Altra Bella Notizia? Forse, Ma Non Per I Nostri Portafogli! Bruce Cockburn – Rumours Of Glory Box Limitato

bruce cockburn rumours of glory

Bruce Cockburn – Rumours Of Glory – 8CD + DVD – True North – 28-10-2014

“L’altro” Bruce, quello canadese, è sempre stato uno dei miei cantautori preferiti, negli anni ’70 soprattutto ha pubblicato un body of work di unà qualità stupefacente, una serie di album di altissimo livello che lo hanno reso uno degli artisti di culto più considerati dalla critica musicale e dai fans della buona musica (e comunque globalmente la sua discografia ha venduto più di 2 milioni di copie in tutto il mondo). Senza dimenricare che anche in seguito Bruce Cockburn ha saputo proporre, con meno continuità, altri dischi di notevole spessore.Ora anche per lui arriva finalmente il momento del cofanetto retrospettivo, “purtroppo” la True North, la sua etichetta canadese storica, ha deciso di andare per il collector’s item, ossia un cofanetto a tiratura limitata e numerata, con copie singolarmente autografate dall’autore, il cui prezzo però schizza alle solite vette improponibili: negli Usa si parla di una cifra intorno ai 150 dollari (tipo il Basement Tapes Complete di Dylan, Ok, con due CD e un DVD in più), in Europa si andrà, al momento in cui scrivo, oltre i 150 euro e leggermente meno in Canada, da dove tutto origina, ma sempre ad un prezzo “rispettabile”, a cui vanno aggiunte le spese di spedizione. A questo punto si potrebbe sperare in un estratto dal box, visto che le cose più interessanti, gli inediti, sono raccolti alla fine, nell’ottavo CD (14 brani, due sono nel primo CD) e nel DVD del concerto, registrato tra il 15 e il 17 maggio del 2008, nello Slice Of Live Tour.

Lo stesso giorno, il 28 ottobre, uscirà anche il libro di memorie di Cockburn. Va bene si dirà, ma c’è il solito libro “sciccoso” di 90 pagine, con foto rare, informazioni esclusive sui singoli brani contenuti, però, scusate se sono venale, ma sono sempre tanti soldi. Per cui anche se, come mi pare di avere già detto in altre occasioni, ho avuto l’occasione di essere sullo stesso palco con Bruce Cockburn (niente paura, semplicemente la radio presso cui lavoravo faceva parte degli organizzatori del concerto tenuto al Palalido di Milano il 21 aprile del 1980 e quindi ero seduto su uno sgabello a godermelo, a due centimetri da lui), ci penserò bene sopra, per un eventuale acquisto, magari sperando in una importazione italiana della IRD, che è la distributrice ufficiale per il nostro mercato, ma visto il manufatto limitato sarà dura (chiederò). Questi comunque sono i contenuti completi:

DISC 1

1. The Charity Of Night 2. If A Tree Falls 3. Man of A Thousand Faces 4. One Day I Walk 5. Let Us Go Laughing 6. Bird Without Wings (previously unreleased) 7. Thoughts On A Rainy Afternoon 8. Sunwheel Dance 9. Foxglove 10. Going To The Country 11. It’s An Elephant World (previously unreleased) 12. You Don’t Have To Play The Horses 13. Creation Dream 14. Shining Mountain 15. Hills Of Morning 16. Change Your Mind 17. He Came From The Mountain 18. Musical Friends

DISC 2

1. Fall 2. Blues Got The World 3. Mama Just Wants To Barrelhouse All Night Long 4. All The Diamonds In The World 5. Rouler Sa Bosse 6. Don’t Have To Tell You Why 7. Red Brother Red Sister 8. Gavin’s Woodpile 9. Stolen Land 10. Lord Of The Starfields 11. Silver Wheels 12. Little Sea Horse 13. Celestial Horses 14. Feast of Fools 15. Can I Go With You 16. Wondering Where The Lions Are

DISC 3

1. Incandescent Blue 2. How I Spent My Fall Vacation 3. What About The Bond 4. Fascist Architecture 5. Rumours Of Glory 6. You Pay Your Money And Take Your Chance 7. All’s Quiet On The Inner City Front 8. Justice 9. Broken Wheel 10. The Trouble With Normal 11. Tropic Moon 12. If I Had A Rocket Launcher 13. Waiting For A Miracle 14. Dust & Diesel 15. Yangui Go Home 16. Nicaragua

DISC 4

1. Peggy’s Kitchen Wall 2. Santiago Dawn 3. Maybe The Poet 4. Lover’s In A Dangerous Time 5. To Raise The Morning Star 6. People See Through You 7. Planet Of The Clowns 8. Berlin Tonight 9. Where The Death Squad Lives 10. Anything Can Happen 11. Call It Democracy 12. Gospel Of Bondage 13. Shipwrecked At The Stable Door 14. Radium Rain 15. Understanding Nothing

DISC 5

1. Tibetan Side Of Town 2. Child Of The Wind 3. Great Big love 4. One Of The Best Ones 5. Soul of A Man 6. Cry Of A Tiny Babe 7. Kit Carson 8. Indian Wars 9. A Dream Like Mine 10. Someone I Used To Love 11. All The Ways I Want You 12. Live On My Mind 13. Bone In My Ear 14. Listen For The Laugh

DISC 6

1. The Mines Of Mozambique 2. The Coming Rains 3. Pacing The Cage 4. Night Train 5. the Whole Night Sky 6. Strange Waters 7. The Embers Of Eden 8. Get Up Jonah 9. When You Give It Away 10. Mango 11. Last Night Of The World 12. Use Me While You Can 13. Put It In Your Heart

DISC 7

1. All Our Dark Tomorrows 2. Trickle Down 3. Postcards From Cambodia 4. You’ve Never Seen Everything 5. My Beat 6. Tried And Tested 7. Tell The Universe 8. This Is Baghdad 9. Mystery 10. Beautiful Creatures 11. The Light Goes On Forever

RARE AND PREVIOUSLY UNRELEASED DISC 8

1. Juan Carlos Theme 2. Waterwalker 3. My Hometown Avalon 4. Wise Users 5. Going Down The Road 6. The Whole Night Sky 7. Grinning Moon 8. Song For Touring Around The Stars 9. Come Down Healing 10. Mystery Walk (Instrumental) 11. The Trains Don’t Come Here Anymore 12. Ribbon of Darkness 13. Turn Turn Turn 14. Honey Please Let The Deal Go Down

DVD Bruce Cockburn Live – The Slice O Life Tour Directed by Joel Goldberg Recorded May 15 – 17, 2008

