Signori, Uno Dei “Futuri” Del Blues Elettrico! Jarekus Singleton – Refuse To Lose

jarekus singleton refuse to lose

Jarekus Singleton – Refuse To Lose – Alligator/Ird

Michael Burks (che è stato uno dei suoi mentori) e Joe Louis Walker (che peraltro autorizzo a “toccarsi”, con gesto scaramantico) sono sicuramente i due nomi che per primi si affacciano alla mente ascoltando questo Refuse To Lose, secondo disco di Jarekus Singleton e debutto per la Alligator, il cui boss, Bruce Iglauer, produce l’album. Tra l’altro anche i, diciamo, punti di riferimento di Jarekus, sono (erano) sotto contratto per l’etichetta dell’alligatore. Due, Walker e Burks che anche a livello vocale non scherzavano, personaggi poco riscontrabili pure tra gli artisti neri, in cui canto e destrezza canterina erano più o meno allo stesso livello. Singleton, nativo di Clinton, Mississippi, è uno di quei rari casi di bluesmen giovani, esistono, il soggetto in questione non ha ancora compiuto trent’anni e per chi suona il blues, leggenda vuole, dovrebbe trovarsi ancora nel suo trentennio di apprendistato e gavetta on the road, di solito funziona cosi, poi, verso i 40-50, se hai fortuna, ti fanno incidere il primo disco (ci sono ovviamente delle eccezioni, ma spesso funziona così).

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Infatti se, come nel presente caso, la tua qualità è sopra la media difficilmente puoi sfuggire ai talent scout di fiuto e Iglauer, basta scorrere la lista dei musicisti che hanno inciso per la sua casa discografica, fiuto ne ha parecchio. Bassista e cantante di gospel sin quasi da bambino, poi tramite la radio ha scoperto l’hip hop e il rap, ma, per una volta, dopo essere passato alla chitarra, lo zio lo porta ad un club di blues, dove il giovane Jarekus ascolta I’ll Play The Blues For You di Albert King ed è amore a prima vista (beh, visto quanto appena detto, facciamo seconda): poi arrivano le scoperte di Buddy Guy, Freddie King,  Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix https://www.youtube.com/watch?v=Du8twCEOky4 e Michael “Iron Man” Burks, che lo prende sotto la sua ala protettiva.

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Senza raccontarvi la sua vicenda completa, tutto il Singleton minuto per minuto, il nostro amico si fa la sua gavetta tipica per locali in giro per l’America, pubblica a livello autogestito il suo primo disco, Heartfelt, nel 2011, viene “scoperto” da Iglauer a Memphis nel 2013, una verifica un paio di settimane dopo a Jackson, Mississippi, ed arriva la firma del contratto per l’artista, che nel frattempo ha vinto vari premi a livello locale, ed è stato indicato dalla rivista Living Blues come uno delle “Great Black Hopes”, se mi passate il termine https://www.youtube.com/watch?v=hEKZPmo-9iA . E così ci troviamo tra le mani un musicista che ama la grande tradizione blues, ma vuole anche innovare, con forti tratti rock, accenni hip-hop e rap, usati con classe e giudizio non temete, funky e pop, un artista eclettico che miscela i vari stili, si scrive le canzoni, suona alla grande la sua chitarra (con i buchi, come il groviera, Clevenger, “che cacchio di marca è?” ) con una grinta, una passione, una tecnica, che sono la somma di tutti i nomi citati https://www.youtube.com/watch?v=FIG0UXSMTxU .

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Quando parte il primo brano, I Refuse To Lose, non si può fare a meno di dire, “Cazzo, ma questo suona!”, scusate per il suona, se non ci fossero già stati Hendrix, Stevie Ray Vaughan e tutti gli altri citati prima, avrebbe potuto dire, come Baudo per la televisione, il blues (rock) l’ho inventato io! Facezie a parte, la chitarra viaggia come una cippa lippa, la sua band ci dà dentro alla grande, lui ha nel modo di cantare quel leggero “talking” del rap, ma che voce, ragazzi, ed è solo il primo brano. Purposely ha un incipit che ricorda moltissimo I’m So Glad dei Cream, poi entrano l’organo di James Salone ed il groove funky della ritmica di Sterling e Blackmon, lui canta come un incrocio tra i due citati all’inizio, quindi benissimo e spara dei soli taglienti e tecnicamente ineccepibili, con scale velocissime, svisate improvvise e tutto l’armamentario del grande chitarrista https://www.youtube.com/watch?v=ZBxnhkULszQ . Gonna Let Go sta tra soul e blues, e ci sta benissimo, ritmica e solista alternate e usate alla perfezione, Crime Scene è uno slow blues cadenzato e trascinante con grande controllo della chitarra, che però ogni tanto sfugge e guizza https://www.youtube.com/watch?v=x0ya2v1bSOY , per diventare trascinante in Keep Pushin’, una sorta di All Along The Watchtower part 2, mentre i testi, autobiografici, parlano della sua adolescenza “pericolosa”, da perfetto street singer.

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Ottime anche Suspicion, ben sostenuta dall’organo e Hell, dal testo dove Singleton parla in terza persona, come fosse il fantasma di Stevie Ray Vaughan e narrasse la propria storia, in uno slow blues splendido e lancinante. Hero, vagamente funky e rappata (ma vagamente), potrebbe passare in qualche radio “illuminata”, High Minded,è raffinata e cruda al tempo stesso. Sorry è un altro blues da torcibudella, molto vicino al mood di Burks e Walker, mentre Blame Game, con Brandon Santini all’armonica e Robert “Nighthawk” Tooms al piano, è l’unico blues canonico che potrebbe venire da Clinton, Mississippi, prima di lasciarci con la poderosa Come Wit Me, un altro blues-rock ad alto potenziale chitarristico.

Bruno Conti

Signori, Uno Dei “Futuri” Del Blues Elettrico! Jarekus Singleton – Refuse To Loseultima modifica: 2014-05-10T11:42:41+02:00da bruno_conti
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