Incontro Tra “Nobili” In Quel Di Memphis! Paul Rodgers – The Royal Sessions

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Paul Rodgers – The Royal Sessions – Caroline/429 Records/Universal 28/01 o 04/02

Partiamo da un presupposto (anche due, forse tre): come potrebbe essere brutto un disco che contiene quattro canzoni del repertorio di Otis Redding (una via O.W. Wright), due di Albert King, una di Ann Peebles (ma la faceva anche Tina Turner), una scritta da Bacharach/David, ma nella versione Stax sfavillante di Isaac Hayes, una scritta da Smokey Robinson per i Temptations (cantata pure dal grande Otis nel ’66) e che inizia con uno dei brani più famosi del repertorio di Sam and Dave? La risposta è ovviamente no, a prescindere! Se a questo aggiungiamo che a cantare “tutto sto popò di roba” c’è una della più grandi voci bianche “nere” della storia della musica rock, Paul Bernard Rodgers, da Middlesborough, Inghilterra, bisognerebbe essere folli a pensarlo. E per mettere anche il carico, i musicisti che suonano nel disco sono (Reverend) Charles Hodges, all’organo, Michael Toles alla chitarra (se dico Shaft può bastare?), LeRoy Jones, al basso, “Hubby” Archie Turner, al piano elettrico Wurlitzer, Steve Potts e James Robertson, alla batteria. Più una quantità notevoli di cantanti di supporto e fiati, radunati ai Royal Studios di Memphis, dove tutti questi “benedetti” signori registravano, sotto la guida di Willie Mitchell, nei dischi di Al Green, Ann Peebles, O.W. Wright, Syl Johnson e miriadi di altri, dischi nati nel profondo Sud degli Stati Uniti, a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, quando la soul music era al suo apogeo creativo.

Il titolo un po’ criptico del Post sta a significare proprio questo, un incontro della “nobiltà” della musica, cantanti, canzoni (che perdono la loro intangibilità, tanto sono belle), musicisti, studi di registrazione, tutte le cose che la musica moderna sta cercando di ammazzare. Il tutto unito dalla voce ancora incredibile di Paul Rodgers, uno che nella sua carriera ha cantato ogni genere: il blues e il rock fusi in un tutt’uno nei leggendari Free (All Right Now la conoscono anche i giovanissimi, perchè periodicamente riappare in uno spot o in una colonna sonora, con il suo riff inconfondibile http://www.youtube.com/watch?v=bHNxuo4i5Ds ), l’hard -rock, american style, che ha influenzato intere generazioni di rockers negli anni a venire, ma che era suonato da quattro musicisti inglesi, e anche un po’ di avventure finite male, i Firm con Jimmy Page e i Law con Kenney Jones, è meglio non ricordarli. Come molte delle avventure soliste del nostro amico: con una grande eccezione, guarda caso un altro tributo, Muddy Water Blues: A Tribute To Muddy Waters, il titolo dice tutto e Rodgers era accompagnato da una sflilza di chitarristi da paura (però sono passati più di 20 anni, era il 1993, anno in cui usciva anche uno splendido EP dal vivo, altrettanto bello, The Hendrix Set, dove omaggiava il mancino di Seattle

Nel frattempo reunion varie dei Bad Company, con molti dischi e DVD dal vivo, qualcuno anche bello e l’avventura con i Queen, dove, francamente, la voce pur potente ed espressiva di Paul, che aveva influenzato proprio quella di Mercury, non c’entrava molto con il repertorio degli ultimi anni della band inglese, con un risultato non disastroso, ma fondamentalmente inutitle. Come “splendidamente” inutile è questo The Royal Sessions. Molti si chiedono che senso ha rifare, quasi pari pari, dei classici della musica soul, quando potresti fare qualche bel dischetto di dubstep o nu soul “moderno? Ahia, mi sono fatto male mordendomi la lingua, boccaccia mia statti zitta, una risposta ce l’avrei ma mi taccio! Oppure cantanti come Bruno Mars, Pharrell o gruppi come i Daft Punk ed altri che eccellono proprio quando i “loro” brani meglio riescono ad imitare gli originali, presentando le canzoni come frutto di ispirazione quasi preternaturale (non sentite su vecchi dischi, aleggiano nell’aria), o i geni dell’hip-hop e del rap che per fare prima i brani famosi li campionano, però tutto questo è di Moda!

