Un Chitarrista Che “Fa L’Indiano”! Indigenous Featuring Mato Nanii.

indigenous featuring.jpg

 

 

 

 

 

 

Indigenous Featuring Mato Nanji – Blues Bureau International/Shrapnel

Mato Nanji, più che “fare l’indiano” lo è proprio, pellerossa naturalmente, della tribù Sioux dei Lakota e vive ancora nella riserva del South Dakota, che fa anche rima. Il gruppo, all’origine, seconda metà anni ’90, era nato come un affare di famiglia, un fratello, una sorella e il cugino, tutti appassionati di Blues, passione nata sui dischi di B.B. King e Buddy Guy che portava a casa il babbo, grande appassionato del genere. Poi, Mato soprattutto, ha integrato questo sentimento con l’amore per chitarristi come Hendrix, Santana e soprattutto Stevie Ray Vaughan. E fino al 2006 tutto è andato bene, con una nutrita serie di album di poderoso rock-blues pubblicati per diverse etichette. A quel punto il resto della famiglia ha deciso di andarsene e Mato Nanji ha sciolto la band pubblicando un album da solista e poi nel 2010 ha ripristinato la vecchia ragione sociale per un album Acoustic Sessions, in compagnia della moglie Leah, che non (mi) aveva entusiasmato, come riportato su queste pagine virtuali indigenous-acoustic-sessions.html. Non un disco brutto, diciamo di transizione (come si dice quando non si vuole essere cattivi). Ora, sempre utilizzando il nome del gruppo, ritornano gli Indigenous con un disco che promette bene già dal sottotitolo, “All Electrified Guitar Made in Usa”, che vede a fianco del rientrante cugino American Horse alle percussioni, una solida band che sostiene la fiammeggiante e tiratissima Fender del leader, la classica line-up, basso, batteria e organo. Se aggiungiamo che la (co)produzione è affidata a quel Mike Varney, boss della Blues Bureau Int./Shrapnel che di dischi di chitarra se ne intende, direi che la missione è compiuta.

Come ciliegina sulla torta e eccellente brano di apertura, c’è anche un duetto con un altro che di rock-blues e di chitarre se ne intende, Jonny Lang (hanno fatto parte entrambi dell’Experience Tour, dedicato a Hendrix): Free Yourself, Free Your Mind è un perfetto esempio di quell’hard blues ricco di soul che entrambi frequentano da tempo, con le due chitarre e le voci che si intrecciano con perfetto tempismo, l’inizio non poteva essere migliore, grande apertura. Ma anche il resto non scherza, il disco ha quel feeling da concerto dal vivo con la chitarra di Mato Nanji libera di improvvisare ma nello stesso tempo con un bel suono da disco di studio ben prodotto, sentire Everywhere I Go che permette di apprezzare anche la bella voce del leader, finalmente un chitarrista con una voce rauca e potente, una rarità nel genere. Jealousy si getta nel Texas Blues alla Stevie Ray Vaughan, poderoso e ad alta tensione chitarristica con la solista che viaggia che è un piacere. Someone Like You con le percussioni in primo piano, ondeggia tra Santana e ZZtop, boogie latino. I Was Wrong To Leave You con l’organo a sostenere la solista di Mato è uno slow blues atmosferico tra Stevie Ray e Jimi mentre No Matter What It Takes si basa proprio su un riff hendrixiano e tempi più rock.

Anche Storm, grazie alle sue percussioni impazzite che sostengono basso e batteria in libera uscita, è uno strumentale di stampo Santaniano con il wah-wah di Nanji che raggiunge vette di virtuosismo notevoli. Find My Way rallenta i tempi ma non il fervore vocale e chitarristico. All Those Lies dimostra una volta di più che il nostro ha perfettamente fatto suo lo stile alla Vaughan, non un clone ma un ottimo discepolo ( e quindi di rimessa del grande Jimi). E infatti The way I feel è più vicino a quest’ultimo. Wake Up è una bella slow ballad ricca di melodia con percussioni e organo ancora una volta a sostenere il tessuto della canzone, a dimostrazione che anche i rockers hanno un’anima gentile (ma dalla scorza dura). By My Side è un rock-blues come potrebbero farlo i Los Lobos quando si avvicinano a tempi più bluesati e la conclusione è affidata a una torrida When Tomorrow Comes, forse la migliore del lotto, un altro slow tirato e ad alta gradazione con la chitarra che una volta di più fa i numeri e che conclude bene come era partita questa nuova fatica degli Indigenous. Powerful rock-blues. Ben tornati!

Bruno Conti   

Un Chitarrista Che “Fa L’Indiano”! Indigenous Featuring Mato Nanii.ultima modifica: 2012-06-11T13:09:00+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo