La California Musicale (E Altro) Vista Dall’Italia! Max Meazza – Charlie Parker Loves Me

max meazza charlie parker loves me

Max Meazza – Charlie Parker Loves Me – Desolation Angels Distr. Ird

I dischi (ok, i CD) di Max Meazza li trovate ovunque (mai abbastanza per il diretto interessato), sulle piattaforme di vendita classiche, nei negozi di dischi che esistono ancora, ma anche in giro per il mondo, su siti specializzati, su CD Baby e ovunque vi capiti di girare, il suo nome lo potete trovare e comprarne i dischetti. Eppure in Italia l’amico Max fatica a trovare i giusti spazi di informazione che ne parlino: il sottoscritto, prima sul Buscadero e da un po’ di tempo sul Blog si occupa anche delle sue vicende musicali, o per parlare dell’iniziativa music raiser (raccolta fondi per i non anglofoni) per la registrazione di questo album, e se ne parliamo vuol dire che è andata a buon fine, o per recensire i suoi dischi, nel caso il penultimo http://discoclub.myblog.it/2014/02/24/dei-capostipiti-degli-italiani-caso-anglo-americani-nel-cuore-max-meazza-cold-blood/. Max, come ricordato in molte occasioni, ha diverse passioni (musicali, sulle altre non mi permetterei di indagare), con due o tre ramificazioni principali: la prima è una passione per la musica della West Coast, che sia country-rock, blue-eyed soul, easy jazz o come diavolo vogliate chiamarla, la seconda per il vecchio rock classico anni ’70, estrinsecata nel precedente album In Cold Blood e la terza, che sfocia nella devozione, è quella per la musica del grande cantautore inglese (anzi scozzese) John Martyn, che anche chi scrive ammira in modo sconfinato. Senza starvi a fare tutta la storia, al limite per documentarvi potete andare a fare un giretto sul suo sito http://www.maxmeazza.com/,  tutto inizia più di 40 anni fa con i Pueblo e continua a tutt’oggi, tra alti e bassi, ma con la voglia di fare musica inalterata nel tempo.

Diciamo subito che il nuovo album ha un suono morbido, jazzy e felpato, è stato registrato tra Roma e Milano, non ho visto tra i collaboratori storici il nome del quasi immancabile Claudio Bazzari alle chitarre, sostituito più che degnamente da Nicola Demontis, sia alle elettriche che all’acustica, in Solid Air, uno dei due brani dell’altrettanto immancabile John Martyn, c’è Gigi Cifarelli alla solista, mentre in Forward Motion, la canzone scritta e cantata da Mark Winkler, troviamo Davide Benecchi alla chitarra elettrica. Alle tastiere si alternano diversi musicisti, quasi tutti impegnati al Fender Rhodes, il classico piano elettrrico dal suono inconfondibile che costituisce una delle soluzioni sonore tipiche dell’album, ed in generale della musica di Max Meazza, mentre, sempre nel brano di Winkler, appaiono i fratelli Pucci, che uniti a Benecchi forniscono il supporto sonoro del pezzo. Tony O’Malley, ex Kokomo e Arrival, è alle armonie vocali in Black And White Generation, e comunque, se volete, in questo blog dal nome suggestivo http://labibledelawestcoast.blogspot.it/2015/04/max-meazza-charlie-parker-loves-me-2015.html, trovate tutti i credits dei musicisti presenti nell’album.

