Un “Corsaro” Delle Sette Note! Mark Knopfler – Privateering

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Mark Knopfler – Privateering – Mercury Records 2012 – 2 CD

A quasi un ventennio dalla fine del connubio con i Dire Straits, torna il più “americano” dei musicisti scozzesi (per la precisione di Glasgow), Mark Knopfler, con un disco molto atteso, un doppio album a cui, stando alle cronache, il chitarrista stava lavorando almeno da due anni, e visto il risultato e l’immediato successo di critica di Privateering, mai tempo è stato speso meglio. Mark ha lasciato i Dire Straits (una delle maggiori macchine da soldi della musica), o almeno il nome, poi è sempre lui, per costruirsi una solida fama di “soundmaker” (Colonne Sonore) Local Hero (83), Cal (84), The Princess Bride (87), Last Exit To Brooklyn (89) Wag The Dog e Metroland (98), e percorrere una carriera solista senza clamori (facendo solo quello che voleva fare), partendo dal notevole Golden Heart (96), Sailing To Philadelphia (2000), The Ragpicker’s Dream (2002), Shangri-La (2004), un piccolo gioiello di EP come The Trawlerman’s song (2005), Kill To Get Crimson (2007), e Get Lucky (2009) senza dimenticare le varie collaborazioni con John Illsey, Chet Atkins, The Notting Hillbillies, e lo splendido disco in coppia con la grande Emmylou Harris All The Road Running (2006), seguito da un tour ed un DVD dal vivo.

Registrato ai British Grove Studios di Chiswick (di proprietà dell’artista), e sotto la produzione dei fidati Chuck Ainlay e Guy Fletcher oltre allo stesso Knopfler, Privateering è un lavoro impeccabile che si avvale di uno stuolo di musicisti di rango, tra i quali Richard Bennett alle chitarre, Guy Fletcher alle tastiere, Jim Cox al piano, la sezione ritmica affidata a Glenn Worf (basso) e Ian Thomas (batteria), John McCusker e Mick McGoldrick (whistle, flauto, violino e cornamuse) la sezione Irlandese del gruppo, e ospiti importanti come Phil Cunningham alla fisarmonica, Kim Wilson armonicista dei Fabulous Thunderbirds, Paul Franklin alla pedal-steel, il mandolino di Tim O’Brien, la tromba di Chris Botti, e la dolce voce di Ruth Moody delle Wailin’ Jennys,  per venti brani dove si alternano roots-rock, celtic-rock, folk-rock e blues-rock, affidati anche ai virtuosismi della sua chitarra (la leggendaria Fender Stratocaster) elettroacustica.

Il primo CD si apre con due ballate folk-country Redbud Tree e Haul Away che ricordano vagamente le sonorità del compianto Johnny Cash, e dal blues elettrico Don’t Forget Your Hat, graffiato dalla magnifica armonica di Kim Wilson. Con Privateering e Miss You Blues arrivano le ballate struggenti, rese al meglio dalla voce calda e nostalgica di Mark, per tornare poi al passato con una Corned Beef City dal Dire Straits sound, seguita dalla dolcissima Go Love, in assoluto uno dei pezzi più intensi del lavoro e dal caldissimo blues di Hot Or What, segnato dal bellissimo fraseggio tra chitarra, piano e armonica. Chiudono il primo CD due “ballads”, la splendida Yon Two Crows che profuma d’Irlanda, con il suono delle sue cornamuse, e Seattle una song ambientata nella città della pioggia, con la bella voce di Ruth Moody ai cori.

Il secondo CD inizia con Kingdom Of Gold, una ballata classica ancora in territorio Irlandese, cui segue il blues sincopato di Got To Have Something, e la notturna e malinconica Radio City Serenade, aperta dalle note della tromba di Chris Botti. I Used To Could e Gator Blood  sono in ambito swamp-blues (un nuovo corso per Mark), mentre con Bluebird si esalta il chitarrismo di Knopfler, nel quale il tocco inconfondibile e le svisate si dispiegano in tutta la loro eleganza. Una struggente melodia accompagna Dream Of The Drowned Submariner (una toccante storia reale di un naufragio), mentre Blood And Water è molto simile, con la chitarra che pennella melodie e ci regala emozioni. Today Is Okay (sempre in ambito bluesy) è coinvolgente e suonata con la consueta maestria dal gruppo, mentre armonica, banjo e un’atmosfera campestre fanno da cornice alla traccia conclusiva After The Beanstalk, per quasi novanta minuti di muisca di qualità.

Mark Knopfler è un artista tranquillo, e questa tranquillità si nota ancora maggiormente nella sua musica, rilassata, lenta, calda, le sue ballate piene di pace sono legate alla musica Irlandese, ai profumi del folk, con fisarmoniche, cornamuse e violini che lasciano il segno, con la voce calma e profonda che distilla ogni parola, una musica che entra nel cuore e ci rende migliori. Non si scopre certo oggi il valore di Mark Knopfler, e come per ogni suo disco, l’ascolto deve essere apprezzato sino in fondo, centellinato, come un buon whisky scozzese.

Tino Montanari

NDT: Per i “fans” (e per il vostro portafoglio) il CD viene commercializzato in diverse versioni, è infatti possibile scegliere tra l’edizione standard (2 Cd), un edizione deluxe con un CD bonus con 5 brani extra, un edizione costituita da due vinili, e infine sarà venduto un deluxe box set, formato dai CD, LP, un DVD documentario, una stampa artistica numerata ed altri gadgets. Buona fortuna!

Un Capolavoro! E Il 16 Settembre Sono 87, Auguri! Ladies And Gentlemen…Mr. B.B. King

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B.B. King – Ladies And Gentlemen…Mr. B.B. King 10 CD o 4 CD Universal 25-09-2012 *****

Ormai come sapete le ripubblicazioni e i Box Set si sprecano, ogni occasione è buona, anche l’anniversario scelto per questo cofanetto volendo è abbastanza risibile: il 50° anniversario dalla firma del contratto con l’ABC-Paramount, perché poi il primo album per l’etichetta, Mr. Blues uscirà nel 1963. Ma in questo caso il fatto è del tutto marginale, quello che conta è il contenuto strepitoso. 10 CD curati dal principe di queste edizioni, Bill Levenson, il più grande curatore, ingegnere e produttore per questo tipo di operazioni, per intenderci colui che ha realizzato i box di Derek And The Dominos Layla, degli Allman Brothers Dreams e di Peel Slowly And See dei Velvet Underground, per citarne alcuni, oltre alla serie Chronicle della Universal e decine di altri titoli, “pensionato” frettolosamente dalle case discografiche e ora tornato in pista alla grande per questo cofanetto.

Si tratta di 194 brani inseriti in ordine cronologico, dal 1949 al 2008, un vero paradiso per gli amanti del Blues e non solo, uno dei casi in cui vale assolutamente la pena di assegnare le 5 stellette per il capolavoro o al limite mezza stelletta in meno perché in tutto questo ben di Dio non c’è neppure un inedito (uno per la verità!), ma dovendo già scegliere tra una produzione immane i curatori hanno cercato quantomeno di inserire almeno un brano per ogni album pubblicato dal 1963 ai giorni nostri con qualche rarità, pescata soprattutto tra i duetti e nei dischi di altri artisti. Il tutto corredato da un bel libro di 72 pagine, ricco di foto e con le note firmate dal giornalista americano Ashley Kahn, specializzato in jazz e blues e da Dick Shurman, che per noi appassionati è semplicemente Magic Dick della J. Geils Band, una autorità nel campo.

Per la prima volta questo cofanetto è multi-label, ovvero c’è anche il materiale inciso per la Bullet, Modern/RPM e Kent/Crown tra il 1949 e il 1962, sparso nei primi due dischi, con 50 brani che illustrano la nascita del mito B.B. King quando Lucille non era ancora il nome della sua chitarra ma lui era già uno dei più grandi artefici dello strumento e tuttora risiede al n° 3 della classifica All Time della rivista Rolling Stone, dietro Hendrix e Duane Allman ma davanti al suo discepolo Clapton, e in risalita dal 6° posto della precedente edizione. Si parte con i primi brani editi nel 1949 su due singoli per l’etichetta Bullet e attraverso gli anni si toccano anche le collaborazioni con le orchestre di Count Basie e Duke Ellington, un brano a testa, le prime versioni di Sweet Little Angel e Rock Me Baby, veri capisaldi del suo repertorio, poi replicati varie volte negli anni a venire soprattutto in grandissime versioni dal vivo, ma in questo primo periodo ci sono tantissimi classici delle dodici battute del Blues, conosciuti anche nel repertorio di altri musicisti.

