Ancora Ristampe Soul. Un Terzetto Di “Parenti” Cissy Houston, Isaac Hayes & Dionne Warwick, Dee Dee Warwick.

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Alcune ristampe di soul interessanti per un bel terzetto di “parenti”!

Cissy Houston, nota ai più per essere la mamma di Whitney Houston, è stata una delle più grandi cantanti di soul/gospel degli anni ’60, magari non per le vendite ma per la bravura: era una delle tre Sweet Inspirations, entrata in formazione per sostituire la cugina Dionne Warwick, mentre nel gruppo c’erano anche Dee Dee Warwick (poi sostituita da Myrna Smith) e l’altrettanto grande Doris Troy, alcune delle voci più straordinarie che era possibile ascoltare come backing vocalists nei dischi di Solomon Burke, Sam and Dave, Wilson Pickett e soprattutto Aretha Franklin. In quella splendida canzone che tutti conoscono ed amano, Brown Eyed Girl di Van Morrison, le armonie vocali deliziose sono delle Sweet Inspirations. La formazione originale del gruppo ha inciso quattro album per la Atlantic tra il 1967 e il 1969 dove suona la crema dei sessionmen di quegli anni. E vi dirò di più, hanno cantato anche su Electric Ladyland di Jimi Hendrix in Burning Of The Midnight Lamp e pure in Dusty In Memphis di Dusty Springfield. In definitiva se sentivate qualche album di soul, gospel o R&B dell’epoca dove c’era qualcuno che cantava divinamente sullo sfondo c’era il caso che fossero loro. Ma, e veniamo al disco in questione, Cissy Houston nel 1970 ha registrato per la Janus Records questo disco Introducing Cissy Houston che ora esce in CD per la prima volta pubblicato da una nuova interessante etichetta, Soulmusic Records, un nome un programma. E oltre all’album originale rimasterizzato ci sono ben 12 bonus tracks. 

Nella discografia anni ’70 di Isaac Hayes erano stati ripubblicati in CD tutti gli album sia del periodo Stax che di quello successivo Polydor ma mancava all’appello questo A Man And A Woman un disco dal vivo pubblicato nel 1977 e registrato in compagnia della già citata Dionne Warwick, ricordata per i vari intrecci familiari. Mi pare di ricordare che l’album originale fosse un doppio vinile pubblicato dalla ABC (dico mi pare, ma sono sicuro) e quindi la ristampa, sempre della Soulmusic Records, in questo caso non ha bonus tracks ma la tracklist con alcuni classici che erano in comune tra i repertori dei due cantanti che hanno entrambi “re-interpretato” Bacharach è di sicuro effetto:

1. Unity
2. I Just Don t Know What To Do With Myself / Walk On By
3. My Love
4. Medley: The Way I Want To Touch You/Have You Never Been Mellow/Love Will Keep Us Together/I Love Music/This Will Be (An Everlasting Love)/That s The Way I Like It/Get Down Tonight
5. By The Time I Get To Phoenix / I Say A Little Prayer
6. Then Came You
7. Feelings / My Eyes Adored You
8. Body Language
9. Can t Hide Love
10. Come Live With Me
11. Once You Hit The Road
12. Chocolate Chip

E per finire, veniamo all’altra sorella, Dee Dee Warwick. Allora mettiamo bene in chiaro le parentele: Emily “Cissy” Houston, la mamma di Whitney, era la sorella di Lee Warwick, che era a sua volta la mamma di Dionne e Dee Dee, chiaro? L’album Foolish Fool all’origine fu pubblicato nel 1969 e la title-track è uno dei brani deep soul più belli dell’epoca e allora ce n’erano tantissimi. Nella nuova versione in CD, sempre della Soulmusic records, ci sono 5 bonus tracks tra cui una cover di I (Who Have Nothing) veramente notevole. Il brano, cantato al Festival di Sanremo del 1961 da Joe Sentieri e scritto da Donida e Mogol è uno di quelli che ha fatto il percorso inverso, dall’Italia al mondo, due versioni per tutte, Ben E.King in America e Shirley Bassey, prodotta da George Martin, in Inghilterra.

Bella musica per gli amanti del soul, che voci ragazzi e ragazze! (Ci sarà un motivo per cui mi sono inventato la categoria “Carbonari” quando ho aperto questo Blog).

Bruno Conti

Novità Di Maggio Parte III. Spain, Garbage, Tom Jones, Lisa Marie Presley, Bob Seger, Paul McCartney, Paul Buchanan, Cult, Soulsavers, Eccetera

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In questo periodo sono stato preso dal sacro fuoco delle recensioni singole e ho quindi tralasciato, con alcune eccezioni, la rubrica delle novità discografiche, quindi rimediamo. Confermando per questa settimana l’uscita anche delle tre ristampe Deluxe di Sandy Denny di cui potete leggere in precedenti Post (basta usare la funzione “cerca” a lato e li trovate), veniamo alle altre novità di queste ultime due settimane.

Partiamo con il nuovo album degli Spain, The Soul Of Spain, il quinto album della band di Josh Haden, il figlio del grande jazzista Charlie e anche lui bassista. Si tratta del primo album da nove anni a questa parte e anche il primo per l’etichetta Glitterhouse mentre in America esce a livello autoprodotto. Pubblicato la scorsa settimana e preceduto da ottime recensioni, il nuovo album rimane nonostante il cambiamento di formazione, nelle solite coordinate sonore spaziali, raffinate e spesso maestose, con belle ballate, dove piano, tastiere e appena qualche accenno di chitarra in più rispetto al passato si miscelano con la voce particolare di Josh, sempre in primo piano.

Il nuovo disco dei Garbage si chiama Not Your Kind Of People è uscito il 15 maggio scorso per la V2/Universal e la versione con la copertina rossa sarebbe quella Deluxe con 15 brani (contro gli 11 della versione normale, con copertina chiara, entrambe peraltro in dischetto singolo). Anche in questo caso Shirley Manson & Co. tornano dopo una pausa di 7 anni e non ci sono cambiamenti di suono rispetto al passato nonostante le dichiarazioni della cantante che era stanca di “loop, elettronica e chitarre” e aveva iniziato un progetto mai completato per un disco solista sotto la supervisione di Paul Buchanan dei Blue Nile (di cui tra poco).