1. Lovers In A Dangerous Time 2. Wait No More 3. How I Spent My Fall Vacation 4. Last Night of The World 5. If I had a rocket Launcher 6. Child Of the Wind 7. Night Train 8. Wondering where the lions are 9. If a tree falls 10. Mystery 11. King Kong 12. This Is Baghdad 13. Stolen Land 14. Pacing the Cage 15. Going To The Country 16. World of Wonders 17. Tibetan Side Of Town 18. The End Of All Rivers 19. Trouble With Normal 20. See You Tomorrow 21. Put it in your Heart 22. Tokyo

Cockburn credo sia l’unico artista al mondo ad avere scritto una canzone sul Fondo Monetario Internazionale, Call It Democracy, e non ci va giù leggero:

Padded with power here they come
International loan sharks backed by the guns
Of market hungry military profiteers
Whose word is a swamp and whose brow is smeared
With the blood of the poor

Who rob life of its quality
Who render rage a necessity
By turning countries into labour camps
Modern slavers in drag as champions of freedom

Sinister cynical instrument
Who makes the gun into a sacrament —
The only response to the deification
Of tyranny by so-called “developed” nations’
Idolatry of ideology

North South East West
Kill the best and buy the rest
It’s just spend a buck to make a buck
You don’t really give a flying fuck
About the people in misery

IMF dirty MF
Takes away everything it can get
Always making certain that there’s one thing left
Keep them on the hook with insupportable debt

See the paid-off local bottom feeders
Passing themselves off as leaders
Kiss the ladies shake hands with the fellows
Open for business like a cheap bordello

And they call it democracy
And they call it democracy
And they call it democracy
And they call it democracy

See the loaded eyes of the children too
Trying to make the best of it the way kids do
One day you’re going to rise from your habitual feast
To find yourself staring down the throat of the beast
They call the revolution

IMF dirty MF
Takes away everything it can get
Always making certain that there’s one thing left
Keep them on the hook with insupportable debt

Per il momento è tutto, ci sentiamo domani con la recensione dell’ultimo, ottimo, John Mellencamp, Plain Spoken.

Bruno Conti

Di Padre In Figlio. Parte Prima! Leonard Cohen – Popular Problems

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Leonard Cohen – Popular Problems – Columbia Records 23-09-2014

 Il titolo del “post” odierno non è, come può sembrare, il titolo di un film, ma serve a segnalare l’uscita, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, dei nuovi lavori musicali del padre, Leonard Cohen, con Popular Problems, e del figlio, Adam Cohen, con We Go Home (di cui parleremo nei prossimi giorni, mentre per lo Spirito Santo dovrete aspettare). Il tredicesimo album di studio di Cohen, Popular Problems è in uscita in tutto il mondo il 23 Settembre, due giorni dopo il suo ottantesimo compleanno (domenica 21), per espressa volontà dell’artista, e presenta nove nuove canzoni per trentasei minuti di “grande musica”: come per il precedente Old Ideas (12) prosegue la collaborazione con Patrick Leonard (Roger Waters, Bryan Ferry, Elton John, Rod Stewart, e purtroppo anche Madonna e la nostra Pausini) nelle vesti di co-autore e produttore, con il curato mixaggio di Jesse E.String e Bill Bottrell. Come sempre Cohen si affida a meravigliosi musicisti, a partire dallo stesso Leonard alle tastiere, il bravissimo violinista Alkexandru Bublitchi, James Hurrah alle chitarre, Joe Ayoub al basso, Brian Macleod alla batteria e percussioni, e l’apporto fondamentale, in queste sue ultime stagioni artistiche, delle coriste Charlean Carmon, Donna De Lory e Dana Glover, che danno il cambio alle “storiche” Webb Sisters.

leonard-cohen-e1407790222383 Leonard Cohen

Ai “problemi popolari” di Leonard, data la ricorrenza anagrafica e la bellezza del lavoro, mi sembra giusto dedicare un commento “track by track”…

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Slow – Un giro di basso introduce la voce baritonale di Cohen, in stile narratore, con un ritornello accattivante e con l’impronta delle coriste che accompagna la canzone nello svolgimento. Suadente.

Almost Like The Blues – Sulle note di un accenno di rumba e delicati tocchi di pianoforte, la voce di Cohen dà vita ad una canzone perfetta da suonare in un fumoso bar di Casablanca. Nostalgica. https://www.youtube.com/watch?v=9VYXECtjOos

Samson In New Orleans – Con questo brano Leonard rende omaggio alla rabbia e al dolore che hanno accompagnato l’uragano Katrina, sulle note dolenti del violino di Bublitchi e i sussurri delle brave vocalist per una splendida elegia. Struggente.

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A Street – Anjani Thomas (musa ispiratrice e compagna del “maestro”) firma questo brano scritto dopo l’11 Settembre, con declamati echi della tragedia su un tessuto di tastiere. Commovente. https://www.youtube.com/watch?v=7gPTwrFYzxY

Did I Ever Love You – L’intro di un pianoforte e la voce alla Tom Waits di Cohen accompagnano un brano che nel ritornello si sviluppa in una deliziosa marcetta, sorretto dai cori e dal violino. Geniale. https://www.youtube.com/watch?v=Wo0C1_wb8yA

 My Oh My – Questa è un’altra grande ballata, lenta, parlata, con una tromba importante che detta il tempo negli spazi non cantati, una canzone che si fa fatica a togliere dal lettore. Coinvolgente. https://www.youtube.com/watch?v=dkJVHmjw6Pc

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Nevermind – La splendida voce di Donna De Lory (la si può ascoltare nei dischi di Carly Simon, Kim Carnes, Santana, Bette Midler, Barry Manilow e purtroppo ancora Madonna, e molti altri) in duetto con Leonard, evoca atmosfere arabe su un tessuto musicale “funky”. Fascinosa. https://www.youtube.com/watch?v=AD16dKpi8uQ

Born In Chains – La gestione di questo brano è durata la bellezza di quarant’anni, un “gospel” sui testi sacri della narrazione dell’Esodo ( e che riflette anche la sua formazione Zen). Religiosa.

You Got Me Singing – Accompagnato da una chitarra acustica, da un violino malinconico e dalle “solite” voci femminili, Mr. Cohen declama una canzone dove torna a pronunciare Hallelujah, una parola che rappresenta molto nella carriera di questo splendido ottantenne ringiovanito. Crepuscolare. https://www.youtube.com/watch?v=uVnxP6e9i-0

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Sulla soglia degli ottanta Leonard Cohen, poeta, romanziere, cantautore e impertinente donnaiolo, è sempre un’artista complesso e affascinante, tuttora con la voglia di scrivere canzoni e fare musica, e lo fa come nei suoi anni d’oro (anche se in maniera diversa), un signore dotato di una voce ancora splendida, profonda, roca e coinvolgente, un “bohémien” ebreo nativo di Montreal che, come in tutta la sua discografia, anche in questo nuovo Popular Problems (per chi scrive migliore del precedente Old Ideas), ha esplorato nuovi confini musicali, regalandoci l’ennesimo capolavoro, nove canzoni creative e innovative che creano uno spazio di riflessione ad ogni ascolto.

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Dopo la nuova proficua collaborazione con Patrick Leonard, al momento non è dato a sapere se l’arzillo canadese promuoverà in tour il nuovo disco, speriamo che nei prossimi mesi decida ancora di omaggiare i suoi numerosi “fans”  con una bella scaletta dal vivo, in tal caso come sempre sarete i primi ad essere informati. Nel frattempo buon compleanno e lunga vita Mr. Cohen!

NDT: Una riflessione, è difficile suscitare benevolenza per qualcuno che ha sottratto circa 10 milioni di dollari ad un pensionato, ma forse chi ama la musica di Cohen deve alla sua ex-manager Kelley Lynch un sentito ringraziamento!

Tino Montanari

Promesse Mantenute, Sempre Più Brava! Ruthie Foster – Promise Of A Brand New Day

ruthie foster promises of a brand new day

Ruthie Foster – Promise Of A Brand New Day – Blue Corn

Ruthie Foster è una delle più brave artiste afro-americane apparse sulla scena musicale americana nelle ultime due decadi, come già ci era capitato di affermare in un Post su questo Blog http://discoclub.myblog.it/2012/02/22/una-grande-soul-singer-ruthie-foster-let-it-burn/, a cui vi rimando per ulteriori dettagli. In possesso di una voce calda e suadente, ma anche potente e vibrante, la Foster viene dal gospel, dalla musica religiosa americana, come questo album ribadisce, ma ha anche stretti legami con la musica nera classica, sia esso R&B o soul, ma anche spruzzate di folk, blues e persino rock, in questo forse la cantante a cui si può affiancare il suo percorso artistico è Mavis Staples, prima gospel singer, nel gruppo del babbo Pop, e poi grande cantante tout court. Ovviamente ci sono legami stilistici e vocali anche con l’amata Aretha Franklin, con Etta James e Nina Simone, ma come già detto ve lo potete leggere nel Post di Tino Montanari.

Questo nuovo album, sin dal titolo, promette un’aria di ottimismo che in questi tempi bui non guasta, sia negli “inni religiosi”, quanto nei brani blues, nelle poche cover questa volta contenute nel disco, comunque cinque. Sicuramente contribuisce la produzione di Meshell Ndegeocello, che nel disco suona anche il basso, e che ha scelto personalmente gli altri musicisti utilizzati nel disco, con l’eccezione degli ospiti, voluti da Ruthie, Doyle Bramhall II alla chitarra in Let Me Know e la straripante voce della cantante gospel Toshi Reagon nella conclusiva Believe.Si va dal delizioso pop-soul dell’iniziale Singing The Blues, con tanto di citazione per Bobby “Blue” Bland nel testo, che ricorda musicalmente la Bonnie Raitt del periodo di maggiore successo, cantata con voce vellutata dalla Foster, all’elettrizzante electric blues-gospel della vigorosa Let Me Know, con annesso ottimo assolo del citato Bramhall, passando per il soul puro di una My Kinda Lover che tanto ricorda il soul puro ed non adulterato delle ballate mid-tempo della Stax, ancora con un breve chitarristico che rinverdisce i fasti delle canzoni dove operava gente come Steve Cropper, Duane Allman e anche Clapton.

A proposito di Clapton, la sua “amica” Bonnie Bramlett è una delle autrici delle bellissima The Ghetto che fu un grande successo per gli Staple Singers (ma la facevano anche Delaney & Bonnie che ne erano gli autori), cantata peraltro in modo divino da Ruthie Foster che si conferma vocalist di categoria superiore. Outlaw è un altro brano soul dei primi anni ’70, scritta e cantata da Eugene McDaniels, magari non tra i più noti praticanti del genere, ma comunque valido, intriso di gospel e di blues il brano è interessante anche per la solita chitarrina insinuante e le evoluzioni scat nel finale.

Second Coming è la cover di un vecchio brano di protesta degli anni ’60 di Willie King, un brano che nel suo dipanarsi tra chitarre acustiche incalzanti, battito di mani sincopato e un organo maestoso può ricordare certe cose di Richie Havens, oltre al classico suono del più profondo gospel. It May Not Be Right è un altro bellissimo brano di stampo sou , scritto dalla stessa Foster e dal grande William Bell (uno degli autori originali dell’epopea Stax), che tratta argomenti inconsueti per il gospel e il soul come il matrimonio gay, mentre Learning To Fly (non quella di Tom Petty) è una bellissima ballata che ricorda le cose migliori di Joan Armatrading, anche a livello vocale (e pure a livello estetico le due si assomigliano parecchio), con entrambe che hanno sempre attinto anche dallo stile di Nina Simone. Di nuovo blues, soul e rock a braccetto in una ottima Believe, sempre caratterizzata dalla solista molto trattata e dalle tastiere incombenti, che unite al sound incisivo del basso e della batteria sembrano farina del sacco della Meshell Ndegeocello, non male comunque.

Brand New Day è l’unica concessione alla tradizione del gospel più puro, cantata a cappella dalla Foster, solo con l’accompagnamento di un tamburello e di un coro di supporto. Complicated Love è un’altra delicata ballata di stampo acustico, che al sottoscritto ricorda sempre le migliori cose della Armatrading (che negli anni ’70, ma anche oggi, era una cantautrice formidabile). E in chiusura un altro brano di questo filone intimista, scritta dall’ottima cantante gospel Toshi Reagon, che duetta con la stessa Ruthie in un ambito folk molto accattivante. Il disco non sarà forse un capolavoro assoluto, ma parafrasando una vecchia pubblicità, “con quella voce può cantare quello che vuole”!

