Kelly Willis & Bruce Robison – Cheater’s Game – Preminum Records
Come infatti tutti saprete (beh, forse non proprio tutti) Bruce Robison e Kelly Willis, oltre ad essere due ottimi musicisti e songwriters, sono anche felicemente sposati da anni. Entrambi inattivi a livello discografico da diversi anni (Bruce dal 2008, Kelly dal 2007), si sono presi cura dei loro quattro figli durante questo periodo, ed oggi si ripresentano a noi con un disco nuovo di zecca, intitolato Cheater’s Game che, escluso un album a carattere natalizio inciso nel 2006, è il primo vero lavoro in coppia dei due. I due vengono presentati come la prima coppia uomo-donna della musica texana, anche se a memoria mi viene in mente anche quella formata da Waylon Jennings e Jessi Colter (anche se non avevano mai inciso un intero album insieme, solo qualche canzone sparsa, e poi Jessi è dell’Arizona…ma neppure Kelly è texana, e quindi?), ma tutto ciò è per le statistiche: quello che veramente interessa è il livello del disco, che è decisamente buono.
Che i due fossero bravi lo sapevamo (anche se a Bruce ho sempre preferito di un’attaccatura il fratello Charlie, parere personale), ma che tornassero dopo cinque-sei anni con un lavoro di questo livello non me l’aspettavo (e ve lo dice uno che non ha mai amato i dischi di duetti, specie maschio-femmina, anche se ad onor del vero c’è da dire che di duetti veri e propri ce ne sono pochi, per la maggior parte del disco i due si dividono i brani da cantare, armonizzando di volta in volta sulla voce solista dell’altro). Ben prodotto da Brad Jones e registrato a Nashville con pochi ma fidati sessionmen, Cheater’s Game è un concentrato di pura Americana made in Texas, una miscela vincente di country, honky-tonk, bluegrass, roots e qualche puntatina nel rock, con circa metà dei brani scritti da Robison da solo o in compagnia (la Willis non partecipa al songwriting in questo disco), ed una scelta di covers decisamente azzeccata.
Si parte con la title track, una country song molto classica, dal passo lento, con fiddle e violini d’ordinanza e Kelly subito in parte (Bruce qui si limita a qualche backing vocals). Border Radio è proprio il classico dei Blasters, ma il brano non è né rock come l’originale dei fratelli Alvin, né lento come la versione solista di Dave, bensì ha un accompagnamento elettroacustico più rootsy, anche se un po’ sottotono: una versione discreta ma si poteva fare meglio; We’re All The Way, di Don Williams, è arrangiata in modo asciutto ed essenziale, ma la melodia gradevole ed un certo retrogusto mexican la rendono degna di nota. Long Way Home (Hayes Carll) è un brano dalla scrittura superiore: Carll è uno dei talenti più fulgidi venuti fuori negli ultimi anni in territorio Americana, e quindi i coniugi Robison non devono fare altro che cucire addosso al brano una strumentazione misurata ed il gioco è fatto; 9.999.999 Tears è un successo anni settanta di Razzy Bailey, un artista oggi dimenticato, un brano proposto con uno squisito gusto retro, tra country e pop d’altri tempi. La polverosa Leavin’ ha il sapore del Texas nelle note, But I Do è invece una sorta di bluegrass, tra antico e moderno, con tanto di tuba a farsi largo tra violini e banjo.
No Kinda Dancer è un noto brano di Robert Earl Keen, una versione forse meno incisiva di quella del suo autore, ma che fa comunque emergere la bellezza della melodia; Lifeline, mischia bluegrass e rock, un cocktail riuscito, Ordinary Fool è la tipica ballata texana, intensa e profonda. L’album si chiude con il country’n’roll di Born To Roll, la tenue e bucolica Waterfall e con la vibrante Dreamin’, melodica, diretta e vivace, una delle migliori del disco.In definitiva, si può dire che se la coppia Kelly Willis/Bruce Robison funziona alla grande a livello famigliare (quattro figli sono lì a dimostrarlo), non delude neppure discograficamente parlando. Il tempo dirà se Cheater’s Game è solo una collaborazione estemporanea o l’inizio di una vera e propria carriera parallela per i due.
Marco Verdi