Con Calma, Ce La Può Fare. Dalla Motor City il Blues Di Detroit Frank DuMont – Let Me Be Frank

 

frank dumont let me be frank

LetMeBbackBest_-_Thb_800x708

Detroit Frank DuMont – Let Me Be Frank – Self Released

Fino a pochi giorni non avevo mai sentito nominare Frank DuMont, anzi “Detroit” Frank DuMont, e questo già ci fornisce un elemento, è nativo della famosa città del Michigan, la città della Motown (Motor City Town) , ma anche di Stooges, MC5, Bob Seger, Mitch Ryder e altre centinaia di musicisti che negli anni si sono avvicendati lassù, nel profondo Nord degli Stati Uniti. DuMont non è certo uno dei più famosi, se poi aggiungiamo che dopo una lunga gavetta a Detroit e dintorni, per essere franchi, come dice lui nel titolo, si è pure trasferito, prima in California e poi a Colorado Springs  http://www.youtube.com/watch?v=oL8t_EhYhQc, dove opera con i suoi Drivin’ Wheels, si capisce perché non sia mai diventato più di una “gloria locale”. Se poi per registrare questo suo primo album di studio, Let Me Be Frank http://www.youtube.com/watch?v=Ki-M9T8kj6Q , ci ha pure messo più di venti anni, mi sento ulteriormente giustificato nel non conoscerlo (e di musicisti blues in America ce ne sono veramente moltissimi, i più sconosciuti al grande pubblico, alcuni anche molto bravi).

dumont richards

Diciamo che DuMont si colloca in una posizione intermedia, un onesto professionista, indicatissimo per chi ama il genere, una sorta di Bugs Henderson meno fiammeggiante, ottimo chitarrista, buon cantante, amico e musicista con tutti, almeno a giudicare dalle foto sul suo sito, che lo ritraggono con Keith Richards, Billy Cox (il bassista di Hendrix, che appare anche nel disco), Albert King, John Lee Hooker, James Cotton, Johnny Winter, Mitch Ryder e Jim McCarty dalla sua città, Detroit, oltre a tantissimi altri, basta che ci sia un fotografo in giro e Frank si mette in posa. Con la gran parte ci ha anche suonato, in giro per gli States e in Europa, fisicamente sembra una sorta di Alvin Lee invecchiato prematuramente, ma musicalmente si difende. Certo non sono molti i dischi le cui registrazioni iniziano nel marzo del 1991 in California e a Memphis, Tennessee e si concludono nel 2012, tra Colorado, California, Alabama e ancora Tennessee, sia a Nashville che a Memphis, ai leggendari Ardent Studios, passando anche per i Sun Studios.

dumont albert king

Il risultato è un piacevole disco di blues che deve in ugual misura a quello classico quanto a quello misto a rock che era praticato dagli inglesi tra la fine anni ’60 e i primi ’70  http://www.youtube.com/watch?v=HpINenLbgfE. Travelling Riverside Blues uno dei due brani (anzi tre) di Robert Johnson (del quale nella foto di retrocopertina appare la pietra tombale, insieme a una bellissima chitarra National dal corpo di acciaio) presenti nell’album, sembra un brano che avrebbero potuto fare i Chicken Shack di Stan Webb o i Groundhogs nei loro anni d’oro. Ma la versione di Crossroads, solo voce e chitarra acustica bottleneck è quanto di più tradizionale e classicamente americano si possa immaginare, per poi scatenarsi in una Blues For Buddy, l’unico brano originale firmato da DuMont, dove con l’aiuto di Deacon Jones, il vecchio organista di Freddie King, Billy Cox al basso e il resto del suo gruppo. confeziona un brano strumentale che è quanto di più elettrico e sperimentale ci si possa aspettare in un ambito blues, con la chitarra che viaggia che è un piacere.

dumont hooker

Andando a ritroso nel resto del CD, dove appaiono anche l’ottimo pianista David Maxwell e, in parecchi brani, una piccola sezione fiati, ascoltiamo una sorta di Blues Greatest Hits. Key To To Highway, molto lineare, con fiati, tra King vari e Clapton, Tore Down, un altro super classico  http://www.youtube.com/watch?v=HEZpeeN5mNk, e si farebbe prima a dire chi non l’ha mai suonato, bella versione, una Every Day I Have The Blues, veloce sia nei tempi che nella durata, non dissimile da quella che faceva la Marshall Tucker, ma con i fiati aggiunti. Uno slow lancinante come How Blue Can You Get?, tratta dal manuale “B.B.King” http://www.youtube.com/watch?v=4xTFm20NiYY e due strumentali super classici ancora, come Hide Away e The Stumble, prove di guida con chitarra per ogni esame di Blues che si rispetti, in cui Frank DuMont si merita la promozione alla grande, con Deacon Jones che probabilmente suonava l’organo anche negli originali di Freddie King.

dumont live

Il terzo brano di Robert Leroy Johnson, dove DuMont suona tutti gli strumenti, per dirla alla milanese mi sembra un po’ loffia, moscia se preferite. Invece, “strana” ma peculiare è una versione strumentale di I’ll Be There un brano di un gruppo di quella Tamla Motown citata prima, i Jackson 5, la canzone con tanto di clavicembalo, corno francese, sax, tastiere e slide in questa vece evidenzia le similitudini, che non avevo mai notato, con un altro artefatto del tempo, Rain And Tears degli Aphrodite’s Child, una curiosità che fa da ciliegina sulla torta ad un disco piacevole e un bravo musicista, come potete vedere e sentire nei vari video linkati nel Post!

Bruno Conti  

Con Calma, Ce La Può Fare. Dalla Motor City il Blues Di Detroit Frank DuMont – Let Me Be Frankultima modifica: 2013-12-05T12:11:13+01:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo