Quasi Meglio Degli Originali? Hayseed Dixie – Hair Down To The Grass

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Hayseed Dixie – Hair Down To My Grass – Nuclear Blast Records

Quando nel 2000 un gruppetto di amici decise di assumere la denominazione di Hayseed Dixie (anzi all’inizio l’omaggio doveva essere ancora più esplicito, AC/Dixie, ma quando intervennero gli avvocati della Sony, per una probabile causa, optarono per il nome che tutti conosciamo, a livello linguistico l’effetto è lo stesso, ma meno evidente), per pubblicare nel 2001 il loro primo album, A Hilbilly Tribute To AC/DC, venne coniato il termine rockgrass, che tuttora campeggia nella maglietta sulla copertina del nuovo disco. Il disco fu un sorprendente successo, vendendo più di 250.000 copie solo negli Stati Uniti, ma avendo un buon risultato in tutto al mondo, ad esempio 1° posto nelle classifiche australiane. Certo i musicisti che si celavano dietro i simpatici pseudonimi, Cooter Brown, Cletus, Barley Scotch, il leader, voce solista e strumentista tuttofare, tutt’ora in formazione e che all’anagrafe risponde al nome di John Wheeler, costoro probabilmente non immaginavano che nel 2015 la band sarebbe stata ancora in attività, avendo pubblicato nel corso degli anni la bellezza di 14, tra album ed EP, ognuno con un argomento più o meno definito, ma tutti eseguiti in quello stile bluegrass tipico, avendo come tratto unificante il fatto di riprendere brani celebri della musica rock (e non solo) per riproporli, con chitarra, violino, mandolino, banjo,  e contrabbasso, in versioni rigorosamente acustiche.

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Ovviamente la formula alla lunga è diventata un po’ risaputa (anche se ci sono stati, soprattutto negli ultimi anni, dischi interamente cantati in norvegese, singoli in finlandese e tedesco, e altre amenità del genere, usciti a livello autogestito), ma con questo album, il primo pubblicato da una etichetta come la Nuclear Blast, dopo che il gruppo negli anni aveva pubblicato per la Dualtone e la Cooking Vinyl, pare che avendo deciso di affrontare delle canzoni, quasi tutte, non politically correct, o se preferite alla romana (detto da un milanese), “nun se possono vede”, sembrano avere riacquistato una freschezza e una piacevolezza che sembrava mancare da qualche anno. Gridare al capolavoro è indubbiamente difficile, ma Don’t Stop Believin’ dei Journey è una bella partenza, in un tripudio di pickin’ a velocità frenetica di mandolino, banjo e strumenti acustici vari, oltre alla bella voce di Wheeler e dei suoi soci, Jake Bakesnake Byers, Johnny Butten e Hippy Joe Hymas, questa volta in trasferta in Cumbria, Regno Unito, anziché nei soliti studi di Nashville, Tennessee. Se poi nella successiva Eye Of The Tiger, “indimenticabile” tema di Rocky III, si aggiunge il violino ed una citazione di Ghost Riders of The Sky, quantomeno il divertimento è assicurato. Violino e banjo che duettano anche in un’altra rivisitazione alla velocità del suono di Final Countdown https://www.youtube.com/watch?v=VbZ8yMgQ6uk : a questo punto avrete capito quale è il genere che non si può nominare, il cosiddetto AOR, lite metal, rock duro ma non troppo, come volete chiamarlo, caro ai capelloni in giro per il mondo, come da titolo del disco.

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Non vi rimane che mettervi comodi in poltrona e sentire cosa combinano i nostri amici, non c’è limite al peggio, mi riferisco agli originali: We’re Not Gonna Take It dei Twisted Sister https://www.youtube.com/watch?v=TjkVwzON5IE , Summer of ’69 di Bryan Adams (questa per essere sinceri non era brutta, il nostro amico è riuscito recentemente a fare molto di peggio all’incontrario, nel suo ultimo disco di cover), Pour Some Sugar On Me dei Def Leppard https://www.youtube.com/watch?v=Z9nW3kOAEk4 , Dude Looks Like A Lady degli Aerosmith, senza voler essere offensivi verso chi ama il genere, diciamo che non è quello che prediligo, per usare un eufemismo. Livin’ On A Prayer dei Bon Jovi https://www.youtube.com/watch?v=GmihSQ8XNC0 , Wind Der Veranderung (sarebbe Wind Of Change degli Scorpions nella versione tedesca), tutti brani famosissimi e non così orribili, però non in cima alle mie preferenze, anche se una gagliarda We Are The Road Crew dei Motorhead aveva un suo perché. Gli ultimi due brani mi piacciono anche nella versione originale, Comfortably Numb dei Pink Floyd e Don’t Fear The Reaper dei Blue Oyster Cult, e quindi anche il trattamento bluegrass con spirito rock degli Hayseed Dixie, non rovescia troppo il fascino degli originali. Simpatico, spesso frenetico e divertente ancora una volta, ma forse siamo arrivati alla frutta? Vedremo!

Bruno Conti

Quasi Meglio Degli Originali? Hayseed Dixie – Hair Down To The Grassultima modifica: 2015-01-15T11:21:05+01:00da bruno_conti
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