Anche il nuovo album di Tom Jones Spirit In The Room, Island/Universal, esce oggi 22 maggio in quella doppia perversa versione, normale con 10 brani e Limited Edition Digipack con 13 brani (+ la radio version di Hit Or Miss). Al di là del continuare a non capire il perché delle due versioni, l’album è molto bello e continua nella nuova strada intrapresa con il precedente Praise And Blame del 2010. Il produttore è sempre Ethan Johns, il suono è sempre raffinato e rarefatto e il repertorio spazia da Richard Thompson a Leonard Cohen, Paul McCartney, Paul Simon, Tom Waits, Odetta ma anche Joe Henry e i Low Anthem. Tra le bonus Bob Dylan e Mickey Newbury. Il capello e la barba sono diventati bianchi ma la voce è sempre fantastica.

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Prosegue la serie delle ristampe del catalogo di Sir Paul McCartney: questa volta è il turno di Ram, l’album del 1971 che esce in quattro versioni, oltre al singolo CD rimasterizzato e al doppio vinile, trovate la versione doppia Deluxe e la Super Deluxe Edition con libro

Disc 1 – Remastered Album (Stereo)
1. Too Many People / 2. 3 Legs / 3. Ram On / 4. Dear Boy / 5. Uncle Albert/Admiral Halsey / 6. Smile
Away / 7. Heart Of The Country / 8. Monkberry Moon Delight / 9. Eat At Home / 10. Long Haired Lady
/ 11. Ram On / 12. The Back Seat Of My Car
Disc 2 – Bonus Audio
1. Another Day (pubblicato al tempo come singolo) / 2. Oh Woman, Oh Why (B-side di Another Day
single) / 3. Little Woman Love (B-side di Mary Had A Little Lamb single) / 4. A Love For You (mix
inedito) / 5. Hey Diddle (mix inedito) / 6. Great Cock And Seagull Race (inedito, strumentale) / 7. Rode
All Night (inedito) / 8. Sunshine Sometime (inedito, strumentale)
Disc 3 – Remastered Mono Album
(realizzato all’epoca per le radio, versione mono per la trasmissione in AM – modulazione di ampiezza)
Disc 4 – Thrillington: Remastered Album
Pubblicato sotto lo pseudonimo di Percy “Thrills” Thrillington contiene una rivisitazione orchestrale
dell’intero album Ram, registrata nel giugno 1971 sotto la supervisione di Paul McCartney.
1. Too Many People / 2. 3 Legs / 3. Ram On / 4. Dear Boy / 5. Uncle Albert/Admiral Halsey / 6. Smile
Away / 7. Heart Of The Country / 8. Monkberry Moon Delight / 9. Eat At Home / 10. Long Haired Lady
/ 11. The Back Seat Of My Car
Disc 5 – DVD
1. Ramming (documentario sull’album, con foto d’archivio, filmati ed estratti dell’intervista a Paul
realizzata per il libro incluso nella Deluxe Edition in 4CD+DVD) / 2. Heart Of The Country (promo
video) 3. 3 Legs (promo video) / 4. Hey Diddle (performance di Paul & Linda in Scozia, mai finora
pubblicata per esteso) / 5. Eat At Home On Tour (corto realizzato con filmati del tour europeo del 1972
con una versione live di Eat At Home registrata a Groningen in Olanda) – Menu music jingle dal disco
promozionale Brung To Ewe By, realizzato all’epoca per la promozione di RAM).

LIBRO di 112 pagg. con molte foto inedite, 5 stampe di foto, un libretto (facsimile di agendina scritta
da Paul), album fotografico di foto realizzate durante la regiostrazione dell’album
+ la versione downloadabile ad alta risoluzione 24bit 96kHz high sia dell’album rimasterizzato
(Disc 1) che del Bonus audio (Disc 2) in una card inserita nel package.

In base alle disponibilità del portafoglio scegliete voi, considerando che il cofanetto dovrebbe superare i 100 euro. Anche questo nei negozi da oggi 22 maggio.

Questo “strano” Bob Seger, Get Out Of Denver, edito da una fantomatica Smokin’, è il solito broadcast radiofonico del 1974 registrato appunto in quel di Denver nel 1974, appena dopo l’uscita dell’album Seven e prima del grande successo che sarebbe arrivato in seguito già con il doppio Live Bullet. Tra le chicche una versione di 12 minuti di Let It Rock di Chuck Berry e cover di Nutbush City Limits, Gang Bang della Sensational Alex Harvey Band, I’ve Been Workin’ di Van Morrison e Don’t Burn Down The Bridge di Albert King. Non solo per fan e collezionisti, è uscito la scorsa settimana.

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Il nuovo album dei Soulsavers The Light The Dead See da domani nei negozi su etichetta V2/Coop/Universal è veramente bello. Non pensavo che dopo la separazione da Mark Lanegan il duo inglese avrebbe fatto ancora della buona musica e invece questo disco è forse il loro migliore: e il merito direi che risale in gran parte a Dave Gahan dei Depeche Mode che ammetto di non avere mai amato in modo particolare (per usare un eufemismo) ma in questo album canta da grande rocker, tra chitarre, tastiere e zero campionamenti. Non me lo aspettavo, consigliato.

A 28 anni dal primo album dei Blue Nile e dopo otto anni da High, Paul Buchanan pubblica il suo primo album da solista Mid Air. E proprio di album solo si tratta, voce e pianoforte con qualche piccolo tocco di tastiere in sottofondo di tanto in tanto, 14 brani per una durata totale di 36 minuti, un solo brano che supera i 3 minuti, non facile ma molto bello, mi ha ricordato in parte Leonard Cohen e Tom Waits. Etichetta Newsroom Records, in uscita oggi 22 maggio. Ne esisteva anche una versione limitata doppia in box set di 2000 copie disponibile solo sul suo sito ma è andata esaurita.