Ho tenuto per ultima, come una ciliegina sulla torta, la presenza di Marc Jordan, grande cantante newyorkese, ma che da anni vive in Canada, uno dei migliori rappresentanti di questo sound tra jazz, rock e musica Westcoastiana, filone a cui potremmo far risalire anche i vari Donald Fagen, Bill LaBounty, Ned Doheny, Boz Scaggs, Robbie Dupree, Michael Franks e tantissimi altri. Jordan in particolare è anche autore per altri, e qui mi assumo la responsabilità di quello che dico, non sempre i nomi che eseguono i suoi brani rientrano tra i miei preferiti (Cher e Josh Groban tra tutti), o non più: la versione del brano che dà il titolo al CD di Meazza, Charlie Parker Loves Me, è apparsa su un disco di Rod Stewart Human del 2001, dal suono francamente imbarrazzante, mentre le versioni di Jordan, sia quella originale su This Is How Men Cry che quella su questo CD sono decisamente migliori, quel contemporary pop/rock/jazz, per coniare un “nuovo” termine, raffinato ed elegante; nell brano in questione Max Meazza è presente solo alla chitarra elettrica, al fianco dell’avvolgente sound del piano elettrico, della tromba con il mute e una melodia gentile e facilmente memorabilizzabile, mentre nel resto dell’album è la sua voce a guidare le danze: Ora più bassa e roca, come nella cover di She’s A Lover, un brano tratto da John Martyn And., per essere onesti non tra i migliori del cantautore scozzese, ma qui reso in una bella versione, dove una chitarrina elettrica molto lavorata, anche con un wah-wah leggero ma insinuante, ed una acustica morbida ed arpeggiata, si dividono con il solito piano elettrico il tappeto sonoro che sottolinea le divagazioni vocali del nostro (bel video, complimenti alla mamma https://www.youtube.com/watch?v=BZIOpBIBSL4). Neon Angel, dove la voce è più naturale e meno tesa alle note basse, è una classica ballata californiana, malinconica ma solare, con le chitarre a sottolineare la melodia avvolgente della canzone https://www.youtube.com/watch?v=Uyt6EbT4Twc , mentre Lost In L.A., di nuovo su una tonalità più bassa, ha un ritmo più funky, vagamente latineggiante, con delle armonie vocali quasi sognanti, grazie alla voce di Valeria Fiore, mentre Marco Taggiasco, tastiere, basso e piano elettrico si affianca alle chitarre di Demontis, con un bel assolo di tromba di Filippo Daga,  che nel finale del brano alza la quota jazz dello stesso.

A seguire un brano melodico come A Face In The Crowd, con Martina Daga (stessa famiglia?) al sax, sempre con quell’aria rilassata e indolente tipica del sound della costa californiana. Di Forward Motion possiamo aggiungere che il suo autore ed interprete Mark Winkler, è uno di quei cantant jazzi che viene dalla schiatta che da Mose Allison giunge fino a Michael Franks, mentre il sound sta a metà appunto tra Franks e gli Steely Dan più leggeri. Solid Air, la bellissima canzone di John Martyn, Max Meazza l’ha incisa più volte e questa versione è già apparsa in precedenza, ma vista la bellezza del brano l’ascoltiamo ancora una volta con piacere, anche grazie alle raffinate evoluzioni della solista di Cifarelli. Too Late For My Heart fa sempre parte di quelle ballate pensose e melancoliche tipiche di Max, ma l’uso del drum programming (presente anche in altri brani)non mi piace, infatti quando c’è un batterista “umano”, come Enrico Ferraresi in Black And White Generation, si sente subito, il brano che ha una andatura decisamente più rock rispetto al resto dell’album, sembra un pezzo alla Dire Straits primo periodo, con la solista insinuante di Demontis e un groove più deciso, prima di lasciare spazio all’ultima traccia dell’album, una Laurie Bird più intima e raccolta, quasi autunnale nel suo arrangiamento austero, solo chitarra acustica ed elettrica, un basso fretless e il violino di Giulia Nuti a caratterizzare questa canzone meno immediata e più meditata. Se già conoscete il buon vecchio Max è la sua “solita” musica, se viceversa quanto scritto vi ha incuriosito potete provare questo Charlie Parker Loves Me, male non può farvi!

Bruno Conti

Una Raffinata Serie Di Classici Per Due Amici Ritrovati! Betty Buckley – Ghostlight

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Betty Buckley – Ghostlight – Palmetto Records 2014

Betty Lynn Buckley è un’arzilla signora di 67 anni (portati benissimo), un’artista poliedrica che nella sua lunga carriera ha fatto cinema (tra i tanti Un’Altra Donna con Woody Allen, Frantic con Harrison Ford, Carrie Lo Sguardo Di Satana), programmi televisivi (La Famiglia Bradford  e la serie The Pacific, visti anche dalle nostre parti), spettacoli teatrali (il musical Cats con cui vinse il premio Tony Award nel 1983), e, a mia insaputa, anche cantante di “cabaret”, con la pubblicazione di ben 16 album, con numerosi premi ricevuti. Dopo questo “curriculum vitae” di tutto rispetto e altro, bisogna anche dire che la Buckley vanta una vecchia e lunga amicizia (fin dai tempi di Fort Worth, Texas, dove è nata e dove registrarono il primo album, per entrambi, nel lontano 1967) con il grande “coetaneo”,  prima cantante e poi produttore T-Bone Burnett, e come in tutte le favole a lieto fine Betty e TBone si sono ritrovati, e con un altro gigante della musica, Bill Frisell, hanno dato voce e corpo a questo Ghostligh, che risulta evocativo di quella amicizia.

Ghostlight è stato registrato al The Village di Los Angeles, e come in tutte le produzioni di Burnett vengono chiamati a suonare musicisti di valore come Tom Canning al pianoforte, Matt Betton alla batteria, David Piltch al basso, Charlie Bishart al violino, Cameron Stone al cello, Chas Smith alla pedal-steel, guidati dallo stesso T-Bone Burnett alla chitarra elettrice e acustica e con Bill Frisell al banjo e alle chitarre, per un mix di canzoni pescate dal repertorio dei grandi autori di Broadway degli anni ’60,  e autori contemporanei, suonati con sfumature jazz, e che vivono sulla splendida voce della Buckley.

Il disco si apre con la melodia di Come To Me Bend To Me scritta dal duo Lerner e Loewe (portata al successo tra gli altri da Andy Williams), seguita da una passionale If You Go Away, che non è altro che la versione di Ne Me Quitte Pas (una delle più belle canzoni di sempre) di Jacques Brel, qui rifatta a tempo di marcetta con l’accompagnamento del violino di Bishart, dalla famosissima Blue Skies (cavallo di battaglia di Ella Fitzgerald e Frank Sinatra) arrangiata e interpretata in perfetto “Broadway style”, e una dolcissima Throw It Away di Abbey Lincoln (moglie del famoso batterista Max Roach), con la chitarra di Frisell che dispensa note intime. Arriva il momento di una Lazy Afternoon (portata al successo da Barbra Streisand), qui estesa a più di dieci minuti ( e rivoltata come un calzino), quasi un pezzo “ambient” con tocchi di raffinata psichedelia, per poi passare alla pianistica Bewitched  e alla struggente ariosa melodia di This Nearly Was Mine, interpretate al meglio dalla Buckley in un atmosfera da “musical”, che ci introduce poi ad uno “standard” della musica jazz come Body And Soul,  resa celebre da Paul Whiterman, portata al successo da Coleman Hawkins e registrata da tutti i più grandi (Amstrong, Fitzgerald, Sinatra, Vaughan, Billie Holiday, forse la versione più famosa, Bennett e altri cento) con Bill Frisell alla chitarra elettrica e una voce senza tempo https://www.youtube.com/watch?v=tMDwvL7Q5Qc . Ci si avvia (purtroppo) alla fine con una canzone tipicamente rock di Marty Balin (cantante dei primi Jefferrson Airplane) Comin’ Back To Me (la trovate su Surrealistic Pillow), qui rifatta da Betty in una versione delicata e armoniosa, mentre Dreamsville è pescata dal noto film Colazione Da Tiffany con la colonna sonora d Henry Mancini, andando infine a chiudere omaggiando due autori contemporanei, una meravigliosa ballata di Tom Waits Take It With Me When I Go (da Mule Variatons (99), e una dolente e triste Where Time Stands Still presa in prestito da Stones In The Road (94), da una delle mie cantautrici preferite Mary Chapin Carpenter, giusto finale di un lavoro da incasellare nel genere “vocal jazz ma non solo”!

betty buckley 1967 betty biuckley t-bone burnett

T-Bone Burnett come produttore ha cambiato il mondo della musica (in quanto ha sempre cercato di rendere ogni suo progetto più perfetto di quello precedente), e in questo Ghostlight ha trovato nella “coetanea” Betty una di quelle rare cantanti che assimila tutti i generi e li rende propri, con una splendida voce che in ogni brano ci regala una tenera e calda emozione, perché in fondo la buona musica è buona musica, e le buone canzoni sono buone canzoni, e in questo lavoro se ne trovano in abbondanza!

Tino Montanari

Il Disco Del Giorno (E Forse Del Mese)! Graham Parker & The Rumour – Mystery Glue

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Graham Parker & The Rumour – Mystery Glue – Cadet Concept/Universal

Oggi esce in Italia e in molti altri paesi (europei ed americani) Mystery Glue, il nuovo album di Graham Parker & The Rumour, il secondo dopo la reunion del musicista di Londra con la sua band storica, sancita nel novembre del 2012 dall’uscita dell’ottimo Three Chords Good http://discoclub.myblog.it/2012/12/03/di-nuovo-insieme-graham-parker-the-rumour-three-chords-good/ e dalla partecipazione alla colonna e al film di Judd Apatow This Is 40. Il disco ha avuto un buon successo di critica e di pubblico e quindi i 6 hanno deciso di dare un seguito a quell’esperienza. Parker, da anni residente a New York, in quella città ha scritto una serie di canzoni che poi, in compagnia della sua band, sono state registrate in soli sei giorni nei leggendari studi Rak a Londra, a conferma che l’ispirazione non ha mai abbandonato l’occhioluto e incazzoso musicista, forse solo leggemente ammorbidito dal passare dagli anni (anche per lui sono quasi 65), comunque sempre caustico ed ironico nei suoi testi, e con una voce che rimane praticamente identica a quella che nel 1976 aveva fatto esclamare, con felice espressione, al collega americano Springsteen: “E’ una di quelle voci “cuts through the bullshit” (difficile da tradurre, forse potremmo dire, che dà un taglio alle stronzate!) https://www.youtube.com/watch?v=01AeQYuXcIE . Per l’occasione la Universal, la major che cura la distribuzione del disco, ha riattivato una delle etichette storiche del suo catalogo, la Cadet, diciamo il ramo bianco della “nerissima” e prestigiosa Chess Records.

Forse avrete già letto recensioni anche contrastanti di questo album, e ogni parere è rispettabile, ma non mi sento di convidere chi lo ha considerato un disco “minore” di Parker, anzi per il sottoscritto è uno dei suoi migliori (esclusi i primi), è il nostro amico Graham, da solo e con i Rumour, ne ha fatti moltissimi che hanno sfiorato e anche raggiunto lo status del capolavoro, soprattutto nei primi 5 anni della sua carriera, album come Howlin’ Wind, Heat Treatment, Squeezing Out Parks rimangono delle pietre miliari nella loro fusione di R&R, soul, reggae, canzone d’autore e pop eccelso, cantate con una voce che univa la classe di Van Morrison, con la forza del primo Springsteen e dell’immancabile ed amato Dylan, e l’aggiunta di tocchi dei grandi cantanti soul del passato. Si tratta, come si diceva poc’anzi, di un disco più morbido del precedente, un disco soprattutto di ballate elettriche, arricchito da citazioni del miglior pop britannico ed americano, quello più raffinato e geniale, impreziosito dalla sempre impeccabile esecuzione dei Rumour, una delle migliori band che abbiano mai calcato i palcoscenici di tutto il mondo, Bob Andrews, Brinsley Schwarz, Martin Belmont, Andrew Bodnar e Stephen Goulding, non hanno perso una briciola della loro classe, come possiamo verificare ascoltando i dodici brani che compongono questo Mystery Glue. Titolo ispirato da un astrofisico svizzero degli anni ’30 del secolo scorso, tale Fritz Zwicky, che nel parlare della “materia oscura”, forse per errore e nelle parole di Parker, definì questa sostanza che teneva insieme l’universo una “colla misteriosa”. Forse la storia non è vera, ma sicuramente affascinante e al solito Parker coniuga la sua visione del rock all’interno di questa colla che tiene insieme tutta la sua musica.

I due brani iniziali, Transit Of Venus e Going There, sono classico Parker, con l’organo di Andrews e le chitarre acustiche ed elettriche, spalmate a strati sul tessuto melodico dei brani, che permettono alla voce di Graham di essere melliflua e partecipe, morbidamente malinconica come nelle migliori ballate della sua tradizione, ci sono anche richiami al pop classico di Kinks e Beatles, soprattutto nel secondo brano, deliziosamente retrò nella sua andatura lineare, nei piccoli tocchi di genio strumentali, negli immancabili coretti che non mancano mai nei suoi pezzi. Wall Of Grace è leggermente più mossa e qui, se proprio vogliamo fare una critica, i coretti sono un tantinello scontati, ma i Rumour suonano sempre divinamente e il tocco del wah-wah nella parte finale del disco dimostra una attenzione ai particolari sempre curatissima, mentre Swing State accelera ancora leggermente i tempi e si scorgono vibrazioni vicine al vecchio pub-rock delle origini, con tanto di citazione reggae nella parte centrale e accenni quasi rock and roll, con il magico organo di Andrews ancora in evidenza. Slow News Days ci riporta al Parker caustico degli anni ’70 (una caratteristica che non ha mai perso), quello che era un fustigatore dei costumi dell’epoca, una sorta di Dylan o Ray Davies a cavallo tra rock e canzone d’autore, anche in questo brano i piaceri sonori sono più sottili e meno immediati, ma non per questo meno godibili, un suo brano, sarà per la voce, sarà per l’atmosfera lo riconosci subito, non è come per l’80% della produzione attuale, anche quella buona,  che potrebbe appartenere a chiunque. Railroad Spikes, con il vorticoso pianino di Andrews, è la solita riuscita fusione tra R&R (quasi alla Elvis) e pop, quello che siamo soliti chiamare pub-rock, molto ritmato e cantato con più veemenza da Parker.

Flying Into London è un’altra bella ballata ricca di soul, con quel giusto tocco di malinconia e rimpianto, ma dall’ariosa melodia che si apre all’improvviso con tipico ed inconfondibile tocco parkeriano e la maestria dei Rumour che la rivestono del solito arrangiamento sontuoso. Pub Crawl è un piccolo divertissement sonoro che mette a confronto il suo passato e il suo presente, semplice ma sempre efficace, forse di nuovo leggermente scontata (nessuno ha mai detto che siamo di fronte ad un capolavoro assoluto) , anche se il tocco vaudeville di quello che sembra un kazoo è sempre geniale. I’ve Done Bad Things ha l’aria familiare di vecchie canzoni di Graham Parker, fin nella citazione di Wild Honey https://www.youtube.com/watch?v=hONx9bsVV74  e con le chitarre di nuove grintose e nervose, e anche Fast Crowd, con il suo ritmo incalzante e quel meticciato tra rock e soul, con influenze dylaniane nel cantato, è sempre classico Parker della più bell’acqua, meno prorompente che in passato ma sempre eseguito con gran classe. Non dispiace neppure Long Shot, il brano che cita nel testo il titolo dell’album, un’altra canzone che certifica la buona forma a livello compositivo del nostro, un altro classico esemplare di pura Parker song. In conclusione troviamo My Life In Movieland un brano che traccia, con la consueta ironia, la sua avventura nel mondo del cinema, una via di mezzo tra una canzone di Randy Newman e un vecchio blues, stesso sarcasmo e stessa forma sonora, voce, piano e di nuovo kazoo, per un brano che chiude su un tono minore un ennesimo bel disco di Graham Parker, il classico disco da ascoltare più volte per goderlo fino in fondo!