Allora a questo punto meglio un disco come questo, dove tutto è quasi “matematico”, gli arrangiamenti, la produzione (di Perry Margouleff, che con assoluta nonchalance passa dai Maroon 5 al soul della Hi Records), l’abilità dei musicisti e quella componente spesso trascurabile, come si chiamano quelle robe? Ah sì, le “canzoni”, un fattore infimo! E allora scorrono I Thank You di Sam & Dave , Down Don’t Bother Me di Albert King e I Can’t Stand The Rain, che cantava da par suo Ann Peebles, tutte in versioni gagliarde e sanguigne, con Rodgers che ha ancora una voce della madonna, dategli delle canzoni e lui sa cosa farci. L’uno-due da sballo di I’ve Been Loving You Too Long (To Stop Now) (in una long version memorabile) e That’s How Strong My Love Is, tratte dall’opera di Otis Redding, fa bene al cuore e alle coronarie. La versione di Walk On By non è quella, peraltro sontuosa, scritta da Burt Bacharach per Dionne Warwick, ma è quella concepita alla Stax da Isaac Hayes per il suo stupendo Hot Buttered Soul. Senza raggiungere i dodici minuti di quella versione memorabile gli elementi ci sono tutti, il wah-wah di Toles, gli archi, le coriste “in calore”, una piccola meraviglia. Questo signore compie 65 anni a fine anno, ma è ancora una potenza, non per niente nel 2007 si è pure sposato una Miss Canada ( un po’ di gossip). Any Ole Way è considerato un brano minore dell’opera di Otis Redding, era il lato B di Satisfaction, poi inserito nella Collector’s Edition di Otis Blue, il capolavoro del King Of Soul , ma averne di canzoni “minori” così. Anche It’s Growing non è conosciutissima ma canzoni così sono delle perle della soul music. I Free avevano altri brani del repertorio di Albert King nel loro carniere (The Hunter!), ma questa versione di Born Under A Bad Sign risveglia vecchi ricordi, il blues si riaffaccia sul percorso sonoro di Rodgers, meno dura e più sinuosa rispetto alle “cattiverie” dei vecchi tempi, ma sempre un bel sentire. La conclusione sarebbe affidata ad una strepitosa I’ve Got Dreams To Remember, sempre Otis!, mamma mia come canta, come si chiama quella cosa che o ce l’hai o se no non la inventi? Feeling, forse? Qui ce n’è a tonnellate. D’altronde si tratta di una delle più belle canzoni di tutti i tempi: senza urlare, strepitare, esagerare, Paul Rodgers la canta come se ne andasse della sua vita.

Dicevo sarebbe, perché se comprate la versione Deluxe del CD (vi pareva potesse mancare) trovate altri tre brani: due omaggi al maestro di Otis (perchè tutti ne hanno avuto uno), quel Sam Cooke dalla voce melismatica che potrebbe essere considerato uno degli inventori della soul music, con altre due versioni micidiali di Shake e Wonderful World, e uno a sé stesso con Walk In My Shadow ,che era uno dei brani più belli dei Free. Non vi basta ancora? C’è pure il DVD con il “making of” del tutto, dove potete vedere un drappello di grandiosi musicisti mentre si preparano a regalarci questa delizia che spero si poserà nei vostri lettori al più presto. Dal 28 gennaio in Europa e dal 4 febbraio negli Usa. Nel 2013 Boz Scaggs aveva registrato un ottimo Memphis che correva più o meno su queste coordinate http://discoclub.myblog.it/2013/02/27/la-classe-non-e-acqua-boz-scaggs-memphis/ , Royal Sessions forse è anche meglio, il tempo lo dirà!

Bruno Conti

Incontro Tra “Nobili” In Quel Di Memphis! Paul Rodgers – The Royal Sessionsultima modifica: 2014-01-25T19:44:39+01:00da bruno_conti
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