Di Nuovo Lo “Smilzo”! Too Slim & The Taildraggers – Blue Heart

too slim blue heart.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Too Slim And The Taildraggers – Blue Heart – Underworld Records

In questi ultimi anni sono diventato una sorta di “cantore” delle gesta di Tim Langford, in arte Too Slim. E se il disco acustico in solitaria dello scorso anno, Broken Halo, pur non entusiasmandomi, non era poi malvagio one-man-ban-tim-too-slim-langford-broken-halo.html, i precedenti Shiver e il disco dal vivo Time To Live, avevano confermato la bontà di un personaggio in pista da più di 25 anni e con una quindicina di album al suo attivo. Ma questo Blue Heart è uno dei migliori della sua carriera e lo rilancia ai vertici qualitativi di metà anni ’90, quando vinceva parecchi premi, nelle varie classifiche blues di fine anno. Il bassista E. Scott Esbeck (già con i Los Straitjackets) e il batterista Jeff “Shakey” Fowlkes ( con Robert Bradleys Black Water Surprise, Kid Rock, Uncle Kraker) sono i nuovi Taildraggers, ma non suonano nel disco! Ohibò, e questo cosa vuol dire? Significa, come ricordo spesso, parere personale magari non condiviso, che i nomi sono importanti e ricordarli aiuta a capire cosa si ascolta. In caso contrario come farebbe uno a ricordare quei meravigliosi musicisti che suonavano, che so,  nei dischi registrati ai Muscle Shoals Studios o in quelli della Motown o della Hi Records, per citare alcuni casi eclatanti.

Ma anche oggi i nomi di produttori e musicisti sono importanti: prendiamo questo album, il produttore è Tom Hambridge che suona anche la batteria (all’opera con profitto negli ultimi anni con Eric Burdon, Joe Louis Walker, Thorogood, James Cotton, Buddy Guy) e la differenza nel sound si sente, ogni rullata o colpo di grancassa sembra una schioppettata, e anche gli altri strumenti hanno un suono ben definito da etichetta importante, anche se il tutto poi è stato registrato in quel di Nashville negli studi di una piccola label come la Underworld. Se poi aggiungiamo che anche gli altri musicisti non scherzano un c…., a partire dal bassista Tommy McDonald che suona in tutti i dischi citati prima con Hambridge, e anche nel disco Loosen Up di tale R.B. Stone, che non ha ancora avuto il tempo di sentire ma di cui ho letto ottime case (il giorno ha solo 24 ore!), all’organo c’è Reese Wynans, alla seconda chitarra Rob McNelley, dalla band di Delbert McClinton e come ospite in un paio di brani il leggendario Jimmy Hall, dai Wet Willie e Brothers of The Soutland. E il 50 % è già fatto, se niente niente, il nostro amico riesce a scrivere anche dei buoni pezzi, portiamo a casa il risultato: e i nove pezzi a nome Tim Langford, più un paio di cover di autori pochi noti confermano l’impressione, il disco è buono, se amate quel blues, sapido e ricco di rock, southern, boogie e con coloriture soul e R&B, siete capitati nel posto giusto.

Ok, anche la produzione di Hambridge non può migliorare più di tanto la voce di Langford, ma la inserisce in un ambito più adatto e la valorizza (in fondo non è che Billy Gibbons abbia una voce straordinaria) , non puoi creare un Jimmy Hall, e quando quest’ultimo canta in Good To See You Smile Again, la differenza si sente, ma la voce è un dono di natura, puoi migliorarla come hanno fatto Clapton ed altri nel corso degli anni, ma non si diventa Solomon Burke o Eric Burdon dalla mattina alla sera. Per cui accontentiamoci e godiamoci il boogie  rock “cattivo” di Wash My Hands che riffa alla ZZ Top, con la chitarra anche slide di Too Slim che comincia a fare i numeri. O l’ottimo hard slow blues di Minutes Seem Like Hours, ricco di atmosfere e di chitarre, ma anche il blues più tradizionale della title-track Blue Heart, con l’armonica di Jimmy Hall a dividersi il proscenio con la chitarra di Langford, Hambridge oltre ad essere indaffarato in fase di produzione, aggiungi un filtro alla voce qui, alza il basso di là, picchia di gusto sulla sua batteria e ottiene il risultato del titolo di una canzone, Make It Sound Happy, con il basso pompatissimo di McDonald in soccorso della solista indurita del buon Tim.

Il brano cantato da Jimmy Hall è uno slow blues di quelli Doc, con l’organo di Wynans che soffia in sottofondo. Organo che rimane protagonista anche nelle atmosfere sudiste di When Whiskey Was My Friend per lasciare spazio alla chitarra indiavolata di Langford nella hendrixiana If You Broke My Heart. Ma i blues lenti esaltano le virtù chitarristiche del nostro amico come nell’ottima New Years Blues, mentre il funky di Shape Of Blues To Come di tale David Duncan, al di là dei virtuosismi di chitarra e organo, entusiasma meno. Viceversa Preacher, di uno che si chiama Ross Sermons, è una vera “predica” su come si usa la slide e Tim Langford nel campo non ha bisogno di lezioni. Per la conclusiva Angels Are Back si torna alle atmosfere acustiche del precedente Broken Hall, piacevole e ben suonata, ma elettrico Too Slim è un’altra cosa, se avesse una bella voce, mezzo punto in più!

Bruno Conti  

Di Nuovo Lo “Smilzo”! Too Slim & The Taildraggers – Blue Heartultima modifica: 2013-07-10T17:21:11+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo