Dopo Joe Hill’s Ashes Il Nuovo Album Di Otis Gibbs – Harder Than Hammered Hell

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Otis Gibbs – Harder Than Hammered Hell – Wanamaker Records 2012

“Quelli” come Otis Gibbs saranno sempre bene accetti in questo Blog: bravi ma conosciuti solo tra i “carbonari” della musica, coloro che oltre ad apprezzare quello che ci propone l’industria discografica ufficiale sono sempre alla ricerca dei cosiddetti “belli ma perdenti” (Oddio, bello…), personaggi minori ma di grande talento che popolano la scena indipendente americana. Credo di essere stato uno dei primi in Italia a parlare di Gibbs e qui potete leggere se volete le-ceneri-di-joe-hill-otis-gbbs.html il piacere per la scoperta di un nuovo talento.

In questi due anni è uscito anche un secondo album solista della sua “fidanzata storica” e collaboratrice musicale Amy Lashley Travels Of A Homebody, del quale Gibbs simpaticamente e onestamente dice (come anche per i propri CD) che i proventi delle vendite verranno utilizzati per “tenerci un tetto sopra la testa”. La coppia, quando non è in tour in giro per l’America e il mondo, vive in quel di Nashville ma nell’ala Est non quella del country tradizionale ma di quello alternativo e dei “talenti veri”. Perchè in fondo, se vogliamo, il nostro amico fa della musica country, sia pure con mille sfumature mai troppo smaccatamente inquadrato nei parametri ma lì siamo. Ci sono poi molte sfaccettature che contribuiscono al complesso della sua musica: la voce grave e “rasposa”, reduce da mille battaglie ma piena di un fascino e una capacità melodica rare anche tra i suoi colleghi migliori, una scrittura semplice ma raffinata che ingloba tra le sue influenze “nascoste” il boom chicka boom di Johnny Cash, lo swamp rock delle paludi dei Creedence, la musica “americana” della Band, le capacità melodiche di Bob Seger, le piccole storie dell’America che non ce la fa mi ci prova di Greg Brown come pure di Steve Earle. Almeno, questo è quello che ci vede e ci sente il sottoscritto, ognuno è libero di inserire le proprie impressioni ma il “cuore” della musica mi sembra definito da questi parametri musicali e poetici.  

Per questo nuovo capitolo della sua saga Otis Gibbs si è affidato come di consueto al suo ristretto circolo di collaboratori: Thomm Jutz, chitarre e tastiere, nonché produttore ed ingegnere del suono, Mark Fain al basso e Paul Griffith alla batteria, oltre alla già citata Amy Lashley, seconda voce e armonie vocali, pochi ma buoni, un manipolo di prodi per regalarci ancora una volta un album dai sapori sapidi e gustosi. Potremmo aggiungere il collega Adam Carroll che ha collaborato alla stesura di un brano come Big Whiskers che è una sorta di brano “apocrifo” di Johnny Cash, una canzone che potrebbe essere stata scrittta dopo la morte e inviata telepaticamente a Gibbs, tanto ricorda il meglio del repertorio dell’Uomo in Nero. Ma ci sono anche le belle melodie di una ballata dolce e malinconica come l’iniziale Never Enough o l’inno ai perdenti ma mai sconfitti di Made To Break, altra perla di alternative country della più bell’acqua e per la quale è stato girato anche un video.

Nei vari brani la chitarra di Jutz è capace di estrarre dal cappello (questa volta niente cilindro, semplice berretto) piccoli interventi solisti, coloriture e arrangiamenti mai scontati e sempre efficaci. Broke And Restless è un brano che non avrebbe sfigurato in qualsiasi album di Seger o Levon Helm o dello Steve Earle più ispirato mentre Don’t Worry Kid è una canzone sui ricordi di un’infanzia, magari non troppo felice, nell’essere “diversi”, non omologati a quanto ti succede intorno, con gusti differenti, nella vita e nella musica, e questo si percepisce anche nell’interplay tra le voci di Otis e Amy con le chitarre e la sezione ritmica molto felpati, in una sorta di quadretto delizioso di un’America che sta scomparendo (forse).

Christ Number Three è un brano dalla struttura musicale molto vicina alla Band dei primi anni, quella per intenderci di canzoni leggendarie come The Weight, lo spirito è quello e il risultato è eccellente. Detroit Steel e la successiva Dear Misery hanno un groove e un suono chitarristico che ricorda il drive da bayou dei brani più “paludosi” dei Creedence. Second Best è country puro alla Willie Nelson cantato però con un vocione glabro e vissuto più tipico di altri Highwaymen, deliziose e misurate come sempre le armonie di Amy Lashley. Finale uptempo con la breve e dylaniana Blues For Mackenzie tra country e canzone d’autore, un po’ come tutto l’album, in fondo. Per chi apprezza i cantautori di “culto”, ricco di talento e povero di mezzi. Vi avviso che si fatica non poco a trovare i suoi album, eventualmente provate sul sito http://otisgibbs.com/

Bruno Conti

Dopo Joe Hill’s Ashes Il Nuovo Album Di Otis Gibbs – Harder Than Hammered Hellultima modifica: 2012-03-21T00:33:00+01:00da bruno_conti
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