Quasi Meglio Di Emmylou! Matraca Berg – Love’s Truck Stop

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Matraca Berg – Love’s Truck Stop – Proper Records

Anzi direi di più! Quasi meglio della “miglior” Emmylou (Harris). Matraca Berg è una bella signora di quasi 49 anni (a febbraio, lo so non si dovrebbe dire), portati benissimo, cantante e autrice country, una delle migliori della scena di Nashville, dove vive felicemente con il marito Jeff Hanna, uno dei membri fondatori della Nitty Gritty Dirt Band. E questo è importante sottolinearlo, perché se la nostra amica Matraca è diventata celebre (negli States) soprattutto come autrice per cantanti di country diciamo tradizionale, commerciale anche, come Randy Travis, Michelle Wright, Deanna Carter, Trisha Yearwood, come cantante e autrice il suo stile si avvicina molto a quello della citata Emmylou, ma anche di Mary Chapin Carpenter, Nanci Griffith, Iris DeMent, insomma quelle brave. Non per nulla le hanno fatto fare solo cinque album, di cui due antologie, negli anni ’90 (peraltro tutti molto belli, nel genere) e poi è scomparsa dalle scene, fino allo scorso anno quando è stata ripescata dalla Dualtone per un disco, The Dreaming Fields, tra i migliori nel cantautorato country di qualità. Quello di quest’anno, Love’s Truck Stop, è anche meglio, ai livelli di quegli album country “speciali” che Emmylou Harris pubblicava a getto continuo negli anni ’70 e ’80 – poi non è che abbia iniziato a fare dischi brutti, ha solo spostato il suo raggio di azione verso uno stile più raffinato ma meno immediato, ma vi annuncio che a fine febbraio uscirà il suo album in coppia con Rodney Crowell per la Nonesuch che probabilmente la riporterà alle vecchie sonorità della Hot Band – tornando a Matraca Berg, si diceva che questo CD è notevole, e infatti la rivista inglese Maverick, specialista nel genere folk, country, rooos le ha assegnato addirittura cinque stellette, forse esagerando, nella sua recensione pubblicata ad ottobre.

Perché in effetti l’album, come avevo annunciato nella rubrica delle novità, è uscito già da un paio di mesi, ma visto che in questi giorni, tra una montagna di dischi in arretrato, mi è capitato di risentirlo e ne ho vieppiù apprezzato le qualità, ho deciso di approfondire la questione.

Questo Love’s Truck Stop riprende il filo del discorso interrotto nel 1997 dopo Sunday Morning To Saturady Night e riallacciato lo scorso anno con il già citato e ottimo The Dreaming Fields. Sono piccole storie e tragedie della vita di tutti i giorni, spesso presentate come metafore, con le protagoniste che di volta in volta si chiamano Mary o Magadalene, con un suono volutamente scarno e intimo, ma con tutti gli elementi della migliore country music: lap steel, violino, banjo, chitarra, armonica, il piano, suonato da lei stessa, e tante voci, ce ne sono ben dieci, utilizzate per delle armonie vocali da sogno. Senza dimenticare la voce della protagonista, Matraca Berg, che non ha nulla da invidiare appunto alla migliore Emmylou, la voce perfetta per il genere, capace di molte sfumature, melodica e ben strutturata, partecipe e variegata: quando si incontra proprio con Emmylou per una stupenda Magdalene, la storia di una giovanissima prostituta da strada, l’intreccio delle due voci dà i brividi ed è difficile districarle e distinguerle, con il tessuto sonoro del brano, solo acustica e una lontana lap steel, perfetto per il brano.

Ma tutto il disco è di alta qualità: dall’iniziale Love’s Truck Stop, cantata con il supporto di Pat McLaughlin, la weeping lap steel di Jason Goforth e la baritone guitar di Jeff Hanna, un esercizio perfetto su come deve essere suonata una grande country song, firmata in questo caso con Holly Gleason. Tutti i brani sono firmati con altri autori e questo contribuisce alla varietà dei temi. Her Name Is Mary, di nuovo con la Gleason, si avvale delle armonie vocali di Kim Carnes, ed è un altro bozzetto della America meno glamour, la storia di una giovane cameriera di 20 anni che vive la sua difficile storia in una America minore ed in difficoltà, cantata con grande partecipazione ed umanità, come nella grande tradizione della migliore canzone popolare americana.

Black Ribbons, scritta e cantata con due delle migliori rappresentanti delle ultime generazioni della musica country americana, Gretchen Peters e Suzy Bogguss, è un’altra malinconica cavalcata negli stilemi del genere. Anche in Foolish Flower prevalgono i tempi lenti, con un’armonica, suonata dalla stessa Matraca, ad unirsi al suono di chitarre, banjo e al violino di David Henry che è anche il produttore dell’album, il brano è scritto da Angaleena Presley e le armonie vocali sono a cura di Ashley Monroe e Jessi Alexander, altre rappresentanti del nuovo country. In quasi tutto il disco, come nell’ultimo della Chapin Carpenter, le atmosfere sono lente e malinconiche, con il cello spesso in evidenza, come in We’re Already Gone, dove appare come autrice e seconda voce, Angel Snow, altra cantautrice emergente della scena roots americana (appuntatevi tutti questi nomi, se già non le conoscete, perché vale la pena di approfondire): inutile dire che lo stile oscilla sempre tra Emmylou, Nancy Griffith, la Chapin Carpenter, volete aggiungere qualche spruzzata delle sorelle Lynn e Moorer? Fatelo.

I Buried Your Love, con cello, steel e il piano della Berg che virano verso atmosfere quasi bluesate, ma sempre molto raccolte. Detto di Magdalene anche My Heart Will Never Break This Way Again, già dal titolo non suggerisce variazioni sui temi non positivi, ma realistici, dell’amore e della vita ai giorni nostri, soprattutto visti dal punto di vista delle donne, stando alla brava Matraca c’è poco da stare allegri, perfino la natura è triste come riportato nella bellissima Sad Magnolia, dove un banjo, la solita steel, di nuovo l’armonica e le armonie vocali di Jeff Hanna ci riportano ai fasti della vecchia Nitty Gritty. Molto bella anche Waiting On A Slow Train, scritta con Phil Madeira, recente collaboratore di Emmylou Harris, e se la seconda voce non è quella della stessa Berg, raddoppiata, potrebbe essere di nuovo quella della Harris, tanto si somigliano. Conclude la ballata pianistica Fistful Of Roses che avrebbe fatto la sua bella figura anche nell’ultimo album di Iris DeMent. Disco di genere, ma assolutamente meritevole, per appassionati del buon country, ma non solo.

