Da Musicista A Musicista: Questa Volta Jimmy Ragazzon “Incontra” Marcello Milanese – Leave The Time That Finds

marcello milanese leaves the time

MARCELLO MILANESE – Leaves The Time That Finds (Kitchen Session Vol. 2) – Ultra Sound Records – 2014

Scena Prima:

Brusìo (indistinto, in sottofondo – rumore di bicchieri)

“eh già, Jimmy è amico di Marcello, stessa casa discografica, bevono la Guinness, hanno suonato insieme…ne parlerà per forza bene di sto cd…è la solita storia…”

Scena Seconda:

Notte fonda (silenzio – solo lo sfrigolio della legna nel caminetto)

l’autore seduto davanti ad un vetusto pc – pinta di Guinness posata sulla scrivania, a portata di mano – lampada da tavolo che illumina fievolmente la scena – l’autore inizia a pigiare sulla tastiera, dopo aver agitato il dito medio della mano sinistra verso la notte…

Ci vuole coraggio, tanto coraggio e passione di questi tempi, per fare un album di blues & ballate da solo, praticamente autoprodotto, senza il minimo inutile fronzolo o qualche trovata  furbesca, che strizzi l’occhio alla commercialità.

E Marcello Milanese di coraggio ne ha sempre avuto, misto ad una buona dose di incoscienza, dato che con cadenza quasi annuale, registra e pubblica album, che sono il frutto di un particolare momento, di canzoni scritte di getto e di riletture di brani a lui cari. Il tutto molto rough certo, ma sincero e diretto come il Blues dovrebbe essere quasi sempre. Ci sono periodi in cui non puoi staccare le mani dallo strumento, in cui sei totalmente estraniato da tutto il resto che ti circonda. Suoni, prendi qualche appunto, modifichi un testo, annusi il legno della chitarra, registri sul telefono o sul Geloso a cassette per non scordarti un passaggio, rifai una strofa,  insomma componi musica. Perché la cosa più importante, più urgente e necessaria, è dire quello che senti in quel momento, esprimerti e buttare fuori tutto con i testi e con la musica.

Credo che questo Leaves The Time That Finds sia il frutto di quanto detto, sarcastico fin dal titolo, ma pieno di  umori notturni, riflessioni, sentimento, belle canzoni ed ovviamente anche di puro divertimento.

Costituito principalmente da brani originali e qualche cover non banale, inizia subito con un blues tirato e catramoso come Rumble In The Jungle Town, firmato da Marcello, tra le cose migliori dell’album. Da segnalare poi due belle e personali versioni di Damage Is Done di Zack Wylde lenta e pensosa e con il solo di Marshall Miller (unico ospite dell’album) e della tradizionale Dirty Old Town, come una pagina spersa del Irish Times che galleggia sull’acqua nel delta del Grande Fiume. Long Gone è tra le mie preferite, strumentale ed evocativa, seguita da un brano di Walter Trout che andrebbe ascoltato, tradotto ed insegnato nelle scuole, per la sua triste ma importante attualità. La chiusura è riservata a 2 pezzi di Marcello, tra cui spicca la splendida Hard Times.

Un difetto? A mio parere la rilettura di Jesus On The Mainline, bella ma un poco scontata.

Quindi, come dicevo all’inizio, coraggio, passione ed amore per il Blues e la musica in generale, sono le doti di Marcello Milanese che, in attesa dell’album in studio del trio Milanese Re & Bertolotti, ci consegna un altro piccolo e grezzo pezzo della sua anima…e non è poco.

Jimmy Ragazzon

*NDB Nel Blog avevo recensito un paio di anni fa l’ottimo disco dei Chemako http://discoclub.myblog.it/2012/03/14/americani-di-lombardia-chemako/

Novità Di Fine Novembre Parte II. David Sylvian, Jethro Tull, Climax Blues Band, Mink DeVille

david sylvian there's a light

Ultime quattro uscite per novembre.

Partiamo con un nuovo titolo di David Sylvian, si intitola There’s A Light That Enters Houses With No Other House In Sight (sembra il titolo di una canzone di Morrissey, il genere è “leggermente” diverso), esce come al solito per la sua etichetta Samadhisound, si tratta di un brano di un’ora, senza divisioni di tracce, di musica strumentale, definita ambient music o classica sperimentale, interrotta solo dagli interventi di una voce narrativa, quella di tale Franz Wright. Dalle recensioni viste è stato o molto apprezzato o stroncato di brutto. Per chi scrive appartiene alla categoria “not my cup of tea, thanks”, anche se sicuramente è interessante.

jethro tull tull war child 40th anniversary

Continuano le ristampe a cura di Steven Wilson, in occasione dal 40° Anniversario dall’uscita, dei dischi dei Jethro Tull, questa volta tocca a War Child, considerato dai fains dei Jethro (non da tutti) uno dei picchi della loro carriera, forse esagerando, ma negli anni successivi ne hanno fatti di decisamente peggiori!. E’ uscito sempre il 25 novembre, per la Parlophone/Warner, come un cofanetto quadruplo, 2 CD e 2 DVD, con il seguente contenuto:

Disc One
1. WarChild
2. Queen and Country
3. Ladies
4. Back-door Angels
5. SeaLion
6. Skating Away on the Thin Ice of the New Day
7. Bungle in the Jungle
8. Only Solitaire
9. The Third Hoorah
10. Two Fingers

Disc Two – The Second Act: Associated Recordings
1. Paradise Steakhouse
2. Saturation
3. Good Godmother*
4. SeaLion II
5. Quartet
6. WarChild II*
7. Tomorrow Was Today*
8. Glory Row
9. March, The Mad Scientist
10. Rainbow Blues
11. Pan Dance

WarChild Orchestral Recordings

12. The Orchestral WarChild Theme*
13. The Third Hoorah (Orchestral Version)*
14. Mime Sequence*
15. Field Dance (Conway Hall Version)*
16. Waltz Of The Angels (Conway Hall Version)
17. The Beach (Part I) (Morgan Master Recording)*
18. The Beach (Part II) (Morgan Master Recording)*
19. Waltz Of The Angels (Morgan Demo Recording)*
20. The Beach (Morgan Demo Recording)*
21. Field Dance (Morgan Demo Recording)*

* Previously Unreleased

DVD 1 (Audio & Video)

Contains:
* WarChild remixed to 5.1 DTS and AC3 Dolby Digital surround sound and 96/24 PCM stereo.
* A flat transfer from the original 1974 LP master at 96/24 PCM stereo.
* A flat transfer of the original 1974 Quad LP (with additionally Glory Row & March, The Mad Scientist) at 5.1 (4.0) DTS and AC3 Dolby Digital surround sound.
* Video clips of a Montreux photosession and press conference on 11th January 1974 and The Third Hoorah promo footage with remixed stereo audio.

DVD 2 (Audio)

Contains:
* An additional eleven group recordings from the WarChild sessions and later, including 3 previously unreleased tracks, and 4 orchestral recordings from the WarChild sessions mixed to 5.1 DTS and AC3 Dolby Digital surround sound and 96/24 PCM stereo.
* Six additional orchestral recordings (five previously unreleased) mixed by Robin Black in 1974, now in 96/24 PCM stereo.

Solito paradiso per gli audiofili, per gli altri magari meno, anche se rispetto alla versione rimasterizzata singola del 2002 che conteneva 7 bonus, qui il numero delle tracce inedite è decisamente più consistente.

climax blues band live rare & raw

E prosegue anche la serie delle ristampe del catalogo della Climax Blues Band da parte della tedesca Repertoire. Questa volta si tratta di un triplo CD, Live Rare And Raw, che come da titolo raccoglie materiale dal vivo della band inglese nel periodo del passaggio da Chicago Climax Blues Band, quando erano una delle migliori band del british blues all’ancora ottimo gruppo rock anni ’70, quando il loro stile era virato verso un energico blues-rock di stampo americano non dissimile da quello di band come Bad Company, Foghat ed altre dell’epoca, comunque dal vivo, come dimostra questo cofanetto, sempre gagliardi:

CD 1:
01. All the Time in the World (Live at the Marquee Club London 1973) ( 6:32)
02. I Am Constant (Live at the Marquee Club London 1973) ( 4:50)
03. Seventh Son (Live at the Marquee Club London 1973) ( 5:45)
04. Mesopopmania (Live at the Marquee Club London 1973) (10:21)
05. So Many Roads (Live at the Marquee Club London 1973) (16:05)
06. Shake Your Love /That’s All (Live at the Marquee Club London 1973) ( 7:03)
07. All The Time In The World (Live In New Jersey 1974) ( 7:22)
08. Seventh Son (Live In New Jersey 1974) ( 5:02)

CD 2
01. Flight (Live In New Jersey 1974) (15:50)
02. So Many Roads (Live In New Jersey 1974) (13:45)
03. Country Hat (Live In New Jersey 1974) ( 9:06)
04. Shake Your Love (Live In New Jersey 1974) ( 4:03)
05. Going To New York (Live In New Jersey 1974) (10:45)
06. Let’s Work Together (Live In New Jersey 1974 ( 7:45)
07. One More Time/Stormy Monday (Live In New Jersey 1974) ( 7:02)
08. Together And Free (Live In Guildford 1976) (3:02)
09. Amerita Sense Of Direction (Live In Guildford 1976) (6:22)

CD 3
01. Chasing Change (Live In Guildford 1976) (4:58)
02. Using The Power (Live In Guildford 1976) (4:22)
03. Couldn’t Get It Right (Live In Guildford 1976) (3:16)
04. Going To New York (Live In Guildford 1976) (7:48)
05. All The Time In The World (Live In Guildford 1976) (2:29)
06. Get Back (Live In Guildford 1976) (2:44)
07. Money In Your Pocket (Live From Miami 1979) (4:39)
08. Summer Rain (Live From Miami 1979) (5:44)
09. Amerita Sense Of Direction (Live From Miami 1979) (7:40)
10. Evil (Live From Miami 1979) (5:09)
11. Fallen In Love (For The Very Last Time) [Live From Miami 1979] (4:45)
12. Seventh Son Got My Mojo Workin’ (Live From Miami 1979) (9:22)
13. Whatcha Feel (Live From Miami 1979) (9:42)
14. All The Time In The World Get Back (Live From Miami 1979) (6:01)

mink de ville live at rockpalast front

Sempre la Repertoire ci propone, in 2 CD + 1 DVD, il documento più prezioso, le due serate complete di Willy DeVille, quando si proponeva ancora come leader dei Mink DeVille, all’epoca dei primi tre imperdibili album e anche questo triplo merita assolutamente. Questa è la serata del 1981 alla Grugahalle di Essen (vista in televisione ai tempi):

e questo è il retrocopertina del box, non c’è nulla aggiungere, fantastico…forse un “peccato per il prezzo”, visto che non li fanno pagare proprio pochissimo.

mink de ville live at rockpalast back

Alla prossima!

Bruno Conti

Novità Di Fine Novembre, Parte I. R.e.m., Coldplay, Jeff Beck, Wilko Johnson & Roger Daltrey

remtv

Mentre in questi giorni sono usciti i cofanetti già annunciati dei Velvet Underground (la  ristampa Deluxe del 3° album in 6 CD), Joni Mitchell Love Has Many Faces, i primi due box da 2 CD + DVD (O Blu-Ray) della serie Live From The Vault dei Rolling Stones, è in uscita ad inizio settimana prossima in Europa (ma già disponibile negli States dal 18 novembre) quello da 4 CD dei Wilco di materiale d’archivio, Alpha Mike Foxtrot: Rare Tracks 1994-2014, nell’ultima settimana di novembre escono altri titoli interessanti da portare alla vostra attenzione, per il resto, quando possibile, cerchiamo di darvi recensioni specifiche, alcune già pubblicate, altre che lo saranno nei giorni a venire. Tra le uscite più interessanti, soprattutto per i fans dei R.e.m. c’è quella confezione da 6 DVD (non esiste, almeno al momento, il Blu-ray) dedicata al materiale video della ex band di Athens, Georgia. Intanto, comprende il materiale relativo ai due MTV Unplugged, recentemente pubblicati in CD e che molti si erano chiesti perché non uscissero anche nella loro contraparte visiva, ma si tratta solo del primo dischetto di questa lussuosa confezione, il resto è quanto segue:


DVD1
Unplugged 1991
Outtakes 1991
Unplugged 2001
Outtakes 2001

DVD2
VH1 Storytellers
Storytellers Outtakes
The Cutting Edge
Livewire
MTV 10th Anniversary Special
Video Music Awards 1993
Video Music Awards 1995
European Music Awards 1998
European Music Awards 2001
Rock And Roll Hall Of Fame Induction 2007
The Colbert Report 2008

DVD3
R.E.M. In Dallas
R.E.M. Uplink At Bowery Ballroom
Live In Cologne
Live In Cologne Outtakes

DVD4
R.E.M. At The Tabernacle, London
MTV Sonic Milan
Rock AM Ring
Rock AM Ring Outtakes

DVD5
Live At Rolling Stone, Milan
Live At Oxegen Festival
R.E.M. Live In Athens, Greece

DVD6
R.E.M. By MTV
Deleted Scenes

Ovviamente non si tratta dei concerti completi tenuti nella località indicate (a parte gli Unplugged) ma di quanto andato in onda negli anni in televisione (una televisione https://www.youtube.com/watch?v=099QC_mzfbU , da qui il nome del cofanetto, uscito per la Warner Rhino il 25 novembre.

