Un Disco “Minore E Perduto” Di Uno Dei Grandi Della Chitarra! Peter Green Splinter Group – Blues Don’t Change

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Peter Green Splinter Group –  Blues Don’t Change – Eagle Rock/Edel

Se vi capita di scorrere le classifiche sui 100 più grandi chitarristi rock di tutti i tempi che, periodicamente, sia Rolling Stone che Guitar Player pubblicano, Peter Green è sempre presente, addirittura in quella pubblicata da Mojo nel 1996 era al terzo posto. Nell’ultima di Rolling Stone del 2011 era comunque ancora ad un rispettabile 58° posto. Ovviamente (e giustamente) al 1° posto c’è sempre Jimi Hendrix e così sarà, presumo e spero, per l’eternità, anche se leggendo i commenti di lettori e fans (pirla) qualcuno si lamenta sempre. Forse perché nelle classifiche non appaiono Madonna o il chitarrista, se esiste, degli One Direction? Tornando a bomba, chi vi scrive ha sempre considerato Green uno dei grandissimi dello strumento e per il periodo 1967-1970 sarei propenso ad essere d’accordo con la rivista Mojo.

Ma come me la pensavano anche Gary Moore, BB King, Jimmy Page e Eric Clapton (suo predecessore nei Bluesbreakers di Mayall) che ne hanno sempre lodato il tono vellutato e dolce con quel magico vibrato. Tra i suoi fan ci sono anche Joe Perry, Steve Hackett e Andy Powell dei Wishbone Ash. Per proprietà transitiva, attraverso le storie di Page, anche Rich Robinson dei Black Crowes lo considera tra i grandi chitarristi. E, casualmente, mentre facevo delle ricerche per la recensione di Alvin Lee, mi sono imbattuto in una intervista dove anche Lee esprimeva la sua incondizionata ammirazione dicendo che Green era uno dei pochi chitarristi che quando faceva un assolo addirittura abbassava il volume della chitarra. E che dire di Santana che ha costruito parte dell’inizio della sua carriera su Black Magic Woman? Se vi capita di mettere le mani sul triplo CD Live At Boston Tea Party dei Fleetwood Mac, registrato nel febbraio del 1970, non lasciatevelo sfuggire perché in quel breve periodo Peter Green a livello creativo, secondo me, era addirittura superiore a Hendrix, poi omaggiato nell’orgia wah-wah di The End Of The Game dello stesso anno. Purtroppo quella fase della sua carriera, per le noti vicissitudini legate alla sua salute mentale, ha avuto un brusco stop e non si è mai ripetuta.

Ci sono stati vari tentativi di “ritorni”, un primo tra il 1979 e il 1984, ed un secondo, più riuscito, tra il 1997 e il 2003, con lo Splinter Group. Qui, coadiuvato da Nigel Watson, anche lui alla chitarra e seconda voce e agli inizi con Cozy Powell alla batteria, Green ha vissuto una fase della sua carriera dedicata al Blues primo amore: la chitarra raramente rilasciava “soli” degni della sua reputazione, la voce ormai era quello di un “vecchio” bluesman, un po’ spenta ma vissuta come quella dei musicisti neri da lui tanto ammirati. Questo Blues Don’t Change fa parte di quel periodo, pubblicato in origine nel 2001, veniva venduto solo sul suo sito e ai concerti (ma ha circolato), ora la Eagle Rock lo rende disponibile regolarmente ad un prezzo speciale.

Non è un disco da emozioni forti ma si lascia ascoltare in modo piacevole, sono quasi tutti classici del blues: da una ripresa del suo cavallo di battaglia, I Believe My Time Ain’t Long, un brano di Elmore James che era stato il primo singolo dei Fletwood Mac nel 1967, passando per Take Out Some Insurance dove Green si cimenta anche all’armonica, e ancora Honey Bee con una bella slide acustica, una energica Litte Red Rooster cantata da Watson.

Ogni tanto la voce si spezza e si riprende, come all’inizio di Don’t Start Me Talking. In Nobody Knows You When You’re Down And Out, cantata da Watson ma che potrebbe essere una sorta di metafora sulla vita di Peter Green, c’è un ottimo lavoro delle tastiere di Roger Cotton e in Help Me Through The Day la solista di Green si libra liricamente in ricordo dei vecchi tempi. Notevole anche una acustica e intensa Crawling King Snake. Per chi ama il blues e soprattutto quello che molti (a partire dal suo bassista John McVie) considerano il più grande chitarrista blues bianco, ovvero Peter Green, un disco non memorabile ma onesto e un po’ malinconico ricordando quello che fu!

Bruno Conti       

Un Disco “Minore E Perduto” Di Uno Dei Grandi Della Chitarra! Peter Green Splinter Group – Blues Don’t Changeultima modifica: 2012-09-04T19:07:00+02:00da bruno_conti
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