“Uno Strano Disco Di Blues?” David Maxwell – Blues In Other Colors

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David Maxwell – Blues In Other Colors –  Blue Duchess/Shining Stone

La tradizione di dischi che fondono musica occidentale ed orientale, rock e musica modale, blues e musica Indiana o Africana, è abbastanza consolidata. Mi viene da pensare soprattutto a Ry Cooder che di questi “melting pot” è sempre stato un po’ specialista: che siano state le collaborazioni con Ali Farka Touré o quelle con V.M. Bhatt per la Water Lily Acoustics, il buon Ryland è sempre stato all’avanguardia di questi incroci musicali. Appunto l’etichetta Water Lily, negli anni ’90, aveva pubblicato una serie di dischi che testimoniavano dei vari incontri del musicista indiano con colleghi occidentali, di volta in volta, oltre a Cooder, Jerry Douglas & Edgar Meyer, Taj Mahal, Bela Fleck e altri meno noti. Vishwa Mohan Bhatt è famoso anche per essere l’inventore del Mohan Veena, una sorta di incrocio tra chitarra e sitar che viene suonato anche da musicisti occidentali tra cui il bassista dei Counting Crows, Matt Malley e soprattutto Harry Manx, un inglese nativo dell’isola di Man, ma che vive da tempo in Canada e che ha passato cinque anni in India ad approfondire lo studio dello strumento con il suo inventore V.M. Bhatt.

E qui arriviamo a questo disco di David Maxwell, che è un famoso pianista e tastierista blues-soul-jazz che nel corso degli anni ha suonato con gente come Freddie King, Otis Rush, Buddy Guy, Bonnie Raitt, Lowell Fulsom, Junior Wells e anche con John Lee Hooker e Muddy Waters (ma ce ne sono una valanga di altri, ha suonato anche con Cotton, Robillard, Ronnie Earl, Kim Wilson, voi li pensate, lui ci ha suonato). Ha vinto anche degli importanti riconoscimenti nei circuiti Blues per la sua collaborazione con Louisana Red del 2009, You Got To Move e per un disco particolare, Conversations In Blue, dove ha registrato le sue parti di piano su nastri di materiale già esistente inciso da Otis Spann, con ottimi risultati. Ma Maxwell, nei suoi giri per il mondo ha sviluppato anche una passione particolare per la musica etnica e qui arriviamo a questo Blues In Other Colors, che nasce proprio dalla sua frequentazione con Harry Manx e da lì il progetto si è allargato fino a comprendere musicisti che fondono vari generi, non solo Blues e musica indiana, attraverso il piano di Maxwell e la chitarra e il Mohan Vina (per dirla all’occidentale) di Manx, ma anche musica dal Marocco, attraverso l’oud e il raita di Boujmaa Razgui, dalla Turchia, con il ney di Fred Stubbs. E ancora, percussioni indiane ed africane suonate da Jerry Leake, il tutto mescolato a sonorità blues, jazz e rock con gente come Troy Gonyea (membro della blues band di Maxwell) che suona una minacciosa e gagliarda slide elettrica in un brano come Cryin’ The Blues e nella conclusiva Just The Blues si adopera all’acustica, ma questi due brani sono duetti diciamo più “tradizionali” con il piano dello stesso Maxwell.

E’ in brani come l’iniziale Movin’ On, dove è schierata l’intera formazione dei partecipanti, che l’interazione tra il piano fluido e bluesato del titolare si mescola alla percussioni di Leake, al Mohan di Manx che suona come una slide “sofferente” e al contrabbasso di Marty Ballou, un musicista che viene dal jazz, per creare una fusione di suoni che senza essere innovativa in modo sconvolgente è più piacevole e fruibile di quanto ci si possa aspettare. In Blue Dream l’incrocio si fa più complesso, con l’uso del Wurlitzer elettrico di Maxwell, che dona una patina jazzata al tutto (e anche qui erano cose che si erano già sentite dai tempi degli Oregon), ma le sonorità da sitar del vina, una batteria aggiunta e le mille percussioni astruse di Leake sono comunque fascinose. In Interlude A è il momento dell’oud di Razgui di duettare con il piano, mentre in Big Sky, cascate di mohan vina si insinuano su un tappeto jazz-blues con una ritmica completa e le percussioni di Leake. L’ Interlude B è l’occasione per sentire brevemente oud e raita marocchino mentre Harry’s Raga tiene fede al proprio titolo con il mohan vina che ricorda moltissimo un sitar mentre il Turkish Ney (che è una sorta di flautino, in mancanza di migliore definizione) di Stubbs dà un’aria vagamente celtica alle procedure. Rollin’ On con il suo basso elettrico, la batteria e il pianino scatenato di Maxwell impegnati a duettare con la chitarra di Manx, per una volta è un blues tradizionale quasi barrelhouse. In definitiva non aspettatevi sconvolgimenti particolari ma questo “Blues in altri colori” si ascolta con piacere e allo stesso tempo è interessante per le contaminazioni tra i vari tipi di musica, senza essere un capolavoro. Vogliamo definirlo “uno strano disco di Blues”?  

Bruno Conti

“Uno Strano Disco Di Blues?” David Maxwell – Blues In Other Colorsultima modifica: 2012-11-15T11:17:41+01:00da bruno_conti
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