni dei dischi migliori di questo 2011 che si avvia alla conclusione, oltre a quegli “outsiders” personali che ogni anno vi propongo. Poi è bello, quater sembra dialetto milanese. Con questa lista arriviamo a quella cinquantina di titoli che tutte le “testate musicali” serie propongono ai propri lettori per meditare su quanto accadde nel 2011, musicalmente parlando, del resto ce ne siamo accorti purtroppo. Ecco i dischi e alcuni filmati esplicativi (mancano ancora i cofanetti, è una promessa non una minaccia):

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 Ry Cooder – Pull Up Some Dust And Sit Down – Nonesuch  Questa, in effetti, è una grossa dimenticanza, per molti sarà tra i Top 10 dell’anno. Grande disco, anche risentito oggi.

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The Black Keys – El Camino – Nonesuch Questo semplicemente è uscito all’ultimo momento, mi era sfuggito. Sarà un caso che sono della stessa etichetta? Little Black Submarines con il suo effetto quiet/loud alla Stairway To Heaven è un bellissimo brano.

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Gillian Welch – The Harrow And The Harvest – Acony Records Anche questo disco probabilmente doveva entrare nei Top Ten. Ma come ho detto in un altro Post sono solo 10, quindi dovrei inventarmi l’escamotage di una ventina di Ex Aequo per risolvere il problema. Ci penserò per l’anno prossimo. Diciamo il miglior disco acustico!

 

 

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The Blues Project – Projections – Sundazed  E questo? Migliore ristampa “singola” dell’anno. D’altronde gli ho dato pure 4 stellette sul Buscadero, Disco Consigliato, quasi una pagina di recensione e poi lo dimentico. Suono un po’ “datato”, ma che disco, ragazzi!

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Murray McLauchlan – Human Writes – True North  Uno dei migliori cantautori canadesi di sempre torna ai livelli degli anni ’70. Questi…

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Christy Moore – Folk Tale – Sony Music  Questo signore non ne sbaglia uno! Se non ci fosse stato il disco di June Tabor con la Oyster Band, miglior disco di folk britannico, irlandese per la precisione, dell’anno.

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Brian Wilson – In The Key Of The Disney – Walt Disney/EMI  Lo so che il mondo non è fatto di “se”, ma se non lo avessero fatto uscire a una settimana dalla ristampa di The Smile Sessions avrebbe avuto ben altro risalto. Moolto bello!

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Rita Chiarelli – Music From The Big House – Mad Iris Music  Miglior disco registrato in una prigione. Voi mi direte “ma non ne hanno fatti altri”! Non importa, anche se li avessero fatti sarebbe stato lo stesso il migliore nella categoria.

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Chuck Ragan – Covering Ground  L’hanno segnalato in molti tra le “sorprese dell’anno, mi accodo. Un vero “outsider”. In questo brano c’è anche Brian Fallon dei Gaslight Anthem, a proposito di solito non consiglio le uscite solo “digitali” ma iTunes Session dei Gaslight Anthem è veramente formidabile.

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 Lisa Hannigan – Passenger – Hoop Records  Altro disco preso sottogamba, una delle sorprese femminili dell’anno quasi alla pari con quello di Laura Marling. Come diceva Qualcuno, “se sbaglio mi corrigerete”!


 

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Waterboys – An Appointment With Mr. Yeats – Proper Records  Uno dei “ritorni” dell’anno. Non avrei detto!

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Johnny Winter – Roots – Megaforce  Il “vecchio” Leone del blues ruggisce ancora, da solo e in compagnia.

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Wilco – The Whole Love – dpBm/Anti  Altra “clamorosa” dimenticanza. Scusa Jeff.

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Lydia Loveless – Indestructible Machine – Bloodshot  La “promessa” femminile dell’anno. Se volete approfondire, nel Blog li trovate tutti, basta che usiate la funzione Cerca che funziona benissimo e vi si apre un mondo intero.

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Martin Simpson – Purpose + Grace – Topic  Secondo disco folk dell’anno, lì a uno zinzinello da Christy Moore, rappresentante per il Regno Unito.

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Horrible Crowes – Elsie – Side One Dummy Records  Altra gradita sorpresa. Un anno laborioso per Brian Fallon. Disco che cresce alla distanza

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Jeff Bridges – Jeff Bridges – Blue Note  Disco che ha diviso la critica. Osannato o trascurato. Propenderei per la prima ipotesi.