Tornano anche i Cult di Ian Astbury e Billy Duffy, che come aveva annunciato Astbury nel 2009 non avrebbero più pubblicato nuovi album di studio, salvo cambiare prontamente idea. Dopo le avventure con Doors e MC5 il cantante aveva riformato il gruppo e questo Choice Of Weapon, il primo per la Cooking Vinyl (che dopo Marilyn Manson si lancia sempre più nel rock mainstream), è prodotto da Chris Goss dei Masters Of Reality con Bob Rock. Poteva mancare la versione Deluxe doppia? Certo che no, ma almeno è doppia con 4 brani extra. Data 22 maggio.

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Secondo album per le Smoke Fairies, le “fatine” inglesi Jessica Davies e Catherine Blamire scoperte da Jack White nel 2009 che aveva pubblicato un loro vinile a 45 giri per la sua etichetta. Il precedente Through Low Light And Trees era un buon album di, chiamiamolo, dark folk-rock futuribile. Questo nuovo Blood Speaks non l’ho ancora sentito ma dal singolo mi pare simile. Etichetta V2/Coop e anche in questo caso non manca la Deluxe Edition con 3 tracce extra, rispetto alle 10 della versione normale.

Il disco di Andre Williams con i canadesi Sadies è gia uscito da un paio di settimane negli States per la Yep Rock (ma esce in Europa il 29 maggio). Tra gli ospiti ci sono anche Jon Spencer e Jon Langford ma per il sottoscritto è uno di quelli della serie “non indispensabile”, giudizio personale. Sarà anche heavy/trash Blues e lui sarà anche stato ai tempi un grande cantante R&B, soul e Blues ma ora, a 76 anni, borbotta, parla, declama e canticchia con il suo vocione particolare e vissuto su un buon background strumentale, ma secondo me se ne può fare tranquillamente a meno. Fate Vobis.

Il nuovo disco di Lisa Marie Presley Storm and grace è uscito da un paio di settimane negli States ma sarè disponibile in Italia dal 29 maggio per la Island/Universal. Si tratta del terzo album della figlia di Elvis dopo i 2 francamente imbarazzanti, per me, in un ambito pop-rock, che aveva fatto tra il 2003 e il 2005 e che erano un po’ l’equivalente dei film che faceva la mamma Priscilla. Il disco ,come abbondantemente annunciato, è prodotto da T-Bone Burnett, molti brani sono co-firmati da Richard Hawley e Ed Harcourt, il suono è quello classico di Burnett con musicisti come Jay Bellerose, Denis Crouch, Greg Leisz, Blake Mills, Patrick Warren e molti altri, ma, se vogliamo trovare un difetto, lei non ha un gran voce, il babbo anche quando faceva delle cagate a livello discografico e cinematografico  era un’altra cosa. Comunque il disco non è male, sentirò meglio e non manca la solita versione Deluxe con quattro canzoni in più.

Alla prossima.

Bruno Conti

“Un Fiore Dal Sud”. Kate Campbell – 1000 Pound Machine

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Kate Campbell – 1000 Pound Machine – Large River Music 2012

Tredicesimo lavoro per la brava singer songwriter Kate Campbell, figlia del profondo sud e che ama moltissimo la musica della sua terra, un’artista che ha qualità e talento, che la rendono sicuramente una delle più profonde e sensibili autrici della scena americana odierna. Questa cantautrice del  Mississippi, figlia di un predicatore battista, inizia la sua carriera ispirandosi a letterati sudisti come William Faulkner, Truman Capote e Tennessee Williams, conquistandosi in poco tempo la stima e il sostegno di molti colleghi tra i quali Steve Earle, Guy Clark, Lucinda Williams e Emmylou Harris (che ritroviamo come ospite in un brano del CD). Tra i suoi dischi vanno doverosamente ricordati albums come l’esordio, Songs from the Levee (1995), il pluridecorato Vision of Plenty (1998), il valido e attraente  Monuments (2002), l’ottimo Twang On A Wire (2003) dove interpreta con il suo stile personale classici della musica country del passato, e il magnifico Blues and Lamentations (2005) uscito dalle fangose acque del Delta, che ha conseguito la nomination come “album of the year”.

La Campbell ha imparato a suonare il pianoforte alla tenera età di sette anni, prima di passare alla chitarra nel periodo di massimo splendore folk-rock degli anni ’70, e da allora ha scritto, registrato e suonato esclusivamente con la chitarra acustica, ma con 1000 Pound Machine Kate torna con merito allo strumento della sua infanzia , e scorrendo le note del libretto, oltre al famoso produttore Will Kimbrough , balza all’occhio, tra i musicisti che hanno preso parte al progetto, la partecipazione di alcuni nomi di riguardo come il leggendario Spooner Oldham, Paul Griffith, David Hood e la già menzionata Emmylou Harris al controcanto.

Tra i brani, vi vorrei ricordare l’iniziale pianistica 1000 Pound Machine, l’incantevole Wait For Another Day con la squisita voce di Sloan Wainwright (sempre della famiglia, la zia di Rufus) in sottofondo, la seducente Montgomery To Mobile, la “mistica” Walk With Me, mentre Red Clay After Rain e I Will Be You Rest sono songs piene di sentimento che incantano e accarezzano il cuore, e Spoonerville è un gentile omaggio al grande“Rock & Roll Hall of Famer” Spooner Oldham con la voce cristallina della Campbell in bella evidenza.

1000 Pound Machine è un disco che per la sua complessità, come potete immaginare, non venderà più di tanto, ma servirà ai fans di questa dolce signora del Sud (che continua a distinguersi per cultura, coerenza, sensibilità e capacità musicale) per aggiungere un altro splendido capitolo alla sua già notevole discografia. Per gli altri, per chi cerca una Randy Newman al femminile, è l’occasione per conoscere un misconosciuto talento della musica d’autore americana. Qui potete vedere un po’ di suoi video se volete approfondire http://www.katecampbell.com/media/.

Tino Montanari

Altre “Partenze”, Purtroppo! Ci Hanno “Lasciato” Anche Robin Gibb E Donna Summer.

