Vecchia Scuola Blues – Willie Buck – Cell Phone Man

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Willie Buck with the Rockin’ Johnny Band – Cell Phone Man – Delmark

Un disco ogni trenta anni non è propriamente una media da scudetto, ma nel Blues succede: Willie Buck è uno degli ultimi veterani della scena di Chicago, un cantante dalla voce ancora poderosa e pimpante, diretta discendente di quella di Muddy Waters (di cui quest’anno si ricordano,rispettivamente, i 30 dalla morte e il centenario della nascita, 1913) del quale ricorda moltissimo la voce, fin nelle inflessioni più particolari. Ma non è imitazione, è proprio sincera ammirazione, per questo musicista, in pista dagli anni ’50, ma che a livello professionale ha pubblicato solo due dischi, The Life I Love (uscito in origine a livello locale, con un altro titolo, nel 1982 e recentemente ristampato dalla Delmark) e ora questo Cell Phone Man.

Questo signore è uno degli ultimi baluardi di quel tipo di suono fifties e ha trovato nella Rockin’ Johnny Band, band di bianchi ma dallo spirito “nero”, anche loro innamorati di quello stile, un gruppo di accompagnatori molto affidabile: Buck lamenta la sempre maggiore difficoltà nel trovare musicisti in grado di riprodurre questo tipo di sound, sanguigno ed elettrico, ma tradizionale al tempo stesso, senza scadere (a suo parere) nel blues-rock. In questo senso le canzoni e la musica di Waters la conoscono tutti, quindi se i suoi contemporanei sono sempre meno, nuove generazioni pronte a scandire le 12 battute in modo classico si trovano sempre. E allora vai con la chitarra elettrica di Rick Kreher (il solista della band di Rockin’ Johnny, che in qualità di leader appare come seconda chitarra e all’acustica in due brani), la sezione ritmica di John Sefner al basso e Steve Bass (?!?) alla batteria, più gli ospiti Barrelhouse Chuck al piano (e qui con nome e soprannome ci siamo) e, doppia razione di armonicisti, Bharath Rajakumar e Martin Lang che si dividono lo strumento (spesso elettrificato, nella migliore tradizione) a seconda dei brani. Di quelli a firma Muddy Waters o McKinley Morganfield (spiegare la differenza) ce ne sono ben cinque, più tre PD (non quello che pensate anche se siamo in periodo elettorale, sta per Pubblico Dominio), un paio di cover e nove brani a nome Willie Buck.

Ma il risultato è sempre quello, innestato il drive che fu delle band varie del grande Muddy negli anni ’50 e ’60, Buck provvede a “rinfrescare” e riproporre il repertorio del classico Chicago sound di quegli anni, imparato a memoria quando nel corso degli anni, durante i weekend (perché prudentemente si era tenuto, per vivere, il suo mestiere di meccanico), suonava nei vari club della Windy City e quindi a lui, rock and roll, soul, funky e disco gli fanno un baffo, per il nostro amico c’è solo il blues, elettrico, ma nel solco della tradizione, basato sull’interazione tra la sua bella voce e l’interscambio tra i vari solisti, piano, armonica e chitarra elettrica. Qualche concessione ad un suono acustico, come in una bellissima versione di Two Trains Running di Mastro Muddy, solo voce e chitarra, e I wanna Talk with My baby, nuovamente in questo formato intimo, sono le uniche variazioni sul tema principale.

Per il resto l’unica concessione di Buck alla tecnologia è il cellulare che lo riprende in azione sulla copertina del CD. Dal Mississippi della sua adolescenza a Chicago il tragitto è stato relativamente breve e da lì non si più mosso. In questo caso non vi sto a nominare i nomi dei vari brani che compongono questo album, non ce n’è bisogno, il livello è medio alto e la passione che fuoriesce dai solchi (ok, dai bytes) è chiaramente palpabile e, il che non guasta, il disco non è caratterizzato da quella filologia sonora ricercata a tutti i costi che spesso rende noiosi e pallosi molti dei dischi di blues tradizionale che escono di questi tempi. Meglio, piuttosto, del sano rock-blues, duro o chitarristico o dischi di sani principi come questo Cell Phone Man, disco che potrebbe essere uscito, che so, anche nel 1957, ma visto che vede la luce oggi, lo segnalo all’attenzione degli appassionati del buon Blues d’annata!

Bruno Conti

Vecchia Scuola Blues – Willie Buck – Cell Phone Manultima modifica: 2013-01-15T14:57:00+01:00da bruno_conti
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