Ma Sono Veramente Italiani? Paolo Bonfanti & Martino Coppo – Friend Of A Friend

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Paolo Bonfanti & Martino Coppo – Friend Of A Friend – Felmay

Mi sono fatto la domanda nel titolo (una variazione di quello usato per il  disco solo di Paolo) e, come prevede il “codice Marzullo”, mi do anche la risposta. Dai nomi, ovviamente sì, sono italiani, anzi genovesi e quindi propensi alla ricerca di nuovi e vecchi territori, ma dalla musica che esce dai solchi (sia pure virtuali) di questo Friend Of A Friend non si direbbe. In ogni caso, per quello che possiamo ascoltare in questo album, si dovrebbe parlare, se ci piacciono i paroloni, di afflato internazionale: Bonfanti e Coppo (o chi per essi) sul CD ci consigliano di catalogare il contenuto sotto la voce American Roots Music, quel genere che congloba bluegrass, country, blues, folk, cajun e la musica d’autore, e non si sbagliano. Fin qui nulla di strano, lo fanno in tantissimi. Il problema sta nel farlo bene, e loro lo fanno, come dimostra l’attività solista di Paolo Bonfanti (potete leggere qui http://discoclub.myblog.it/2013/10/16/italiani-per-caso-da-genova-paolo-5731139/, quello che ho scritto sul suo ultimo ottimo album) e quella di Martino Coppo con i Red Wine, storica formazione italiana di bluegrass https://www.youtube.com/watch?v=nJCEMV8nTqs , nella quale, negli anni ’80, militò anche Bonfanti, entrato per sostituire Beppe Gambetta, altro virtuoso del genere, dalla fama internazionale.

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I due, armati dei rispettivi strumenti, il mandolino per Coppo e vari tipi di chitarra per Bonfanti, come è facilmente intuibile dalla foto di copertina non sono più dei giovanotti (ma neppure Jovanotti, per fortuna, mi scappa da dire) e quindi, forti di di una lunga militanza nella musica e di una amicizia altrettanto “storica”, hanno deciso di unire le forze per questo dischetto, Friend Of A Friend, che li vede alle prese con le loro passioni musicali. Il fatto che esca per una etichetta dal nome francese, la Felmay, situata nei pressi di Alessandria e che quello di Bonfanti sia uscito per la Club De Musique, gloriosa etichetta di Courmayeur, probabilmente è del tutto marginale, solo una piccola curiosità. Non marginale invece la scelta dei brani contenuti in questo disco di cui andiamo a parlare. Il CD, lo ammetto, è già uscito da qualche mese, ma come ebbe a dire il maestro Manzi, non è mai troppo tardi per parlarne. Si tratta di prodotti che necessitano di tutte le possibilità che è possibile mettere in campo per spargerne la conoscenza, in quanto assolutamente meritori di essere ascoltati da quanta più gente sia possibile raggiungere, sia da chi ama questo genere, magari un po’ di nicchia, ma qui siamo in un sito di carbonari, sia per i novizi. Il dischetto, oltre che sul sito dell’etichetta e nei negozi specializzati, stranamente, lo trovate anche su Amazon, per cui non avete scuse!

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Nei suoi quattordici brani, parte materiale originale e parte cover scelte con gusto e competenza (e in cui riconosco parecchi dei miei ascolti), scorre la storia della musica americana, con una piccola capatina nella terra d’Irlanda e un paio di soste in quel di Genova, vicino a New Orleans. La canzone di apertura https://www.youtube.com/watch?v=IXJYDaxCaA4 , la title-track, dove accanto alla chitarra di Bonfanti (autore del brano) e al mandolino di Coppo, troviamo anche il basso elettrico di Lucas Bellotti, la fisarmonica di Roberto Bongianino e le percussioni di Alessandro Pelle, indica una strada che potrebbe essere interessante (ri)percorrere anche in futuro, una sorta di ballata country-grass che ci riporta a formazioni storiche come i Dillards, i Country Gazette ed altri, ma con la fisarmonica usata in alternativa al suono classico del violino, canzone molto piacevole ed accattivante che predispone subito all’ascolto del disco, anche in virtù della briosa interpretazione vocale. Tennesse Blues è il primo omaggio ai classici, nel caso un brano strumentale di Bill Monroe, dove i plettri volano a velocità supersoniche sui rispettivi strumenti, un poco come ci piaceva ai tempi ascoltare in dischi come il memorabile album di Norman Blake, Tut Taylor, Sam Bush, Vassar Clements e soci. Ok, qui sono solo in due, ma lo spirito è quello e l’improvvisazione è regina. Nell’ambito cantautori John Prine è uno dei più grandi, e Paradise è una delle sue canzoni più belle, qui viene riletta in una bella versione che lascia spazio anche agli interventi strumentali misurati ma pertinenti dei due protagonisti. Naturalmente non poteva mancare mastro Muddy Waters, in una inconsueta ma intensa versione per mandolino e acustica della sua Catfish Blues.