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Confesso di non essere mai stato un grande fan della Disco, ma le recenti scomparse, a breve distanza l’una dall’altro di Donna Summer (31-12-1948/17-05-2012), quindi a 63 anni, e di Robin Gibb (22-12-1949/20-05-2012), un anno di meno, hanno colpito l’immaginario collettivo. Forse l’unico tratto comune che li univa, al di là di essere stati entrambi delle icone della Disco Music, è il fatto di avere duettato con Barbara Streisand. Ma al di fuori di questa curiosità, mentre Donna Summer è stata una buona cantante che ha scritto delle pagine piacevoli nella storia della musica leggera, Robin Gibb, con il gemello Maurice (scomparso nel 2003) e il fratello Barry, era uno dei componenti dei Bee Gees (Brothers Gibb) uno dei gruppi più importanti nella storia della grande musica pop, tra il 1967 e il 1972 autori di alcuni dei più bei singoli (e anche qualche album, Odessa su tutti) di questo spesso bistrattato genere musicale, con delle armonie vocali fantastiche e poi, attraverso il falsetto di Barry, “riciclati” come stelle della musica da ballo dalla colonna sonora di Saturday Night Fever, ma già prima lanciati nel genere da quel Main Course del 1975, prodotto da Arif Mardin, come era stato Giorgio Moroder, mentore e produttore per Donna Summer.


Una grande canzone di Jimmy Webb per Donna Summer, “discoizzata”.

E i Bee Gees, giovani e belli, dal vivo in Australia nel 1971, con una delle loro canzoni più belle cantate da Robin con Barry.

Sperando che questi necrologi non si debbano susseguire a questo ritmo serrato, Riposate In Pace entrambi!

Bruno Conti

Grande Musica Rock 70’s Style! Tedeschi Trucks Band – Everybody’s Talkin’ Live

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Tedeschi Trucks Band – Live Everybody’s Talkin’ – Sony Music – 2 CD

Se uniamo la Derek Trucks Band e il gruppo di Susan Tedeschi cosa otteniamo? Beh, a parte una valanga di gente, undici persone! Scusate un attimo…vado a cercare l’ispirazione per la risposta nella serra delle orchidee di Nero Wolfe! Ah, ecco…otteniamo la Tedeschi Trucks Band! Facezie a parte, ci ritroviamo di fronte uno degli ensemble più eccitanti di questa nuova decade degli anni 2000. Nati appunto nel 2010 dalla fusione dei gruppi dei due coniugi Derek & Susan (tempo fa mi ero iscritto alla mailing list del loro sito e poi non ci avevo più pensato, ma quando ho cominciato a ricevere le prime mail mi chiedevo sempre cosa volessero questi Derek e Susan da me, chi sono e che cacchio vogliono?). Era arrivata anche la richiesta di partecipare al mini referendum per scegliere i brani da inserire nel loro doppio album dal vivo, ma già gli artisti spesso non sanno bene quali brani inserire nei loro dischi, quindi perché complicare le cose con liste chilometriche di pezzi, peraltro in versioni mai sentite (se non in rete e in qualche filmato di YouTube), visto che dalle nostre parti non si sono ancora visti. E considerando i costi di portare in giro una Revue di 11 elementi difficilmente vedremo, ma mai dire mai.

I prodromi di questa formazione nascono comunque dalla Derek Trucks & Susan Tedeschi’s Soul Stew Revival che già dal 2007 portava in giro questo carrozzone itinerante costruito sulla falsariga dei grandi gruppi anni ’70 che si erano occupati di fondere rock, blues, soul, R&B sulla falsariga di quelle stupende formazioni come Delaney & Bonnie, la band di Joe Cocker del tour di Mad Dogs & Englishmen, Ike & Tina Turner, tanto per non fare nomi, che in quel periodo avevano costituito uno dei modi più eccitanti di ascoltare e “vedere” musica. L’unione del virtuosismo e dell’ecclettismo di Derek Trucks, uno dei più grandi virtuosi della chitarra elettrica in stile slide e della voce di Susan Tedeschi, una delle “negre-bianche” della scena attuale (novella Bonnie Raitt), capace anche di suonare la chitarra meglio dell’80% dei colleghi in circolazione, ci aggiungiamo le armonie vocali di Mark Rivers e soprattutto di Mike Mattison, poderoso cantante della Derek Trucks Band e dei suoi Scrapomatic, qui un po’ sacrificato nel ruolo di background vocalist, ma è anche autore di molti brani. Che altro? La sezione ritmica di Oteil Burbridge al basso più il doppio batterista immancabile nelle formazioni “southern”, nelle persone di J.J. Johnson e Tyler Greenville (lasciando libero per il momento Yonrico Scott che si è subito fiondato nel progetto Royal Southern Brotherhood). E ancora “fratello” Kofi Burbridge alle tastiere e flauto nonché una sezione fiati composta da Kebbi Williams, Maurice Brown e Saunders Sermons.

Il risultato finale che otteniamo è un disco ottimo come Revelator che si aggiudica il Grammy come miglior album Blues del 2011 ed ora questo Everybody’s Talkin’ che, se possibile (ma lo è), è pure superiore. Il classico doppio album dal vivo coi fiocchi, i controfiocchi e il pappafico, quando ci vuole ci vuole, mi scappava di dirlo. Un misto di brani originali e cover che ti danno una sensazione di godimento sublime all’ascolto e che, se posso aggiungere, aveva avuto anche un piccolo antecedente poco conosciuto ma assai consigliato in un disco intitolato Soul Summit, uscito nel 2008 per la Shanachie, e che vedeva uniti sullo stesso palco, tra gli altri, gente come Richard Elliot dei Tower Of Power (altra band che conosce l’argomento in questione), Steve Ferrone dell’Average White Band, Karl Denson, Maysa e appunto Mike Mattison e Susan Tedeschi. In questo nuovo doppio CD la quota rock ed improvvisativa è naturalmente molto più accentuata: sette brani intorno e oltre ai 10 minuti non lasciano dubbi. Ma anche quando ci sono brani di “soli” 5 minuti, come la carnale trasformazione soul della celeberrima title-track tratta dal film Midnight Cowboy, cantata con voce rauca e vissuta da una grandissima Susan Tedeschi, con i fiati impazziti della band che ruotano intorno alla slide di Trucks, ragazzi, si gode come ricci (peraltro, mi sono sempre chiesto cos’avranno da godere questi simpatici animaletti?).