Dal terzo compact parte la disamina del repertorio più conosciuto, quello che attraverso la ABC, Impulse, Mca e Geffen, quindi tutti di quella che oggi si chiama Universal, ci porta ai giorni nostri. Gli anni ’60 sono quelli più importanti: il primo Mr. Blues (non conosciutissimo) è rappresentato da 6 brani, del grandissimo Live At The Regal del 1965 appaiono 5 brani e dell’altrettanto indispensabile Live And Well del 1969 ce ne sono quattro, oltre a moltissimi brani usciti in quegli anno solo in 45 giri e quindi rintracciabili solo in antologie varie. Di quel periodo è anche l’unico brano del cofanetto che riporta la fatidica scritta “previously unreleased” per una versione inedita di I Wonder Why del 1964 sul terzo CD. Sempre del 1969, a cavallo dei CD 4 e 5 ci sono 4 brani a testa tratti da Live And Well e Completely Well, fantastici.

Gli anni ’70 iniziano sul 5° compact con 5 brani estratti da uno dei suoi dischi più belli registrati in studio Indianola Mississippi Seeds per proseguire con 3 brani da Live At Cook County Jail e quattro da Live In Japan, entrambi del 1971, ma il secondo edito solo nel 1999. 3 tracce tratte dall’altrettanto indispensabile In London dal 1971 e una a testa dai due album registrati in collaborazione con il grande cantante Bobby “Blue” Bland li trovate sempre nel sesto CD. Tre brani da Midnight Believer il disco del 1978 registrato in collaborazione con i Crusaders aprono il settimo dischetto e da lì in avanti si trovano molti dei suoi duetti e collaborazioni, spesso rari: When Loves Come To Town con gli U2 del 1988, Right Place, Wrong Time con Bonnie Raitt dalla colonna sonora di Air America, Since I Met You Baby in coppia con Gary Moore, dal vivo al Town And Country nel ’93, uscito solo su un CD singolo. E nel disco 9 ce ne sono moltissimi: con Robert Cray, Etta James, Diane Schuur e con Marty Stuart e i Rolling Stones da Deuces Wild uno dei dischi migliori dell’ultimo periodo. L’ultimo disco ci porta nel nuovo secolo con due brani tratti dal disco registrato con Eric Clapton e poi ancora accoppiate fantastiche con Ray Charles e da 80, con Van Morrison e Elton John. Gli ultimi quattro brani sono tratti dall’eccellente One Kind Favor del 2008, quello prodotto da T-Bone Burnett, che potrebbe essere il suo ultimo e gli ha fruttato l’ennesimo Grammy.

In mezzo a tanti gioielli c’è anche un po’ di fuffa, per esempio il suono della batteria di Into The Night, peraltro tratto da una colonna sonora famosissima, non si può sentire, orrido, anche se lui canta benissimo e Lucille disegna le solite linee soliste inconfondibili, quando suona e canta Mr. Riley B. King, classe 1925 (87 anni il 16 settembre, tanti auguri), lo riconosci subito. E con questo cofanetto pantagruelico potete passare una intera giornata ad ascoltare alcune delle musiche migliori che sono state registrate in questi 63 anni. Si dice spesso, ma in questo caso è d’obbligo: Imperdibile!

Bruno Conti

P.S. Per chi vuole risparmiare o non è così appassionato di Blues ne verrà pubblicata anche una versione ridotta in 4 CD. 

E questa è la lista completa dei contenuti:

 

B.B. King, Ladies and Gentlemen…Mr B.B. King (Hip-O/UMe, 2012)

Disc 1: Three O’Clock Blues (1949-1956)

  1. Miss Martha King
  2. When Your Baby Packs Up and Goes
  3. Got the Blues
  4. Take a Swing with Me
  5. B.B. Boogie
  6. Don’t You Want a Man Like Me
  7. Fine Looking Woman
  8. She’s Dynamite
  9. Three O’Clock Blues
  10. That Ain’t the Way to Do It
  11. You Know I Love You
  12. Woke Up This Morning
  13. Please Love Me
  14. Blind Love
  15. The Woman I Love
  16. Whole Lotta’ Love
  17. Everyday I Have the Blues
  18. Love You Baby (a/k/a Take a Swing with Me)
  19. When My Heart Beats Like a Hammer
  20. You Upset Me Baby
  21. Sneakin’ Around
  22. Shut Your Mouth
  23. Boogie Rock
  24. Ten Long Years
  25. Crying Won’t Help You
  26. Bad Luck
  27. Troubles, Troubles, Troubles

Disc 2: Rock Me Baby (1956-1962)

  1. Sweet Little Angel
  2. Early in the Morning
  3. (I’m Gonna) Quit My Baby
  4. On My Word of Honor
  5. Days of Old
  6. Recession Blues
  7. Please Accept My Love
  8. Everyday I Have the Blues  (with The Count Basie Orchestra)
  9. Precious Lord
  10. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2
  11. Don’t Get Around Much Anymore (with The Duke Ellington Orchestra)
  12. I’ll Survive
  13. (I’ve) Got a Right to Love My Baby
  14. It’s My Own Fault
  15. You Done Lost Your Good Thing Now
  16. Walking Dr. Bill
  17. Catfish Blues (Fishin’ After Me)
  18. Partin’ Time
  19. You’re Breaking My Heart
  20. Rock Me Baby
  21. Blue Shadows
  22. The Jungle
  23. That Evil Child

Disc 3: How Blue Can You Get? (1963-1966)

  1. You Ask Me
  2. I’m Gonna Sit In ‘Til You Give In
  3. Blues At Midnight
  4. My Baby’s Coming Home
  5. Chains of Love
  6. Sneakin’ Around
  7. Slowly Losing My Mind
  8. How Blue Can You Get?
  9. Whole Lotta Lovin’
  10. I Wonder Why (previously unreleased)
  11. Please Accept My Love
  12. Help the Poor
  13. Never Trust a Woman
  14. Worryin’ Blues
  15. Stop Leadin’ Me On
  16. Everyday I Have the Blues (Live at The Regal Theatre)
  17. Sweet Little Angel (Live at The Regal Theatre)
  18. It’s My Own Fault (Live at the Regal Theatre)
  19. How Blue Can You Get? (Live at the Regal Theatre)
  20. Please Love Me (Live at The Regal Theatre)
  21. Tired of Your Jive
  22. All Over Again
  23. I’d Rather Drink Muddy Water
  24. Cherry Red
  25. You’re Still a Square
  26. Don’t Answer the Door, Parts 1 & 2
  27. Waitin’ on You
  28. Night Life

Disc 4: Why I Sing The Blues (1966-1969)

  1. Gambler’s Blues (Live at The International Club)
  2. Buzz Me (Live at The International Club)
  3. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2 (Live at The International Club)
  4. Think It Over
  5. Done Got Wise
  6. Paying the Cost to Be the Boss
  7. I’m Gonna Do What They Do to Me
  8. Dance with Me
  9. Lucille
  10. Watch Yourself
  11. You Put It on Me
  12. Messy But Good
  13. Get Myself Somebody
  14. My Mood (Live at The Village Gate)
  15. I Want You So Bad
  16. Get Off My Back Woman
  17. Why I Sing the Blues

Disc 5: The Thrill is Gone (1969-1971)

  1. The Thrill is Gone
  2. Confessin’ the Blues
  3. So Excited
  4. No Good
  5. Go Underground
  6. Nobody Loves Me But My Mother
  7. Chains and Things
  8. Ask Me No Questions
  9. Hummingbird
  10. Everyday I Have the Blues (Live at Cook County Jail)
  11. How Blue Can You Get? (Live at Cook County Jail)
  12. Worry, Worry (Live at Cook County Jail)
  13. Sweet Sixteen (Live at Sankei Hall)
  14. Eyesight to the Blind (Live at Sankei Hall)
  15. Niji Baby (Live at Sankei Hall)
  16. The Thrill is Gone (Live at Sankei Hall)