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Steve Cropper – Dedicated – Fontana  E il “Colonnello” come ho fatto a dimenticarlo? Boh!

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Romy Mayes – Lucky Tonight – Me And My Records  Miglior disco dal vivo dell’anno con sole canzoni nuove. Non ne hanno fatti altri? Vale lo stesso discorso di Rita Chiarelli.

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Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen – Mute  Last but not least, il prototipo del perfetto Outsider. E anche un gran bel disco.

Mi sono dilungato? Mi sono dilungato! E chi se ne frega, come disse Napoleone a Waterloo (licenza storica). Avrei potuto parlarvi dei nuovi dischi di Kathleen Edwards e Ringo Starr che sto ascoltando in questo periodo, ma se li recensisco con troppo anticipo poi mi sparano. E allora mi chiedo perché diavolo me li mandano?

Mancano i cofanetti. Promesso!

Bruno Conti

Le Prime Ristampe Del 2012: Doors E Alex Chilton

 

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Il 2011 non è ancora finito e qualche “ricordo” dell’anno in corso ricorrerà ancora nei prossimi giorni ma cominciamo con le prime Anticipazioni sulle uscite del 2012, future ma allo stesso tempo imminenti.

Per iniziare vi parlerei di quel CD di Alex Chilton Free Again: The 1970 Sessions che uscirà il 10 gennaio per la Omnivore Recordings negli Stati Uniti e poi il 31 gennaio in Inghilterra per la Big Beat Records del gruppo Ace. Si tratta di una versione ampliata di questo disco che vedete qui sotto uscito nel 1996 per la Rev-ola…

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E il materiale, parzialmente, coincide con quello che era compreso in un album pubblicato negli anni ’80 dalla Fan Club della New Rose come The Lost Decade. Considerando che si finisce sempre per ricomprare gli stessi dischi anche il 2012 inizia con i soliti auspici e il vostro fedele Blogger cerca di tenervi sempre puntualmente informati. Di cosa si tratta? E’ il materiale registrato da Alex Chilton nell’interregno tra la fine dei Box Tops e l’avventura con i Big Star nel 1970 appunto, ma che vide la luce discograficamente molti anni dopo. Si tratta comunque di musica che fa da ponte tra il pop soul del primo gruppo di Chilton e il pop meets rock quasi perfetto della band di Chilton e Chris Bell, registrato naturalmente nei leggendari studi Ardent di Memphis. E ci sono degli “inediti” ovviamente!

1. Free Again (ORIGINAL MONO MIX)
2. Come On Honey
3. Something Deep Inside
4. I Can Dig It
5. The EMI Song (Smile For Me)
6. All I Really Want Is Money
7. The Happy Song
8. Jumpin’ Jack Flash
9. Every Day As We Grow Closer/Funky National
10. I Wish I Could Meet Elvis
11. Just To see You
12. All We Ever Got From Them Was Pain (*previously unissued)
13. Sugar, Sugar/I Got The Feelin’
14. Free Again (STEREO REMIX WITH ALTERNATE VOCAL)(*previously unissued)
15. Every Day As We Grow Closer (ORIGINAL MONO MIX)(*previously unissued)
16. Come On Honey (ORIGINAL MONO MIX)
17. The EMI Song (Smile For Me) (ORIGINAL MONO MIX)(*previously unissued)
18. All I Really Want Is Money (DEMO)(*previously unissued)
19. If You Would Marry Me Babe (DEMO)(*previously unissued)
20. It Isn’t Always That Easy (DEMO)(*previously unissued)

Pochi ma ci sono. E non aveva ancora compiuto 20 anni, a proposito di Boy Bands! Se, a detta di molti, le circa 30.00 copie vendute da Velvet Underground and Nico all’epoca sono equivalse quasi a un pari numero di futuri gruppi, anche i Big Star (e Chilton in particolare) sono stati assai influenti su quello che sarebbe avvenuto negli anni a venire nella musica rock “alternativa”. E questo, come si usa dire, è il prequel della storia, che come in tutte le saghe che si rispettino esce dopo.