Poi una versione sontuosa di Midnight In Harlem, forse il brano più bello di Revelator, preceduto da una Swamp Raga Intro To Little Martha che è quello che dice il titolo, una improvvisazione orientaleggiante sul famoso brano di Duane Allman con la chitarra di Derek che ripercorre le tracce dell’antico maestro, brano che poi si trasforma in una stupenda ballata soul tra le migliori ascoltate nelle ultime decadi. Learn How To Love è un brano blues straordinario che fa capire perché hanno “dovuto” assegnarli quel Grammy nella categoria. Bound For Glory, firmata dal magico trio, Mattison/Tedeschi/Trucks, in rigoroso ordine alfabetico, sono tredici minuti che rinverdiscono i fasti dell’Allman Brothers band più gloriosa, a cui aggiungete una voce femminile e una sezione fiati ma “l’anima” è quella. Rollin’ And Tumblin’, l’unico brano sotto i cinque minuti, non ha bisogno di lunghe improvvisazioni per sprigionare lo spirito senza tempo di uno dei classici della musica Blues, bella versione comunque, tirata e rabbiosa.

Nobody’s Free, una composizione di Tedeschi/Trucks che non era sull’album di esordio, è uno dei brani che meglio esemplifica la grande empatia della coppia, con la vocalità calda di Susan e le improvvise esplosioni chitarristiche di Derek con la band che li segue sui terreni dell’improvvisazione più serrata, per una versione da annali del rock, incredibile! Il primo dischetto si conclude con una versione stupenda di Darling Be Home Soon il brano dei Lovin’ Spoonful di John Sebastian che era uno dei cavalli di battaglia dal vivo di Joe Cocker, peccato che non ci sia Space Captain, se no l’album sarebbe stato pefetto, ma questo brano con una coda strumentale fenomenale di Derek Trucks non lo fa rimpiangere troppo. Il secondo CD riparte subito con una cover di That Did It un grande blues&soul che era nel repertorio di Bobby “Blue” Bland, interpretato con grande intensità da Susan Tedeschi, che si destreggia con classe anche alla chitarra.

Mancano tre brani alla fine. Uptight è il celebre brano del giovane Stevie Wonder ed è l’occasione per una improvvisazione monstre di tutta la band (oltre i 15 minuti), che sulle gioiose note di questo vecchio inno Motown ci mostra ancora una volta perché è considerata una delle formazioni più straordinarie dal vivo attualmente in circolazione. Love Has Something Else To Stay è un lungo funky-rock con wah-wah che ha la carica del Jimi Hendrix della Band Of Gypsys potenziata da una sezione fiati mentre Wade In The Water è un’altra blues ballad dalle atmosfere cariche che conclude il concerto in gloria spirituale a tempo di gospel con Mattison e Rivers ad affiancare Susan Tedeschi in una grande interpretazione vocale.

Se non è un capolavoro poco ci manca, diciamo un piccolo capolavoro! Tra i dischi dell’anno di sicuro.

Bruno Conti

Se Vi Capita Di Prendere Un Cappuccio A New York (o L.A). Every Mother Counts 2012

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Every Mother Counts 2012 – Starbucks Entertainment/Hear Music


Se vi capita di essere ( o di andare) negli Stati Uniti, oppure se conoscete qualcuno che ve la può spedire è uscita nel mese di maggio questa compilation che viene venduta in esclusiva nei negozi della catena Starbucks ed è legata ad una giusta causa, ossia quella di raccogliere fondi per l’associazione con lo stesso nome del titolo del disco, fondata dall’ex modella Christy Turlington Burns per aiutare a diffondere una maggiore conoscenza sulla situazione della mortalità infantile in giro per il mondo, http://everymothercounts.org/. Causa degna e cast più che degno per un album ricco di brani in esclusiva donati dagli artisti che partecipano alla “campagna”:

The full track listing for the CD is as follows. Songs with an asterisk indicate previously unheard tracks.

Bono and the Edge “Original of the Species” (acoustic) *
Eddie Vedder ” Skipping” *
Paul Simon and Edie Brickell “Pretty Day” *
Faith Hill “Wish for You”
Sade “The Sweetest Gift”
Lauryn Hill “I Remember”
Rita Wilson “Baby I’m Yours” *
Diana Krall “Don’t Fence Me In” *
Seal “Secret”
Dave Matthews Band “Sister” (live) *
Sting “Fragilidad”
Alanis Morissette “Magical Child” *
Edward Sharpe & the Magnetic Zeros “Mother” *
David Bowie “Everyone Says ‘Hi'”
Cedella Marley “Get Up Stand Up” *
Beck “Corrina, Corrina” *
Rufus Wainwright “Instead of the Dead” *
Patti Smith “Somalia” *
Coldplay “Yellow” (acoustic) *



Mica male, peccato che nella “vecchia Europa” non è prevista, per il momento, nessuna pubblicazione!

Bruno Conti

Chitarristi A Go-Go! Santana, Sonny Landreth, Joe Bonamassa, John Mayer, Tedeschi-Trucks Band

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Per una strana congiunzione delle lune stanno per uscire o sono usciti una serie di album di alcuni dei migliori chitarristi, “antichi e moderni”, attualmente in circolazione; di Joe Bonamassa che uscirà il prossimo 22 maggio vi ho già riferito con un Post ad hoc in anteprima: finalmente-ma-quando-dorme-joe-bonamassa-driving-towards-the.html. Anche degli altri ho intenzione di occuparmi (mi è venuto un po’ minaccioso!), ma per il momento:

Santana Shape Shifter Starfaith Records/Sony Music

E’ il miglior disco di Carlos Santana degli ultimi 20 anni, che stando allo sticker sul CD è più o meno il tempo che ci ha messo a farlo. Si tratta di un disco strumentale, niente ospiti presi a casaccio dai generi più disparati, non sarà un capolavoro ma è un piacere ascoltare di nuovo uno dei migliori chitarristi in circolazione che lascia correre le mani sulle corde del suo strumento. Ogni tanto c’è un po’ di melassa in eccesso, come in Never The Same Again scritta con Eric Bazilian o In The Light Of A New Day firmata con Narada Michael Walden, ma i “lentoni” sono uno dei suoi marchi di fabbrica dai tempi di Samba Pa Ti, Song Of The Wind o Europa, meglio questi brani che improbabili duetti con Jacoby Shaddix, Nas, Will.i.am, Sean Paul, Musiq, i P.o.d., Placido Domingo e metallari assortiti, ma potrei continuare all’infinito. Al momento sto approfondendo l’ascolto, poi vi faccio sapere. Mi sono girato e rigirato il libretto ma non c’è il nome di un musicista indicato, neanche a pagarlo: presumo che tra i musicisti ci sia la nuova moglie, Cindy Blackman, ottima batterista anche, l’unica ringraziata, forse Chester Thompson, Karl Perazzo e il figlio Salvador Santana che firmano dei brani con Carlos. Sicuramente c’è un brano, Mr.Szabo dedicato al grande chitarrista jazz di origini ungheresi Gabor Szabo, che era l’autore di Gypsy Queen il famoso brano in medley con Black Magic Woman su Abraxas e per l’occasione Santana ci regala una inconsueta performance all’acustica. Basta, basta, proseguo nell’ascolto, tanto volendo lo trovate già nei negozi, fisici e virtuali. Per essere onesti c’è un brano cantato Eres la luz, un flamencone alla Gypsy Kings, mmmhh!

Rigorosamente tutto strumentale è il nuovo album di Sonny Landreth Elemental Journey, in teoria in uscita il 29 maggio per casa Proper ma già giunto sulle nostre lande per la distribuzione IRD. Anche in questo non è una grandissima perdita la mancanza della voce perché il buon Sonny non è un cantante memorabile per usare un eufemismo ma si poteva cercare un cantante adeguato, che so un John Hiatt. Ma basta fantasticare! Nel disco ci sono tre ospiti: due colleghi chitarristi, Joe Satriani, nell’iniziale pirotecnica Gaia Tribe e il grande e misconosciuto (ma non dagli appassionati della chitarra) Eric Johnson che aggiunge la sua chitarra alla slide di Landreth nella lirica Passionola. C’è anche il percussionista Robert Greenidge con le sue steel drums nella Caraibica Forgotten Story. Il disco abbandona quasi del tutto il blues e il cajun misti al rock dello stile abituale per spostarsi verso un sound molto anni ’70 che ricorda oltre ai due citati Satriani e Johnson, gente come Steve Morse o anche qualcuno ha citato Ritchie Blackmore e Ronnie Montrose. La slide non manca mai, in cinque brani c’è anche una sezione archi e anche in questo caso,a un primo ascolto, ottimo per gli appassionati di chitarrra.

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John Mayer, Eric Clapton non manca mai di portarlo al suo Crossroads Guitar Festival, e il “giovine” (va beh, 35 anni) è un buon chitarrista come ha evidenziato soprattutto negli ottimi album Live con il suo Trio dove al basso c’era Pino Palladino e alla batteria Steve Jordan, meno nei 4 precedenti album di studio. Questo Born And Raised evidenzia uno spostamento verso sonorità più morbide e californiane, con la produzione di Don Was e la partecipazione di Crosby & Nash nella title-track, è forse il suo migliore album in assoluto. Non guasta la presenza di Chuck Leavell tastiere (orfano degli Stones) e di Jim Keltner alla batteria. Eichetta Sony, nei negozi da martedì 22 maggio.

Stessa etichetta per il doppio Everybody’s Talkin’ Tedeschi Trucks Band Live ma siamo a ben altri livelli. Un disco stupendo, due chitarristi e una cantante fantastica, undici elementi sul palco per un disco che ci riporta al grande rock degli anni ’70. Revelator era un buon disco di studio e ha vinto il Grammy come miglior disco Blues, ma qui siamo in “paradiso”: sono “solo” undici brani, ma ne troviamo due attorno ai 5 minuti, compresa la stupenda title-track, cover del brano della colonna sonora dell’Uomo Da Marciapede, per il resto, sei brani intorno ed oltre i 10 minuti e uno che supera i 15, ma niente paura, la noia è lontanissima. Qui sono in dirittura d’ascolto negli ascolti, quindi domani o dopo recensione completa. Anche questo esce martedì prossimo.

Bruno Conti

“Piccoli” Dischi Di Culto. Hiss Golden Messenger – Poor Moon

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Hiss Golden Messenger – Poor Moon – Paradise Of Bachelors/Tompkins Square

Sono parecchi mesi che giro intorno a questo dischetto senza mai decidermi (o trovare il tempo di parlarne). E rimanda oggi, rimanda domani questo Poor Moon sta cominciando a farsi strada tra gli appassionati e avere un suo piccolo seguito di culto, insomma se ne parla! Il disco ha una storia particolare, avevo letto qualcosa su questi Hiss Golden Messenger lo scorso anno: la rivista Uncut aveva inserito il precedente album From Country Hai East Cotton tra i migliori del 2011 (ma uscito nel 2009), anche se il disco in giro non si vedeva neanche dipinto (e neanche ora se non per il download o a cifre folli nel formato fisico) e in seguito era circolato (?!?) anche un Bad Dept, con lo stesso titolo un CD e un EP, pubblicati a livello autogestito. Ma il tutto avveniva molto sottotraccia, senza clamore, per usare un eufemismo; qualcosa mi era capitato di sentire di straforo. Poi sempre su Uncut, nel numero di gennaio, quindi uscito a fine 2011, vedo la recensione di questo Poor Moon e mi dico, adesso me lo sento per bene, sempre per la tecnica San Tommaso (sentire di persona per eventualmente credere!). Ma, ulteriore delusione, tra le righe trapela che il disco è stato pubblicato solo in vinile in una tiratura limitata di 500 copie: questa volta ho insistito nelle mie ricerche e ho recuperato una “copia” del disco e devo dire che quello che avevo sentito mi aveva trovato d’accordo sulle 4 stellette assegnate. Poi al momento di recensirlo sul Blog mi sono detto, “ma vale la pena di parlare di un disco fantasma ai limiti della irreperibilità?”, e ho lasciato perdere. Ma poco tempo fa la Tompkins Square ha provveduto a distribuirlo in CD e si trova anche nelle nostre lande, per cui eccomi qua.

Genere (o file under): Country Got Soul. Questo è il punto di partenza! Ma i due signori (soprattutto quello barbuto con cappello) che vedete nella foto qui sopra hanno saputo creare un piccolo gioiellino sonoro. Dal comunicato stampa della distribuzione italiana (come al solito ripreso senza approfondire da alcuni pennivendoli italici):”Da Brooklyn, New York, un altro luminoso esempio di Americana in chiave contemporanea…Miscela musicale che non prescinde nemmeno dal grande folk britannico di John Martyn e Richard & Linda Thompson…Fantastica formazione già incensata da David Bowie che ha definito il loro suono come country mistico”. E poi ancora grandi paragoni con la Band. Pareri rispettabili, per l’amor di Dio e che quindi vi riporto. Ma Michael C.Taylor, la mente dietro tutto ciò, vive e opera nel North Carolina mentre è il suo compagno di avventura Scott Hirsch che effettivamente vive a New York dove lavora nel campo della musica per colonne sonore. I due, per molti anni, erano stati insieme in un gruppo, The Court And The Spark, che operando nella Bay Area non era mai arrivato al successo, neppure di culto. Ma questo Poor Moon, nella sua semplicità, segnala un salto di qualità sesquipedale nella cesellatura dei suoni (era un po’ che non citavo il Giuan Brera): musica campagnola e country, che non necessariamente sono la stessa cosa, folk e mistica, ricca di un soul molto minimale e di tanta spiritualità, serena e lineare: se dovessi definirla con un paragone e fare i nomi, mi ricorda (anche vocalmente) il Johnny Rivers di Slim Slo Rider, quando re-interpretava il Van Morrison bucolico del periodo americano oppure un Jim Croce più intellettuale ma anche, per l’utilizzo di effetti sonori presi dalla natura, tuoni, pioggia, versi di animali domestici e non, inseriti tra un brano e l’altro come usava fare il Mickey Newbury del periodo d’oro primi anni ’70. Avevo detto un paragone? Ne ho fatti tre, poco male!

Quello che importa è che il risultato finale è assolutamente valido ancorchè non originale, ma come mi capita di dire spesso, ormai, nulla più si crea ma se si reinterpreta il passato, basta farlo bene. Sono dodici brani, tra cui due brevi intermezzi strumentali, uno country/bluegrass acustico e uno più simile alle atmosfere del resto dell’album. Tra i musicisti che collaborano all’album c’è il batterista Terry Lonergan, il fratello di Mike Taylor, Graham che si occupa degli arrangiamenti di archi e fiati mentre i due si dividono i compiti a chitarre e tastiere e Taylor ha sviluppato anche un’insana passione per il basso, probabilmente mutuata dall’amore di entrambi per Curtis Mayfield e Keith Hudson da cui proviene la quota soul di questo “country mistico” o quantomeno quella del primo brano Blue Country Mystic appunto (ma anche in altri brani è presente); come dice lo stesso M.C. in una intervista, alle fonti del brano c’è anche una passione per quel basso funky che propelleva la “famosa ” Lowdown di Boz Scaggs citata musicalmente anche nel recente disco di Jeb Loy Nichols (spesso sono i piccoli particolari che fanno l’insieme). Quando la pedal steel, il violino o un banjo fanno la loro apparizione il suono si fa più country ma sempre con quel bel suono rotondo del basso che ancora il tutto e quell’incedere sereno e spirituale della musica con brani che hanno titoli come Jesus Shot Me In The Head, Under All The Land, O Little Light, Balthazar’s Song. Ma non sono i singoli brani che fanno la storia di questo album è tutto l’insieme che funziona: qualche eco anche del James Taylor più mosso o del citato John Martyn nella sua trasferta americana quando era accompagnato, guarda caso, da alcuni componenti della Band. E poi, oltre agli altri nomi ricordati, per il sottoscritto (magari incosciamente) tanto Van Morrison (che se non lo dici si inc…a). E poi la gioia della citazione è uno dei piaceri di questo “mestiere”, cita tu che cito anch’io si potrebbe dire, ogni tanto ci azzecchi anche!

Insomma, concludendo, “piccola” ma bella musica che merita di essere conosciuta.

Bruno Conti

Le “Ripetizioni” Giovano? Rob Tognoni – Energy Red

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Rob Tognoni – Energy Red – Dixiefrog/IRD

Qualche tempo fa gli ho dedicato un Post e ora, a uscite invertite, eccomi di nuovo alle prese con lui. A distanza di pochi mesi dall’uscita di Boogie Like You Never Did, antologia tratta dagli ultimi tre album di studio pubblicati dalla belga Music Avenue, il “diavolo della Tasmania”, ovvero Rob Tognoni torna con un nuovo album, Energy Red, edito dalla francese Dixiefrog con la quale aveva già fatto il poderoso disco dal vivo Shakin’ The Devil’s Hand del 2005 (e dischi live ne sono usciti parecchi nella sua discografia). Posto che il modo ideale di ascoltare la musica di Tognoni sarebbe in un concerto o al limite in un disco live, questo nuovo CD, se siete amanti delle emozioni forti, al limite dell’hard rock, comunque in un ambito power-trio-boogie-rock con Gallagher, Hendrix, Thorogood, gli ZZtop ma anche i connazionali AC/DC nel cuore, dicevo che questo album potrebbe fare per voi.

