Un “Figliastro” Del Blues. Howard Glazer – Stepchild Of The Blues

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Howard Glazer – Stepchild Of the Blues – Lazy Brothers Records

Da Dearborn, Michigan torna il Detroit City Blues di Howard Glazer, il “figliastro” del Blues, come si definisce per questo disco. In effetti la sua versione del blues non è forse delle più canoniche, ma ci sta. Dopo Wired For Sound di cui vi avevo parlato un paio di anni fa  (detroit), Glazer, non più accompagnato dagli El 34S con cui aveva condiviso il precedente disco, ci (ri)propone il suo stile, sporcato dal rock e influenzato dalla musica della sua città di residenza. E quindi, in sequenza, ascoltiamo, il rock-blues ad alta densità di riff del brano di apertura Don’t Love You No More, il misto frutta di Shakin’ che frulla Bo Diddley e Johnny Otis (quello di Willie and The Hand Jive, con tanto di coretti femminili), con la solista di Howard che si fa largo con forza tra i disegni di quella ritmica, tipicamente sincopata.

Come nel precedente disco, il difetto (la voce di Glazer, diciamo non memorabile) rimane, ma il nostro amico cerca di rimediare con una notevole varietà di temi: ad esempio una Gas Pump Blues, solo acustica Resonator, voce e l’armonica dell’amico Harmonica Shah o il lentone Telephone Blues con la chitarra solista che vibra tra BB King e Winter, mentre l’organo di Larry Marek lavora di fino nei paraggi, quasi fosse un brano della Super Session di Bloomfield e Kooper. Honey And Spice potrebbe essere uno di quei R&B malandrini di Wilson Pickett, quando Duane Allman sedeva in session con il Wicked Pickett, purtroppo la voce non è proprio la stessa, ma la chitarra è sempre vivace e guizzante. Somewhere vorrebbe avere l’andatura di una ballata elettroacustica alla Dylan e almeno musicalmente ci prova, organo e chitarra elettrica, oltre ai cori delle due voci femminili, Maggie McCabe e Stephanie Johnson, sono in bella evidenza ma manca qualcosa (oltre alla classe sopraffina dell’autore citato) e rimpiangere la voce di Dylan vorrà pur dire qualcosa.

Cried All My Tears con il frenetico lavoro à la Winter della solista, ricorda il blues elettrico di Muddy Waters, ma senza la vigoria dei due W! Liquor Store Legend si rituffa in quel sound tra organo e chitarra, con coretti di supporto, che è tra i più proficui di questo album, ma, chi li ha, non si strapperà certo i capelli per l’entusiasmo. Hurtful Feeling, posta in conclusione, è forse la migliore del mazzo, un poderoso blues con slide, sulla falsariga di Elmore James, con Harmonica Shah che soffia con entusiasmo nel suo strumento. Il disco merita la sufficienza per l’impegno e passione del titolare, che firma tutti i 9 brani, un onesto lavoro intriso di Blues, indirizzato soprattutto a chi è in astinenza e fa ampio uso delle 12 battute, classiche e non, come in questo caso.

Bruno Conti   

Un “Figliastro” Del Blues. Howard Glazer – Stepchild Of The Bluesultima modifica: 2013-10-22T16:11:03+02:00da bruno_conti
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