 

Più o meno nello stesso periodo, ma a Los Angeles in California, sotto la guida di Bruce Botnick, i Doors realizzavano quello che sarebbe stato il loro ultimo album con Jim Morrison, L.A. Woman secondo molti il loro migliore, insieme agli iniziali The Doors e Strange Days. Come in tutti gli anniversari che si rispettino (a livello discografico), per il 40° Anniversario + 1, non capisco perché ma ormai usa così (l’album uscì nell’aprile del 1971), il 24 gennaio 2012 usciranno non uno ma due prodotti per ricordare l’avvenimento. Il primo è un doppio CD L.A. Woman (40th Anniversary Edition) pubblicato dalla Elektra/Rhino Records in versione Deluxe con questo contenuto:

Disc: 1
1. The Changeling
2. Love Her Madly
3. Been Down So Long
4. Cars Hiss By My Window
5. L.A. Woman
6. L America
7. Hyacinth House
8. Crawling King Snake
9. The WASP
10. Riders On The Storm

Mentre le Bonus dovrebbero essere queste:

40th Anniversary Mixes bonus tracks

  1. “Orange County Suite” (Jim Morrison) – 5:45
  2. “(You Need Meat) Don’t Go No Further” (Willie Dixon) – 3:41

[edit] 40th Anniversary Edition bonus tracks (Being Released January 24, 2012)

  1. “The Changeling – Alternate Version”
  2. “Lover Her Madly – Alternate Version”
  3. “Cars Hiss by My Window – Alternate Version”
  4. “L.A. Woman – Alternate Version”
  5. “L’America – Alternate Version”
  6. “Hyacinth House – Alternate Version”
  7. “Crawling King Snake – Alternate Version”
  8. “The WASP (Texas Radio and The Big Beat) – Alternate Version”
  9. “Been Down So Long – Alternate Version”
  10. “Riders on the Storm – Alternate Version”
  11. “She Smells So Nice”
  12. “Rock Me”

Mentre la versione Superdeluxe in 5 CD che peraltro era stata annunciata non uscirà più. Ci acconteremo, con grande gioia dei nostri portafogli provati dagli ultimi mesi del 2011 (anche se pare che una versione limitata e numerata tripla possa uscire in un secondo momento)!

La Eagle Rock Entertainment per non farci mancare nulla, sempre il 24 gennaio, pubblicherà un DVD intitolato Mr. Mojo Risin’: The Story Of L.A. Woman, in quella serie di dischetti che raccontano le genesi di un celebre album della storia del rock per immagini. Dura 94 minuti e rispetto alla versione che è andata in onda sulle televisioni americane sono state aggiunte ulteriori interviste. Ci sarà qualcosa che non si è visto o ascoltato nelle miriadi di pubblicazioni uscite in questi 40 anni? Non lo so, vedremo.

Bruno Conti

Se Li Scrive, Se Li Canta E Se Li Vende! Dall’Irlanda Pat Gallagher & Goats Don’t Shave

NDB: Anche il giorno di Natale doppia razione. Se vi interessano i dischi di cui leggete qui sotto li trovate solo a http://www.patgallagher.ie/. Buona lettura.

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Pat Gallagher – When I Grow Up – Pat Gallagher 2011
Goats Don’t Shave – The Collection – Pat Gallagher 2011

Per il mio immenso piacere personale ritorna con due lavori autoprodotti il cantautore del Donegal Pat Gallagher, ex barista e leader dei Goats Don’t Shave ( Le capre non si radono), l’ottima band irlandese che ha calcato le scene per sette anni dall’inizio degli anni novanta, proponendo una musica viva e attuale, con le basi ben radicate nella tradizione, che ha riscosso consenso e successo non solo in Europa, ma anche negli States (ha piazzato sia singoli che album nelle charts), e nel 1993 è stata votata dalla rivista “Time Out” quale miglior gruppo dell’anno. Dopo il debutto da solista con Tor del 1993, Pat con When I Grow Up ci regala una prova decisamente positiva, che ci consegna un personaggio che vive ancora un buon momento creativo, cha ha ancora diverse cose da dire, che canta canzoni che hanno un senso, una logica, che fanno pensare oltre che rilassare. Aiutato in studio (penso di casa sua) da John Mc Hugh alle tastiere e Charlie Arkins al violino, Gallagher (che suona tutti gli altri strumenti) propone 12 brani di cui solo il tradizionale The Master’s Hand non porta la sua firma.

L’iniziale When I Grow Up è una canzone dal ritornello piacevolissimo, mentre la seguente All Together è un eccellente ballata cantata con grande convinzione. Dopo il tradizionale The Master’s Hand, Half A Man è un motivo di atmosfera, mentre Down On My Knees e Symptoms Of Love sono in puro e godibilissimo stile “country”.  A questo punto Pat riprende due grandi canzoni del passato, la bellissima Closing Time, il brano forse più pop della sua produzione, con il violino di Arkins in grande spolvero, e Super Hero che sostanzialmente era un brano acustico, qui viene riproposto in versione accelerata. Little Hotel Room è una  delle più belle canzoni scritte da Pat, ballata di grande spessore ed intensità, cui fa seguito una Cant Live Without You motivo d’amore cantato alla Christy Moore, con una bella melodia intessuta da mandolino e armonica. La conclusiva If I Had You è un ottima “country bar song”.

Il secondo disco come fa notare lo stesso Pat nelle note del libretto, è una compilation dei suoi brani favoriti tratti dai lavori fatti con il gruppo, e precisamente The Rusty Razor del 1993 e Out In The Open del 1994. Tra i pezzi tutto ritmo e carica spiccano la scoppiettante Las Vegas, con il “whistle” in evidenza, il quasi furioso Mary, Mary dal grande impatto corale e il “fiddle” superveloce (con un belato finale per stare in tema con la denominazione del gruppo), e Let the World Keep on Turning, dove gli impasti del ritornello ricordano i Men They Could’n Hang. Molto belle e ovviamente più serie le ballate proposte, a cominciare da Eyes motivo d’amore, The Evictions dal tema sempre più attuale e con il violino suonato come nei primi dischi dei Saw Doctors , per citare un gruppo di riferimento.

La campestre strumentale Biddy From Sligo è ripresa  dal vivo, mentre Arranmore e Crooked Jack riportano alla mente certe cose  dei Pogues. You’re Great è una song delicata carica d’emozioni, mentre la potente Coming Home con la sezione ritmica che gira a mille, è parente stretta dei migliori Levellers (quelli di Levelling The Land per intenderci). Anche qui non poteva mancare Closing Time nella sua versione originale, e una Let It Go incisiva con frequenti cambi di ritmo, che mi ricorda i grandi Hothouse Flowers (i miei preferiti da sempre). Si segnala per originalità un brano dal ritmo africano John Cherokee, cantato quasi a cappella con supporto di sole percussioni e basso, mentre Claim e Gola sono due maestose ballate “folk rock”, per chiudere con A Returning Islander motivo praticamente parlato, che concentra l’attenzione sulle acque dell’Atlantico.

Van Morrison e Sinead O’Connor ai tempi non si perdevano i loro concerti, questo dimostra quanto Pat Gallagher e i suoi Goats Don’t Shave fossero considerati dagli addetti ai lavori, è ora che vengano riscoperti, se non li conoscete non perdete l’occasione per entrare in contatto con una delle migliori “Folk Bands” Irlandesi. Buone Feste !!!

Tino Montanari

I 100 Più Grandi Chitarristi Secondo Rolling Stone, Ieri E Oggi

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Una bella classifica anche il giorno di Natale per digerire tacchini, capponi, zamponi, capitoni e quant’altro. Ieri (ovvero come era nel 2003):

1 Jimi Hendrix
2 Duane Allman of the Allman Brothers Band
3 B.B. King
4 Eric Clapton
5 Robert Johnson
6 Chuck Berry
7 Stevie Ray Vaughan
8 Ry Cooder
9 Jimmy Page of Led Zeppelin
10 Keith Richards of the Rolling Stones
11Kirk Hammett of Metallica
12 Kurt Cobain of Nirvana
13 Jerry Garcia of the Grateful Dead
14 Jeff Beck
15 Carlos Santana
16 Johnny Ramone of the Ramones
17 Jack White of the White Stripes
18 John Frusciante of the Red Hot Chili Peppers
19 Richard Thompson
20 James Burton
21 George Harrison
22 Mike Bloomfield
23 Warren Haynes
24 The Edge of U2
25 Freddy King
26 Tom Morello of Rage Against the Machine and Audioslave
27 Mark Knopfler of Dire Straits
28 Stephen Stills
29 Ron Asheton of the Stooges
30 Buddy Guy
31 Dick Dale
32 John Cipollina of Quicksilver Messenger Service
33 & 34 Lee Ranaldo, Thurston Moore of Sonic Youth
35 John Fahey
36 Steve Cropper of Booker T. and the MG’s
37 Bo Diddley
38 Peter Green of Fleetwood Mac
39 Brian May of Qeen
40 John Fogerty of Creedence Clearwater Revival
41 Clarence White of the Byrds
42 Robert Fripp of King Crimson
43 Eddie Hazel of Funkadelic
44 Scotty Moore
45 Frank Zappa
46 Les Paul
47 T-Bone Walker
48 Joe Perry of Aerosmith
49 John McLaughlin
50 Pete Townshend
51 Paul Kossoff of Free
52 Lou Reed
53 Mickey Baker
54 Jorma Kaukonen of Jefferson Airplane
55 Ritchie Blackmore of Deep Purple
56 Tom Verlaine of Television
57 Roy Buchanan
58 Dickey Betts
59 & 60 Jonny Greenwood, Ed O’Brien of Radiohead
61 Ike Turner
62 Zoot Horn Rollo of the Magic Band
63 Danny Gatton
64 Mick Ronson
65 Hubert Sumlin
66 Vernon Reid of Living Colour
67 Link Wray
68 Jerry Miller of Moby Grape
69 Steve Howe of Yes
70 Eddie Van Halen
71 Lightnin’ Hopkins
72 Joni Mitchell
73 Trey Anastasio of Phish
74 Johnny Winter
75 Adam Jones of Tool
76 Ali Farka Toure
77 Henry Vestine of Canned Heat
78 Robbie Robertson of the Band
79 Cliff Gallup of the Blue Caps
80 Robert Quine of the Voidoids
81 Derek Trucks
82 David Gilmour of Pink Floyd
83 Neil Young
84 Eddie Cochran
85 Randy Rhoads
86 Tony Iommi of Black Sabbath
87 Joan Jett
88 Dave Davies of the Kinks
89 D. Boon of the Minutemen
90 Glen Buxton of Alice Cooper
91 Robby Krieger of the Doors
92 & 93 Fred “Sonic” Smith, Wayne Kramer of the MC5
94 Bert Jansch
95 Kevin Shields of My Bloody Valentine
96 Angus Young of AC/DC
97 Robert Randolph
98 Leigh Stephens of Blue Cheer
99 Greg Ginn of Black Flag
100 Kim Thayil of Soundgarden

E di quella pubblicata nello scorso novembre nel numero con in copertina Jimi Hendrix, la Top Ten:

1. Jimi Hendrix
2. Eric Clapton
3. Jimmy Page
4. Keith Richards
5. Jeff Beck
6. B.B. King
7. Chuck Berry
8. Eddie Van Halen
9. Duane Allman
10. Pete Townshend

E il resto lo potete andare a vedere qui 100-greatest-guitarists-20111123.

Prima che lo chiediate, niente Danny Gatton e Roy Buchanan, niente Warren Haynes e neppure Joe Bonamassa, Gary Moore, Steve Morse, Jorma Kaukonen, Jeff Healey, Alvin Lee, Eric Johnson, Robben Ford, Steve Howe, Allan Holdsworth per nominare i primi che mi vengono in mente. Robert Johnson nel centenario dalla nascita scende dal 5° al 71° posto. Due donne in classifica, Bonnie Raitt all’89° posto e Joni Mitchell al 75° che è sicuramente una delle più grandi cantautrici di tutti i tempi ma come chitarrista forse sarebbe più giusto porla al 750° posto e non si sarebbe lontani pensando a tutti i nomi che mancano. E cose vogliamo dire di Paul Simon al 93°, Lou Reed all’81° e John Lennon al 55°? Sono inseriti per i loro meriti tecnici o per quanto sono stati importanti nella storia della musica rock? Se vale il secondo criterio allora sono fin troppo in basso in caso contrario non mi pare il caso! Non per nulla gli “assoli migliori” di chitarra (se li vogliamo chiamare così) nei Beatles non li facevano né Lennon e neppure Harrison ma Paul McCartney che non per questo entra nella Top 100 dei migliori chitarristi.