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Interessante anche l’idea di aggiungere alcuni versi in genovese ad un brano tradizionale tra i più conosciuti, Going Down The Road Feeling Bad, fatto da tutti, da Woody Guthrie ai Grateful Dead passando per Bill Monroe, versione ricca del picking dei due https://www.youtube.com/watch?v=aleGP3umGms , propensione poi ribadita nell’ottima Matilda’s Dance (una giga o un reel?), che profuma di Irlanda o comunque di folk celtico, come usava David Bromberg nei suoi dischi, ma anche i Fairport più acustici o Dan Ar Bras (mi è sembrato di cogliere un riff che sembra uscire da Thick As A Brick dei Jethro Tull, è possibile, o me lo sono sognato?) https://www.youtube.com/watch?v=T_tkpUA8JXM&feature=youtu.be . Anche quella dopo mi pare di conoscerla, Everybody Knows This Is Nowhere è sempre una grande canzone, elettrica alla Neil Young o acustica come in questa versione, l’importante è che ci siano l’immancabile falsetto e il la-la la-la-la, e quelli ci sono entrambi, che poi la versione sia pure bella, con piacevoli intrecci vocali, non guasta. Jesus On The Mainline è un altro super classico, anche se la versione non è elettrica come quella celeberrima di Ry Cooder, la slide (acustica) d’ordinanza non manca, i due se la cantano e se la suonano di gusto, e il supporto ritmico di basso e batteria ci sta a fagiuolo.

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A seguire un trittico di composizioni originali di Paolo Bonfanti: I Got A Mind
è un’altra bellissima ballata molto evocativa, più acustica rispetto all’iniziale Friend of A Friend ma sempre di pari spessore qualititivo e pure Trains, senza tralasciare il solito intricato picking dei due, è un altro brano che utilizza la forma canzone nel migliore dei modi, mentre Dark and Lonesome Night è un altro vivace ed intricato pezzo a tempo di bluegrass. L’ultimo cantautore omaggiato dalla coppia è uno decisamente meno conosciuto, ma dal grande talento, David Wilcox, per reinterpretarne la brillante Rusty Old American Dream Coppo passa alla chitarra, riappare la slide, ma non cambiano i risultati, sempre eccellenti. Si può fare del cajun cantato in dialetto genovese? Certo, basta non dirlo a Zachary Richard che magari si inquieta: Via Da Zena è un altro esempio della formazione a cinque con fisa, che consiglierei di esplorare ancora in futuro, perché mi pare funzioni alla grande. E come direbbe quel nostro amico, Bringing It All Back Home, si conclude con una Wsm, che è l’acronimo di William Smith Monroe, per gli amici Bill, un ultimo brano strumentale che profuma anche di certe avventure di Jorma Kaukonen, tra Quah e gli Hot Tuna https://www.youtube.com/watch?v=oZFCiE2Pxe0 . Sono italiani, confermo, e questo disco è più bello del 70, ma diciamo 80%, di altri progetti omologhi che escono in giro per il mondo. E pensare che quel signore che è partito anche per poi “scoprire” questa musica, veniva dalla loro città.

Bruno Conti

Ma Sono Veramente Italiani? Paolo Bonfanti & Martino Coppo – Friend Of A Friendultima modifica: 2014-06-27T19:01:27+02:00da bruno_conti
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