Disc 6: Lucille Talks Back (1971-1976)

  1. I Got Some Help I Don’t Need
  2. Blue Shadows
  3. Ghetto Woman
  4. Ain’t Nobody Home
  5. Guess Who
  6. Five Long Years
  7. I Like to Live the Love
  8. To Know You is to Love You
  9. Philadelphia
  10. Three O’Clock Blues (Live with Bobby “Blue” Bland)
  11. Lucille Talks Back
  12. Reconsider Baby
  13. Don’t Make Me Pay for His Mistakes
  14. Let the Good Times Roll (Live with Bobby “Blue” Bland)
  15. Don’t You Lie to Me
  16. Mother Fuyer
  17. The Same Love That Made Me Laugh

Disc 7: When It All Comes Down (I’ll Still Be Around) (1977-1982)

  1. When It All Comes Down (I’ll Still Be Around)
  2. Hold On (I Feel Our Love is Changing)
  3. Never Make Your Move Too Soon
  4. Better Not Look Down
  5. Happy Birthday Blues
  6. I’ve Always Been Lonely
  7. Caldonia (Live at The University of Mississippi)
  8. I Got Some Help I Don’t Need (Live at The University of Mississippi)
  9. Life Ain’t Nothing But a Party
  10. The Victim
  11. There Must Be a Better World Somewhere
  12. Nightlife/Please Send Me Someone to Love
  13. Inflation Blues
  14. Sell My Monkey
  15. Darlin’ You Know I Love You
  16. Make Love to Me

Disc 8: When Love Comes to Town (1984-1992)

  1. Into the Night
  2. Six Silver Strings
  3. When Love Comes to Town – U2 with B.B. King
  4. Standing on the Edge of Love
  5. Lay Another Log on the Fire
  6. Take Off Your Shoes
  7. Nobody Love Me But My Mother (Live at San Quentin Prison)
  8. Right Place, Wrong Time (with Bonnie Raitt)
  9. All Over Again (Live at The Apollo)
  10. I’m Moving On
  11. Back in L.A.
  12. Fool Me Once
  13. There is Always One More Time
  14. Monday Morning Blues (Blues for Mr. G)
  15. Since I Met You Baby (Live at the Town & Country) (with Gary Moore)

Disc 9: Blues Man (1993-1999)

  1. Playin’ with My Friends (with Robert Cray)
  2. There’s Something on Your Mind (with Etta James)
  3. I Gotta Move Out of This Neighborhood/Nobody Loves Me But My Mother
  4. You Don’t Know Me – Diane Schuur & B.B. King
  5. Stormy Monday Blues – The GRP All-Star Big Band with B.B. King
  6. Rock Me Baby (Live at The Rosengarten)
  7. Confessin’ the Blues (with Marty Stuart)
  8. Paying the Cost to Be the Boss (with The Rolling Stones)
  9. Blues Man
  10. Bad Case of Love
  11. Blues Boys Tune
  12. I’ll Survive
  13. Ain’t Nobody Here But Us Chickens
  14. I’m Gonna Move to the Outskirts of Town
  15. Ain’t That Just Like a Woman
  16. Caldonia

Disc 10: Key to the Highway (2000-2008)

  1. Ten Long Years – Eric Clapton & B.B. King
  2. Key to the Highway – Eric Clapton & B.B. King
  3. I Got to Leave This Woman
  4. Monday Woman
  5. Don’t Go No Farther
  6. You’re on Top
  7. Back Door Santa
  8. Exactly Like You
  9. Sinner’s Prayer – Ray Charles with B.B. King
  10. Early in the Morning (with Van Morrison)
  11. Rock This House (with Elton John)
  12. You Have a Way
  13. Everybody Loves You
  14. Key to the Highway (Live at B.B. King’s Blues Club)
  15. Midnight Blues
  16. Get These Blues Off Me
  17. See That My Grave is Kept Clean
  18. Waiting for Your Call
  19. Haunted House