Idem per Johnny Ramone 28° e Randy Rhoads al 36° (per quanto quest’ultimo dimenticandoci dei nomi citati prima, forse, nei Top Players potrebbe entrarci). Nel frattempo mi è venuto in mente anche niente Mike Bloomfield. Insomma è un giochino divertente per passare una giornata (magari quella di Natale o una qualsiasi di queste festività) a giocare a cerca l’errore e verso gli ultimi posti della classifica ce ne sono alcuni che gridano vendetta. Come aveva ricordato giustamente David Fricke che è uno dei pochi giornalisti di Rolling Stone (forse l’unico) di cui ogni tanto condivido i giudizi, una volta che hai inserito Jimi Hendrix al 1° posto poi tutti gli altri li puoi ruotare a piacimento o tutti a pari merito al 2° posto!

Bruno Conti

Per Pochi Intimi Ma Comunque Sempre Grande Musica! Tom Petty & The Heartbreakers – Kiss My Amps Live

Oggi razione doppia, con “tutti questi collaboratori” sono oberato dai Post, meglio per chi legge!

Bruno Conti

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Tom Petty & The Heartbreakers – Kiss My Amps Live – Reprise Records Vinyl EP

Un titolo alternativo per questo post poteva essere: dura poco, costa tanto, si fa fatica a trovarlo, ma ne vale la pena! Il Record Store Day, lodevole iniziativa atta a preservare i (pochi) negozi di dischi indipendenti ancora in piedi, che coinvolge una-due volte l’anno in tutto il mondo una selezione appunto di questi negozi “eroici”, sta assumendo anno dopo anno le sembianze di una pura e semplice operazione di marke(t)ting grazie alle quali gli artisti coinvolti (o meglio, le loro case discografiche) cercano di spillare altri soldini ai poveri fruitori di musica “fisica” (categoria alla quale mi onoro di appartenere). Infatti, tranne poche eccezioni, le pubblicazioni esclusive ed in edizione limitata per questa giornata (l’ultima si è svolta più o meno a fine Novembre), tutte ovviamente in vinile, sono più sbilanciate sulla manifattura del supporto fonografico che sull’utilità del suo reale contenuto: in parole povere, lussuosi manufatti con poco o nulla di inedito. Quest’anno hanno visto la luce, tra gli altri, un cofanetto di 45 giri anni sessanta di Bob Dylan, un mini lp di Pete Townshend con estratti del box di Quadrophenia, un cofanetto con gli lp (senza inediti) di Janis Joplin, (ma di Janis, sempre in vinile, è uscito anche un box di 4 7″ Move Over ricco di inediti e rarità, che poi probabilmente verranno inserite in un The Pearl Sessions in uscita a inizio 2012! NDB. Nota del Blogger o del Bruno che è la stessa cosa), un box dei Pink Floyd con i singoli tratti da The Wall ed un’edizione per il quarantennale dell’album Imagine di John Lennon (questo però contiene un disco a parte con sei inediti.

La pubblicazione più succosa di tutte è senz’altro questo mini live di Tom Petty & The Heartbreakers, intitolato Kiss My Amps (raffinato gioco di parole tratto da un tipico insulto americano che non sto a spiegare), sei canzoni tratte dal tour di Mojo del 2010 (e tutte provenienti da quel disco) più una rara canzone suonata nel tour del 2008: tutte versioni ovviamente mai sentite prima. Chi è Tom Petty lo sapete di certo: uno dei migliori rockers degli ultimi 35 anni (è nella mia Top Five di tutti i tempi, alzi la mano a chi interessa…) e, a mio parere, il miglior live act mondiale dopo Bruce Springsteen & The E Street Band (ed un gradino sopra gli ultimi Rolling Stones, sempre grandissimi per carità, ma forse un tantino prevedibili e mainstream, se capite cosa voglio dire). E dire che per anni l’unico supporto live di Petty & Band (a parte il rarissimo The Official Live ‘Leg, pubblicato nel 1977) è stato il doppio del 1985 Pack Up The Plantation, che tra l’altro a mio parere non rendeva per nulla l’intensità di un concerto del biondo rocker della Florida. Poi per anni tante pubblicazioni video (VHS prima e DVD dopo), sempre tendenti dall’ottimo all’eccellente (i miei preferiti sono Take The Highway, con il sound che risentiva del “periodo Jeff Lynne”, e lo splendido Live In Gainesville del 2006, incluso come bonus del film Runnin’ Down A Dream) ma dischi mai, o peggio, soltanto assaggini, come il mini CD di quattro brani inserito nel DVD The Last Dj Live At The Olympic o l’EP live dei Mudcrutch.

Tutto questo almeno fino a due anni fa, quando Petty si è finalmente deciso e ha pubblicato il monumentale quintuplo The Live Anthology (per me, il live del secolo), un’opera incredibile che faceva letteralmente scomparire il multiplo live di Springsteen uscito nel 1985. Ora Petty ci ricasca, e fa uscire di nuovo un live “monco” (si sa che noi carbonari siamo insaziabili) che, come dicevo all’inizio, ha una durata limitata, non viene regalato, e, soprattutto, non si trova nei negozi “normali” (se però avete discreta padronanza con internet, lo trovate con relativa facilità su Ebay, ma chiudete un occhio sui prezzi), ma è comunque decisamente bello. Petty e i suoi si trovano ad occhi chiusi, e vorrei vedere dato che sono insieme da una vita (la triade Petty-Mike Campbell-Benmont Tench dai tempi dei Mudcrutch, Ron Blair è tornato dopo la morte di Howie Epstein, e Steve Ferrone e Scott Thurston sono lì da circa quindici anni ormai) e dimostrano ancora una volta di essere una delle poche band ormai in grado di suonare vero rock’n’roll, oltre ad essere singolarmente (specie Tench e Campbell) dei grandissimi strumentisti.

Altra loro prerogativa è quella di migliorare nettamente on stage i brani incisi in studio (lampante l’esempio di Live At The Olympic, che faceva sembrare il debole The Last DJ tutto un altro disco): Mojo era stato abbastanza criticato, ma secondo me (pur essendo un po’ troppo lungo) è il classico disco che cresce alla distanza, anche se è meno immediato di altri lavori più celebrati di Petty (anche Southern Accents all’epoca era stato massacrato, ma ora è tranquillamente un disco da quattro stelle), ma è indubbio che il trattamento dal vivo aggiunge ai brani ulteriore smalto. Dopo un benvenuto al pubblico da parte di Tom, il disco parte con Takin’ My Time, un blues all’apparenza canonico, ma che nelle mani degli Heartbreakers diventa sublime: Petty gioca a fare il consumato bluesman di Chicago, e Campbell inizia a fare i numeri al suo fianco. I Should Have Known It, diretta e chitarristica (come tutte le altre, in effetti), riesce ad essere molto più coinvolgente che su Mojo: l’accelerazione ritmica a fine brano, con Campbell letteralmente strepitoso, è da buttarsi per terra. Sweet William è l’unica a non provenire dall’ultimo album di studio di Tom (era inserita come bonus su un CD singolo tratto da Echo, album del 1999, e quindi la conoscono in tre), ed è un brano tipico di Petty, un rock blues con accenni sudisti, un grande Tench all’organo hammond e sonorità decisamente “calde”.

Jefferson Jericho Blues è un altro blues (appunto) “normale”, ma Petty e i suoi riescono a fare la differenza, anche se il brano è forse il meno brillante del lotto. Per contro, First Flash Of  Freedom era il capolavoro di Mojo, ed uno dei brani degni di stare su qualsiasi best of di Tom, una lunga rock song, potente e fluida nello stesso tempo, con più di un accenno psichedelico, le chitarre che dialogano che è una meraviglia e Benmont che ricama di fino sullo sfondo: un capolavoro! La saltellante e trascinante Running Man’s Bible dà la possibilità a Tom di farci sentire la voce della sua solista: non sarà Campbell ma perbacco se ci dà! Chiude il dischetto (cominciavo a prenderci gusto) la bella Good Enough, ennesima rock song di gran classe, dal vestito southern e con Campbell che si conferma come uno dei migliori chitarristi della sua generazione (e Petty canta sempre meglio).

All’interno del disco c’è un tagliando con un codice per scaricare l’album completo (?!?), anche se scommetto che fra qualche mese ce lo troveremo bello bello in tutti i negozi: a pensar male…    Nell’incertezza, se ci riuscite e se avete voglia di spendere una cifra superiore a quella ragionevole, fate vostro questo Kiss My Amps, non ve ne pentirete di certo.