jeff beck live in tokyo

Sempre parlando di DVD, martedì è uscito anche questo Jeff Beck Live In Tokyo, per la Eagle Rock Entertainment, ormai parte del gruppo Universal, ma non in tutti i paesi del mondo dove sono ancora in essere contratti di distribuzione con case diverse, ad esempio in Italia con la Edel. Si tratta del concerto tenuto alla Tokyo Dome City Hall il 9 aprile di quest’anno con la nuova formazione che accompagna Beck: Jonathan Joseph (drums), Nicolas Meier (guitars) and Rhonda Smith (bass). Questi i brani della track-list: 1) Loaded 2) Little Wing 3) You Know You Know 4) Hammerhead 5) Angel (Footsteps) 6) Stratus 7) Yemin 8) Where Were You 9) The Pump 10) Medley: Goodbye Pork Pie Hat / Brush With The Blues 11) You Never Know 12) Danny Boy 13) Blue Wind 14) Led Boots 15) Corpus Christi 16) Big Block 17) A Day In The Life 18) Rollin’ And Tumblin’ 19) ‘Cause We Ended As Lovers 20) Why Give It Away, per un totale di 112 minuti, compresi alcuni extra e alcuni brani che faranno parte del nuovo disco del chitarrista inglese, in uscita nel 2015. Esiste anche il Blu-Ray.

coldplay ghost stories live cd+dvd

Sempre parlando di live, una band che di solito non è famosissima per i propri concerti dal vivo (ma ne fanno parecchi) pubblica una ennesima confezione CD+DVD Ghost Stories Live 2014 che esce per la Parlophone/Warner a soli due anni di distanza dal precedente Live e registrato, in parte, nel marzo del 2014, due mesi prima della pubblicazione del nuovo disco, in un piccolo anfiteatro costruito ad hoc negli studi Sony di Los Angeles di fronte ad un pubblico ad inviti. Poi il progetto è stato ampliato, aggiungendo un CD registrato in vari concerti in giro per il mondo e nella parte video, i clip di 8 canzoni e altro materiale vario, come leggete qui sotto:

CD
1. Always In My Head (Live At The Royal Albert Hall, London)
2. Magic (Live At The Enmore Theatre, Sydney)
3. Ink (Live At Le Casino De Paris, Paris)
4. True Love (Live At The Enmore Theatre, Sydney)
5. Midnight (Live At The Royal Albert Hall, London)
6. Another’s Arms (Live At The Beacon Theatre, New York)
7. Oceans (Live At E-Werk, Cologne)
8. A Sky Full Of Stars (Live At The Royal Albert Hall, London)
9. O (Live At Royce Hall, Los Angeles)

DVD
1. Always In My Head
2. Magic
3. Ink
4. True Love
5. Midnight
6. Another’s Arms
7. Oceans
8. A Sky Full Of Stars
9. O
10. Midnight
11. Magic (Extended Director’s Cut)
12. A Sky Full Of Stars
13. True Love
14. Ink (Live At The Royal Albert Hall)
15. All Your Friends (Visual)
16. Ghost Story (Visual)
17. Always In My Head (Artwork Animation)
18. Always In My Head (Alternate Live Take)
19. Oceans (Alternate Live Take)
20. Magic (Making Of)
21. Ghost Stories (Making Of)
22. Credits

Sempre uscito il 25 novembre, c’è anche il Blu-Ray!

wilko johnson roger daltrey going back home deluxe

Mentre l’ex leader dei Dr.Feelgood, Wilko Johnson, continua a lottare gagliardamente contro la sua malattia (e spero che i soldi di questa Deluxe Edition doppia possano servirgli per pagare le spese mediche delle sue cure), non riesco a capire questa mania delle case discografiche di pubblicare nuove edizioni ampliate di dischi usciti da poco tempo, in questo caso la Universal, non è più semplice farne uscire uno nuovo?

Evidentemente no: questa edizione ampliata comprende 1 brano “nuovo” Muskrat, 4 versioni alternative di brani contenuti nel disco di studio originale, 6 canzoni registrate allo Shepherd’s Bush Empire dal vivo il 25 febbraio e 7, sempre Live, tratte dal Teenage Cancer Trust 2014 show alla Royal Albert Hall, curato da Roger Daltrey, con entrambi i musicisti presenti. Si parla anche addirittura di un nuovo disco di studio per Wilko, speriamo, lunga vita(il più possibile) al nostro amico! Comunque se ve lo siete perso al primo giro, una buona occasione per rimediare.

Il resto delle uscite di fine mese domani, siamo ancora in novembre!

Bruno Conti

Discepoli Winteriani. Jay Willie Blues Band – Rumblin’ And Slidin’

jay willie blues band rumblin'

Jay Willie Blues Band – Rumblin’ And Slidin’ – Zoho Music

Nella nostra ricerca geografica in giro per gli Stati Uniti, alla ricerca di gruppi che fanno Blues, mi sembra che dalle parti del Connecticut non fossimo ancora passati: o almeno di una band ivi residente, in quanto poi la Jay Willie Blues Band dichiara di fare Texas Blues, e da quello che si ascolta si potrebbe forse credergli, vista anche la presenza in formazione di Bobby T Torello, uno dei batteristi storici di Johnny Winter, aggiunta ad una certa qual venerazione per la musica di quest’ultimo. Rumblin’ And Slidin’ è il terzo album di questo quartetto  https://www.youtube.com/watch?v=Jkm5q6fNdrw che vede le due chitarre di Jay Willie, anche alla slide e Bob Callahan, alla guida delle operazioni e un paio di ospiti di qualità a dare man forte, l’ottimo Jason Ricci all’armonica in alcuni brani e Suzanne Vick che canta Fly Away, uno dei brani più noti di Edgar Winter https://www.youtube.com/watch?v=vcFNzuKsBHY .

jay willie blues band new york minute jay willie blues band the reel deal

D’altronde un CD che parte con Rumble di Link Wray e si chiude con con For What It’s Worth di Stephen Stills, per definizione “dovrebbe” essere buono. Sono dieci brani, che spaziano in tutte le tematiche del Blues, quello “forte” e quattro bonus dal vivo poste in coda del dischetto. Loro lo hanno definito Texas Blues Music ma tra le influenze, oltre a Winter, citano anche la J Geils Band, Elvin Bishop, Canned Heat, Leslie West, che certo texani non sono, e tra i meno noti, James Montgomery e i Monkey Beat di Jim Suhler, oltre naturalmente ai grandi delle dodici battute, e per questo nelle note del libretto si parla anche di “electric post-Chicago rock-blues” (questa me la segno)! https://www.youtube.com/watch?v=3pTNhUvXUQA

jay willie 1 jay willie 2

In effetti, ricorda Torello, Johnny Winter gli disse più volte che non era capace di suonare il blues e come il suo stile venisse più dagli Allman Brothers che dal blues classico, più che un rimprovero un complimento, a mio modo di vedere, ma sono punti di vista. La recente aggiunta alla formazione è il bassista Steve Clarke https://www.youtube.com/watch?v=T33kDhvoirs , uno che ha suonato con Mike Stern, Yellow Jackets, Tower of Power, e quindi aumenta la quota funky-fusion della band. Ma si nota poco, almeno a giudicare dall’iniziale cover di Rumble https://www.youtube.com/watch?v=4RQK6JSPISk , dove il turbolento drumming di Torello si scontra con la fluentissima armonica di Ricci, un vero virtuoso dello strumento, più dalle parti di John Popper che dei nomi classici, con le chitarre che si limitano ad una coloritura del brano. Ma già in Dirty la slide di Jay Willie cerca di farsi largo, in un brano che però non pare memorabile, tra voci filtrate ed accenni di rap, molto meglio una lunga versione di Key To The Highway, dove i duelli tra le chitarre e l’armonica sono più pertinenti al genere, anche se il problema è quello solito, né Willie Callahan hanno una gran voce, quindi il paragone con la J Geils Band, dove c’era Peter Wolf o i Canned Heat, con Bob Hite e Alan Wilson, è francamente improponibile, ma livello musicale parzialmente ci siamo https://www.youtube.com/watch?v=vnrm-I3H4o8 .

