Walter Trout – The Blues Came Callin’ – Provogue CD CD/DVD 03-06-2014
Ho sempre considerato Walter Trout uno dei migliori chitarristi di rock-blues attualmente in circolazione, uno degli ultimi grandi prodotti dalla scena americana, negli anni ’70 molta gavetta, poi nei Canned Heat nel 1981 e da lì il passaggio all’ultima grande formazione dei Bluesbreakers di John Mayall, quella che negli anni ’80 lo ha visto a fianco di Coco Montoya, una coppia per una ultima volta in grado di rinverdire i fasti del passato. Nel 1990 ha pubblicato il primo album a nome proprio e quindi si avvicinava a grandi passi il 25° Anniversario della sua carriera da festeggiare nella giusta maniera. Purtroppo, come forse avrete letto, Trout è molto malato, le varie cure che ha tentato nell’ultimo anno per combattere la malattia al fegato che lo ha colpito non hanno dato i frutti sperati, ha perso tra i 50 e i 60 chili di peso, diventando l’ombra di sé stesso, l’unica soluzione per risolvere la situazione, che è sempre più disperata, è quella di un trapianto, ma si tratta di operazioni molto costose, tra annessi e connessi, si parla di 250.000 dollari. Mentre pubblico queste righe siamo circa alla metà di Maggio e la sottoscrizione avviata dalla moglie di Danny Bryant (suo pupillo e protetto) ha comunque raccolto oltre duecentoventimila dollari, e dovrebbe essere chiusa, se volete verificare questo è il link al sito http://www.youcaring.com/medical-fundraiser/walter-trout-needs-a-new-liver-you-can-help-/151911, sperando di arrivare in tempo.
Ho deciso di anticipare la recensione di questo nuovo CD, The Blues Came Callin’, che uscirà il 3 giugno, anche per permettervi di conoscere la situazione, di esorcizzarla se possibile, come ha fatto Walter in questo ultimo anno, dopo l’uscita dell’ottimo Luther’s Blues di cui vi avevo parlato giusto un anno fa http://discoclub.myblog.it/2013/06/16/tra-bluesmen-ci-si-intende-walter-trout-his-band-luther-s-bl/ . Nel frattempo la malattia è progredita ma Trout ha continuato a fare concerti e ad incidere questo nuovo album, fino a che le condizioni di salute glielo hanno concesso, ora entra ed esce dall’unità di cura intensiva tra un ospedale del Nebraska e l’UCLA in California. I testi delle canzoni, sono molto influenzati, ovviamente, dalla sua attuale situazione, ma il disco è sorprendentemente vivo e vitale, uno dei suoi migliori in assoluto e dove non arriva la sua voce, a tratti affaticata, ci pensa una chitarra ancora tagliente e vibrante come nelle sue migliori prove. Nello stesso periodo, per raccogliere altri fondi, sono previste anche la pubblicazione della sua biografia Rescued From Reality – The Life And Times of Walter Trout e un documentario, attualmente in produzione, che verrà allegato alla edizione Deluxe del CD.
https://www.youtube.com/watch?v=btiS6ijncMk
Torniamo alla musica: vi assicuro che non si tratta di piaggeria, il disco è veramente bello, il musicista nativo del New Jersey, ma californiano di adozione, ha scritto per l’occasione dieci brani nuovi, due sono le cover, una dell’amato JB Lenoir, conosciuto tramite il suo mentore John Mayall, proprio presente come ospite nell’album e autore dell’altro pezzo non a firma Trout, una Mayall’s Piano Boogie, che come dice il titolo è un boogie creato all’impronta al piano da John, con i vari musicisti che improvvisano una sorta di jam spontanea e divertente. Per il resto tanto blues(rock) in tutte le sue forme: la tirata e grintosa Wastin’ Away, che nel suo incedere ricorda i migliori Ten Years After, nell’interplay tra la chitarra sempre tagliente di Trout e l’organo dell’immancabile Sammy Avila, con il testo che ricorda che anche se il corpo “se ne sta andando”, lui non molla. Il riff roccioso di The World Is Goin’ Crazy con la chitarra imperiosa di Walter, The Bottom Of The River, altro brano che affronta la sua attuale condizione su uno sfondo musicale elettroacustico di notevole spessore con una bella armonica aggiunta al sound d’insieme.
Take A Little Time è un brano più R&R vecchio stile, una sorta di omaggio al Chuck Berry del periodo Chess, con tanto di pianino suonato da Avila, The Whale è la cover di JB Lenoir, con Mayall punto di riferimento nel blues classico. Willie è una canzone dedicata da Trout alle infinite fregature prese negli anni dall’industria discografica, nella persona di un ipotetico “maneggione”, a tempo di boogie-blues, solido e con un bel alternarsi di chitarra ed armonica, poderoso. Detto della boogie jam con Mayall, c’è spazio anche per uno slow blues torrido come Born In The City, vero marchio di fabbrica di Walter, uno strumentale alla Freddie King, Tight Shoes, che illustra la grande tecnica del nostro, un altro sapido blues elettrico, The Blues Came Callin’, con un eccellente Mayall all’organo e la risposta puntuale della solista in grande spolvero di Trout a dispetto della salute, altro brano che vuole esorcizzare i fantasmi che lo tormentano ultimamente. Se il Blues è una musica che illumina i sentimenti “tristi” della vita, Hard Time è una variazione a tempo di funky-blues di questo tema mentre Nobody Moves Me Like You Do è un sentito omaggio alla moglie Marie, compagna e amore di una vita, madre dei suoi ancora giovani figli, una “hard” ballad che conclude in gloria questo ottimo album, ripeto uno dei suoi migliori di sempre. Forza Walter speriamo che tutto vada bene!
Bruno Conti