Marco Verdi

P.S: a Giugno del prossimo anno Tom tornerà finalmente in Italia (dopo la tournée con Bob Dylan nel lontano 1987), anche se solo a Lucca. E’ un bel viaggetto, ma è un venerdì sera e la Toscana è bella, io ci farei un pensierino…

Un Altro Outsider di Lusso. Tom Pacheco – Luminol The Houston Sessions

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Tom Pacheco – Luminol The Houston Sessions – Tom Pacheco 2012

E’ piuttosto difficile pensare a Tom Pacheco come a qualcosa di diverso da una sorta di “icona” della canzone di autore americana. Figlio di un noto chitarrista jazz, il “nostro” ha iniziato la sua carriera nel periodo del folk revival statunitense, debuttando nell’ormai lontano 1965, quando aveva soltanto diciannove anni. Da allora, oltre ad aver suonato in gruppi dalla vita piuttosto breve, ha sfornato una ventina di lavori personali e prestato un  buon numero delle sue canzoni a nomi di prestigio come The Band, Jefferson Starship, Rick Danko, Richie Havens, al punto da venire considerato di grandezza pari a Butch Hancock, John Prine, Tom Russell, Ray Wylie Hubbard, anche se di fama minore.

Tom, grande narratore dall’animo sincero, instancabile girovago, portavoce autentico dei “losers” e del loro mondo, ha cantato di tutto e di tutti ( motociclisti, blues singers di strada, prigionieri, predicatori, pellirossa, veterani del Vietnam e femmine fatali), in un lungo e solitario viaggio musicale. Il CD in questione prodotto da Patty Sanders, è stato registrato come si desume dal titolo a Houston, e si avvale da una “squadra” di musicisti locali come Brian Kalenec alle chitarre, Mike Owen, Tony Sanders, Vern Miller al basso, Tim Sollok e Eric Parker alla batteria, Bill Ward e Karl Berger al pianoforte, Darrell Lacy al mandolino, Jeff Duncan al violino, e le sorelle Patty e Holly Sanders, Danette McMahon, e Tara Leigh a fare da supporto ai cori. Se non li conoscete non vi preoccupate perché neppure io li ho mai sentiti nominare, ma sono bravi!

Un’armonica introduce While We Looked The Other Way, una ballata in forma acustica cantata con voce narrante, mentre The Cumberland Robbery e Big Jim’s Honey sono prettamente in stile country. Segue una notevole ballata pianistica Late Night in a Strange Town, impostata in forma “dylaniana”, mentre You Tube è una canzoncina divertente e nulla più. Si ritorna alla ballata intimistica dal titolo lunghissimo in Are the Best Years Of Our Country Still Ahead Or Have They Gone?, cui fa seguito uno dei brani migliori del lavoro Blues in The Key of Mississippi, suonato appunto in stile “bluesy”. Texecution è un’altro brano country, mentre Solidarity ha una intro che mi ricorda lo stile della Band. On the Run è un’altra notevole ballata di grande atmosfera, sottolineata da cori e assoli di chitarra elettrica, mentre la seguente The girl with the Blue Guitar and the Black Beret (altro titolo chilometrico), è dignitosa. Suggestivo il declamato alla John Trudell  (che ha pubblicato un annetto fa un nuovo album ma non se ne è accorto nessuno, purtroppo) di The Plastic Bag from Wal-Mart, mentre la conclusiva A World Without America con il suono di un incantevole mandolino, è leggerissima e delicata.

Non è facile dire se questo sia uno dei migliori album di Tom Pacheco, la sua  discografia è troppo vasta per poterla conoscere interamente, ma sicuramente si tratta di un lavoro onesto, più che positivo, un musicista da conoscere da parte di chi sente per la prima volta il suo nome, da continuare a seguire da parte di chi gli è amico da tempo. Oggi Tom vive in Irlanda, dove pare aver trovato una quiete, una pace, un punto di riferimento dal quale è difficile prevedere un ulteriore distacco. Consigliato vivamente a tutti gli amanti dei cantautori di vaglia, più che sufficiente per dargli un meritevole ascolto

Tino Montanari.