Disc 1, Tracks 1-2 from Bullet single 309, 1949
Disc 1, Tracks 3-4 from Bullet single 315, 1949
Disc 1, Track 5 from RPM single 304, 1950
Disc 1, Track 6 from RPM single 318, 1951
Disc 1, Track 7 from RPM single 348, 1952
Disc 1, Track 8 from RPM single 323, 1951
Disc 1, Tracks 9-10 from RPM single 339, 1951
Disc 1, Track 11 from RPM single 363, 1952
Disc 1, Track 12 from RPM single 380, 1953
Disc 1, Track 13 from RPM single 386, 1953
Disc 1, Track 14 from RPM single 395, 1953
Disc 1, Tracks 15 and 18 from RPM single 408, 1954
Disc 1, Tracks 16 and 20 from RPM single 416, 1954
Disc 1, Tracks 17 and 21 from RPM single 421, 1954
Disc 1, Track 19 from RPM single 412, 1954
Disc 1, Track 22 from RPM single 430, 1955
Disc 1, Track 23 from RPM single 435, 1955
Disc 1, Track 24 from RPM single 437, 1955
Disc 1, Track 25 from RPM single 451, 1955
Disc 1, Track 26 and Disc 2, Track 1 from RPM single 468, 1956
Disc 1, Track 27 and Disc 2, Track 2 from RPM single 492, 1957
Disc 2, Track 3 from RPM single 494, 1957
Disc 2, Track 4 from RPM single 479, 1956
Disc 2, Track 5 from Kent single 307, 1958
Disc 2, Track 6 from Kent single 4572, 1972
Disc 2, Track 7 from Kent single 315, 1958
Disc 2, Track 8 from Kent single 327, 1959
Disc 2, Track 9 from B.B. King Sings Spirituals (Crown 5119, 1959)
Disc 2, Track 10 from Kent single 330, 1960
Disc 2, Track 11 from Compositions of Duke Ellington (Crown 5153, 1960)
Disc 2, Track 12 from King of the Blues (Crown 5167, 1960)
Disc 2, Tracks 13-14 from Kent single 333, 1960
Disc 2, Track 15-16 from Kent single 350, 1960
Disc 2, Track 17 from Kent single 351, 1960
Disc 2, Track 18 from Kent single 396, 1964
Disc 2, Track 19 from Kent single 362, 1961
Disc 2, Track 20 from Kent single 393, 1964
Disc 2, Track 21 from Kent single 426, 1965
Disc 2, Track 22 from Kent single 462, 1967
Disc 2, Track 23 from Kent single 4562, 1971
Disc 3, Tracks 1-6 from Mr. Blues (ABC 456, 1963)
Disc 3, Track 7 from ABC-Paramount single 10486, 1963
Disc 3, Tracks 8 and 11 from ABC-Paramount single 10527, 1964
Disc 3, Track 9 from ABC-Paramount single 10576, 1964
Disc 3, Track 12 from ABC-Paramount single 10552, 1964
Disc 3, Tracks 13-14 from ABC-Paramount single 10599, 1964
Disc 3, Track 15 from ABC-Paramount single 10616, 1965
Disc 3, Tracks 16-20 from Live at The Regal (ABC-Paramount 509, 1965)
Disc 3, Track 21 from ABC-Paramount single 10675, 1965
Disc 3, Track 22 from ABC-Paramount single 10724, 1965
Disc 3, Tracks 23-24 from Confessin’ the Blues (ABC 528, 1966)
Disc 3, Track 25 from ABC-Paramount single 10766, 1966
Disc 3, Track 26 from ABC single 10856, 1966
Disc 3, Tracks 27-28 from ABC-Paramount single 10889, 1966
Disc 4, Tracks 1-2 from Blues is King (BluesWay BLS 6001, 1967
Disc 4, Track 3 from BluesWay single 61012, 1967
Disc 4, Track 4 from BluesWay single 61004, 1967
Disc 4, Track 5 from His Best/The Electric B.B. King (BluesWay BLS 6022, 1968)
Disc 4, Tracks 6-9 from Blues on Top of Blues (BluesWay BLS 6011, 1968)
Disc 4, Tracks 10-11 from Lucille (BluesWay BLS 6016, 1968)
Disc 4, Tracks 12-13 from For the Love of Ivy soundtrack (ABC 7, 1968)
Disc 4, Track 14 from BlueWay single 61022, 1969
Disc 4, Tracks 15-18 from Live and Well (BluesWay BLS 6031, 1969)
Disc 5, Tracks 1-4 from Completely Well (BluesWay BLS 6037, 1969)
Disc 5, Tracks 5-9 from Indianola Mississippi Seeds (ABC 713, 1970)
Disc 5, Tracks 10-12 from Live at Cook County Jail (ABC 723, 1971)
Disc 5, Tracks 13-16 from Live in Japan (ABC Japan 841, 1971)
Disc 6, Track 1 from L.A. Midnight (ABC 734, 1971)
Disc 6, Tracks 2-4 from In London (ABC 730, 1971)
Disc 6, Tracks 5-6 from Guess Who (ABC 759, 1972)
Disc 6, Tracks 7-8 from To Know You is to Love You (ABC X794, 1973)
Disc 6, Track 9 from Friends (ABC S825, 1974)
Disc 6, Track 10 from Together for the First Time (ABC-Dunhill DSY-50190, 1974)
Disc 6, Tracks 11-13 from Lucille Talks Back (ABC D898, 1975)
Disc 6, Track 14 from Together Again…Live (ABC-Impulse ASD-9317, 1976)
Disc 6, Tracks 15-17 from King Size (ABC AB-977, 1977)
Disc 7, Tracks 1-3 from Midnight Believer (ABC AA-1061, 1978)
Disc 7, Tracks 4-6 from Take It Home (MCA 3151, 1979)
Disc 7, Tracks 7-8 from Now Appearing at Ole Miss (MCA 2-8016, 1980)
Disc 7, Tracks 9-11 from There Must Be a Better World Somewhere (MCA 5162, 1981)
Disc 7, Track 12 from Love Me Tender (MCA 5307, 1982)
Disc 7, Tracks 13-16 from Blues ‘N Jazz (MCA 27119, 1983)
Disc 8, Tracks 1-2 from Six Silver Strings (MCA 5616, 1985)
Disc 8, Track 3 from Rattle and Hum (Island 91003, 1988)
Disc 8, Tracks 4-6 from King of the Blues 1989 (MCA 42183, 1989)
Disc 8, Track 7 from Live at San Quentin (MCA 6455, 1990)
Disc 8, Track 8 from Air America soundtrack (MCA 6467, 1990)
Disc 8, Track 9 from Live at The Apollo (GRP GRD-9637, 1991)
Disc 8, Tracks 10-13 from There is Always One More Time (MCA 10295, 1991)
Disc 8, Track 14 from Garfield: Am I Cool or What? (GRP GRD-9641, 1991)
Disc 8, Track 15 from “Parisienne Walkways ’93″ CD single (Virgin VSCDT 1456, 1993)
Disc 9, Tracks 1-3 from Blues Summit (MCA 10710, 1993)
Disc 9, Track 4 from Heart to Heart (GRP GRD-9767, 1994)
Disc 9, Track 5 from All Blues (GRP GRD-9800, 1995)
Disc 9, Track 6 from How Blue Can You Get? Classic Live Performances 1964-1994 (MCA 2-11443, 1996)
Disc 9, Tracks 7-8 from Deuces Wild (MCA 11711, 1997)
Disc 9, Tracks 9-12 from Blues on the Bayou (MCA 11879, 1998)
Disc 9, Tracks 13-16 from Let the Good Times Roll: The Music of Louis Jordan (MCA 088 112 042-2, 1999)
Disc 10, Tracks 1-2 from Riding with the King (Reprise 47612, 2000)
Disc 10, Tracks 3-6 from Making Love is Good for You (MCA 088 112 241-2, 1999)
Disc 10, Track 7 from A Christmas Celebration of Hope (MCA 088 112 756-2, 2001)
Disc 10, Track 8 from Reflections (MCA B0000532-02, 2003)
Disc 10, Track 9 from Genius Loves Company (Concord 13431 2248-2, 2004)
Disc 10, Tracks 10-11 from 80 (Geffen B0005263-02, 2005)
Disc 10, Tracks 12-13 from A Touch in Common: One Touch EP (Geffen, 2005)
Disc 10, Track 14 from Live (Geffen B0009770-02, 2006)
Disc 10, Tracks 15-19 from One Kind Favor (Geffen B0011971-02, 2008)

 

Un Musicista Dallo Sri Lanka, Questo Mancava! Bhi Bhiman – Bhiman

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Bhi Bhiman – Bhiman – Boocoo Music 2012

Devo ammettere che un musicista dello Sri Lanka mancava dai miei ascolti, e se Steven Georgiu e Farrokh Bulsara hanno preferito trasformarsi in Cat Stevens e Freddie Mercury, lui è rimasto orgogliosamente Bhi Bhiman, senza assumere nomi d’arte più facili da ricordare. Ma la musica è quella che ti potresti aspettare da un cantautore che viene dalla Bay Area, anche se l’aspetto esteriore è tipicamente asiatico: ricca di spunti, complessa, con arrangiamenti spesso elaborati ma nell’ambito di uno stile decisamente acustico, basato sul picking spesso intricato di Bhiman che è un eccellente chitarrista.

La produzione è affidata a Sam Kassirer che ha lavorato anche con Josh Ritter e ha svolto il suo impegno andando alla ricerca di strumenti  percussivi inconsueti come il cajon e il vibrafono per una musica decisamente folk, ma ha lasciato molto spazio alla chitarra del protagonista che si arricchisce di piano, organo, contrabbasso, anche suonato con l’archetto, come nella criptica The Cookbook, titolo del suo primo album del 2007, dove però per quel perverso gioco degli autori non appariva un brano con quel titolo. San Francisco Chronicle, Washington Post e New York Times, nonché il decano Robert Christgau (uno dei pochi critici musicali americani che scrive ancora cose sagge) gli hanno dedicato spazi entusiastici e meritati, ormai il disco è uscito da parecchi mesi. Cosa altro si potrebbe dire? La voce, per esempio, è uno strumento anche questo, dal timbro acuto, molto evocativa, si spinge a volte fino ad un falsetto quasi alla Tim Buckley o una Nina Simone virata al maschile. Lui stilisticamente dice di ispirarsi anche a Richie Havens, con quello stile chitarristico dalla pennata veemente e quasi percussiva ma è stato inevitabilmente avvicinato a Dylan, Springsteen e Woody Guthrie (per il tema del viaggio, guardate il video), d’altronde parliamo di un uomo con una chitarra acustica, capace di scrivere testi profondi, immersi sia nel sociale come nel raccontare la quotidianità, sulla falsariga dei grandi folksingers.

Ogni tanto affiorano anche elementi etnici, o così mi pare, ad esempio nell’urgenza di un brano come Time Heals dove un vibrafono, così accreditato nelle note del libretto, ma che sembra più una marimba, regala sfumature orientali alla canzone, con la musica che accelera di continuo per poi rallentare in un intenso finale dove la voce di Bhiman incanta l’ascoltatore con le sue evoluzioni e poi accelera di nuovo con delle sonorità che possono ricordare il Cat Stevens che inseriva elementi greci nella sua musica. Nello spazio di un attimo si vira alla perfetta folk song, con tanto di accompagnamento di 12 corde, nella visionaria Crime Of Passion, dove il testo va per la tangente. Non ho ancora citato il brano di apertura, la bellissima Guttersnipe, che è un po’ il suo biglietto da visita, quasi sette minuti di “stream of consciousness”, che musicalmente ricordano il Van Morrison di Astral Weeks (c’è anche un brano che si chiama Ballerina, non quella) o se preferite termini di paragone più recenti, il primo David Gray o il Ray Lamontagne più complesso, ma sempre da Van vengono, se mi passate il calambour, con una base acustica segnata da contrabbasso e percussioni varie che tengono il tempo, mentre piano, organo, vibrafono e chitarre acustiche avvolgono la voce di Bhiman che raggiunge vette interpretative notevoli.