Bruno Conti

Un Cofanetto Per Amatori. Captain Beefheart – Sun Zoom Spark: 1970 To 1972

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Captain Beefheart – Sun Zoom Spark: 1970 To 1972 – 4 CD Rhino – 11/11/2014

Per gli aggiornamenti periodici di cofanetti in futura uscita (anche questo, come quelli di Dylan, Wings e altro di cui si parlerà, verrà pubblicato a novembre, ma la settimana dopo, il giorno 11) è stato annunciato questo box di 4 CD in Limited Edition, dedicato a Don Van Vliet a.k.a Captain Beefheart, che conterrà i 3 album successivi a Trout Mask Replica, rimasterizzati per la prima volta (anche se in CD erano già usciti), più un quarto dischetto di materiale inedito o raro. Per la precisione questo sarà il contenuto:

CD1: Lick My Decals Off, Baby
1. Lick My Decals Off, Baby
2. Doctor Dark
3. I Love You, You Big Dummy
4. Peon
5. Bellerin’ Plain
6. Woe-Is-uh-Me-Bop
7. Japan in a Dishpan
8. I Wanna Find a Woman That’ll Hold My Big Toe Till I Have To Go
9. Petrified Forest
10. One Red Rose That I Mean
11. The Buggy Boogie Woogie
12. The Smithsonian Institute Blues (or the Big Dig)
13. Space-Age Couple
14. The Clouds Are Full of Wine (not Whiskey or Rye)
15. Flash Gordon’s Ape

CD2: The Spotlight Kid
1. I’m Gonna Booglarize You Baby
2. White Jam
3. Blabber ‘n Smoke
4. When It Blows Its Stacks
5. Alice in Blunderland
6. The Spotlight Kid
7. Click Clack
8. Grow Fins
9. There Ain’t No Santa Claus on the Evenin’ Stage
10. Glider

CD3: Clear Spot
1. Low Yo Yo Stuff
2. Nowadays a Woman’s Gotta Hit a Man
3. Too Much Time
4. Circumstances
5. My Head Is My Only House Unless It Rains
6. Sun Zoom Spark
7. Clear Spot
8. Crazy Little Thing
9. Long Neck Bottles
10. Her Eyes Are a Blue Million Miles
11. Big Eyed Beans from Venus
12. Golden Birdies

CD4: Out-Takes
1. Alice in Blunderland – Alternate Version
2. Harry Irene
3. I Can’t Do This Unless I Can Do This/Seam Crooked Sam
4. Pompadour Swamp/Suction Prints
5. The Witch Doctor Life – Instrumental Take
6. Two Rips in a Haystack/Kiss Me My Love
7. Best Batch Yet – (Track) Version 1
8. Your Love Brought Me To Life – Instrumental
9. Dirty Blue Gene – Alternate Version 1
10. Nowadays a Woman’s Gotta Hit a Man – Early Mix
11. Kiss Where I Kain’t
12. Circumstances – Alternate Version 2
13. Little Scratch
14. Dirty Blue Gene – Alternate Version 3

Si tratta delle registrazione classiche con la Magic Band, il primo album, Lick My Decals Off, Baby, pubblicato nel 1970 dalla Straight Records, l’etichetta di Frank Zappa, e prodotto dallo stesso Van Vliet. Il secondo, Spotlight Kid, uscì ad inizio 1972, ed anche se era accreditato al solo Captain Beefheart, nel disco comunque suonavano Harkleroad, Boston, French e Tripp, più Elliot Ingber alla chitarra e Rhys Clark alla batteria in un brano. Prodotto sempre dal “Capitano Cuore Di Bue”, con Phil Schier. Il terzo album, Clear Spot, uscito ad autunno del 1972, prodotto in questo caso da Van Vliet con Ted Templeman, vedeva la presenza al basso dell’ex Mothers Of Invention e fondatore dei Little Feat, Roy Estrada (grande musicista, ma che purtroppo si è rivelato un pedofilo incallito, più volte condannato, l’ultima volta nel 2012, a 25 anni di carcere). Il quarto CD raccoglie materiale inedito dalle sessions per i due album pubblicati nel 1972.

Per oggi è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

Una Gradita E “Consistente” Sorpresa! Rory Gallagher – Irish Tour ’74 Boxset

rory gallagher irish tour '74

Rory Gallagher – Irish Tour ’74 – “No,Butyes! (Sony BMG)” – 7 CD + DVD – 20-10-2014

Questo è uno dei grandi dischi dal vivo della storia del rock, doppio LP con copertina apribile nella sua incarnazione originale in vinile, dieci brani poi riportati in CD in varie edizioni nel corso degli anni, affiancati anche da diverse versioni del film girato da Tony Palmer, con lo stesso titolo, prima in VHS, poi in DVD e Blu-ray, con alcuni extra. Si tratta, forse, del Live migliore della discografia di Rory Gallagher (perchè Live In Europe del 1971 è altrettanto bello, e risveglia ricordi piacevoli nel sottoscritto, in quanto quel tour l’ho visto di persona, andavo a scuola, ma non potevo mancare ad un simile evento, mi ero perso Jimi Hendrix proprio per motivi anagrafici, ma questo no).

Comunque bando ai ricordi personali e veniamo alla storia delle uscite del disco e del film, anche attraverso le immagini…

rory gallagher irish tour rory gallagher irish tour dvd 2003

rory gallagher irish tour dvd 2011 rory gallagher dvd triplo

La copertina originale è quella argentata con la scritta rossa, la prima foto qui sopra è quella della prima versione del CD, poi la prima in VHS e DVD, la terza è quella con le bonus, l’ultima immagine riporta un cofanetto triplo in DVD che la Eagle Rock pubblicherà a metà ottobre, con Irish Tour ’74, Ghost Blues The Story Of Rory Gallagher  https://www.youtube.com/watch?v=1RVZ15JeBSM e Live In Cork https://www.youtube.com/watch?v=UNdO7QIK1dw , il tutto ad un prezzo super speciale.

Meno speciale nel prezzo, ma interessantissimo nei contenuti, è il box da 8 dischetti, in uscita in dopo il 20 ottobre, ecco la tracklist:

Disc 1 & 2

Cork (5th of January 1974)

1. Messin’ With The Kid*

2. Cradle Rock

3. I Wonder Who

4. Tattoo’d Lady

5. Walk On Hot Coals

6. Laundromat*

7. A Million Miles Away

8. Hands Off*

9. Too Much Alcohol

10. As The Crow Flies

11. Pistol Slapper Blues*

12. Unmilitary Two-Step*

13. Bankers Blues*

14. Going To My Hometown*

15. Who’s That Coming

16. In Your Town*

 Disc 3 & 4

Dublin (2nd of January 1974)

1. Cradle Rock*

2. Tattoo’d Lady*

3. Hands Off*

4. Walk On Hot Coals*

5. Laundromat*

6. Too Much Alcohol*

7. A Million Miles Away*

8. As The Crow Flies*

9. Pistol Slapper Blues*

10. Bankers Blues*

11. Unmilitary Two-Step*

12. Going To My Hometown*

13. In Your Town*

14. Bullfrog Blues*

 Disc 5 & 6

Belfast (29th of December 1973)

1. Messin’ With The Kid*

2. Cradle Rock*

3. I Wonder Who*

4. Tattoo’d Lady*

5. Walk On Hot Coals*

6. Hands Off*

7. A Million Miles Away*

8. Laundromat*

9. As The Crow Flies*

10. Pistol Slapper Blues*

11. Unmilitary Two-Step*

12. Bankers Blues*

13. Going To My Hometown*

14. Who’s That Coming*

15. In Your Town*

16. Bullfrog Blues*

 Disc 7

City Hall in Session (3rd of January 1974)

1. Maritime (The Edgar Lustgarden Cut)

2. I Want You  / Raunchy Medley*

3. Treat Her Right

4. I Wonder Who*

5. Too Much Alcohol*

6. Just A Little Bit

7. I Can’t Be Satisfied*

8. Acoustic Medley*

9. Back On My Stompin’ Ground (After Hours)

10. Stompin’ Ground (Alt version)

 Disc 8 (DVD)

The Tony Palmer directed documentary Irish Tour ’74 

(courtesy of Eagle Rock Entertainment)

 * Previously unreleased

Imperdibile, e non aggiungo altro (magari quando ci metto la mani sopra, sempre tempo permettendo, ve ne parlo più diffusamente).

Bruno Conti

george harrison dark horse years

*NDB Già che siamo in argomento ristampe vi segnalo che le date di uscita delle varie edizioni delle due ristampe dei Wings di cui si parla qui http://discoclub.myblog.it/2014/08/10/beatles-news-box-george-harrison-the-apple-years-ristampe-paul-mccartney-wings-venus-and-mars-wings-at-the-speed-of-sound/ vengono spostate al 4 novembre (ma potrebbe essere anche il 21 ottobre, decidersi no?) confermato per il 23 settembre il box di Harrison The Apple Years e viene annunciata per il 21 ottobre anche la ristampa del box, sempre di George Harrison, The Dark Horse Years, 7 CD + DVD

Un Altro “Epigono”! Già, Ma Di Chi? Magic Red & The Voodoo Tribe – The First Temptation

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Magic Red & The Voodoo Tribe – The First Temptation – Mystery Media Inc.

Periodicamente mi capitano tra le mani dei CD della serie “missione impossibile”. Prendiamo questi Magic Red & The Voodoo Tribe, chi sono costoro (o costui) e da dove sbucano? Voi direte, semplice, smanetti un po’ in rete e trovi tutto quello che ti interessa! Giusto! Però, tanto per cominciare, nella biografia sul suo sito, non appaiono nome, luogo di nascita, attuale residenza (parrebbe New York, da altre fonti): in compenso, assolutamente “disinteressati”, troviamo i soliti giudizi magniloquenti. E per cominciare ad inquadrare il personaggio leggi, “Il più grande chitarrista che abbia mai visto dai tempi di Stevie Ray Vaughan” Steve Kennedy, Vice Presidente Vendite Sony Music, “Il più grande chitarrista sconosciuto del mondo” Tim Brack, del management di Kid Rock (?!?), e così via, con molti che lo presentano, di volta in volta, come un incrocio tra Stevie Ray Vaughan (che è ricorrente), Van Halen, Hendrix e Satriani. Segovia no, strano! Quando vedo questi giudizi mi insospettisco subito. Possibile che se è così bravo non si sia mai sentito nominare? Prima di addentrarci ulteriormente, posso comunque confermare che effettivamente bravo è bravo https://www.youtube.com/watch?v=9z7TG8kiqNo#t=13 .

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Se dovessi paragonarlo a qualche recente “scoperta” penserei a BB Chung & The Buddaheads, ovvero Alan Mirikitani, un altro che miscela, blues, rock classico, Hendrix e virtuosismo alla chitarra in un cocktail affascinante http://discoclub.myblog.it/tag/bb-chung-king/ , con una discografia cospicua. E’ apparso dal nulla? Ovvio che no, in effetti questo The First Temptation è il primo disco di Magic Red con i Voodoo Tribe, risale al lontano 1999, nel frattempo ne ha pubblicati altri cinque, un altro con il gruppo, Fire and Soul , tre completamente strumentali, di cui uno, Station Identification, abbastanza recente, che contiene una trentina di brani sui due minuti ciascuno, per ipotetici spot pubblicitari o musica da film (che dovrebbe essere la sua attività, l’unica cosa certa, oltre al fatto che il soprannome gli deriva dal colore dei capelli), ovviamente ho dato una ascoltata veloce a tutta la discografia trovando anche tre ulteriori CD antologici, divisi per genere: le ballate, i pezzi rock, il blues. Il tutto è stato ristampato (o più semplicemente rimesso in circolazione) in tempi recenti, dalla sua etichetta, la Mystery Media, un nome, un programma https://www.youtube.com/watch?v=tCHQoxv4FW8 .

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Manco a farlo apposta, il migliore, come spesso succede, è proprio il primo, l’album di cui parliamo, quello che meglio fonde la sua passione per il rock più tirato, il blues, gli strumentali virtuosistici, con il supporto di un’ottima band e di un cantante, un certo Patrick Vining, con una voce ruvida e potente, che potrebbe ricordare vagamente il Chris Farlowe dei tempi che furono. Quindi gli appassionati della chitarra elettrica più o meno sanno cosa aspettarsi: violente scariche di energia chitarristica, tra Hendrix, Vaughan o l’hard rock del Bonamassa più tirato, come nell’iniziale riffatissimo strumentale Sister Harrys Booogie, dove Magic Red comincia ad arrampicarsi sul manico della sua solista per estrarne dalle corde una serie di improvvisazioni ricche di inequivocabile virtuosismo. Ancora rock-blues ad altra gradazione per una grintosa Low Rent Blues, dove la voce dell’ottimo Vining si divide il proscenio del brano con la chitarra di Red, sempre onnipresente, in quelle sue scale che uniscono le “esagerazioni” di un Vai, un Van Halen, un Satriani, tutti debitamente ringraziati nelle note del CD, con il sound più classico di Albert Collins, BB King o Clapton, anche loro citati nei ringraziamenti del libretto.

