E Sono Tre Consecutivi, Uno Meglio Dell’Altro! Charlie Musselwhite – Juke Joint Chapel

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Charlie Musselwhite – Juke Joint Chapel – Henrietta Records

Charlie Musselwhite in questi ultimi anni sta vivendo una sorta di seconda o terza giovinezza, dopo l’eccellente The Well che nel 2010 lo aveva visto esordire per la Alligator e l’ottimo Get Up registrato in coppia con Ben Harper, e candidato ai Grammy nel 2013, il musicista di Kosciusco, Mississippi, probabilmente il più grande armonicista bianco vivente, e uno dei più grandi di sempre, pubblica un ennesimo album, uscito sul finire del 2013 per la piccola etichetta Henrietta Records e quindi non facilissimo da reperire http://www.youtube.com/watch?v=t1rtvFx9Ypo .

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Si tratta della registrazione di un concerto dal vivo tenuto nell’agosto del 2012 al Juke Joint Chapel, in quel di Clarksdale, Mississippi, uno dei luoghi di nascita del blues. Devo ammettere che il CD ad un primo frettoloso ascolto non mi era parso straordinario, “business as usual” per Musselwhite, un buon disco ma niente per cui stracciarsi le vesti. E invece, ascolto dopo ascolto, questo Live si rivela uno dei migliori della carriera di Charlie: fresco e pimpante, ancora con una voce in pieno controllo, con la consueta, innata, maestria all’armonica, accompagnato dalla propria band, che ormai lo segue da parecchi anni – Matthew Stubbs, chitarrista tra i migliori attualmente in circolazione in ambito Blues, l’eclettico June Core, batterista tra i più capaci tecnicamente, anche per il suo passato nel funk e nel jazz e il bassista Mike Phillips, solido e inesorabile nel tenere il ritmo, ma capace, di tanto in tanto, di virare le sonorità del suo strumento verso un walking bass di Motowniana memoria – Musselwhite sciorina il meglio del suo repertorio (e questo spesso fa la differenza, dal vivo o su disco) in un concerto ad alta gradazione e ricco di classici, ma non solo.

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L’apertura è affidata a Bad Boy, un brano scritto da Eddie Taylor, che è l’essenza delle classiche 12 battute del Blues, cantato con convinzione da Charlie che comincia a soffiare con forza nel suo strumento, mentre Stubbs, oltre ad accompagnare, con economia di suoni, inizia ad estrarre dal suo strumento una serie di solo subito efficaci. L’atmosfera si scalda subito e la band si lancia in una rivisitazione di Roll Your Moneymaker (non Shake!), con la chitarra pungente di Stubbs ancora in evidenza, e tutto il gruppo che risponde alle esortazioni vocali del leader con un arrangiamento corale di rara efficacia. Il primo momento topico del disco (già notevole fino ad ora) è una versione da train time di un brano di Tony Joe White, As The Crow Flies, che ben si adatta alle dodici battute, Core è prodigioso dietro i suoi tamburi e i due solisti si lanciano in acrobatiche improvvisazioni sonore che deliziano il pubblico presente e noi ascoltatori privilegiati http://www.youtube.com/watch?v=ElUh83Z2QYc . Gone Too Long serve per prendere il fiato un attimo http://www.youtube.com/watch?v=BJEDkDaS18M  prima di lanciarsi in una lunga e travolgente versione di It Ain’t Right, uno dei cavalli di battaglia di Little Walter (e di Musselwhite), presa di petto a ritmi ancora più frenetici della cover di White, qui il tempo del treno è quello di un rapido in piena corsa, con l’armonica in grado di acrobazie sonore veramente letali, sembra di essere tornati ai tempi della prima Charley Musselwhite’s Southside Band, quella che esordiva su Vanguard nel lontano 1967, quest’anno, a fine gennaio, sono 70 gli anni anche per il nostro amico, ma dall’energia profusa non si direbbe.

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Inutile dire che anche Stubbs ci dà dentro alla grande. Poi si lanciano in Strange Land, il primo brano a portare la firma del titolare del disco, ma che per il drive alla Bo Diddley che gli appioppano con una vigoria inconsueta, potrebbe essere la versione abbreviata di Who Do You Love tratta da Happy Trails, con armonica aggiunta e con Stubbs che fa i numeri, notevole. E non è finita, Blues Overtook Me, una sorta di biografia in musica della vita del grande bluesman, a tempo di classico Chicago Blues, quello che ha sempre frequentato, anche quando ha lasciato la fredda Chicago per il calore della California http://www.youtube.com/watch?v=pm9LgnwCRJE . River Hip Mama ha la vigoria del blues dei primi Stones, quando idolatravano la musica che giungeva dall’America, breve e concisa http://www.youtube.com/watch?v=brLtg-ktC4A , prima di concedersi ad un suono più classico per la successiva Blues Why Do You Worry Me? Per variare il menu, Feel It In Your Heart, dai ritmi spezzati, ha quasi un flavor country & western misto a sapori latini, il tutto applicato al blues. I’m Going Home è un altro bel esempio di 12 battute classiche condite con i tempi del rock, coinvolgente e diretto e precede la conclusione immancabile dei concerti di Musselwhite, Christo Redentor, uno strumentale nel repertorio della band fin dai tempi in cui Harvey Mandel era la chitarra solista del gruppo, l’unico lento della serata, ma che finale, tra blues, jazz ed improvvisazione allo stato puro, quasi un peccato che finisca così presto. E anche Charlie fa triplete!  

Bruno Conti                  

E Sono Tre Consecutivi, Uno Meglio Dell’Altro! Charlie Musselwhite – Juke Joint Chapelultima modifica: 2014-01-14T12:10:38+01:00da bruno_conti
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