Visto che siamo alla fine, Happy New Year, anche se il mondo è finito il 21 dicembre, ma non ce ne siamo accorti, per cui eventualmente ci vediamo l’anno prossimo.

Bruno Conti

Un Cantastorie “Nativo Americano”. Grant-Lee Phillips – Walking In The Green Corn

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Grant-Lee Phillips – Walking In The Green Corn – Magnetic Field Records 2012

Mi è difficile parlare di Grant Lee Phillips senza parlare dei Grant Lee Buffalo (e ancor prima dei Shiva Burlesque, misconosciuta band degli anni ’80), gruppo che segnò gli anni ’90 con dei dischi eccellenti come Fuzzy (93) e Mighty Joe Moon (94) e di buona qualità, Copperopolis (96) e Jubilee (98), una splendida meteora, in cui la fine prematura della formazione, portò il “leader” ad intraprendere una onesta carriera solista, certificata dall’eccellente Virginia Creeper (2004).

La discendenza dalla tribù dei Creek, gioca un ruolo importante in questo ultimo lavoro Walking In The Green Corn (il titolo prende il nome da una danza tribale dei nativi americani), in quanto, scorrendo i testi del disco, permette a Phillips di rivendicare l’appartenenza ad una minoranza etnica, che ha subìto negli anni l’allontanamento dalla propria terra e ogni sorta di sopruso.

In queste dieci canzoni la strumentazione acustica regna sovrana, con l’aggiunta del pregevole apporto di Sara Watkins  (violino e voce), e di Alexander Burke (vibrafono): difficile dunque, in questo caso, l’analisi brano per brano, per segnalare un pezzo piuttosto che un altro, visto che il suono, inevitabilmente, li rende piuttosto simili: si può menzionare l’iniziale melodica Vanishing Song, la struggente litania di Buffalo Hearts, la cadenza “roots” di The Straighten Outler, il violino e la voce discreta di Sara in Fools Gold, e ancora la pianistica Bound To This World (con chiari richiami al “sound” dei Grant  Lee Buffalo), o le note pulsanti di Black Horses In A Yellow Sky, per chiudere con la solare title-track, un brano campestre punteggiato dal violino e dalla voce della Watkins.

Il “songwriting” di Grant-Lee Phillips resta grande protagonista in questo lavoro, brani minimali, eterei, semplici, suonati con pochi accordi di chitarra, piano e violino, ma dotati di un fascino e di un’atmosfera davvero pregnante. Walking In The Green Corn, è consigliato in primo luogo agli appassionati di queste sonorità, in secondo luogo a coloro che hanno amato i Grant Lee Buffalo,  (a cui farà sicuramente piacere riascoltare la bellissima voce dell’autore), e in terzo luogo anche a tutti gli altri, perché l’ascolto di questa musica, se non altro, distende i nervi e fa bene comunque bene all’anima.

Tino Montanari

NDT: Colgo l’occasione per augurare un Buon Anno a tutti i lettori di questo “utile” Blog.

L’Ultimo Bel Disco Del 2012 O Il Primo Del 2013? Willy Mason – Carry On

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Willy Mason – Carry On – Fiction/Universal

Questo disco è uscito nella prima decade di Dicembre sul mercato inglese e verrà pubblicato in Italia il 15 gennaio del nuovo anno, quindi incarna le caratteristiche del titolo del Post: “un bel disco”, non straordinario, anche se in Inghilterra ha raccolto 4 stellette su Mojo ed è stato designato disco del mese, un 8/10 da Uncut, e ottime recensioni su Q, NME, Indipendent On Sunday, Sunday Times e The Fly. Ovviamente non leggo tutte queste riviste (ma un paio, le prime due, sì) e quindi questa sorta di plebiscito mi ha incuriosito. Conoscevo Willy Mason per avere già ascoltato i suoi due primi dischi: Where The Humans Eat, uscito per la Team Love Records/Virgin (l’etichetta fondata da Conor Oberst) nel 2004, un disco quieto ed acustico dove Mason suonava quasi tutti gli strumenti con l’aiuto del fratello Sam alla batteria, e tra i brani spiccava Oxygen, una canzone ripresa anche dalla soprano preferita da Costello, Renée Fleming, in un suo disco del 2010. Gia per quel disco erano stati scomodati paragoni con nomi illustri ed era entrato a far parte, più o meno a ragione, dei “Nuovi Dylan”, termine che di solito ammazza più di un talento (ed erano stati citati anche Cash, Cohen e Dylan).

Nel 2007 esce il suo secondo album, If The Ocean Gets Rough, che conferma quelle sue sonorità roots unite ad un indubbio talento compositivo e ad una voce molto vissuta per appartenere ad un 22enne. Poi qualcosa si inceppa e il nostro amico decide di tornare a casa per vedere cosa fare della sua vita, si reinventa speaker di una radio locale in quel di Martha’s Vineyard, Massachussets, ma per parlare di pesca e notizie sulle fattorie della zona non di musica e altri lavori “comuni” che ricreano le sue radici con i luoghi della sua adolescenza. Senza comunque smettere del tutto di fare tours e partecipando in due brani dell’ottimo album Hawk di Isobel Campbell e Mark Lanegan.

Il filone musicale è quel “new folk” a cui appartengono Mumford And Sons, Edward Sharpe, Ben Kweller, Beth Orton, ma anche gruppi più pop come i Bat For Lashes, tutta gente con cui ha diviso i palchi di tutto il mondo. Proprio da questi ultimi ha preso il produttore, il londinese Dan Carey, noto anche per avere lavorato con Kylie, MIA, Hot Chip, nomi non particolarmente vicini all’apparenza con le sue idee musicali. Ma la collaborazione, anticipata da un duetto registrato per l’album della brava cantante Lianne Le Havas, stranamente funziona. Carey aggiunge una patina di elettronica “moderna” ma non fastidiosa (e sapete quanto poco ami queste sonorità il sottoscritto), la batteria programmata a fianco di quella “naturale” dell’immancabile fratello Sam Mason e il basso e le chitarre acustiche ed elettriche di Willy Mason che rendono molto piacevole e variegato l’ascolto di questo Carry On, disco che forse non è così straordinario come vuole farci credere la stampa inglese ma ha i suoi meriti. Come spesso mi accade, dopo aver letto la lunga recensione di Victoria Segal su Mojo devo dire di non avere capito bene di che razza di album si tratta, ma questa è un po’ la caratteristica del recensore “ritroso” e protagonista che vuole far vedere quanto è bravo ma in conclusione non capisci di che tipo di disco ci sta parlando (peraltro “merito” condiviso con molti altri praticanti dell’arte recensoria, mai fare capire con facilità al lettore di cosa si sta trattando, cioè musica, ma esaminare vita ed opere del soggetto attraverso testi e sensazioni).

Una sensazione che mi sento di condividere è quella che la voce di Mason più che quella di una persona di 27 anni (all’epoca della registrazione del disco) sembra quella di uno di 72 anni, “giovanile” però, ancorché vissuto e ricercato. Il sound, nell’iniziale What Is This, convive tra le percussioni elettroniche e le tastiere di Oly Bayston, che si intrecciano senza problemi con le chitarre acustiche e la batteria, in un clima malinconico ed avvolgente che si accende in un finale chitarristico, dove l’elettrica di Willy Mason si inventa un solo breve ed acidissimo degno delle improvvise accelerazioni di Michael Timmins nei Cowboy Junkies. Un ritmo programmato più saltellante, sempre unito alle derive leggermente acide della chitarra, potrebbe ricordare in Pickup Truck, vagamente, un Donovan più futurista e con una voce più profonda, ma che lega il country-folk dell’autore ad un pop raffinato ma non banale con qualche tocco delle tastiere che si potrebbe far risalire addirittura ai Beach Boys ed un finale dove la voce si “rompe” in un falsetto vagamente alla Chris Martin. Falsetto che viene mantenuto per la successiva Talk Me Down dove le percussioni di fratello Sam si intrecciano con quelle sintetiche del produttore mentre l’acustica di Willy cerca di sbucare dal tappeto sonoro con risultati piacevoli non lontanissimi da quelli del signore citato poc’anzi (Coldplay, orrore!, se vendi non sei più nessuno per certa critica).

Le percussioni afro di Restless Fugitive su cui si innesta una chitarra elettrica carica di effetti vari potrebbero fare pensare addirittura al Peter Green sperimentale di The End Of The Game, poi lungo gli oltre sei minuti il brano, pur mantenendo una certa ipnotica varietà, diventa, forse, troppo ripetitivo. La malinconica Show Me The Way To Go Home, solo chitarra acustica e spruzzate di synth si barcamena tra Young e Cohen con qualche tocco alla Townes Van Zandt, un altro che a quella età era già “vecchio” da giovane. Mentre Into Tomorrow, per usare una felice metafora della Segal citata prima, sembra un brano dei R.E.M. di Fables Of Reconstruction cantato da Leonard Cohen (quando è valido si usa, sempre citando la fonte). I Got Gold ha un’aria stranamente “allegra”, una sorta di Timmy Thomas se avesse cantato del country, ma sempre con quella voce da cantautore che tante ne ha viste e ora ve le ricanta (quindi country got soul). Painted Glass ritorna a quella psichedelia gentile e mordbida mista al solito alt-country ed al folk prediletti dall’autore, mentre la voce sdoppiata di Mason aggiunge profondità ad un suono volutamente statico.

Anche Shadows In The Dark frequenta sempre queste coordinate sonore, ma ha una melodia più ricca ed ariosa, quasi maestosa, quello che sembra un ritornello che ritorna ciclicamente e la solita alternanza tra voce profonda e falsetto, sullo sfondo elettroacustico della musica. Gli arpeggi della chitarra acustica di Willy Mason, arricchiti da un sottofondo di mellotron (ma esiste ancora?) del produttore Carey rendono affascinante un brano come la title-track Carry On, altro ottimo esempio della “vecchia scuola” cantautorale classica, molto bella e raccolta, una di quelle storie senza tempo che erano tipiche del Van Zandt citato prima. Anche If It’s The End ha quel fascino old-time degli autori di belle canzoni, semplici ma che ti lasciano delle emozioni magari non eccitanti ma sottili e durature. Poco più di 37 minuti di buona musica, ripeto, magari non un capolavoro ma un disco che si può riascoltare più volte sempre scoprendo nuove sfumature (non solo di grigio)!

Bruno Conti

Best Of 2012! Il Meglio Della Stampa Internazionale: Chi Mancava? Q, Billboard, Classic Rock, Allmusic…

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Completiamo le liste dei migliori dell’anno con alcune note riviste e siti che mancavano all’appello. Q non è più da alcuni anni una rivista a cui il sottoscritto guarda con attenzione, ma non ci si può esimere da una citazione: oltre a tutto, astutamente, i loro 50 migliori dell’anno sono stati inseriti in ordine alfabetico per cui non si può estrapolare una parte della classifica, ma solo pubblicarla nella sua interezza…

Q Magazine – Top 50 Albums of 2012

The 2 Bears – Be Strong
Alabama Shakes – Boys & Girls
Alt-J – An Awesome Wave
Paul Banks – Banks
Bat For Lashes – The Haunted Man
Beach House – Bloom
Jake Bugg – Jake Bugg
David Byrne & St. Vincent – Love This Giant
Cat Power – Sun
Leonard Cohen – Old Ideas
Daphni – Jiaolong
Lana Del Rey – Born To Die
Dirty Projectors – Swing Lo Magellan
Django Django – Django Django
Bob Dylan – Tempest
EL-P – Cancer4Cure
Field Music – Plumb
Go-Kart Mozart – On The Hot Dog Streets
Grimes – Visions
Grizzly Bear – Shields
Ren Harvieu – Through The Night
Richard Hawley – Standing At The Sky’s Edge
Here We Go Magic – A Different Ship
Hot Chip – In Our Heads
Elton John Vs. Pnau – Good Morning To The Night
Josephine – Portrait
The Killers – Battle Born
Kindness – World, You Need A Change of Mind
Mark Lanegan Band – Blues Funeral
The Maccabees – Given to the Wild
Mala in Cuba – Mala in Cuba
Mumford & Sons – Babel
Muse – The 2nd Law
Frank Ocean – Channel Orange
Orbital – Wonky
Peaking Lights – Lucifer
Plan B – Ill Manors
Emeli Sande – Our Version of Events
Saint Etienne – Words And Music By Saint Etienne
School Of Seven Bells – Ghostory
Bruce Springsteen – Wrecking Ball
Tame Impala – Lonerism
Totally Enormous Extinct Dinosaurs – Trouble
The Vaccines – Come Of Age
Sharon Van Etten – Tramp
The Walkmen – Heaven
Jessie Ware – Devotion
Paul Weller – Sonik Kicks
Jack White – Blunderbuss
Bobby Womack – The Bravest Man In The Universe

Ho quantomeno evidenziato in neretto quelli più interessanti per i miei gusti personali, 18 su 50 non è male, considerando le scelte di altre riviste.

Classic Rock Top 10

I primi 10 delle loro 50 posizioni. Mi facevano giustamente notare che rispetto allo scorso anno quando il disco dell’anno era risultato quello dei Mastodon, quest’anno ci è andata di lusso.

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1- Rush: Clockwork Angels

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2- Rival Sons: Head Down

Per chi si chiede, chi sono costoro? Ecco un estratto dal loro ultimo CD, del sano rock-blues anni ’70!

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3- ZZ Top: La Futura
4- Howlin’ Rain: The Russian Wild
5- Jack White: Blunderbuss
6- Joe Bonamassa: Driving Towards The Daylight
7- Bruce Springsteen: Wrecking Ball
8- The Darkness: Hot Cakes
9- Cory Branan: Mutt

10- Lynyrd Skynyrd: Last Of A Dying Breed

Quelle di Billboard e Allmusic sono “terribili”, ma per la cronaca eccole qui:

1) Frank Ocean – Channel Orange

2) Kendrick Lamar – good kid, m.A.A.d city

3) Miguel – Kaleidoscope Dream

4) Jessie Ware – Devotion

5) Taylor Swift – Red

6) Beach House – Bloom

7) Bruce Springsteen – Wrecking Ball

8) Cloud Nothings – Attack On Memory

9) Cat Power – Sun

10)Alt-J – An Awesome Wave

Queste di Billboard, vengono definite “Critics’ Picks”!!!

Ed ecco i primi dieci di AllMusic:

  1. Grimes – Visions
  2. Frank Ocean – Channel Orange
  3. Fiona Apple – The Idler Wheel is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do
  4. Kendrick Lamar – good kid, m.A.A.d city
  5. Miguel – Kaleidoscope Dream
  6. Flying Lotus – Until the Quiet Comes
  7. Torche – Harmonicraft
  8. Jessie Ware – Devotion
  9. David Byrne & St. Vincent – Love This Giant
  10. Carly Rae Jepsen – Kiss

In attesa delle riviste musicali italiane specializzate che pubblicheranno le loro poll a gennaio direi che è tutto, salvo qualche “addetto ai lavori” disperso e l’ultima parte di quelle mie personali!

Bruno Conti

“Nostra Signora” Del Folk! Judy Collins – Live At The Metropolitan Museum

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Judy Collins – Live At The Metropolitan Museum – Wildflower Records 2012 – DVD – CD

Tra i pochi regali di Natale che ho ricevuto, mi fa estremamente piacere recensire questo DVD di Judy Collins  (che è stato già segnalato dal titolare del blog circa un mesetto fa con relativo video). Registrato il 16 Agosto scorso al Metropolitan Museum Of Art di New York,  nella sala dove fa bella mostra di sé il Tempio di Dendur: ed è in questa suggestiva location che la Collins (con Joan Baez e Joni Mitchell, una delle grandi voci della scena folk americana degli anni ’60 e non solo), celebra il 50° anniversario della sua carriera in uno show straordinario, con la partecipazione di vari artisti, coinvolti in duetti e nella rivisitazione di classici della musica americana.

Infatti entrano in scena, di volta in volta, chiamati dalla “musa” Judy, Ani DiFranco, in una sentita rilettura di Pastures Of Plenty di Woody Guthrie, il poco conosciuto ma bravo Kenny White in una versione di Helplessly Hoping di Crosby, Stills and Nash e in Veteran’s Day, Chris Bailey con Some Day Soon, l’amica Shawn Colvin in Since You’ve Asked, e una maestosa Moon Is A Harsh Mistress dal repertorio del leggendario Jimmy Webb. A completare la scaletta del concerto, la Collins pesca da una selezione straordinaria, con brani di Joni Mitchell (Both Sides Now), Joan Baez (Diamonds & Rust), Bob Dylan (Mr. Tambourine Man), una deliziosa Send In The Clowns tratta dal Musical di Stephen Sondheim A Little Night Musice non poteva certo mancare Suzanne del grande Leonard Cohen, eseguita al pianoforte, con relativa dedica all’autore, da lei, in un certo senso, scoperto e lanciato.

Tanto tempo è passato dai nostalgici giorni del Greenwich Village, ma la “nostra signora” Judy Blue Eyes non perde occasione di ricordare le sue origini, e fortunatamente, questo concerto è l’occasione per far rivivere ai suoi ammiratori (che spero non siano pochi) quella indimenticabile esperienza. Per chi scrive, questo è il mio “Concerto di Natale”, e sarei contento che fra tanti regali inutili, questo DVD fosse l’eccezione. Buone feste e l’augurio di un anno migliore.

Tino Montanari

Saint Stephen…I Migliori del 2012: Le Tante “Alternative” Parte II

Naturalmente dopo Natale viene “Saint Stephen”! Per cui continuiamo con la seconda parte della lista delle migliori “alternative” del 2012 according to Bruno Conti. Se non riuscite a leggerli durante le feste natalizie mi pare ovvio che non hanno una scadenza…eravamo più o meno a luglio!

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Robert Cray – Nothing But Love

 

 

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Joss Stone – The Soul Sessions Vol. 2

 

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Bill Fay – Life Is People

 

 

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Old Crow Medicine Show – Carry Me Back

 

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John Hiatt – Mystic Pinball

 

 

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Chris Knight – Little Victories

 

 

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Michael McDermott – Hit Me Back

 

 

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Dwight Yoakam – 3 Pears

 

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Beth Hart – Bang Bang Boom Boom

 

 

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Jamey Johnson – Living For A Song. A Tribute To Hank Cochran

 

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Donald Fagen – Sunken Condos

 

 

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Van Morrison – Born To Sing No Plan B

 

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Neil Young & Crazy Horse – Psychedelic Pill

 

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Iris DeMent – Sing The Delta

 

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Greg Brown – Hymns To What Is Left

 

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Graham Parker & the Rumour – Three Chords Good

Mi sa che mi sono dimenticato qualcosa, ma se non volevo fare un elenco da Pagine Gialle dovevo, a malincuore, saltare dei dischi che avrebbero meritato questa lista di fine anno. La seconda parte è più breve della prima perché avrebbe dovuto contenere molti dei titoli che sono già apparsi nella Top Ten. E mancano ristampe, cofanetti e live (qualcuno ha detto Led Zeppelin!).

E se vi sembrano “troppi” perché non si fanno più i grandi dischi di una volta, questo lo diceva anche mia mamma, ma bisogna sapersi accontentare e in questa annata è stato un bel “accontentarsi”!

Comunque per oggi per può bastare.

Bruno Conti

And So This Is Christmas…I Migliori Del 2012: Le Tante “Alternative” Parte I

Per iniziare, come doveroso, essendo il giorno di Natale, il brano di John Lennon, quello originale, non una delle tante terribili copie e cover che stanno impazzando sulla televisione e nella pubblicità. Poi, come promesso (o minacciato) “The Best Of The Rest”, ovvero tutti (beh non proprio tutti, tanti) i dischi interessanti di questo 2012, secondo il parere di chi scrive ovviamente. Sono in ordine cronologico di uscita (più o meno) da Gennaio a oggi e corredati, di tanto in tanto, dai video di alcune delle più belle canzoni di questo anno che si avvicina alla conclusione. Mancano all’appello le migliori ristampe, cofanetti e dischi dal vivo a cui dedicherò un Post apposito. E probabilmente ci sarà spazio ancora per i risultati di alcune riviste musicali e per altri addetti ai lavori (se avranno voglia). Naturalmente queste “classifiche” sono anche una ulteriore occasione per ricordare e consigliare della buona musica, spero! Partiamo con la prima parte, ebbene sì vi terro compagnia anche a Santo Stefano, a dimostrazione che di dischi belli, nonostante quello che dicono i pessimisti, ne sono usciti veramente molti, e ne ho dovuti “scartare” molti se no la lista si faceva chilometrica (ogni volta che ne saltavo uno, una stilettata, questo no! AaaaH!)…però potete sempre andare a rileggerveli sul Blog, i Post sono tutti lì…

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Ani DiFranco – Which Side Are You On

Il primo disco bello del 2012.

 

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Little Willies – For The Good Times

 

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Craig Finn – Clear Heart Full Eyes

 

A questo punto dell’anno è uscito Old Ideas di Leonard Cohen, ma quello è entrato di diritto nei Top 3!

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Bap Kennedy – The Sailor’s Revenge

 

 

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Howlin’ Rain – The Russian Wilds

 

 

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Michael Kiwanuka – Home Again

 

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The Chieftains – Voice Of Ages

 

 

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Lyle Lovett – Release Me

 

 

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Cowboy Junkies – The Nomad Series Vol. 4 The Wilderness

 

 

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Alabama Shakes – Boys And Girls

 

 

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Sister Sparrow And The Dirty Birds – Pound Of Dirt

 

 

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Counting Crows – Underwater Sunshine

 

 

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Of Monsters And Men – My Head Is An Animal

 

 

 

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Dar Williams – In The Time Of God

 

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Anders Osborne – Black Eye Galaxy

Anche in ricordo di Franco Ratti, la sua ultima apparizione sul Buscadero.

 

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Jeb Loy Nichols – The Jeb Loy Nichols Special

 

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Joe Bonamassa – Driving Towards The Daylight

 

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Tom Jones – Spirit In The Room

 

 

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Spain – The Soul Of Spain

 

 

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Alejandro Escovedo – Big Station

 

 

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Bonnie Raitt – Slipstream

 

 

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Dexys – One Day I’m Going To Soar

 

 

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Chris Robinson Brotherhood – Big Moon Ritual

 

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Brandi Carlile – Bear Creek

 

 

 

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Mary Chapin Carpenter – Ashes And Roses

 

 

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Little Feat – Rooster Rag

 

Alla fine ho messo un video per ogni album elencato, quindi la pagina è un po’ “pesante”, per Natale (o per la Befana) fatevi regalare un PC più potente o armatevi di pazienza intanto che carica tutta la pagina. Visto quanta buona musica, tanti dimenticati eh”! End Of Part One, a domani! Buona lettura e soprattutto, buona visione e ascolto, ma anche un Buon Natale a tutti!

Bruno Conti

Novità Di Dicembre Parte II E Ultima Del 2012. I Luf, Michele Gazich, Buddy Guy, Backbeat Of Rock And Roll, Curved Air, Canned Heat, Rush, Muddy Waters, Eccetera

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Ultimo aggiornamento del 2012 sulle ultime uscite discografiche, quello che è uscito nelle ultime settimane e qualcosa che era sfuggito.

Sul fronte italico I Luf pubblicano questo cofanetto retrospettivo, in tiratura limitata e numerata (a mano) di 400 copie: si chiama 10 & Luf e contiene 4 album. L’introvabile da anni, Ocio Ai Luf, più Bala E fa Balà (quello con Sweet Home Alabama detta anche So Nashit ‘N Val Camonega), Paradis Del Diaol e Flel.

Altro cofanetto italico è quello di Michele Gazich, Verso Damasco, CD+DVD+Libro, dal vivo, Duomo Vecchio, Brescia, 18 Maggio 2012. Se non lo trovate in giro ?page_id=313

Per finire con i cofanetti, questo pubblicato dalla Famous Flames britannica, esce un Box di 3 CD, con un bel libretto, The Backbeat Of Rock And Roll, eccellente, contiene 94 tracce e tutto quello che dovreste sapere sui brani strumentali della prima parte della storia del R&R, ossia:

TRACK LISTING DISC ONE
1. Rumble – Link Wray
2. Peter Gunn – Duane Eddy
3. Buckeye – Johnny And The Hurricanes
4. Tequila – The Champs
5. Wild Weekend – Rockin’ Rebels
6. Big Shot – Johnny Cannon
7. Bongo Rock – Preston Epps
8. Teen Beat – Sandy Nelson
9. Walk Don’t Run – The Ventures
10. Apache – The Shadows
11. Rebel Rouser – Duane Eddy
12. Red River Rock – Johnny And The Hurricanes
13. Moon Dawg! – The Gamblers
14. The Fickle Chicken – The Atmospheres
15. Hard Times (The Slop) – Noble ‘Thin Man’ Watts
16. Hand Clappin’ – Red Prysock
17. Swanee River Hop – Fats Domino
18. Honky Tonk Part I & II – Bill Doggett
19. Smokie Part 2 – Bill Black’s Combo
20. Raunchy – Bill Justis
21. Harlem Nocturne – The Viscounts
22. (Ghost) Riders In The Sky – Ramrods
23. Woo Hoo – Rock-A-Teens
24. Tall Cool One – The Fabulous Wailers
25. Walkin’ With Mr Lee – Lee Allen
26. Night Train – Jimmy Forrest
27. Don’t Be Cruel – Bill Black’s Combo
28. Perfidia – The Ventures
29. Sleep Walk – Santo & Johnny
30. Golden Mile – The Sleepwalkers
31. Teensville – Chet Atkins

DISC TWO:
1. Have Guitar Will Travel – The Scotty Moore Trio
2. Mumblin’ Guitar – Bo Diddley
3. Jungle Walk – The Dyna-Sores
4. Hide Away – Freddie King
5. Cruising – Jimmy And The Night Hoppers
6. Topsy Part I – Cozy Cole
7. Madison Time, Pt. 1 – Ray Bryant Combo
8. Deacon’s Hop – Big Jay McNeely
9. The Stroll – Lawson-Haggart Rockin’ Band
10. The Stinger – Al Casey
11. Torquay – The Fireballs
12. Poor Boy – Royaltones
13. Green Jeans – The Flee-Rekkers
14. MacDonald’s Cave – The Piltdown Men
15. The Happy Organ – Dave ‘Baby’ Cortez
16. (What’s The Word) Thunderbird – The Casual-Aires
17. Gonzo – James Booker
18. Ooh Poo Pah Doo (Part 2) – Jessie Hill
19. Rockhouse (Pts. 1 And 2) – Ray Charles
20. The Hunch – Paul Gayten
21. In The Mood – Ernie Fields Orchestra
22. Big Jump – Sandy Nelson
23. Cannonball – Duane Eddy
24. The Whip – The Frantics
25. Machine Gun – The Riptides
26. Bulldog – The Fireballs
27. Blue Comet Blues – Bill Haley And His Comets
28. Big Beat Boogie – Bert Weedon
29. Guitar Boogie Shuffle – The Virtues
30. Some Kinda Earthquake – Duane Eddy
31. Raw-Hide – Link Wray

DISC THREE:
1. The Swag – Link Wray
2. Because They’re Young – Duane Eddy
3. Let There Be Drums – Sandy Nelson
4. Take Five – Dave Brubeck Quartet
5. Last Night – The Mar-Keys
6. You Can’t Sit Down – Phil Upchurch Combo
7. One Mint Julep – Ray Charles 8
8. On The Rebound – Floyd Cramer
9. Slow Walk – Sil Austin
10. Rudy’s Rock – Bill Haley
11. Guitar Bustin’ – Arthur “Guitar Boogie” Smith And His Cracker Jacks
12. Like Long Hair – Paul Revere And The Raiders
13. Juke – Little Walter
14. Lost Love – H.B. Barnum
15. School Days – Santo & Johnny
16. Kabalo – The Atmospheres
17. Enchanted Sea – The Islanders
18. Underwater – The Frogmen
19. Let’s Go Trippin – Dick Dale & The Del-Tones
20. Mr. Moto – The Bel-Airs
21. Beatnick Sticks – Paul Revere And The Raiders
22. Ramrod – Duane Eddy
23. FBI – The Shadows
24. Husky Team – The Outlaws
. Night Of The Vampire – The Moontrekkers
26. Stick Shift – The Duals
27. Tarantula – The Tarantulas
28. Gazachstahagen – The Wild Cats
29. Jack The Ripper – Link Wray
30. Guitar Boogie – Arthur Smith
31. Tune Of The Short Cowboys – The Outlaws
32. Entry Of The Globbotts – The Blue Men

 

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Buddy Guy ha pubblicato per la RCA (quindi Sony/Bmg) questo Live At Legends che documenta uno dei concerti che si sono tenuti al suo famoso locale di Chicago nel 2010. Oltre a molti classici del Blues, ci sono un paio di medley di quelli micidiali di Guy: uno con Boom Boom/Strange Brew, John Lee Hooker + Cream, l’altro Voodoo Child (Slight Return)/Sunshine Of Your Love, Jimi Hendrix e di nuovo Cream. Ci sono anche tre brani in studio, registrati per Living Proof sempre nel 2010 e non utilizzati all’epoca.

E’ uscita per la Mercury/Universal anche la colonna sonora del nuovo film di Quentin Tarantino, un omaggio ai vecchi western all’italiana, si chiama Django Unchained e come al solito c’è musica buona, cattiva e kitsch (notare la finezza del “Riziero” Ortolani):

1. Winged – James Russo
2. Django – Luis Bacalov, Rocky Roberts
3. The Braying Mule – Ennio Morricone
4. “In The Case Django, After You…” – Christoph Waltz, Jamie Foxx
5. Lo Chiamavano King (His Name Is King) – Luis Bacalov, Edda Dell Orso
6. Freedom – Anthony Hamilton, Elayna Boynton
7. Five-Thousand-Dollar Nigga’s And Gummy Mouth Bitches – Don Johnson, Christoph Waltz
8. La Corsa (2nd Version) – Luis Bacalov
9. Sneaky Schultz And The Demise Of Sharp – Don Straud
10. I Got A Name – Jim Croce
11. I Giorni Dell’ira – Riziero Ortolani
12. 100 Black Coffins – Rick Ross
13. Nicaragua – Jerry Goldsmith, Pat Metheny
14. Hildi’s Hot Box – Samuel L. Jackson, Leonardo Dicaprio, Christoph Waltz
15. Sister Sara’s Theme – Ennio Morricone
16. Ancora Qui – Elisa Toffoli
17. Unchained (The Payback / Untouchable) – James Brown, 2Pac
18. Who Did That to You? – John Legend
19. Too Old To Die Young – Brother Dege (AKA Dege Legg)
20. Stephen The Poker Player – Samuel L. Jackson, Jamie Foxx
21. Un Monumento – Ennio Morricone
22. Six Shots Two Guns – Samuel L. Jackson, Jamie Foxx
23. Trinity (Titoli) – Annibale E I Cantori Moderni

L’ultimo Deluxe dell’anno esce in versione CD+DVDA o CD+Blu-Ray (per la verità ce n’è anche una Superdeluxe con lo stesso contenuto musicale ma una confezione più sfiziosa, naturalmente molto più cara)! Cosa c’è in più (a parte il suono e un fumetto interattivo)? Tre brani dal vivo:

– Overture (Northland Coliseum, Edmonton, AB – June 25, 1981)
– The Temples of Syrinx (Northland Coliseum, Edmonton, AB – June 25, 1981)
– A Passage To Bangkok (Manchester Apollo, Manchester, England – June 17, 1980)

Vedete voi se farvi un ultimo regalo in extremis per Natale o la Befana!