Non tutto brilla sempre di luce propria, ad esempio Take What I’m Given che peraltro è una dolcissima ballata ricorda molto nella costruzione, almeno a me, I Shall Be Released di sapete chi, ma la musica è lì, nell’aria, basta sapere coglierla. Mexican Wine è un breve brano strumentale che illustra la sua destrezza alla chitarra mentre Kimchee Line è una di quelle filastrocche acustiche che lo avvicinano al citato Guthrie e anche questa mi ricorda qualcosa che non sono ancora riuscito ad afferrare, per il gioco delle citazioni, ce l’ho lì sulla punta della lingua, come pure Atlatl, con una voce volutamente mascherata per dargli una patina di “antichità” come un vecchio 78 giri. Eye On You è l’altro tour de force vocale e strumentale di questo album, più di 6 minuti che ci consentono di godere ancora una volta la bella voce di Bhiman che si libra sicura su un tappeto musicale dove il vibrafono (questa volta sì) gli fa da contrappunto. Che dire, questo signore è veramente bravo, potrà sicuramente migliorare (forse), ma già ora merita un ascolto attento.

La ricerca continua.

Bruno Conti 

Ma Un Bel CD Singolo Non Era Meglio? Rolling Stones – GRRR!

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Rolling Stones – GRRR! (best of) – ABKCO/Polydor/Universal 13-11-2012

Probabilmente l’avrete già letto in giro e se non l’avete fatto ve lo dico io, il 13 novembre nell’ambito dei festeggiamenti (anticipati) per i 50 anni degli Stones uscirà questa raccolta, con “ben” due brani nuovi registrati questa estate a Parigi, Gloom And Doom e One Last Shot (titolo profetico?). Ho atteso qualche giorno per vedere quali saranno indicativamente i prezzi e le edizioni disponibili. I prezzi dovrebbero oscillare tra i 20-25 euro della edizione basica con 50 brani per andare abbondantemente oltre i 100 per la versione SupeDeluxe. Queste dovrebbero essere le versioni che usciranno di cui non si sanno ancora le tracklists definitive:

50 Track 3CD album

3CD / 50 tracks in a digipack with 24 page booklet

50 Track 3CD Deluxe Edition

3CD / 50 tracks in a DVD size box with 36 page hardback book and 5 postcards

Super Deluxe Edition Box Set

4CD / 80 tracks plus Bonus CD, 7″ Vinyl, Hardback book, Poster, 5 postcards in a presentation box

12” Vinyl Box Set

5x 12″ Vinyl / 50 tracks in a casebound LP Box

Nel sito ufficiale degli Stones parlano di 5 differenti edizioni ma poi anche loro elencano solo le 4 riportate qui sopra. Mistero.

Però mi domando e chiedo, per 2 canzoni nuove non era meglio un bel CD singolo? Evidentemente no, il Natale si avvicina!

Appena ci saranno ulteriori notizie vi terrò informati.

Per consolarci pare che i Led Zeppelin abbiano deciso di pubblicare, sempre a novembre, il concerto della reunion del 10 Dicembre 2007 alla O2 London Arena, formato 2 CD + 2 DVD. Da confermare!

Bruno Conti

Un Grande Piccolo Trio Da Houston, Texas Di Nuovo In Pista. ZZ Top – La Futura

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ZZ Top – La Futura – American Recordings/Universal  11-09-2012

Se vogliamo aprire brutalmente, non è che gli ultimi album degli ZZ Top siano stati memorabili, e per ultimi intendiamo almeno un trentennio (forse anche qualcosa di più, perché molti non hanno ancora metabolizzato i sintetizzatori di Eliminator e i video su MTV, ma quelli almeno avevano le belle donnine). Gli ultimi album buoni (El Loco,) o anche eccellenti (Deguello), i 30 anni di vita li hanno superati da un bel pezzo e, casualmente, o forse no, sono stati gli ultimi ad avere un titolo in spagnolo, come quasi tutti i loro grandi dischi. Non a caso, anche l’ultimo disco decente del trio, Antenna del 1994, aveva quelle radici linguistiche, se non musicali.

Gli ZZ Top sono sempre stati un gruppo anomalo nel mare magnum del southern rock: un trio di boogie-rock-blues texano che però non aveva tra gli elementi fondanti del proprio sound anche quella quota country che era (ed è) uno degli elementi quasi indispensabili per chi fa musica “sudista”. Però hanno sempre abbondantemente bilanciato con spruzzate corpose di (hard) rock. Cosa ci voleva per far sì che tornassero a fare della buona musica? Questo era il quesito fondamentale. La risposta ovvia era: un buon produttore! Hanno scelto Rick Rubin che è un buon alchemista del suono ma non quel genio della consolle che ci vogliono far credere (chiedere a CSN!) o non sempre (anche se tra barbuti ci si intende). Uno dei grandi problemi di Rubin sono i tempi: questo album è in gestazione da almeno quattro anni, per un totale di dieci brani, fa una canzone ogni cinque mesi. Poi è ovvio che non è così e si dice che il materiale registrato, e scartato, avrebbe potuto riempire 20 CD, ma la percezione esterna è quella. Se poi aggiungiamo che a giugno, in formato digitale, era già stato pubblicato l’EP Texicali, le canzoni nuove da ascoltare rimangono solo sei. Comunque se prendiamo La Futura globalmente come album c’è di che rimanere soddisfatti. Non un capolavoro ma un solido lavoro di quel southern-boogie-hard-rock-blues che ce li ha sempre fatti amare (beh, non proprio sempre!).

Gotsta Get Paid, il brano di apertura, è una sorta di risposta virtuale a Just Got Paid, uno dei loro super classici che si trovava su Rio Grande Mud,e se la voce di Billy Gibbons ti fa venir voglia di prenotargli una visita dall’otorino, le chitarre di Billy, il basso di Dusty Hill e la batteria di Frank Beard martellano i loro ritmi con gusto rinnovato come ai vecchi tempi e senza l’ombra di un synth all’orizzonte, ma una “ispirazione” da un pezzo rap degli anni ’90 trattato alla ZZ Top. Chartreuse, che si pronuncia all’inglese, per fare rima con Blues, proprio quello è, un bel blues vecchio stile, l’unico firmato da tutto il gruppo (e anche in questo caso, partendo da un brano di Gillian Welch) e cantato da Dusty Hill che pompa con rinnovato vigore sul suo basso, come peraltro con i soci non aveva mai cessato di fare dal vivo. E la caratteristica principale di questo album è proprio l’immediatezza, che non lascia intendere i quattro anni che ci sono voluti per realizzarlo. Anche Consumption è un funky-blues di quelli ribaldi, nella loro migliore tradizione. Over You è una lenta ballata vagamente soul, in omaggio a quei grandi della musica nera che li hanno ispirati ad amare questa musica. Billy Gibbons la canta con passione prima di lasciarsi andare ad un assolo ispirato e conciso.

E qui finisce l’EP. L’album continua sulla stessa falsariga con Heartache In Blue dove fa capolino anche una armonica, suonata da James Harman, che conferma l’autenticità degli intenti. I Don’t Wanna Lose, Lose, You è una canzone costruita intorno ad un riff che Gibbons dice viene per metà da Keith Richards e metà da Bo Diddley, il risultato è ZZ Top al 100%. Tra l’altro Over You e I Don’t Wanna Lose sono state scritte da Gibbons in coppia con l’ottimo produttore/batterista Tom Hambridge, quello degli ultimi notevoli lavori di Joe Louis Walker, Thorogood e Buddy Guy e mille altri, ha una lista di collaborazioni tipo pagine gialle del Blues. Flyin’ High ha un altro riff poderoso, da rock-blues classico, un po’ alla Free o Bad Company, ed è il famoso brano che è stato sparato nello spazio insieme all’astronauta della Nasa. It’s Too Easy Manana è il brano scritto da Gillian Welch e David Rawlings con Gibbons e riceve il trattamento alla ZZ Top per diventare uno slow blues “lavorato e atmosferico” di qualità. Anche Big Shiny Nine è un brano di cui dici subito dalla prima nota, ZZ Top! Have A Litte Mercy nelle loro intenzioni originali avrebbe dovuto essere un brano alla BB King. Sì, ma come l’avrebbe suonato se fosse stato bianco e nato in Texas. Perché questo è, come tutto il disco: un grande piccolo trio di texani che suona il Blues visto dal profondo Sud. E questa volta ritornano a farlo bene!