jay willie 4

In Bad News di Callahan, più sul R&R, si aggiunge il sax di Ted Stakush in sostituzione dell’armonica, mentre Rotten Person, scritta e cantata da Torello, vira verso il Sud con una bella slide, ma quando arriva qualcuno che ha una bella voce, come Suzanne Vick, si sente la differenza, nella piacevole ballata di Edgar Winter, Fly Away, con l’armonica di nuovo in bella evidenza, magari poco blues ma godibile, ancorché non memorabile. Altri due brani di Bob Callahan, Come Back, una blues ballad e il funky di The Leetch, si salvano grazie agli interventi dei solisti ma non brillano https://www.youtube.com/watch?v=3NMaw-xHBN8 , più vitale il classico It Hurts Me Too, in una versione che peraltro non entrerà negli annali della musica. Caballo, finalmente, è quel Texas rock-blues di cui tanto si era parlato, grintoso ed energico, come sono i quattro brani finali dal vivo, registrazione meno brillante ma il suono si fa più sporco e vitale, prima in Hold Me Tight Talk Dirty, con le chitarre finalmente fumiganti, in una ottimaTore Down https://www.youtube.com/watch?v=8vd0PgMREHU , nel classico Rhythm & Blues della Mercy, Mercy, Mercy scritta da Joe Zawinul per Cannonball Adderley e che si avvale del sax di Stakush, e nella citata canzone di Stills, più rock dell’originale, ma che non turberà i sonni dell’autore.

Bruno Conti

Dopo Una “Breve” Pausa Eccoli Di Nuovo, Dall’Irlanda Goats Don’t Shave – Songs From The Earth

goats don't shave songs from the earth

Goats Don’t Shave – Songs From Earth – Goats Don’t Shave Music

Circa tre anni fà (il giorno di Natale per la precisione http://discoclub.myblog.it/tag/pat-gallagher/ ), recensivo su queste pagine gli ultimi lavori di Pat Gallagher (acquistati direttamente dal suo sito) When I Grow Up e The Collection (11), e la speranza (di chi scrive) era che prima o poi il buon Pat tornasse in sala d’incisione con la sua storica band Goats Don’t Shave (le capre che non si radono), e come regalo di Natale anticipato mi trovo sul mio lettore questo Songs From Earth (arrivato come gli altri direttamente da casa sua, anche se per la verità il CD era già uscito questa primavera), disco che è solamente il quarto in una carriera (con pause) più che venticinquennale, in un arco di sette anni dal ’92 al ’98 sono stati (sempre per il sottoscritto, parziale verso questo tipo di musica) stelle di prima grandezza nel panorama del nuovo folk-rock irlandese, alfieri di un suono intrigante che recuperava elementi popolari e li mescolava con robuste dosi di sanguigno rock. Le “Capre,” formatisi nel lontano 90, su iniziativa del capo pastore Pat Gallagher provengono dai pascoli di Dungloe nella bellissima contea del Donegal, Irlanda, e con il contributo dei “pastori” aggiunti Jason Phibin al violino, Charlie Logue alle tastiere, Declan Quinn al mandolino, Gerry Coyle al basso, Shaun Doherty alle chitarre e Michael Gallagher alla batteria, esordiscono con The Rusty Razor (92) considerato ancora oggi un piccolo capolavoro, dove tra i brani a tutto ritmo spiccano le famose Las Vegas  https://www.youtube.com/watch?v=dL_PXBt85rY e Mary Mary https://www.youtube.com/watch?v=Wjx8ecFub_Q , la corposa What She Means To Me con il suono robusto della batteria, passando per le ballate When You’re Dead e la bellissima Closing Time, un lento accompagnato dalle pennellate di un dolce violino https://www.youtube.com/watch?v=1K0IBH0psZs , e la conclusiva, strumentale, Biddy From Sligo/Connaught Man’s Rambles, una country-song con il banjo sugli scudi e un violino che pare voglia mettersi in competizione con quello del grande Dave Swarbrick (Fairport Convention e numerose collaborazioni con Martin Carthy).

Il “pascolo” successivo si manifesta con Out In The 94) con la “leadership” sempre nelle mani del “capopastore” Pat che firma tutti i brani che compongono il disco, a partire dall’iniziale, corrosiva, Coming Home, il ritmo accelerato di Last Call For Help con il violino a recitare la parte principale, mentre Children Of The Highways è una folk ballad lineare che introduce le più tirate Rose Street e Arranmore, dove si viaggia dalle parti dei Pogues https://www.youtube.com/watch?v=fCmf4N_sZLI , il folk-rock indiavolato di War, una song carica di emozione come She’s Leaving, e il lato romantico del disco con Song For Fionnuala, una grande ballata alla Hothouse Flowers, con tanto di sax e influenze “soul” https://www.youtube.com/watch?v=UiRKVbgyk7g , e le conclusive Let It Go e Lock It In, con un buon fraseggio tra violino e sax.

Dopo un periodo sabbatico di qualche anno, Pat Gallagher torna in sala d’incisione aiutato sempre dai suoi fedeli “caproni” per dare alle stampe Tor (98) (il nome proviene dal luogo, sempre nel Donegal, dove è stato registrato il disco), con un lavoro decisamente positivo che parte con la toccante Song For Pat (la canzone è dedicata ad una mamma morta suicida dopo aver contratto la malattia dell’AIDS), e prosegue con A Woman Like You, una acustica e nostalgica love song, una eccellente ballata Love Will Find Its Way, con un grande spunto di sax nel finale, passando per Ode To A Bich dove sono le chitarre e il basso a dettare il ritmo acustico, che si ripete sostanzialmente nella seguente Super Hero, chiusa da uno spunto di armonica, al pregnante sound chitarristico di These Walls, andando a chiudere con Gola (ribadendo il suo immenso amore per il mare) un bello ed ispirato folk rock che a tratti suona come una “western ballad” (descrive la splendida veduta della baia dell’isola omonima)  , e il recitativo A Returning Islander tenue brano sull’oceano Atlantico.