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Per finire tre ristampe. Anzi due ristampe e un album di materiale inedito!

Quello dei Curved Air Airwaves, sottotitolo Live At The BBC The Peel Sessions 1970-71, edito dalla solita Cleopatra, contiene anche alcuni brani registrati dal vivo nel 1976, quando in formazione c’era Stewart Copeland alla batteria, che era anche il marito di Sonja Kristina (un po’ di gossip!). Tutta roba inedita, inutile dire che quello da avere è questo, perché in questi giorni è stato pubblicato anche un CD+DVD relativo al tour del 2010 Live Atmosphere, dove a fianco di Sonja Kristina, per i corsi e ricorsi della storia, è tornato il primo batterista Florian Pilkington-Miksa. Non è neppure brutto, il problema è che il DVD non ha il concerto completo, è solo l’EPK e un video di presentazione.

Altra etichetta specializzata in ripubblicazioni è l’americana Iconoclassic che ha pubblicato in questi giorni una versione Deluxe (con 6 bonus tracks) del classico Boogie With Canned Heat. Queste le tracce extra:

11. ON THE ROAD AGAIN (Alternate Take) Bonus Tracks
12. SHAKE, RATTLE AND ROLL Bonus Tracks
13. WHISHEY AND WIMMEN’ Bonus Tracks
14. MEAN OLD WORLD Bonus Tracks
15. THE HUNTER Bonus Tracks
16. FANNIE MAE Bonus Tracks

Last But Not Least il terzo volume dedicato alla ristampa completa della discografia di Muddy Waters del periodo Chess. Si Intitola You Shook Me: The Chess Masters 3 1958 to 1963 e contiene oltre agli album completi Muddy Waters Sings Big Bill e At Newport, una valanga di inediti e rarità, per un totale di 49 brani. E’ già uscito negli States mentre da noi la Universal lo pubblicherà il 15 gennaio 2013 ma ad un prezzo decisamente più conveniente (se non cambiano idea)!

Un paio di appendici.

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Per la serie meglio tardi che mai, dopo una lunga serie di rinvii, è uscito per la Repertoire il quadruplo CD della Graham Bond Organization, Wade In The Water Classics, Origins & Oddities con l’opera omnia di questa formazione dove militavano anche Dick Heckstall-Smith, John Mc Laughlin, Ginger Baker e Jack Bruce. (se andate a ritroso nel Blog trovate anche la lista completa dei brani).

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E per finire su una nota di letizia natalizia, a febbraio, il 4 in Europa, e il 26 (il mio compleanno) in America. esce finalmente il nuovo album dei Mavericks In Time, che per fortuna non ho recensito nel momento in cui lo annunciavo nel mese di agosto (ma lo farò a breve). Nel frattempo, al CD sono stati aggiunti 4 brani per un totale di 14 canzoni.

That’s All anche per oggi, ci sentiamo fra un anno con questa rubrica (si fa per dire)

Bruno Conti

Bravo “Fortunato” E Tiene Famiglia Ma…The Lucky Peterson Band Feat. Tamara Peterson – Live At The 55 Arts Club Berlin

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The Lucky Peterson Band Feat. Tamara Peterson – Live At The 55 Arts Club Berlin – Blackbird Music -2 CD o 3 DVD/2 CD

Questa è la testimonianza di un concerto registrato nel corso di una serie di date europee culminate in una data in questo club di Berlino, dove il gruppo aveva già fatto tappa all’inizio del tour. Come capita per molti artisti neri dell’area blues (e rock, e jazz), Lucky Peterson è molto più popolare in Europa che in madrepatria, dove, peraltro, una lunga carriera lo ha inserito tra i più noti performers della seconda generazione del Blues, avviata tanti anni fa, praticamente da bambino, sotto l’ala protettrice di Willie Dixon. Forse Peterson non ha mai avuto un seguito ben definito per questa caratteristica, che per qualcuno è un pregio per altri un difetto se non una iattura, di essere contemporaneamente organista (e pianista) e chitarrista: fa bene entrambe le cose, per l’amor di Dio, ma il suo stile vaga tra Blues, soul, gospel, funky nel battito di un ciglio e non sempre trattiene la sua esuberanza, soprattutto nei dischi in studio che spesso non sono soddisfacenti.

Però, il nostro amico è stato dotato dalla natura di una bella voce, ricca di toni gospel e soul, come dimostra nella esuberante rilettura di Trouble, una bellissima canzone di Ray LaMontagne, che è il terzo brano di questo CD (o DVD), una versione tra picchi e momenti di calma e che fa seguito ad un paio di brani, I’m Back e Smooth Sailing, che ne mostrano il lato più funky, con l’organo Hammond in evidenza, alla Booker T o alla Billy Preston, con sempre presente anche l’anima più rock rappresentata dall’altro chitarrista, il canadese Shawn Kellerman (che avrà poi occasione di sfogare le sue velleità di guitar hero hendrixiano nel terzo DVD della confezione Deluxe). Quando anche Lucky Peterson imbraccia la chitarra per un lungo Blues Medley strumentale di quelli tosti, l’atmosfera del concerto si infiamma, con una sequenza di riff (tra rock e blues) che uno può divertirsi a cercare di indovinare tra mille possibilità e il suono si fa decisamente più duro con le due chitarre che si rincorrono tra loro, il tutto poi sfocia in una versione di You Shook Me, il super classico scritto dal suo mentore Willie Dixon che più che a quella di Muddy Waters si avvicina ad un composito tra quella dei Led Zeppelin e una ipotetica di Buddy Guy (con citazioni di Little Red Rooster), il brano serve anche da introduzione all’ingresso della moglie Tamara, con il colpo di teatro dei due che si incontrano a metà strada nel club.