Bruno Conti

Lo “Strano Caso” Di Willy DeVille Live In Berlin

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Willy DeVille – Live At The Metropol – Berlin – Meyer Records CD o doppio LP

Willy DeVille – Still Alive – 3 DVD – Meyer Records

Spesso si racconta per immagini meglio che con le parole, comunque cerchiamo di fare chiarezza!

Tutti i dischi e i DVD che vedete schierati qui sopra raccontano la storia di quello che accadde in quel Berlino nel 2002, quindi dieci anni fa. E ad agosto, il 6 per la precisione, giorno in cui sono stati pubblicati i due prodotti della Meyer, era il terzo anniversario della morte di Willy DeVille.

Per ricordare l’avvenimento la piccola etichetta tedesca (che è la stessa che ha pubblicato gli ultimi dischi di Eric Andersen) ha deciso di pubblicare un CD e un triplo DVD. Ma lo scorso anno aveva già fatto uscire un CD Unplugged In Berlin che era una parziale riproposizione del famoso dischetto doppio Acoustic Trio Live In Berlin che però nella seconda parte aveva anche una parte di un set elettrico registrato secondo quello che riportava il retro del CD al Metropole di Stoccolma il 24 giugno del 2002, mentre il resto del disco dal vivo era registrato alla Columbia Hall di Berlino il 21 marzo.

Ora però da queste nuove pubblicazioni della Meyer si desume che la data del 24 giugno si svolse al Metropol (senza e finale) di Berlino e non a Stoccolma.

E quel concerto è registrato nel CD Live At Metropol Berlin (18 brani) oppure nel doppio vinile (20 brani), ma è anche il contenuto, nella sua interezza, del secondo disco del triplo DVD Still Alive, che contiene nel primo dischetto il video della performance alla Columbia Hall di marzo. Per complicare le cose entrambi i concerti erano già usciti nel doppio DVD (che vedete sempre qua sopra) The Legendary Berlin Concerts.

Ma il nuovo triplo ha un ulteriore DVD con il seguente contenuto:

 

  1. 1 Specials:Beautiful losers pt 1
  2. 2 Beautiful losers:Outtakes
  3. 3 Soundcheck in Kiel, Germany
  4. 4 Va banque (Film Clip)
  5. 5 Jack Nitzsche Interview
  6. 6 Unplugged in Berlin:Outtakes

Di cui la prima parte contiene anche una lunga intervista con Willy DeVille che racconta la storia della sua vita. Il contenuto degli altri due DVD è il seguente. Disco 1:

  1. 1 Unplugged Berlin:Betty & Dupree
  2. 2 It´s too late she´s gone
  3. 3 Spanish Harlem
  4. 4 Trouble in mind
  5. 5 Storybook love
  6. 6 Big blue diamond
  7. 7 Shake sugaree
  8. 8 Let it be me
  9. 9 Broken heart
  10. 10 Hound dog
  11. 11 Junker´s blues
  12. 12 You better move on
  13. 13 Since I met you baby
  14. 14 Blue so blue
  15. 15 Keep a knockin/Sea cruise
  16. 16 Shake rattle and roll
  17. 17 Heaven stood still

E Disco 2:

  1. 1 Live at Metropol:Loup garou
  2. 2 One night of sin
  3. 3 Broken heart
  4. 4 Running through the jungle
  5. 5 Bamboo road
  6. 6 Lay me down easy
  7. 7 Carmelita
  8. 8 Steady drivin man
  9. 9 Across the borderline
  10. 10 18 hammers
  11. 11 Cadillac walk
  12. 12 Can´t do without it
  13. 13 Bad boy
  14. 14 Who´s gonna shoe your pretty little foot
  15. 15 Heart and soul
  16. 16 Geoin over the hill
  17. 17 Just your friends
  18. 18 Spanish stroll
  19. 19 All by myself
  20. 20 Hey Joe

Se siete fans di DeVille motivi di interessi ce ne sono, però “It’s the same old story”. Io vi ho informato, fate vobis!

Bruno Conti

Un Altro Grande Disco. Ma Come Fa? Bob Dylan – Tempest

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*NDB Un breve cappello alla recensione. Visto che glielo avevo promesso (e un po’ mi dispiace), qui sotto state per leggere la recensione in anteprima del nuovo Dylan di Marco Verdi. Volevo solo dire che sono completamente d’accordo e scusarmi per l’eventuale scetticismo che era trapelato nelle brevi anticipazioni del disco apparse sinora sul Blog. E’ veramente bello, 71 anni e 50 di carriera e non sentirli: la parola a Marco.

Bob Dylan – Tempest – Columbia/Sony CD -11-09-2012

Tra le varie speculazioni che hanno preceduto la pubblicazione di Tempest, album di studio numero 35 di Bob Dylan, c’era quella che, dato che aveva lo stesso titolo dell’ultima opera di William Shakespeare, avrebbe potuto essere il suo ultimo album (ma Bob stesso ha tenuto a precisare che l’opera del grande commediografo inglese aveva l’articolo “The” davanti).

Io sinceramente spero che l’ipotesi sia priva di ogni fondamento, in quanto non posso pensare che il personaggio più importante di tutti i tempi in ambito musicale (sfido chiunque a dimostrare il contrario) possa appendere la chitarra al chiodo (anzi la penna, visto che di smettere di esibirsi dal vivo proprio non se ne parla), e soprattutto dopo aver ascoltato in anteprima la sua ultima fatica, che non esito a definire una delle più riuscite di tutta la carriera (allineandomi quindi ai commenti entusiastici apparsi sulle riviste straniere, Mojo e Uncut su tutte, ma anche sui quotidiani italiani).

Dylan ha avuto negli ultimi quindici anni (più o meno dalla pubblicazione di Time Out Of Mind) un aumento di popolarità incredibile, e con scarse possibilità di spiegazioni razionali: Love And Theft, del 2001, è stato uno dei suoi lavori più apprezzati, e gli ultimi due (Modern Times e Together Through Life) sono stati per diverso tempo al numero uno di Billboard, non accadeva da Desire del 1976, vendendo davvero tantissimo.

Tempest è destinato ad eguagliare i suoi predecessori, ma il mio sentore dice che andrà anche meglio (è già in testa alle classifiche solo con le prenotazioni), per la semplice ragione che è un disco semplicemente straordinario, con un Dylan in stato di grazia, sia dal punto di vista dell’ispirazione (cosa che per esempio ogni tanto in Modern Times deficitava), ma anche, e qui sta la sorpresa, dal punto di vista vocale. Infatti Bob negli ultimi anni, soprattutto dal vivo ma talvolta anche in studio, ci aveva purtroppo abituato a prestazioni sotto la sufficienza, a volte persino svogliate, mentre qui è tutta un’altra storia. Una grande voce non l’ha mai avuta, ma affascinante e particolare questo sì (ho sempre sostenuto, per esempio, che Blind Willie McTell così bene la poteva cantare solo lui), ma negli ultimi anni, complice anche l’usura dovuta al neverending tour, sembrava compromessa per sempre: già in Together Through Life si notava una certa inversione di tendenza, ma qui ci troviamo di fronte ad un Dylan particolarmente convinto, intonato, grintoso e sempre “sul pezzo”, che mette quindi la classica ciliegina su una torta già di per sé particolarmente riuscita. Il disco lo produce sempre lui (ed anche qui è in netto miglioramento, anche se da questo punto di vista non tutto è perfetto), con il consueto nickname Jack Frost, accompagnato dalla sua touring band con ospite David Hidalgo e forse qualcun altro (devo aspettare il CD fisico per saperlo).

L’album si apre con Duquesne Whistle, primo singolo e brano che già da tempo gira su internet (complice anche un videoclip che è stato criticato per la sua violenza ma che io trovo divertente), uno spumeggiante brano d’altri tempi, allegro e swingante, con Bob che canta con gusto e la band che lo segue precisa come un passaggio di Pirlo. Soon After Midnight è una languida ballata in stile anni ’50, con Dylan che assume toni quasi da crooner, e comincia anche a stupire dal punto di vista dell’intonazione (sentitelo nel bridge, i primi brividi del disco).