 

Tognoni, con un cognome così è un “sudista” per forza e non solo perché viene dall’Australia; come mi è capitato di dire in altre occasioni, Dave Hole, sempre from down under, è un musicista di valore superiore sia come chitarrista che come cantante, in quell’ambito rock-blues, Rob è di grana più grossa, se Bonamassa vi sembra troppo “duro” qui addirittura eccediamo ma cionondimeno si può ascoltare con piacere. Il rock è anche il roll li troviamo in grande copia. Dalla partenza con wah-wah sparato a manetta dell’iniziale Take You Home Now si passa al boogie sudista con riff d’apertura estratto a forza dal songbook ZZtop di Boogie Don’t Need No Rest passando per la Thorogoodiana Fire From Hell. La sezione ritmica non è il massimo dell’inventiva ma picchia con gusto ed è comunque in grado di temperare i propri bollori in uno slow blues d’atmosfera come l’ottima Someone To Love dove l’organo dell’ospite Kel Robertson si affianca alla chitarra di Tognoni che dimostra di avere assimilato anche la lezione di uno Stevie Ray Vaughan o di un Ronnie Earl.

 

C’è spazio anche per i ritmi latin-rock con didgeroo al seguito di Don’t Love ma le sarabande con wah-wah di Queensland Heat sono sempre le preferite. Ma il chitarrista australiano dimostra di avere una buona tecnica anche nella hard ballad Blue Butterfly e, soprattutto, nella eccellente cover della mai dimenticata Can’t You See della grande Marshall Tucker Band, e qui la chitarra scivola libera da lacciuoli hard in puri territori southern. La cover di I Remember When I Was Young è l’occasione per conoscere un brano dei Chain storica e popolare formazione rock-blues australiana in azione nei primi anni ’70 ma assolutamente sconosciuta nel nostro emisfero. Ancora da prima viene la cover di As Tears Go By (per noi italiani Con Le Mie Lacrime) degli Stones: una ballata acustica in questa orgia di R&R? Ebbene sì, e la fa pure bene! Non contento, per la quarta ed ultima cover si cimenta anche con il repertorio dei Crowded House e con una versione acustica in solitaria della bellissima Better Be Home Soon. Evidentemente, come nei concerti c’è spazio per una parte più tranquilla, anche questo disco si riserva una oasi di tranquillità prima di ripartire con i ritmi cattivi del dittico quasi punk del finale, prima So Fuckin’ Bored e poi l’esplicativa I Wanna Play An Iggy Pop Record Today.

Bruno Conti

Il “Funky-Blues” E’ Il Nostro Credo! Big James And The Chicago Playboys – The Big Payback

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Big James And The Chicago Playboys – The Big Payback Recorded Live – Blind Pig Records/Ird

Trombonisti che siano anche cantanti non ce ne sono moltissimi nell’ambito del rock o del Blues, penso a Trombone Shorty in anni recenti; suonatori di trombone e leader di una band forse anche meno, con una “grande” eccezione, ovvero Glenn Miller, ma musicisti che hanno legato il loro nome allo strumento soprattutto in quell’ambito musicale che sta tra pop, jazz e funky alcuni sicuramente sì. Da James Pankow dei Chicago a Dick Halligan dei Blood, Sweat & Tears passando per Fred Wesley dei JB’s di James Brown, per citarne alcuni che vengono in mente, che hanno militato in formazioni in grado di fondere i vari stili musicali: anche i Chicago Playboys sono un gruppo musicale sulla scena da molti anni, prima come band di supporto a Johnny Christian e poi sotto la guida di “Big James” Montgomery hanno sfornato una serie di album pubblicati a livello indipendente fino ad approdare nel 2009 alla Blind Pig per un album di debutto in studio e ora con questo The Big Payback, registrato dal vivo, sempre nel 2009, al Lionel Hampton Jazz Club di Parigi.

Il titolo ovviamente è tratto da quello del famoso brano dell’inarrestabile “Mr.Dynamite” o “The Hardest-Working Man in Show Biz”, James Brown, che insieme all’iniziale The Blues Will Never Die traccia le coordinate musicali di questo album dal vivo. Un funky-blues-jazz-rock fiatistico dove le capacità dei due solisti Joe Blocker alle tastiere e l’ottimo chitarrista Mike Wheeler si aggiungono alla voce rauca e vissuta del leader del gruppo per uno stile che mi ricorda moltissimo quello dei B S&T o dei Chicago dei primi album con uno spiccato senso del “fonky” che la sezione ritmica di Williams e Cole possiede insita nel proprio DNA come dimostra nella tostissima rilettura del classico di James Brown. Quando si dice “Ma dovreste sentirli dal vivo!”, pare scritto apposta per questo disco; la quota Blues è comunque presente in modo notevole, vista anche l’etichetta che li ospita, brani come Coldest Man I Ever Knew e ben due riletture di classici di Sam Maghett, in arte Magic Sam, lo stanno a testimoniare.

Spesso con i classici riff, come quello dell’immortale All Your Love, riletti dalla sezione fiati che vede Charles Pryor alla tromba accanto a Big James, anche nella lenta e sincopata That’s Why I’m Crying con una bella prestazione vocale di Montgomery che si ripete nell’ottima cover di Trying To Live My Life Without You dal repertorio di Otis Clay ma la faceva anche Bob Seger nel suo secondo torrido live Nine Tonight. Il lato South Side Chicago Blues è esplicato anche dai brevi e ficcanti solo di Wheeler che alza la quota Blues delle operazioni. I due stili, funky e blues, si fondono alla perfezione nella ripresa di I’ll Stay dei Funkadelic dove il brano firmato da George Clinton e dal chitarrista Eddie Hazel è l’occasione per un crescendo di assoli dei vari solisti della band, prima la tromba, poi la chitarra scaldano il pubblico parigino che sembra gradire molto lo spettacolo offerto da questo gruppo di veterani. Si conclude con una Low Down Dirty Blues che si presenta già dal suo titolo e nel “Chicago Blues” urlato da James a mo’ di presentazione. Si conclude con un altro dei classici riff del Blues (?!?), Smoke On The Water! Prego? E’ propria quella dei Deep Purple, strumentale, con fiati all’unisono, breve ma succosa, con Mike Wheeler libero di esplorare il manico della sua chitarra per un’ultima esplosione prima del commiato finale.

E la ricerca prosegue!

Bruno Conti