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Lo slow blues Don’t Mean Nothing appartiene più a questa seconda fazione, con le fluentissime divagazioni della solista che si avvicinano di più agli stilemi del genere, sempre con un occhio anche su SRV, comunque un bel sentire in entrambi i casi https://www.youtube.com/watch?v=09h7BhTKvXs , e Vining si difende alla grande. Tried To Keep You Satisfied vira quasi sul R&R misto a blues, mentre l’esagerata The Devil Lives In My Amplifier, di nuovo strumentale, ha decisi contorni quasi metal, sia pure di quello buono. Love Me Tonight rende omaggio al suono hard rock anni ’70, tornato molto di moda in tempi recenti, con Magic Red impegnato alla slide e Vining sempre in ottima forma (nome da ricordare) https://www.youtube.com/watch?v=_pCeIYrx3g8 . On And On è una delle più hendrixiane del lotto (o alla Trower se preferite, uno dei suoi migliori epigoni), con Bad Attitude che si spinge sui lidi del southern boogie-rock texano https://www.youtube.com/watch?v=JdqnVOpDlCY , ancora rock-blues per Guitar Man e Looking Down On The World, un altro strumentale “esagerato” come For You Michael, prima di concludere con la breve Those before me, solo Magic Red e la sua chitarra, in questo caso tra blues e jazz.

Bruno Conti

Cinque Simpatici Canadesi, Ma Quello “Abbronzato” Viene Dalla Georgia! Fathead – Fatter Than Ever

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Fathead – Fatter Than Ever – Eletro-Fi

Una delle band storiche della scena musicale blues canadese i Fathead, in attività dal 1992 (quindi comunque non tra le più longeve), vincitrice di un paio di Juno Awards, tra i discendenti di quella scuola che parte dalla fine degli anni 50, quando Ronnie Hawkins chiamò accanto a sé gli Hawks (e Levon Helm disse di di loro “una delle migliori band che abbia ascoltato da lungo tempo”), quelli che in futuro sarebbero diventati la Band, passando per un altro gruppo, questo sì longevo, come la Downchild Blues Band, che i 40 anni di attività li ha già festeggiati. Chi vogliamo ricordare ancora tra i canadesi che si sono distinti in questo tipo di musica: potremmo ricordare i Powder Blues, il compianto Jeff Healey, Rita Chiarelli, Colin James, allargando leggermente lo spettro sonoro anche Colin Linden, risalendo nel passato David Clayton-Thomas, post B S &T,  Amos Garrett, persino Long John Baldry, inglese di nascita, ma  si è trasferito in Canada dai primi anni ’70.

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Proprio dalla band di Baldry proviene Papa John King, l’attuale chitarrista dei Fathead, il più”giovane” del gruppo, anche se come si può arguire dalla foto di copertina non è che i giovani virgulti si spechino https://www.youtube.com/watch?v=Lj6Pa7-nZs4 . Costruiti intorno al nucleo dell’armonicista, sassofonista, chitarrista e cantante Al Lerman e del bassista Bob “Omar” Tunnoch, che sono i due principali autori, i Fathead si avvalgono di una eccellente voce solista nella persona di John Mays, cantante di colore, dalle voce duttile e potente, che è il principale veicolo delle composizioni del gruppo,con Omar Tunnoch  prodigioso bassista, dal suono “grasso” e poderoso, tra i tanti mi ricorda il vorticoso sound che fuoriusciva dallo strumento del leggendario Larry Taylor ai tempi dei Canned Heat (sentitevi un brano come Evil Eye, dove le note che escono dallo strumento sembrano voler sfondare le casse dell’impianto). In effetti il boogie, una certa quota di swing, qualche accenno di soul e R&B (più di uno), il R&R, si amalgamano con il blues più classico, per creare questo ibrido divertente e trascinante che è la musica della band, una sorta di Blues Brothers più professionali e meno volatili https://www.youtube.com/watch?v=6P3-QBW72T4 .

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Hanno pubblicato fino ad oggi una decina di dischi, compreso una antologia, Twenty Years Deep e un live, Livelier Than Eve; tra i dischi del passato ricordo con piacere Where’s Your Head At, quello con lo struzzo con la testa nella sabbia, uno dei loro migliori. Riprendiamo i contatti con questo Fatter Than Ever, dove li ritrovo validi e pimpanti come non mai, una delle band più ruspanti in questo ambito musicale, tutto meno che noiosi e paludati. Dalla scatenata Don’t Leave The Party, un boogie-shuffle dove si gusta anche il pianino dell’ospite Lance Anderson, ma è l’armonica che guida le danze, prima di lasciare spazio all’ancora più incalzante Johnny Says, dove l’autore Omar Tunnoch comincia a pompare il suo basso, ben coadiuvato dalla batteria di Bucky Berger, il tutto sempre a ritmi forsennati di R&R con Papa John King che comincia a fare sentire la sua presenza https://www.youtube.com/watch?v=ZLYKw0xXo2c . Take A Little Time For Yourself si salda anche con le musica delle radici, qualche tocco di New Orleans bayou lì, un pizzico di country blues qua, e il divertimento è assicurato. Evil Eye ricorda nel riff di chitarra addirittura qualcosa dei primi Stones,  quelli più intrippati con il blues, mentre nella deliziosa soul ballad Twenty Second Chances, John Mays si ricorda della sua giovinezza trascorsa in Georgia e dei passaggi nella band di James Brown, Al Lerman estrae il suo sax, Lance Anderson passa all’organo e siamo dalle parti di Memphis, musicalmente parlando.

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When Did You Ever, è un rock a rotta di collo, ancora con un prodigioso Tunnoch al basso, ogni nota un colpo di cannone, e tutta la band che azzecca un groove che profuma di Creedence o dei migliori Blasters, una vera goduria, a tutto riff https://www.youtube.com/watch?v=ispRcLkM_7g . Slippery Slope è un altro R&R/blues di quelli da godere a tutto volume, prima di lanciarsi in un brano che ricorda i migliori Amazing Rhythm Aces, Life Goes on, country-soul di sopraffina fattura. My Brother è un altro poderoso blues-rock di quelli travolgenti, alla Los Lobos, con chitarra e armonica che si rispondono dai canali dello stereo, Better Off Taking Chances sembra un brano del Dr. John più osservante delle regole della musica di New Orleans e Shoot That Rooster e di nuovo un veloce e ritmato jump-blues. Pinching Pennies si situa a cavallo tra funky e R&B, molto coinvolgente, Preacher Man è un gospel di quelli inconsueti, a tempo di rock e blues. Throw Me A Bone, ricorda i trascorsi di Mays con il Godfather of soul, un funky di quelli cattivi, come pure la successiva Cost To Boogie, divertente e godibile, come tutto questo disco. Ottimo gruppo!

