Capperi Che Band! The Dirty Guv’nahs – Somewhere Beneath These Southern Skies

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The Dirty Guv’NahsSomewhere Beneath These Southern Skies – Blue Rose/Dualtone CD

Devo confessare che non avevo mai sentito parlare dei Dirty Guv’Nahs, sestetto proveniente da Knoxville, Tennessee, e quando ho ascoltato per la prima volta questo loro album sono saltato sulla poltrona. Il fatto che dal 2008 vengano nominati ogni anno “la migliore band di Knoxville” può voler dire tutto e niente (Knoxville non è né Los Angeles né New York), ma vi assicuro che questi Guvs (in America li chiamano così per far prima) sono davvero bravi.

I due leader e principali autori dei brani sono il cantante James Trimble, una forza della natura, ed il chitarrista Michael Jenkins, poi ci sono i fratelli Aaron e Justin Hoskins alla sezione ritmica, Cozmo Holloway alla seconda chitarra e l’ottimo Chris Doody alle tastiere. I sei ragazzi sono una band tosta, tostissima, suonano un rock chitarristico molto classico, con spiccate influenze sudiste e massicce dosi di soul: il riferimento più vicino sono i Black Crowes, ma anche Rolling Stones e Faces (che guarda caso sono anche i principali ispiratori del gruppo dei fratelli Robinson), un tipo di musica che ormai non suona quasi più nessuno ed anche per questo risulta gradita.

Il sound è chitarristico, ma pianoforte ed organo sono spesso protagonisti, ed i fratelli Hoskins picchiano duro con basso e batteria: il tutto condito dalla notevole voce di Trimble, un timbro simile a quello di Steven Tyler, ma meno sguaiato. Somewhere Beneath These Southern Skies (uscito già da un annetto circa in America, ora in Europa per la Blue Rose) è il loro terzo album, ma il primo con una distribuzione decente (i primi due erano indipendenti) e sicuramente quello che li farà conoscere ad un pubblico più vasto: in America sono già una piccola realtà, avendo di recente aperto i concerti della Zac Brown Band e di Grace Potter & The Nocturnals.

Quattordici brani, cinquanta minuti di musica che oscilla tra il buono e l’ottimo, con solo un paio di episodi leggermente meno riusciti: produce il tutto Ross Copperman (molto noto a Nashville come songwriter), una produzione asciutta, classica ed essenziale, senza fronzoli. L’album inizia ottimamente con la splendida Can You Feel It, rock song di stampo classico, chitarre possenti, un bel refrain e la vocalità potente di Trimble: un avvio degno di una band di veterani.

Anche Don’t Give Up On Me offre un sound forte e vibrante, una ballata rock pura ed incontaminata, come oggi purtroppo in pochi sanno (o vogliono) fare. Good Look Charm ha un attacco (e pure il seguito) figlio degli Stones, con i fiati che danno un sapore più soul e James che canta benissimo, la fluida Temptation è southern rock deluxe, con chitarre e piano protagonisti, mentre Honey You è puro rock’n’roll, coinvolgente e contagioso, perfetta da suonare dal vivo. Un inizio al fulmicotone, e non siamo neppure a metà disco.

Live Forever, che non è quella di Billy Joe Shaver, inizia come una ballata (il suono è splendido), poi si elettrifica e diventa una rock song fatta e finita; 3000 Miles è più distesa e rilassata, anche se le chitarre restano in primo piano. E’ difficile trovare un momento di stanca: la bellissima e soulful This Is My Heart ricorda molto i Corvi Neri, ed è una goduria per le orecchie, Fairlane ha una melodia diretta e gradevole, mentre Lead Kindly Light è forse un po’ troppo prodotta, ma è un peccato veniale.

Dear Alice, guidata dal piano, sembra uscita da un vinile degli anni settanta, Child è dura e spigolosa, forse la meno brillante, ma nel finale i Guvs piazzano un uno-due da KO con la deliziosa soul ballad Goodnight Chicago e la sudista al 100% One Dance Left, guidata da una bella slide.

Saranno anche sporchi questi Governatori, ma come suonano!

Marco Verdi

Capperi Che Band! The Dirty Guv’nahs – Somewhere Beneath These Southern Skiesultima modifica: 2013-05-11T14:52:08+02:00da bruno_conti
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