Quest’ultima forse non è blues woman a tutto tondo ma se la cava egregiamente e poi si passa al suo funky-soul-jazz, probabilmente maturato negli anni passati alla scuola di Dallas, da cui provengono anche Roy Hargrove, Norah Jones e Erykah Badu, prima Knocking (firmata tra gli altri da Ledisi) e poi una serie di brani firmati dalla stessa Tamara Peterson spostano la barra del sound verso un funky un po’ di maniera, cantato anche bene dalla bella signora, ma un po’ anonimo. Fa eccezione un bel lentone scritto dal marito, Been So Long, con tanto di lungo scat introduttivo e improvvise accelerazioni sonore. Lost The Right che conclude la prima parte del concerto ci riporta al blues ed è cantata in duetto dalla coppia, poi si riparte più centrati sul Blues, prima più rock nella tirata Giving Me The Blues, firmata da Rico McFarland l’ex chitarrista della sua band, cantata con slancio da Peterson che pompa sul suo organo mentre Shawn Kellerman centra un bel solo.

Poi si passa alla sezione “classici”, minori, con Ta’ Ta’ You uno slow blues poderoso di Johnny Guitar Watson, It Ain’t safe dell’accoppiata Clarence Carter/George Jackson che è del sano errebì, e importanti, come I’m Ready, sempre di Willie Dixon, arrangiata per organo e sempre molto fluida, Who’s Been Talking del grande Howlin’ Wolf, in una bella versione ricca di pathos, poi passato di nuovo alla chitarra, anche slide per l’occasione, Peterson ci regala una ricca e lunga versione di I Believe I’ll Dust My Brown a metà strada tra Robert Johnson e Elmore James, senza dimenticare una succinta The World’s In A Tangle dal repertorio di Jimmy Rogers. Saltando di palo in frasca torna la consorte per Kiss di Prince e poi per una piacevole Last Night You Left, sempre firmata da Tamara, del soul jazz raffinato che prosegue con Ain’t Nobody Like You che potrebbe ricordare la “compagna di corso” Erykah Badu, anche se con una voce meno duttile, e forse sia i dieci minuti di questo brano che i 14 della successiva Real Music, più funky ma sempre troppo tirata per le lunghe fanno perdere punti al tutto. Del terzo DVD si è detto, per il resto questo primo DVD+CD di Lucky Peterson conferma ancora una volta i suoi pregi e difetti, buono ma non eccelso!

Bruno Conti

Dagli “Archivi” Degli Anni ’70! Dixie Tabernacle – Nashville Swamp

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Dixie Tabernacle – Nashville Swamp – Storm Dog Records Group  2012

A due anni di distanza dall’eccellente esordio A Good Excuse (recensito meritoriamente su queste pagine virtuali solo-del-sano-buon-vecchio-southern-rock-dixie-tabernacle-a.html), tornano i Dixie Tabernacle, un combo musicale che nasce da un’idea del produttore Larry Good, che ha coinvolto in questo progetto alcuni tra i migliori musicisti del rock sudista. I validi componenti di questo “ensemble” oltre al citato Good alla batteria, sono: Jimmy Hall mai dimenticato cantante dei Wet Willie,  il chitarrista Jack Pearson (ex Allman Brothers Band), il batterista Artimus Pyle (Lynyrd Skynyrd), i cantanti Thane Shearon (Cold Truth) e Doug Phelps (Kentucky Headhunters), più una schiera di “sessionmen” di certificata fede sudista, per un lavoro, Nashville Swamp,  uscito (?!?) il 9 Maggio di quest’anno, che sprigiona tutta la bellezza, la potenza ed il calore dello storico Southern Rock, per 13 brani che profumano di Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd e direi anche la primissima Marshall Tucker Band, per un “sound” (un intreccio di rock, blues, soul, country e R&B), che ha reso un genere memorabile.

Si comincia con Sixty Five Days e That Aint Right due swamp-boogie d’annata con chitarre, organo e batteria sugli scudi, seguite da una tiratissima cover di Ain’t Living Long Like This, tratta dallo sterminato repertorio di Rodney Crowell (e fatta anche da Emmylou Harris in uno dei suoi dischi più belli, Quarter Moon In A Ten Cent Town). Si riparte con una ballata Supply And Demand, che ricorda il periodo migliore della Band di Robbie Robertson e soci, mentre Shake A Leg Mama è un brano fusion-southern rock, pescato dai solchi dei vinili dei Sea Level (formazione con Chuck Leavell e il cantante Randall Bramlett), gruppo molto stimato nell’ambiente sudista, cui fa seguito una Something Else I Don’t Need dove l’organo Hammond e la voce di Hall,  hanno il potere di rievocare certe  registrazioni anni’70.

Creeper (A True Story) è un rock-blues con uno scatenato Jack Pearson alla slide ed una sezione ritmica degna degli Allman, seguita da Waiting On You che sembra uscita da un disco dei Lynyrd Skynyrd e dal country-blues di North Little Rock Blues, che rende omaggio al pastoso e potente sound della Marshall Tucker Band. L’intro di Money Grabber è il marchio di fabbrica del gruppo, mentre It Ain’t My Business è un brano rock-blues elettrico con uno sound alla Dickey Betts, e poi ancora una ballatona come It Was All a Lie (Except The Last Goodbye) con le armonie vocali di Bekka Bramlett, con le chitarre acustiche in evidenza, e verso la fine un coro “soul” a valorizzare tutto il fascino della musica del Sud. Chiude un disco “stellare” una Live Bonus Track The Long Goodbye, “catturata” dai Brothers of the Southland, dove Jimmy Hall, ancora una volta, si conferma come una delle migliori “ugole” americane…

Purtroppo Nashville Swamp, e pure il precedente A Good Excuse, sono CD-R prodotti e masterizzati da loro stessi su richiesta, e venduti anche su Amazon, ma non l’ultimo, disponibile solo sul sito dell’etichetta dixietabernacle.cfm (oppure si possono scaricare a pagamento), ma se riuscite nell’intento di procurarveli, vi consiglio di ascoltarli avvolti in una bandiera confederata, sorseggiando del buon Bourbon solido e caldo, come può esserlo un disco di southern-rock, tirato fuori dagli scaffali degli anni settanta.

Tino Montanari

*NDB Lo so avevo promesso di recensirlo a settembre, ma poi per vari motivi è rimasto nel cassetto per cui, in virtù della bonta del disco, di cui in Italia non ha parlato nessuno, ho passato la palla al buon Tino, visto che in questo Blog vige il lavoro di gruppo e non ci tengo (o meglio ci terrei ma non ho il tempo) a fare tutte le recensioni. Comunque svolgo sempre un lavoro di supervisione!