Narrow Way è il primo brano che supera i sette minuti, un rock blues solido e diretto, del tipo che il nostro scrive mentre si fa la barba, anche se nel suono si respira un certo feeling alla Blonde On Blonde che non sentivo da tempo nei suoi dischi. E’ comunque il brano più “normale” (nel senso che normale per Dylan vuol dire comunque bello) e forse dura due/tre minuti di troppo.

La breve Long And Wasted Years è una ballata notturna piena di pathos, con un bel riff di fondo e Dylan che più che cantare parla, anche se come parla lui non parla nessuno. Alle prime note non mi piaceva molto, mentre alla fine mi sono dispiaciuto per la sua brevità.

Pay In Blood è invece un brano straordinario (e come vedremo non è l’unico), uno di quelli per cui Bob va giustamente famoso: la band fornisce un convinto accompagnamento quasi soul, mentre Dylan canta con una passione ed una grinta impensabili. Grandissimo brano, e poi la frase “I’ll pay in blood, but not my own” è destinata ad entrare nel novero delle sue sentenze più leggendarie.

Con Scarlet Town continua lo sballo: una splendida ballata, tra roots e Messico, con un banjo di sottofondo ed uno splendido violino che fa molto Desire, un brano dalla strepitosa atmosfera, e Bob che canta sempre meglio con la sua inimitabile voce “di sabbia e ghisa” (per citare la bellissima definizione che ne ha dato David Bowie nella sua Song For Bob Dylan).

Sette minuti sembrano pure pochi.

Early Roman Kings è invece uno di quei classici blues che spesso Bob mette nei suoi dischi, ricalcandoli pari pari da classici del genere: questa volta siamo dalle parti di I’m A Man/Mannish Boy di Muddy Waters, ma se pensate che sia una canzone ripetitiva ascoltate i botta e risposta chitarra-organo-fisarmonica ed il cantato grintoso e vi ricrederete. Tin Angel è un lungo racconto (nove minuti) sotto forma di canzone, musicalmente non molto immediata ed un po’ dark, ma con un Dylan estremamente rigoroso nel canto (ripeto, in questo disco la prestazione vocale di Bob è uno spettacolo nello spettacolo, almeno rispetto agli standard a cui ci aveva abituato di recente).

Ed ecco la title track, la tanto attesa canzone sul Titanic, e devo dire che le lodi erano sbagliate…ma per difetto!!! Siamo infatti di fronte ad un capolavoro assoluto, una ballata folk strepitosa con un irresistibile sapore irish e con Dylan che canta come non faceva da trent’anni, un brano lungo quasi quattordici minuti ma che vorrei ne durasse almeno trenta. Per me, canzone dell’anno, e anche degli ultimi due/tre anni.

Dopo un brano così era dura non far calare la tensione, ma Dylan ci riesce: Roll On John è una bellissima e toccante ballad dedicata all’amico John Lennon, cantata con il cuore in mano (e quindi con i polsini sporchi di sangue, direbbe Bergonzoni), una melodia di prim’ordine ed un arrangiamento molto caldo e soulful. Bello il testo, che cita qua e là parti di canzoni di Lennon (“I read the news today, oh boy” “Come together right now over me” ecc.).

*NDB Almeno il titolo, come spesso accade per Dylan non è nuovo, anche se allora Lennon manco lo conosceva.

E con quest’altra splendida canzone il disco è (purtroppo) finito, ma personalmente so che mi accompagnerà spesso nelle prossime lunghe serate autunnali.

A tutti voi non resta che pazientare ancora qualche giorno, vedrete che ne varrà la pena.

Lunga vita a Bob Dylan!

Marco Verdi

P.S: spero vivamente che nel libretto del CD saranno pubblicati i testi, ma, conoscendo le abitudini del buon Bob, non sarà così.

Ritorno Alle Origini Di Una “Rockeuse”. Melissa Etheridge – 4th Street Feeling

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Melissa Etheridge – 4th Street Feeling – Island Records 2012 – Deluxe Edition

Stimo molto Melissa Etheridge, bionda rockeuse del Midwest originaria di Leavenworth nel Kansas, una delle cantautrici più ruspanti ed autentiche prodotte dal rock a stelle e strisce negli ultimi 25 anni, cresciuta nella venerazione di Springsteen e Dylan. Diplomata al Berklee College of Music di Boston, si trasferisce in seguito a Los Angeles, dove si esibisce nei club della città, e qui dimostra di avere un buon talento musicale, una vena compositiva sensibile, e una voce roca e potente. Se ne accorge Chris Blackwell, boss della Island, che la scrittura, e nell’estate del 1987 a Londra la sua esibizione per il venticinquesimo della etichetta ottiene i risultati sperati che la portano ad esordire l’anno successivo con l’album omonimoMelissa Etheridge (88), tra i migliori prodotti dalla folta schiera di donne rock della seconda metà degli anni ’80. Da sempre bersagliata da molte critiche per l’impegno per i diritti dei gay, e per il desiderio, suo e della compagna, la registra Julie Cypher, di avere due figlie attraverso la donazione di sperma da parte di David Crosby, Melissa col tempo ha saputo comunque conquistarsi i favori del pubblico americano con pregevoli album (specialmente quelli del primo periodo), a partire da Brave and Crazy (89), Never Enough (92), Yes I Am (93), Your Little Secret (95), e poi nell’ultimo decennio, pur se di qualità in deciso calo, sono da segnalare Skin (2001), Lucky (2004) e The Awakening (2008).

4th Street Feeling (il dodicesimo disco della carriera) è stato registrato negli HOB Studios di Los Angeles con i produttori Jacquire King (Norah Jones, Kings Of Leon e recentemente Of Monsters And Men) e Steve Booker (Duffy, Dionne Bromfield), solo in un paio di brani, e con i suoi abituali compagni di viaggio, Blair Sinta alla batteria, Brett Simon al basso e Zac Rae alle tastiere, mentre la stessa Etheridge si è occupata di tutte le chitarre per la prima volta, creando un “sound” che spazia dalle atmosfere country-rock di Kansas City, scritta da Melissa pensando alle canzoni di Tammy Wynette e Loretta Lynn (due icone della Country Music), passando al funky soul blues di Be Real, il rock sensuale di Rock And Roll Me, e le atmosfere blues di The Shadow Of A Black Crow, oltre alla immancabile ballata I Can Wait in puro stile Etheridge, nonché il divertente singolo Falling Up. Contrariamente alla tendenza abituale di questo formato, le bonus tracks della Deluxe Edition in questo caso sono un valore aggiunto, in quanto brani come You Will e The Beating Of Your Heart sono le classiche ballate urbane dei suoi tempi migliori, mentre Change The World è “rockeggiante”, con ritmo serrato, chitarre taglienti, voce roca e sofferta, un piccolo classico.

Oggi la Etheridge, otto anni dopo la partita più complessa della sua vita (una malattia che l’ha colpita nel mezzo di un tour e che fortunatamente si è poi risolta in modo positivo, come vedete nel video sopra), dimostra di possedere una vena nuovamente ispirata, e le canzoni (sebbene il suo rock sia convenzionale e poco innovativo), hanno una forza comunicativa che la rendono figlia di Rod Stewart (per la voce) e sorella di John “Cougar” Mellencamp (per il rock ruspante). Consigliato a tutti gli amanti del genere, e di quelle cantanti che sanno dare delle emozioni sanguigne.

Tino Montanari

Un Disco “Minore E Perduto” Di Uno Dei Grandi Della Chitarra! Peter Green Splinter Group – Blues Don’t Change

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Peter Green Splinter Group –  Blues Don’t Change – Eagle Rock/Edel

Se vi capita di scorrere le classifiche sui 100 più grandi chitarristi rock di tutti i tempi che, periodicamente, sia Rolling Stone che Guitar Player pubblicano, Peter Green è sempre presente, addirittura in quella pubblicata da Mojo nel 1996 era al terzo posto. Nell’ultima di Rolling Stone del 2011 era comunque ancora ad un rispettabile 58° posto. Ovviamente (e giustamente) al 1° posto c’è sempre Jimi Hendrix e così sarà, presumo e spero, per l’eternità, anche se leggendo i commenti di lettori e fans (pirla) qualcuno si lamenta sempre. Forse perché nelle classifiche non appaiono Madonna o il chitarrista, se esiste, degli One Direction? Tornando a bomba, chi vi scrive ha sempre considerato Green uno dei grandissimi dello strumento e per il periodo 1967-1970 sarei propenso ad essere d’accordo con la rivista Mojo.

