It’s Only Country-Rock (E Un Pizzico di Southern), But I Like It! Zac Brown Band – Uncaged

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Zac Brown Band – Uncaged – Atlantic Records – 10-07-2012

E per essere precisi e tassonomici, anche qualche tocco di bluegrass, reggae e jam rock (soprattutto dal vivo), ma fondamentalmente la Zac Brown Band fa del sano, onesto, country-southern-rock, come dicono peraltro loro stessi. Questo Uncaged è il loro quinto album di studio (il terzo per una major) a cui aggiungiamo tre dischi dal vivo, tra cui lo strepitoso Pass The Jar. Non saranno originalissimi (ma come dico spesso, chi lo è ultimamente?) però suonano con una freschezza, una grinta, una voglia di divertire e divertirsi, e soprattutto una bravura, invidiabili.

La formazione si è ampliata nel corso degli anni fino a stabilizzarsi nell’attuale settetto che vede violino e percussioni affiancarsi alle classiche tre chitarre del southern rock, ma Clay Cook e Coy Bowles, i due solisti con Brown, si alternano anche alle tastiere e a vari strumenti a corda, soprattutto nei tuffi nel country o nel bluegrass più classico. E in più c’è la voce di Zac Brown, una di quelle voci tipiche del country-rock della più bell’acqua, alla Richie Furay o Paul Cotton dei Poco più commerciali (ma sempre di gran classe, gruppo che ho amato molto), ma a chi scrive ricorda anche Kenny Loggins o il Craig Fuller dei Pure Prairie League, quel timbro arioso che consente di passare dal country al rock nello spazio di una battuta.

Anche questo Uncaged ha tutto gli elementi per piacere agli appassionati del classico suono americano: dalle arie scanzonate ed orecchiabili (nel senso più nobile del termine) dell’iniziale Jump Right In, scritta in coppia con Jason Mraz, con elementi caraibici e country miscelati con le consuete perfette armonie vocali si passa al rock sudista della tirata Uncaged con l’organo che si aggiunge al muro di chitarre e un suono che ricorda i classici di Marshall Tucker o Charlie Daniels Band, i due gruppi che meglio sapevano fondere il country e il rock nel filone southern. Goodbye In Her Eyes è una lunga ballata, l’unico brano che supera i cinque minuti, in un crescendo irresistibile, con gli strumenti che entrano nel tessuto acustico del brano, di volta in volta, chitarre acustiche, poi il violino, le fantastiche armonie vocali, le percussioni, fino all’ingresso di basso e batteria e la struttura aperta del brano che promette lunghissime jam strumentali, come d’uso, nei loro concerti dal vivo, il brano migliore del disco.

The Wind è un bluegrass elettrico frizzante, con violini, mandolini, chitarre, organo che si incrociano vorticosamente con le voci del gruppo per un intermezzo di puro country delizioso. Island Song (di Nic Cowan, l’unico brano non firmato da Brown con qualche componente della band, a rotazione), già dal titolo è una reggae song, genere che non amo particolarmente, ma in questo esercizio di white reggae rock si ascolta con piacere in questa calura estiva. Sweet Annie ha una apertura di organo alla Joe Cocker a Woodstock che poi diventa una ballata country mid-tempo con qualche retrogusto gospel, violino, steel e chitarre a contendersi il proscenio con le voci all’unisono dei componenti della band e la bella voce di Zac Brown che guida con autorevolezza le operazioni. Ancora l’organo in apertura di Natural Disaster che poi diventa una country song in crescendo con qualche reminiscenza con la Travelin’ Prayer del primo Billy Joel. Overnight è una trasferta virtuale in quel di New Orleans, una soul ballad morbida ed insinuante con la partecipazione di Trombone Shorty, sia a livello vocale che al suo strumento  di pertinenza, forse un tantino di melassa di troppo ma le classifiche e le radio hanno le loro esigenze (un piccolo peccatuccio ci può stare).

Lance’s Song rimette a posto le cose, una bella slow song malinconica con il violino e la steel a duettare con gli strumenti acustici a corda della band mentre Zac, con il consueto aiuto a livello armonie vocali dal resto del gruppo ci regala una bella performance in perfetto stile country. Day That I Die è un altro bel duetto, questa volta con Amos Lee, una canzone dalla atmosfere ariose e molto piacevoli che sfociano in un sound più commerciale senza mai essere troppo fastidiose, anzi, fatte per piacere a tutti (la Zac Brown Band vende moltissimo negli States) e se vogliamo è forse l’unico fattore negativo di questo album che è serbatoio di nuove canzoni per il repertorio Live della formazione e, nelle parole del chitarrista Clay Cook, il primo disco concepito come una costruzione unica e non un semplice insieme di canzoni. Io non ho colto queste finezze rispetto agli album precedenti, comunque nell’insieme l’album (come da titolo Post) mi è piaciuto e la conclusiva Last But Not Least, dal titolo quanto mai esplicativo, firmata in società con Mac McAnally, è una degna conclusione, nuovamente in territori decisamente country, per questo Uncaged.

Bruno Conti

It’s Only Country-Rock (E Un Pizzico di Southern), But I Like It! Zac Brown Band – Uncagedultima modifica: 2012-07-06T12:54:00+02:00da bruno_conti
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