Bruno Conti

Sulla Strada Americana Del “Soulful Folk-Rock” D’Autore! Brigitte DeMeyer – Savannah Road

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Brigitte DeMeyer – Savannah Road – BDM Music

Dopo Kris Delmhorst, Robyn Ludwick e Jennifer Castle, ecco un’altro nome da aggiungere alla vostra lista di “female singer-songwriters” di talento e qualità da seguire: è quello di Brigitte DeMeyer nata nel Michigan da immigrati (madre tedesca e padre belga), ma cresciuta nella California del sud, in possesso di una voce bella, intensa e seducente (per certi versi “simile” a quella di Sheryl Crow, ma anche Bobbie Gentry è un nome da spendere e pure Marshall Chapman, take a look https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE), che giunge con questo nuovo Savannah Road al suo sesto album solista. Figlia girovaga di un marinaio, Brigitte dopo un lungo peregrinare si è infine stabilita a San Francisco per intraprendere la carriera di musicista, incidendo il primo disco, Another Thousand Miles (01) una valida proposta country-soul che le ha permesso subito di farsi conoscere e apprezzare; il secondo Nothing Comes Free (03) orientato più verso il blues e il soul le ha ampliato orizzonti e consensi, il terzo Something After All (06) proponeva una sorta di country-roots, con il supporto di grandi nomi, tra i quali Steve Earle, Buddy Miller e Daniel Lanois, per poi arrivare con gli ultimi due lavori, The Red River Flower (09) e Rose Of Jericho (11) https://www.youtube.com/watch?v=6I2ytZnx6yE https://www.youtube.com/watch?v=wMAwcVB9JXc , a proporre una nuova “miscellanea” di generi che spaziava tra country e bluegrass, blues e soul, e anche un pizzico di gospel.

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In Savannah Road (il titolo è stato ispirato dal libro My Cross To Bear di Gregg Allman) tutti i brani sono scritti dalla DeMeyer e la maggior parte in collaborazione con il veterano cantautore Will Kimbrough (ben dieci) https://www.youtube.com/watch?v=mYi78JWzkho  che l’accompagna anche, alla chitarra acustica, banjo e pedal steel e con il valido apporto di musicisti di “area” quali il produttore degli album precedenti Brady Blade , qui alla batteria e percussioni, Jeff Coffin al clarinetto, Ricky Davis alla chitarra slide, Chris Donohue al basso, Jimmy Wallace al pianoforte e tastiere, Guthrie Trapp al mandolino e le McCrary Sisters (sentite ultimamente nel disco Sky Still Blue di Seth Walker dove appare anche Brigitte) che danno un tocco di soul e blues, alle armonie vocali.

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Le “strade” si aprono dinnanzi a noi con la title track Savannah Road, una brano dalle atmosfere vicine al famoso Paris Texas di Wim Wenders, seguita dall’arpeggio di una delicata canzone d’amore come Say You Will Be Mine, una ballata semiacustica, Boy’s Got Soul, cantata con forte emozione da Brigitte, mentre Please Believe Me è un blues “fumoso” del delta, e Big Man’s Shoes è viceversa un motivo delicato e gentile, sostenuto dal clarinetto di Jeff Coffin. Dopo una brevissima sosta la strada riprende con una bellissima Conjure Woman, una canzone dalla fascinosa linea melodica guidata dalla pedal steel di Kimbrough, le note sensuali di Honey Hush, il country alla Julie Miller di Worker, passando per le struggenti note di Home Ground, e un brano stile Motown, Lightnin’ Poor, con le armonie soul delle sorelle McCrary.

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Si arriva (purtroppo) alla fine della strada con la semi-acustica Simmer Right, con un formidabile coro “gospel”, un blues (rubato dai solchi di una Bonnie Raitt d’annata) come Build Me A Fire e una ballata scesa dai monti Appalachi, My Someday , con il banjo e l’armonica di Will a chiudere un lavoro che colpisce direttamente al cuore (sicuramente ciò che ha ispirato il grande Gregg Allman a chiederle di aprire i suoi concerti).

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Non avete nulla della signora Brigitte DeMeyer?, Questa è l’occasione migliore per fare la sua conoscenza, in fondo la buona musica richiede qualche sacrificio e un pizzico di coraggio anche da chi acquista i CD, per quanto ci riguarda la ricerca continua…!

Tino Montanari

“Fenomeni”, Nuovo Capitolo. Pinnick Gales Pridgen – PGP 2

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Pinnick Gales Pridgen – PGP 2 – Magna Carta

E’ passato poco più di un anno e mezzo dalla pubblicazione del precedente album http://discoclub.myblog.it/2013/02/21/esagerati-ma-bravi-un-mini-supergruppo-pinnick-gales-pridge/  e Dug Pinnick, Eric Gales e Thomas Pridgen pubblicano un nuovo album, che, secondo la classica formula del rock, dopo un esordio senza nome, vuole che il secondo porti il numero 2 come titolo (e forse potremo andare avanti, chissà?). Ovviamente la formula musicale, fortemente voluta anche dal loro produttore Mike Varney non muta ( e probabilmente era logico aspettarselo), siamo dalle parti di un hard-rock-blues (poco di quest’ultimo) in forma power-trio, un tipo di musica che nei quasi 44 anni che sono passati dalla scomparsa di Jimi Hendrix, raramente (dovrei dire mai) è stato avvicinato per non dire migliorato. Però, gli ammiratori, gli epigoni, del mancino di Seattle non sono mai mancati: qui addirittura siamo quasi nel patologico, con un chitarrista e un bassista, entrambi mancini, ma non dalla nascita, potremmo dire acquisiti, con Pinnick che per dare una sferzata di originalità al suo stile ha montato le corde del suo basso all’inverso, uno strumento per destrorsi con la corda più spessa in alto https://www.youtube.com/watch?v=OB5tDMyKkp4 .