I Goats Don’t Shave si sono sciolti alla fine del ’90, quando la tensione è cresciuta fino a diventare insopportabile tra i membri della band, salvo poi ripresentarsi per l’ultimo concerto nel 2003 al Mary Dungloe International Festival (nonostante i tentativi successivi di Pat fino al 2006 di riformare il gruppo). Poi (fortunatamente) a causa della grande richiesta dei “fans” , i “Goats” hanno deciso di riformarsi e sono stati subito invitati a suonare nei migliori Festival Irlandesi e non (favoloso quello al Celtic Park di Glasgow, con una folla oceanica di 40.000 persone), e quindi ritornare di nuovo in studio per incidere questo Songs From Earth, che anche se non si può certamente paragonare a quelli precedenti, contribuisce a mantenere la loro meritata reputazione di grande band https://www.youtube.com/watch?v=wFGkmwmoi5A . L’attuale line-up del gruppo è composta oltre che da Pat voce, chitarra e banjo, dai veterani Shaun Doherty alle chitarre e Michael Gallagher alla batteria, Kevin Breslin alle tastiere, John Foggy Boyle al basso e Stephen Campbell al violino, per una nuova raccolta di belle canzoni popolari scritte in tempi recenti da Gallagher.

Le canzoni dalla terra iniziano con le dolci melodie folk di Walk Away e Long Time Gone, per poi passare alla prima ballata del lavoro, una The Evelyn Marie (la storia tragica di un peschereccio in cui persero la vita delle persone) cantata da Pat un po’ alla Christy Moore, cambiando subito il ritmo con la danzante Glasgow Bus, parente stretta dei migliori Pogues. Con I Driftaway arriva la seconda ballata, con un’altra bella melodia intessuta dal violino, a cui segue il folk country  di Train, condotto sempre dal violino e dal banjo, un duetto con la figlia Sarah nella delicata Strange Star, il singolo The Little King (dedicato al pugile di Glasgow Benny Lynch), un’epica ballata folk con largo uso di violino e cornamuse . Ancora le note di un violino aprono un’eccellente ballata come Sail With Me, un brano a tratti toccante che apre il cuore, mentre si cambia ancora ritmo con il folk campagnolo di You Took It All, andando a chiudere con l’ennesima ballata carica di emozioni ,She Looked My Way, che come ai vecchi tempi il cantato di Gallagher riesce a comunicare pienamente.

Da Tor a questo Songs From Earth ne sono passati di anni (quasi venti), ma per i Goats Don’t Shave è valsa la pena aspettare, in quanto ci regalano un disco fatto con passione, con alcune canzoni decisamente sopra la media, e se ancora non li conoscete cercate almeno i CD precedenti (si trovano a buoni prezzi), o contattate il buon Pat sul loro sito http://www.goatsdontshave.ie/shop.htm , è l’occasione migliore per entrare in contatto con una delle più interessanti band irlandesi di musica folk dell’ultimo ventennio. Per quanto mi riguarda, grazie!

Tino Montanari

Tra Duchi E Conti Ci Si Intende! Duke Robillard – Calling All Blues

duke robillard calling all blues

The Duke Robillard Band – Calling All Blues – Dixiefrog/Stony Plain

Di Duke Robillard credo di avere detto, nel corso degli anni, anche sul Blog, in anni recenti http://discoclub.myblog.it/2013/04/17/piovono-chitarristi-2-the-duke-robillard-band-independently/http://discoclub.myblog.it/2010/11/16/blues-blues-e-ancora-blues-duke-robillard-passport-to-the-bl/, tutto quello che era umanamente possibile dire, ossia, sintetizzando, che si tratta di uno dei migliori bluesmen bianchi che abbia graziato la faccia di questo pianeta negli ultimi cinquanta anni circa: primo avvistamento del musicista di Woonsocket, Rhode Island con i Roomful Of Blues nel lontano 1967, quando aveva 19 anni. Ebbene, oggi che è un “arzillo” sessantaseienne, Robillard continua a fare quella musica  https://www.youtube.com/watch?v=hd7hZoFaUYA e per questa nuova prova discografica si presenta come The Duke Robillard Band e come il titolo, Calling All Blues, ampiamente prefigura, si tratta di un disco che ne vuole esaminare alcune delle mille sfaccettature, attraverso dieci brani perlopiù originali. Dal ricco Memphis Sound con fiati di Down On Mexico, dove si gustano con piacere anche l’organo di Bruce Bears e la voce di supporto di Sunny Crownover, ospite fissa in alcuni brani del disco, che si affiancano alle solide chitarre del Duke, Stratocaster per la ritmica e Esquire per la slide, come ricorda lui stesso nelle note. I’m Gonna Quit You Baby è un solido boogie, con Bears al piano, niente fiati e Sunny, ma una acustica per sostenere il ritmo e di nuovo l’elettrica in modalità slide, suonata con due dita legate fra loro a causa di una mano rotta, figurarsi se era sana, non manca il vocione di ordinanza e l’ottima ritmica di Brad Hallen al basso e Mark Teixeira alla batteria, precisi e puntuali come al solito.

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Svengali, con un florilegio di chitarre utilizzate per dargli un suono ricco ma anche vicino alle radici del blues classico, suona  un poco cooderiana nel suo incedere quasi rudimentale e primitivo, viceversa Blues Beyond The Call Of Duty è il classico slow blues di quelli dove organo e, soprattutto la chitarra di nuovo in modalità slide di Robillard, si divertono a sottolineare il cantato cristallino della brava Sunny Crownover, qui meno leggera e leziosa del solito, molto blues e grande intensità https://www.youtube.com/watch?v=9K2V6q7WJPU  . Emphasis On Memphis, scritto dalla strana accoppiata Gary Nicholson/Ron Sexsmith, è nuovamente un divertente R&B con fiati e voci di supporto a sottolineare il suono sudista della canzone, mentre Confusion Blues è la consueta escursione del nostro amico nello swing jazz raffinato, per l’occasione lasciando alla voce e al piano di Bruce Bears, qui molto alla Mose Allison, la guida del brano, riservandosi un assolo in punta di dita.

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Motor Trouble ha il suono del classico Chicago blues elettrico, con la voce di Duke raddoppiata e la solista in spolvero che conferisce alla canzone una grinta degna dei vecchi tempi, cosa che ogni tanto manca negli ultimi dischi, ma non è questo il caso. Nasty Guitar è un altro duetto tra Robillard e la Crownover e ha di nuovo quella grinta ed energia del precedente brano, fin nella “chitarra cattiva” del titolo che viene finalmente lasciata in libertà, per un altro assolo di quelli che dal vivo dovrebbero fare un figurone, Temptation, il brano più lungo con i suoi quasi sei minuti, ha una andatura sinuosa, punteggiata dalla tromba di Doug Woolwerton e dal piano elettrico di Bears, che unite alla chitarra “minacciosa” di Duke conferiscono alla canzone una ambientazione tra le paludi della Lousiana, dalle parti di New Orleans, eccellente assolo della solista incluso https://www.youtube.com/watch?v=MgEHGdoMXW4 . L’altra cover è un brano anni ’60 di una band minore (ma molto minore), tali Carter Brothers, probabilmente noti solo al nostro amico grazie alla sua enciclopedica conoscenza della musica, She’s So Fine, ancora con i fiati pronti alla bisogna per questo ulteriore tuffo nel vecchio soul, e che conclude degnamente questa nuova fatica del buon Duke. File under blues, non solo per “conoscitori e fanatici”!

Bruno Conti

Torna “Da Musicista A Musicista”. Jimmy Ragazzon Vs. Little Feat – Electrif Lycanthrope

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LITTLE FEAT – Electrif Lycanthrope – Ultrasonic Studio, New York, 1974 – Smokin’

Hola Amigos, Què Pasa?

E’ passato davvero troppo tempo dal mio ultimo contributo a questo bellissimo e libero blog, che il meritevole Bruno coltiva con amore e tanta, tanta passione. Per cui mi voglio scusare e fare ammenda, segnalandovi un piccolo gioiellino di una delle band a cui sono maggiormente affezionato,  i Little Feat del compianto Lowell George. Con la loro originale ed inconfondibile mistura di R&R, Blues, Folk, New Orleans Funk e Jazz-Rock Fusion, centellinati con cura nel loro suono, sono di certo tra i gruppi maggiormente sottovalutati di sempre. La voce, la slide e le inimitabili canzoni di Lowell, la chitarra di Paul Barrère, le tastiere senza limiti di Bill Payne ed una delle migliori sezioni ritmiche di tutti i tempi, cioè Richie Hayward alla batteria (R.I.P.)  Kenny Gradney al basso e Sam Clayton alle percussioni, sono stati, almeno fino alla prematura scomparsa di Lowell, quanto di meglio si potesse ascoltare, sempre se il vostro approccio alla musica fosse stato scevro da pregiudizi e/o chiusure mentali di qualsiasi tipo.

Little_Feat_-_Electrif_Lycanthrope-front-600x600 Copertina del vecchio bootleg

Tra i miei ricordi musicali più vividi c’è il momento in cui, a bordo di una Fiat 127 blu con un buon impianto stereo, ascoltavamo a manetta Waiting For Columbus appena uscito, posteggiati ai giardini della mia cittadina e spesso sloggiati dalle Gafe (i vigili urbani, in stretto slang vogherese) per il troppo baccano. Con l’aiuto di qualche blando tonificante, fu davvero una esperienza trascendentale ed indimenticabile, proprio per la massima energia, l’indiscutibile perizia tecnica dei musicisti (non dimentichiamoci la sezione fiati della Tower Of Power) e l’ironia, le storie e le battute contenute nei testi del Dottore del R&R. Il cambio di velocità in Tripe Face Boogie ci strappava letteralmente dai sedili, scagliandoci in mondi fantastici, più di qualsiasi additivo chimico-organico, anche di buona qualità…

little feat electrif ultrasonic

Come non ricordare personaggi come Juanita, la piccola tossica sexy, Monte 3 Carte, il camionista impasticcato di Willin’ (capolavoro!), Billy il Guercio e tutti gli altri tipi helzapoppiani, che si ritrovavano allo Spanish Moon, a Sausalito, in Bourbon Street o alla stazione merci di New Delhi…quanta bella roba e che tiro…(imprecazione/omissis)…

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Beh, splendidi ricordi a parte, questo concerto del ’74, registrato piuttosto bene all’Ultrasonic Studio di New York e tramesso dalla WLIR  radio, riguarda il periodo intermedio della formazione suddetta, con brani tratti dai 4 album già realizzati, cioè da Sailing Shoes fino a Feats Don’t Fail Me Now.  Credo che questo sia un documento importante e consigliatissimo, con almeno lo stesso valore dei dischi in studio, e che dimostri (se ce ne fosse bisogno, ma non è questo il caso) la superba forza LIVE di questa band, riportandoci al periodo d’oro della musica rock, alla sua essenza stessa e ad una delle sue migliori espressioni in fatto di collettivo di musicisti.

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Inoltre in questo concerto, nel classico e grandioso medley costituito da Cold, Cold, Cold/Dixie Chicken/Tripe Face Boogie troviamo, solo abbozzati e non sviluppati appieno come in Columbus, certi arrangiamenti un poco arditi e chiaramente ispirati alla Fusion di quel periodo (Miles, Weather Report ecc.). Questa forma musicale derivante dal jazz, fu molto amata da Bill Payne e soci, cosa che creò contrasti interni con Lowell, molto più legato al Blues e al Roots. Vanno anche citate una eccellente versione di Willin’ dalle perfette armonie vocali (ed un piccolo scherzetto) https://www.youtube.com/watch?v=yze10kM1fyI  l’iniziale Rock & Roll Doctor https://www.youtube.com/watch?v=O3Ev0Hht01o , eseguita con un groove degno della migliore Black Music ed una grande versione di On Your Way Down, del Maestro Allen Toussaint https://www.youtube.com/watch?v=PqGatDm-Nqg .

Altri tempi ed altra classe amici, ed uno dei più grandi artisti del R&R a tutto tondo, che ci avrebbe sicuramente regalato altre perle, se solo avesse rallentato un poco. Di Highlanders come Keith ne nascono pochissimi, ma il valore dell’eredità musicale lasciataci da Lowell George è molto importante ed attualissimo.

Quindi mi sembra giusto ricordarlo, condividendo con voi le parole a lui dedicate dai suoi compagni di viaggio e di musica. Parole che ora valgono anche per Richie Hayward, scomparso nel 2010, dopo una lunga lotta contro un male incurabile. Necessitava di un trapianto ma, malgrado il crowdfunding messo in piedi dalla band, altri famosi musicisti ed amici, i soldi non sono arrivati in tempo: e gli USA sarebbero un paese da cui prendere esempio? e la mutua??  la legge Bacchelli???  no comment, fratelli. Meglio lasciarci con questi versi, sinceri e commoventi:

Hey old friend, it’s been such a long time

Since I saw your smilin’ face pressed against my window pane

Though it’s the middle of the night

And we were racin’ the light of the mornin’

All those new thoughts dawnin’

About the wrong and the right

We spent our money so fine

The girls were standing in line

Every other night

Was always the same Paradise without any shame

We’d stay up all night

Tryin’ to find just the right rhymes

And we were fightin’ the good fight

Hangin’ on to the good times

Jimmy Ragazzon

P.S.

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Comunque i Feat sono ancora in forma ed attivi: ogni anno tengono una specie di convention per amici, fans e chiunque voglia partecipare e addirittura suonare con loro in Jamaica, e dove sennò.

Il prossimo anno, il Ramble On The Island, sarà sulla spiaggia di Negril, dal 4 all’8 marzo, con tutte le info nel loro sito:  littlefeat.net…se solo avessi due lirette in più…

Robusto Spessore Chitarristico, In Tutti I Sensi. Danny Bryant – Temperature Rising

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Danny Bryant – Temperature Rising – Jazzhaus Records

Questo Temperature Rising segna la seconda collaborazione di Danny Bryant con il produttore (e tastierista aggiunto) Richard Hammerton, che in un certo senso è l’omologo di Kevin Shirley rispetto a Bonamassa, forse senza averne il pedigree e la classe http://discoclub.myblog.it/2013/04/14/piovono-chitarristi-1-danny-bryant-hurricane/ . Si potrebbe dire, segnando una sottilissima differenza, da azzeccagarbugli di manzoniana memoria, che lo stile di Bryant è passato dal blues-rock del passato al rock-blues. Mi rendo conto che si tratta di spaccare un capello in quattro o di studiare il sesso degli angeli, ma mentre nei primi album (e ancor di più nei Live) la quota blues era preponderante sul rock, ora il rock, a tratti anche più heavy e di maniera, è diventato il principale componente degli album di Danny. La passione per Hendrix ed altri guitar heroes del passato è stata sempre presente, come quella per il suo mentore Walter Trout, aiutato disinteressatamente da Bryant e dalla sua famiglia nelle recenti vicissitudini di salute, ma il sound ha preso questa piega leggermente più “commerciale” che qualcuno valuta positivamente, e che in altri, tra cui il sottoscritto, lascia un piccolo rimpianto verso le passate avventure del corpulento chitarra inglese.

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Intendiamoci, il nostro amico suona la chitarra sempre alla grande, ma i ritocchi estetici al suono e alla voce, con l’aggiunta di echi, parecchie tastiere e un suono più complesso, ma forse anche meno immediato e rude, indicano questa svolta rock-blues. Niente cover come in passato (Hiatt, Dylan, Hendrix, i vari King del blues), ma nove brani che portano la firma di Danny Bryant stesso e che, come di consueto, spaziano dai rockers tiratissimi alle ballate liriche ma energiche, un po’ à la Gary Moore per intenderci, quelle che vengono definite “heavy ballads”! Best Of Me, subito con pedale wah-wah innestato a manetta e tastiere alla Jon Lord, entra in rotta di collisione con la musica del Bonamassa più duro, una sorta di rivale in questo genere, pur se il chitarrista newyorkese sembra essere tornato verso il blues-rock-soul dei primi tempi. Anche Take Me Higher, è sempre nei dintorni Zeppelin, Deep Purple, più cadenzata, ma sempre con chitarre ovunque, e qui Bryant nel suo solismo non è secondo a nessuno, anche se certe forzature di Hammerton nel suono si faticano a digerire. Ottime viceversa Nothing At all, un quasi R&R con un bel pianino che si riallaccia al suono più classico di Danny e la solida ballata Together Through Life, melodica ed evocativa, ben cantata e con un lirico assolo nel finale, forse un filo ruffiana nella costruzione sonora https://www.youtube.com/watch?v=MUr7hupLym0 .

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Razor Sharp è decisamente più bluesata, sempre con l’organo di Hammerton a conferire grinta al suono, ma con la chitarra tagliente e possente come di consueto, perché questo signore, non va dimenticato, è un gran manico, e la solista viaggia che è un piacere https://www.youtube.com/watch?v=N5YUchdV_Mc . Temperature Rising risveglia ricordi Claptoniani, epoca Cream, i soliti Deep Purple, per la presenza costante delle tastiere e in generale il suono hard-rock anni ’70, quindi epoche gagliarde https://www.youtube.com/watch?v=WWenJjSkl_0 . Time è un bel lento, ricco di atmosfera, con un groove quasi sognante della ritmica (dove non c’è più Ken, il babbo di Bryant, al basso) che poi in crescendo ci porta verso la “consueta” ma graditissima esplosione della solista, con grande controllo di toni e timbriche, una formula forse risaputa ma sempre efficace, se la tecnica ti assiste https://www.youtube.com/watch?v=4hsPc9XvFpY   . Mystery è un pezzo decisamente blues, il più vicino al “vecchio” Bryant, grinta quasi alla Rory Gallagher e il vocione di Danny in primo piano, mentre la conclusione è affidata ad un’altra heavy ballad di grande intensità come Guntown, inizio scandito da un suono di campane e poi la chitarra, ben sostenuta dalle tastiere di Hammerton, si impadronisce della melodia del brano, con un ricorrente lavoro di tessitura che sfocia nel quasi inevitabile assolo liberatorio che rientra nella categoria “air guitar” davanti allo specchio. Forse, tutto sommato, mi devo dire d’accordo con chi ha apprezzato questa “nuova” svolta della carriera di Bryant, perché, a conti fatti, il CD è veramente bello e si meriterebbe anche mezza stelletta in più, un tre e mezzo quindi, Bonamassa attento!

Bruno Conti

Ma Come Porti La Chitarra Bella Bionda! Joanne Shaw Taylor – The Dirty Truth

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Joanne Shaw Taylor – The Dirty Truth – Axehouse Music

La “sporca verità” è che Joanne Shaw Taylor, la bionda e graziosa chitarrista inglese (solo una constatazione estetica, niente sessismo) è una delle migliori rappresentanti della quarta o quinta ondata del British Blues: scoperta giovanissima da Dave Stewart, in pochi anni, con quattro album pubblicati per la tedesca Ruf, tra cui l’eccellente Live della serie Songs From The Road http://discoclub.myblog.it/2013/12/16/bella-brava-bionda-suona-il-blues-joanne-shaw-taylor-songs-from-the-road/ , si è confermata come uno dei talenti migliori del sempiterno filone albionico delle 12 battute classiche, per quanto energizzate da un approccio sempre vicino al rock di chitarristi del passato, come Page e Paul Kossoff, che a lei spesso vengono accostati. Questa volta, nuova etichetta, la Axehouse Music, un nome, un programma, un ritorno del produttore, Jim Gaines, che si era occupato con profitto del primo album ed una trasferta in quel di Conce, Tennessee, profonda America, per registrare questo nuovo album, The Dirty Truth https://www.youtube.com/watch?v=7nBTuvZfxY8 .

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La Shaw Taylor si è sempre detta insicura della sua voce, ma nel corso degli anni, quella voce roca e con “raspino” intrigante si è imposta come uno dei tratti caratteristici del suo stile: mi sembra di averlo già detto e lo confermo, non diventerà mai Beth Hart o Dana Fuchs, e neppure Bonnie Raitt o Susan Tedeschi, quello è un fatto genetico, ma il cantato è più che adeguato alla bisogna e se lo uniamo con una tecnica chitarristica e una grinta notevoli, il risultato finale dovrebbe accontentare abbondantemente gli appassionati del buon blues(rock). I dieci brani, composti tutti dalla stessa Joanne Shaw Taylor, sono nella loro globalita tasselli di un suono d’assieme, aspro e vigoroso, tirato e variegato, che spazia dalla veloce e tosta Mud Honey, dove voce e chitarra sono subito protagoniste di un suono che si immerge nel mare magnum del genere con la dovuta cattiveria e più di un debito al suono classico americano del Sud https://www.youtube.com/watch?v=WEHboZ4Shho . Notevole anche The Dirty Truth, la title-track, che si innesta con assoluta naturalezza nel brano precedente, conferendo una sorta di unitarietà al suono dell’album, con la chitarra sempre presente e ricca di mille nuances https://www.youtube.com/watch?v=TSOrOz2PEVY , aggressiva ma ricca di tecnica, con una sezione ritmica, quella del primo album, che vede Dave Smith al basso e Steve Potts alla batteria, elegante e molto efficace.

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Se aggiungiamo le tastiere di Rick Steff, già presente dal secondo disco, ad esempio l’organo di una Wicked Soul, che tenendo fede al nome, si impadronisce del suono southern che probabilmente si respira nell’aria del Tennessee, unendolo alla solista sempre fluente e ricca di inventiva della Taylor, veramente una brava chitarrista. Fool In Love vira ancor di più verso sonorità soul e si apprezza anche la bella tessitura dell’impianto vocale della canzone e il delicato assolo della solista, squisito nella sua semplicità. Wrecking Ball, con una chitarra più fluente ed espansiva, si appoggia su un corposo groove funky della sezione ritmica ed in particolare del basso, mentre Tried, Tested And True è la classica ballata sudista, dolce e malinconica, ricca di feeling https://www.youtube.com/watch?v=A_ezs5BhOcM e Outlaw Angel si spinge ancora più a Sud, verso il Texas di mastro SRV, con la quota rock del brano che si fa decisamente più pressante nel reparto solistico, perché la giovane suona di fino ma anche di potenza all’occorrenza.

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Shiver And Sign conferma la solidità dell’impianto sonoro di questo disco, semplice ma ben rifinito nei suoni, con chitarra, soprattutto, voce e organo che si incastrano alla perfezione nei giri della sapiente sezione ritmica. La Joanne Shaw Taylor, soprattutto nel Live, oltre che per Stevie Ray Vaughan ha sempre espresso una certa affinità con l’Hendrix meno pirotecnico https://www.youtube.com/watch?v=7p9Z7Ol6WQI  e più “nero” ed essenziale di Fire, Crosstown Traffic o Manic Depression, e nei due brani conclusivi, Struck Down e Feels Like Home, con le dovute proporzioni, si estrinseca questo sound, al contempo stringato e ricco di tecnica, che è un po’ la caratteristica di tutto The Dirty Truth, a conferma del talento di questa giovane donzella, dall’ugola “vissuta” e dalla chitarra sfavillante, tra le migliori “nuove facce” (e non solo) del Blues contemporaneo https://www.youtube.com/watch?v=CuED_LU5u3w , ma anche “The UK Queen Of Rockin’ Blues”, come è stata definita.

Bruno Conti

L’Ex Pugile Ancora Una Volta Sul Ring Della Musica! Paul Thorn – Too Blessed To Be Stressed

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Paul Thorn – Too Blessed To Be Stressed – Perpetual Obscurity/Blue Rose/IRD

Ci sono storie che vale la pena raccontare, quella di Paul Thorn parla da sola e se ne potrebbe trarre un romanzo. Nativo di Tupelo, Mississippi (non un luogo qualunque nella grande storia del rock’n’roll, li è nato un certo Elvis Presley). Figlio di un pastore protestante, Paul comincia fin da piccolo a cantare nella chiesa di famiglia, cresce a pane e musica e fin dalla tenera età di dodici anni comincia anche a prendere lezioni di boxe da suo zio, e dopo una lunga gavetta prende sul serio la carriera di pugile, che lo porta addirittura nel lontano ’87 a sfidare in diretta televisiva il campione del mondo Roberto Duran (conosciuto anche come “mano di pietra”). Come sia andata a finire è facilmente immaginabile, la sonora sconfitta rimediata lo fa tornare di corsa al suo primo amore, la musica, e tra un pugno e l’altro trova il tempo negli anni a seguire di incidere una mezza dozzina di dischi di buona fattura, a partire dall’esordio con Hammer And Nail (97) a cui faranno seguito Ain’t Love Strange (99), Mission Temple Fireworks Stand (02), Are You With Me? (04), A Long Way From Tupelo (08), Pimps And Preachers (10) http://discoclub.myblog.it/2011/02/25/temp-8321917b0bce057cb280fea99f41838b/  e What The Hell Is Goin’ On? (12), un disco di sole “cover”, andando a pescare autori di riferimento come Allen Toussaint, Rick Danko, Paul Rodgers dei Free, Ray Wylie Hubbard, Buddy Miller e il Buckingham dei Fleetwood Mac.

In questo Too Blessed To Be Stressed, Thorn scrive tutti i brani con il fidato Billy Maddox, avvalendosi di “sessionmen” di esperienza e qualità come Bill Hinds alle chitarre, Jeffrey Perkins alla batteria, Ralph Friedrichsen al basso, Michael Graham alle tastiere, e come coriste Deluxe le bravissime McCrary Sisters, che danno un buon contributo a tutto il lavoro.

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Le prime due riprese (o brani, se preferite) Everything’s Gonna Be Alright https://www.youtube.com/watch?v=Ppf2vogP4os  e Too Blessed To Be Stressed, sono di riscaldamento, ma già al terzo round Paul mette a segno un bel montante con una Everybody Needs Somebody dal ritornello accattivante https://www.youtube.com/watch?v=-vH8vZCwQkg , a cui fa seguire un perfetto colpo ai fianchi con il country di I Backslide On Friday, rifiatando alla grande con il soul-blues di This Is A Real Goodbye, con un bel lavoro al suo angolo di Michael Graham al piano. La sesta ripresa viene affrontata spavaldamente con l’andamento rock di Mediocrity Is King, mentre il “round” successivo Don’t Let Nobody Rob You Of Your Joy è di studio, prima di scatenarsi con la “cover” di Carlo Ditta (noto produttore di New Orleans, anche del grande Willy Deville), un gospel Get You A Healin’ dal sapore delizioso di Lousiana https://www.youtube.com/watch?v=3VVev3uouEA . Le ultime riprese sono di contenimento con il southern blues di annata Old Stray Dogs & Jesus, l’anima rock soul di una coinvolgente What Kind Of Roof Do You Live Under, concludendo l’incontro, vincendo ampiamente ai punti, con una grandissima ballata No Place I’d Rather Be, splendidamente suonata e cantata, dotata di una raffinata melodia degna del miglior John Hiatt. Gong!

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Nonostante i pugni presi in carriera, Paul Thorn non è affatto uno “suonato”, sa come disimpegnarsi nelle proprie canzoni, scrive brani che fanno vibrare, ballate toccanti, rhythm’n blues e qualche accenno di “roots”, da parte di un “boxeur” (fortunatamente) mancato, dotato di un talento musicale non tanto comune, con una storia da “saga americana” alle spalle, che aspetta solo di essere sceneggiata.

Tino Montanari

*NDB. Il disco era già uscito ad agosto per la propria etichetta Perpetual Obscurity, ed anticipato nella rubrica delle novità mensili, ora viene pubblicato in Europa dalla Blue Rose, distribuita in Italia dalla IRD, e rimane sempre un ottimo album, come avete appena letto qui sopra!