Ma come me la pensavano anche Gary Moore, BB King, Jimmy Page e Eric Clapton (suo predecessore nei Bluesbreakers di Mayall) che ne hanno sempre lodato il tono vellutato e dolce con quel magico vibrato. Tra i suoi fan ci sono anche Joe Perry, Steve Hackett e Andy Powell dei Wishbone Ash. Per proprietà transitiva, attraverso le storie di Page, anche Rich Robinson dei Black Crowes lo considera tra i grandi chitarristi. E, casualmente, mentre facevo delle ricerche per la recensione di Alvin Lee, mi sono imbattuto in una intervista dove anche Lee esprimeva la sua incondizionata ammirazione dicendo che Green era uno dei pochi chitarristi che quando faceva un assolo addirittura abbassava il volume della chitarra. E che dire di Santana che ha costruito parte dell’inizio della sua carriera su Black Magic Woman? Se vi capita di mettere le mani sul triplo CD Live At Boston Tea Party dei Fleetwood Mac, registrato nel febbraio del 1970, non lasciatevelo sfuggire perché in quel breve periodo Peter Green a livello creativo, secondo me, era addirittura superiore a Hendrix, poi omaggiato nell’orgia wah-wah di The End Of The Game dello stesso anno. Purtroppo quella fase della sua carriera, per le noti vicissitudini legate alla sua salute mentale, ha avuto un brusco stop e non si è mai ripetuta.

Ci sono stati vari tentativi di “ritorni”, un primo tra il 1979 e il 1984, ed un secondo, più riuscito, tra il 1997 e il 2003, con lo Splinter Group. Qui, coadiuvato da Nigel Watson, anche lui alla chitarra e seconda voce e agli inizi con Cozy Powell alla batteria, Green ha vissuto una fase della sua carriera dedicata al Blues primo amore: la chitarra raramente rilasciava “soli” degni della sua reputazione, la voce ormai era quello di un “vecchio” bluesman, un po’ spenta ma vissuta come quella dei musicisti neri da lui tanto ammirati. Questo Blues Don’t Change fa parte di quel periodo, pubblicato in origine nel 2001, veniva venduto solo sul suo sito e ai concerti (ma ha circolato), ora la Eagle Rock lo rende disponibile regolarmente ad un prezzo speciale.

Non è un disco da emozioni forti ma si lascia ascoltare in modo piacevole, sono quasi tutti classici del blues: da una ripresa del suo cavallo di battaglia, I Believe My Time Ain’t Long, un brano di Elmore James che era stato il primo singolo dei Fletwood Mac nel 1967, passando per Take Out Some Insurance dove Green si cimenta anche all’armonica, e ancora Honey Bee con una bella slide acustica, una energica Litte Red Rooster cantata da Watson.

Ogni tanto la voce si spezza e si riprende, come all’inizio di Don’t Start Me Talking. In Nobody Knows You When You’re Down And Out, cantata da Watson ma che potrebbe essere una sorta di metafora sulla vita di Peter Green, c’è un ottimo lavoro delle tastiere di Roger Cotton e in Help Me Through The Day la solista di Green si libra liricamente in ricordo dei vecchi tempi. Notevole anche una acustica e intensa Crawling King Snake. Per chi ama il blues e soprattutto quello che molti (a partire dal suo bassista John McVie) considerano il più grande chitarrista blues bianco, ovvero Peter Green, un disco non memorabile ma onesto e un po’ malinconico ricordando quello che fu!

Bruno Conti       

E Alla Fine Ne Rimase Uno! Lynyrd Skynyrd – Last Of A Dyin’ Breed

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Lynyrd Skynyrd – Last Of A Dyin’ Breed – Roadrunner/Warner

Anche per i Lynyrd Skynyrd siamo ormai intorno ai fatidici 40 anni di carriera, (Pronounced ‘Lén-‘nèrd ‘Skin-‘nérd usciva nell’agosto del 1973) e tra dure prove e tribolazioni varie, il gruppo continua la sua vita, ma come dice il titolo del nuovo disco Last Of A Dyin’ Breed,” L’ultimo di una razza in via di estinzione”, si potrebbe tradurre anche con “E alla fine ne rimase uno!”. Eh sì, perché ormai della formazione originale è rimasto solo Gary Rossington: sulla carta, e nei concerti dal vivo, dove sono ancora assolutamente da non perdere, un gruppo che comprende Johnny Van Zant, che però rimarrà sempre il fratello di…, Rickey Medlocke l’ex leader dei Blackfooot (ma era anche nella primissima formazione dei Lynyrd), ora anche Johnny Colt, ex bassista dei Black Crowes e due onesti comprimari come Michael Cartellone alla batteria e Peter Keys alle tastiere, un nome, o meglio un cognome, un destino, è certamente una band di tutto rispetto, ma sulla carta.

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Nei dischi ormai il southern rock è un ricordo lontano, il country e il boogie che erano due degli elementi portanti del genere sono stati sostituiti da un hard rock di mestiere (per l’amor di Dio, buono) e dal letale AOR (Adult Oriented Rock) che gli americani hanno sempre amato. Poco blues, rare ballate, però probabilmente hanno ragione loro, visto che questo disco ha esordito nelle classifiche americane al 14° posto, che è la posizione più alta dai tempi di Street Survivors, anche se i quantitativi di vendita odierni sono un pallido ricordo di quelli dei tempi che furono. Eppure ogni tanto la vecchia classe riaffiora e il prodotto in sé non è malvagio in toto, sempre se dimentichiamo chi erano e li consideriamo un altro gruppo. Ma l’iniziale Last Of A Dyin’ Breed, con la slide insinuante di Rossington, un bel groove boogie della band, un cantato convinto e potente di Van Zant, l’arrangiamento arricchito da delle tastiere non tamarre, una spruzzatina di fiati, mi avevano illuso che questa volta forse si potesse tornare, sia pure in parte, ai fasti del passato, ma se non c’era riuscita la formazione degli anni ’80 e ’90, che aveva molti dei musicisti originali, a parte forse nel robusto unplugged Endangered Species, era quasi inevitabile che anche questa volta ci saremmo cuccati dell’onesto hard rock melodico. Fanno eccezione un paio di ballate, Ready To Fly, che però dopo l’intro pianistica alla Freebird si perde in un mare di tastiere e chitarre poco incisive, Something To Live For che ha degli sprazzi dell’antico splendore, il duetto a tempo di boogie tra Van Zant e Medlocke nell’energica Mississippi Blood introdotta da un dobro che ricorre nel brano. Dobro e slide che ritornano insieme anche nella conclusiva Start Livin’ Life Again che ha nella sua costruzione sonora quegli elementi country e southern tipici del genere.

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Ma Nothing Comes Easy, con l’aggiunta dell’ex chitarrista di Marylin Manson, John 5 (ed è tutto dire) e Homegrown, che sembra un pezzo dei Nickelback o del peggior Bon Jovi, per chi scrive sono insopportabili, anche se sicuramente avranno dei fans negli amanti del genere. L’edizione Deluxe ha quattro brani aggiunti: una Poor Man’s Dream appena sufficiente, sempre per il lavoro delle soliste che spesso salva la giornata, Do It Up Right un altro brano con uso di slide e un cantato onesto di Van Zant con Dale Krantz-Rossington e socie che cantano di gusto in ricordo dei vecchi tempi. Sad Song è una hard ballad non disprezzabile e Low Down Dirty è duretta ma non orrida anche se gli arrangiamenti sono pessimi, hard rock di maniera. La sufficienza stiracchiata per meriti raggiunti e qualche buona canzone, ma non è sicuramente indispensabile da avere. Diffidate di recensioni trionfalistiche!

Bruno Conti