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Al di là di questi tecnicismi, comunque il contenuto di PGP 2 ribadisce quello del suo predecessore: chitarre a manetta ululanti, spesso con il cry baby inserito, nelle mani di Eric Gales, basso pompato e usato quasi come fosse a sua volta uno strumento solista, batteria dal suono poderoso ed avvolgente, tra derive hard rock e tocchi funky, almeno nel brano di apertura Every Step Of The Way, firmato da Pinnick che la canta https://www.youtube.com/watch?v=_GazRcc3BJ4 . Ma non è che le cose cambino molto nella successiva It’s Not My Time To Die, sostituite la voce di Dug con quella di Gales, che è l’autore del brano, ma chitarra, basso e batteria continuano a macinare note inesorabilmente, con grande virtuosismo ma non una eccessiva varietà di temi, forse un’atmosfera più dark, anche per il testo più “buio” e violento della canzone.

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I tre sono indubbiamente bravi, ma ti danno quella sensazione di oppressione sonora, c’è troppo di tutto, chitarre rutilanti, ritmica megagalattica, voci trattate, come nella esplosiva Psychofunkadelic Blues (bel titolo però), saranno anche i Cream, gli Experience o meglio ancora, la Band Of Gypsys del 21° secolo, però se non amate il vostro rock duro, ma molto duro, si fatica a reggere. Intendiamoci le possibilità ci sono, nella introduzione quasi psichedelica della lunga Watchman, e poi nel corpo della canzone, Gales suona qualcosa che pare un sitar elettrico, ma è probabilmente una chitarra passata attraverso le diavolerie della sua pedaliera, i ritmi rallentano, si fanno meno frenetici, il virtuosismo rimane, visto che la formula è quella, ma si cerca, se non di rinnovarla, perché sarebbe difficile, quantomeno di renderla il più varia ed interessante possibile e in questo brano, a tratti, ci riescono. Interessanti anche le due tracce strumentali, la brevissima Ladonna, solo Eric e le sue chitarre, in modalità, manco a dirlo, hendrixiana, quello più sperimentale comunque, e la conclusiva Jambiance, che come lascia intuire il titolo è una sorta di jam ambient, dalla struttura più melodica e meno frenetica.

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In mezzo troviamo l’heavy blues di Have Cried, con ricorrenti armonizzazioni vocali di Gales e Pinnick, che lo rendono quantomeno inconsueto, il rock più moderato di Like You Used To Do, non particolarmente memorabile, o il lite metal di The Past Is The Past, ovvio come il titolo del brano, bravissimi ma vi devono piacere parecchio questi suoni e non sto sindacando la loro validità, constato! The Past Is The Past, Ain’t Got No Money e Down To The Bone sono ulteriori variazioni sul tema. Se mi posso permettere: c’erano più idee in una singola canzone di Hendrix o dei Cream che in tutto questo disco, ma forse mi sbaglio. In ogni caso suonato molto bene, come i prodotti di Varney in generale, se la cosa può consolare. Ripristinerei le due stellette e mezzo, non è così brutto da meritare due stellette ma non ne vale neppure tre.

Bruno Conti

Dal Canada “Un’Altra Figlioccia” Di Joni Mitchell? Jennifer Castle – Pink City

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Jennifer Castle – Pink City – No Quarter Records

C’è un gran movimento nell’area femminile della canzone d’autore nordamericana, soprattutto nel circuito indipendente, che purtroppo assicura una visibilità minore, in parte bilanciata dalle informazioni che si trovano su Internet, e quindi in questi ultimi anni non è stato infrequente incontrare ed apprezzare nuovi talenti femminili, apparsi quasi improvvisamente alla ribalta musicale. Questo è sicuramente il caso di Jennifer Castle (da non confondere con l’omonima scrittrice), “mitchelliana” fino al midollo, e palese dimostrazione che si può comporre e interpretare buona musica, anche riferendosi a modelli di artisti più importanti https://www.youtube.com/watch?v=Ea9umYpf38E . La signorina è canadese, precisamente di Toronto, nella regione dell’Ontario, e ha già pubblicato due album in passato con il nome Castlemusic Live At The Music Gallery (06) e You Can’t Take Anyone (08), prima di firmare il terzo album con il proprio nome, dal titolo Castlemusic (11), forse in questo ambito con poca fantasia https://www.youtube.com/watch?v=Soa6JDRdTHI . E’ stata anche collaboratrice nei dischi di Doug Paisley, con cui condivide l’etichetta discografica e questa è ulteriore nota di merito.

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Per questo Pink City Jennifer si avvale di un gruppo di veterani musicisti di Toronto (di impronta indie-rock e jazz), tra i quali Ryan Driver pianoforte e flauto, Mike Smith al basso, Paul Mortimer alla chitarra, Jonathan Adjemian alle tastiere, Brodie West al sassofono e come ospite la brava cantautrice Kath Bloom all’armonica, il tutto “miscelato” con gli arrangiamenti di archi di Owen Pallett.

La tracce iniziali, Truth In The Freshest Fruit e Working For The Man, mettono appunto in evidenza gli arrangiamenti d’archi di Pallett (che sono presenti in tutto il disco), mentre la seguente Sparta è cadenzata dal flauto dalle linee melodiche di Ryan Driver, passando ad una ballata pianistica come Nature e per la struggente malinconia di Downriver, a cui contribuisce l’armonica della folk-singer Kath Bloom e l’interpretazione assai “mitchelliana” di Jennifer. Echi della grande Buffy Sainte-Marie si riscontrano nella bellissima Sailing Away (il brano più bello del lavoro), il sussurrato piano e voce di Like A Gun, le note di una chitarra acustica in How Or Why (che sembrano uscire dai solchi dei dischi di Suzanne Vega), le atmosfere anni ’80 (che ricordano la sempreverde Kate Bush) in Broken Vase e per finire in bellezza. le note conclusive della title track Pink City, marchiata e guidata dal sassofono dolente di Brodie West.

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Pink City è una raccolta di riflessioni intime messe in musica dalla Castle, una fusione ben riuscita della prima Joni Mitchell e il modo desolante di interpretare le canzoni (se non la voce) di Paula Frazer dei Tarnation, ma Jennifer ha forse qualcosa in più rispetto alla media, un talento di primo piano (se volete mi gioco la reputazione, tanto non costa niente), per un lavoro di grande fascino con un suono adulto e professionale, che merita molta più attenzione di tante esaltate nuove “stars” (non per nulla anche la rivista inglese Uncut ha parlato molto bene della Castle) https://www.youtube.com/watch?v=Pv0XcFwyVas .

Come da tradizione, in questo “blog” ci piace andare alla ricerca di talenti sinceri e genuini (ce ne sono molti per le “strade” americane e canadesi), ma se per caso la penserete come noi, troverete una nuova amica da gustare musicalmente https://www.youtube.com/watch?v=CjzIKCxcdBg , nel vostro sempre più prezioso tempo libero.

Tino Montanari