Bruno Conti

Sempre Buona Musica Dalle Parti Di Austin! Jimmy LaFave – The Night Tribe

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Jimmy LaFave – The Night Tribe – Music Road Records

Jimmy LaFave è come un buon vino rosso, più invecchia e più migliora, dopo ben 36 anni di botte (carriera) e il diciassettesimo tipo di vino (album). Il modo con cui LaFave mescola il suo vino (il suono) è particolarmente vario, agli inizi era rock ‘n’ roll, poi si è miscelato con il country, il folk e il blues, con un raccolto importante nelle annate migliori con Austin Skyline (92), Highway Trance (94), Buffalo Return To The Plains (95), Road Novel (97), Depending On The Distance (12) http://discoclub.myblog.it/2012/10/21/non-solo-covers-ma-molto-di-piu-jimmy-lafave-depending-on-th/ , fino ad arrivare a questo ultimo prodotto The Night Tribe dove si fa aiutare da “addetti ai lavori” di grande qualità come il “sommelier” Radoslav Lorkovic al pianoforte, e lavoranti del posto quali Anthony DaCosta, Garrett Lebeau (molto bello il suo disco solista, Rise To The Grind, perfetto country got soul) e Larry Wilson alle chitarre elettriche, Andrew Pressman al basso,  Bobby Kallus alla batteria, James Anderson e Javier Chaparro ai violini, e Noelle Hampton con Jaimee Harris a canticchiare durante la vendemmia.

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Le “degustazioni” si aprono con la dolce The Beauty Of You, seguita da un’altra bella e commovente canzone d’amore Maybe , e da una cover inaspettata di Journey Throught The Past di Neil Young, deliziosamente triste e cantata con il cuore da Jimmy (sempre con il piano in evidenza) https://www.youtube.com/watch?v=3heIbiaLr3E , e siccome un sorso tira l’altro, proseguono le ballate con le crepuscolari It’s Not On Me e Talk To An Angel, mentre Trying To Get Back To You è un moderno country-blues. Per chi conosce l’oste LaFave non poteva mancare una cover di “mastro” Dylan come Queen Jane Approximately (per chi non se la ricorda era nel pluridecorato Highway 61 Revisitedhttps://www.youtube.com/watch?v=ijycDOgx2pA , per poi passare alla delicata Island, la sofferta title-track The Night Tribe (sui personaggi che vivono e animano la notte) https://www.youtube.com/watch?v=b5dLPXgbvXs , l’ariosa Never Came Back To Memphis https://www.youtube.com/watch?v=vkUzzjKzls4 , arrivando alla fine delle “degustazioni” con la straziante melodia di Smile, gli accordi blues di Dust Bowl Okies https://www.youtube.com/watch?v=Uhe-DEnFtO4 , e la classica ballata da “cuori infranti” The Roads Of The Earth, marchio di fabbrica dell’oste.

Anche chi non ha feeling con la scena di Austin (e in generale con la roots-music di origine texana) potrebbe facilmente riconoscersi in questo disco di Jimmy LaFave, in quanto in The Night Tribe ci sono delle canzoni e anche le solite ballate, interpretate in modo romantico, che sono il simbolo della vena poetica del suo autore, negli ultimi anni  diventata più intensa, malinconica e profonda. Jimmy LaFave è un cantautore di razza e per proseguire nella metafora vinicola, i suoi riferimenti pescano nel giusto vigneto (Guthrie e innanzitutto Dylan), cosa che gli permette ancora, all’alba dei 60 (anni), di produrre un vino intenso, dolce e amabile, tale che dopo averlo sorseggiato e gustato, apre il cuore e l’anima. Un CD millesimato!

Tino Montanari

Profeti Di Sventura! Se Ne E’ Andato Anche B.B. King 1925-2015

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Giorni fa, parlando della scomparsa di Ben E. King, avevo sottolineato lo sfondone di alcuni telegiornali e quotidiani italiani che avevano parlato della scomparsa del cantante americano con queste precise parole “E’ morto Ben E. King, considerato uno dei migliori chitarristi della storia del blues e del rock”, intendendo parlare ovviamente di B.B. King (potete verificare perché è ancora sui siti di RaiNews e Repubblica)! Mi ricordo che quel 1° maggio ero anche andato a verificare sul sito ufficiale di BB King  che conteneva anxi un ringraziamento ai fans, in virtù del fatto che era stato appena dimesso dall’ospedale e diceva di sentirsi decisamente meglio. Ora, non so se gliela abbiamo tirata, ma il grande Riley Blues Boy King è morto nella notte tra il 14 e il 15 maggio, nella sua casa di Las Vegas, se ne è andato a raggiungere quel Signore che indica nella foto riportata sopra. Avrebbe compiuto 90 anni il 16 settembre. Ultimamente di necrologi ne sto scrivendo troppi, per cui preferisco ricordarlo con quanto avevo scritto qualche tempo fa sul suo bellissimo cofanetto retrospettivo. Ecco qui…

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B.B. King – Ladies And Gentlemen…Mr. B.B. King 10 CD o 4 CD Universal 25-09-2012 *****

Ormai come sapete le ripubblicazioni e i Box Set si sprecano, ogni occasione è buona, anche l’anniversario scelto per questo cofanetto volendo è abbastanza risibile: il 50° anniversario dalla firma del contratto con l’ABC-Paramount, perché poi il primo album per l’etichetta, Mr. Blues uscirà nel 1963. Ma in questo caso il fatto è del tutto marginale, quello che conta è il contenuto strepitoso. 10 CD curati dal principe di queste edizioni, Bill Levenson, il più grande curatore, ingegnere e produttore per questo tipo di operazioni, per intenderci colui che ha realizzato i box di Derek And The Dominos Layla, degli Allman Brothers Dreams e di Peel Slowly And See dei Velvet Underground, per citarne alcuni, oltre alla serie Chronicle della Universal e decine di altri titoli, “pensionato” frettolosamente dalle case discografiche e ora tornato in pista alla grande per questo cofanetto.

Si tratta di 194 brani inseriti in ordine cronologico, dal 1949 al 2008, un vero paradiso per gli amanti del Blues e non solo, uno dei casi in cui vale assolutamente la pena di assegnare le 5 stellette per il capolavoro o al limite mezza stelletta in meno perché in tutto questo ben di Dio non c’è neppure un inedito (uno per la verità!), ma dovendo già scegliere tra una produzione immane i curatori hanno cercato quantomeno di inserire almeno un brano per ogni album pubblicato dal 1963 ai giorni nostri con qualche rarità, pescata soprattutto tra i duetti e nei dischi di altri artisti. Il tutto corredato da un bel libro di 72 pagine, ricco di foto e con le note firmate dal giornalista americano Ashley Kahn, specializzato in jazz e blues e da Dick Shurman, che per noi appassionati è semplicemente Magic Dick della J. Geils Band, una autorità nel campo.

Per la prima volta questo cofanetto è multi-label, ovvero c’è anche il materiale inciso per la Bullet, Modern/RPM e Kent/Crown tra il 1949 e il 1962, sparso nei primi due dischi, con 50 brani che illustrano la nascita del mito B.B. King quando Lucille non era ancora il nome della sua chitarra ma lui era già uno dei più grandi artefici dello strumento e tuttora risiede al n° 3 della classifica All Time della rivista Rolling Stone, dietro Hendrix e Duane Allman ma davanti al suo discepolo Clapton, e in risalita dal 6° posto della precedente edizione. Si parte con i primi brani editi nel 1949 su due singoli per l’etichetta Bullet e attraverso gli anni si toccano anche le collaborazioni con le orchestre di Count Basie e Duke Ellington, un brano a testa, le prime versioni di Sweet Little Angel e Rock Me Baby, veri capisaldi del suo repertorio, poi replicati varie volte negli anni a venire soprattutto in grandissime versioni dal vivo, ma in questo primo periodo ci sono tantissimi classici delle dodici battute del Blues, conosciuti anche nel repertorio di altri musicisti.

Dal terzo compact parte la disamina del repertorio più conosciuto, quello che attraverso la ABC, Impulse, Mca e Geffen, quindi tutti di quella che oggi si chiama Universal, ci porta ai giorni nostri. Gli anni ’60 sono quelli più importanti: il primo Mr. Blues (non conosciutissimo) è rappresentato da 6 brani, del grandissimo Live At The Regal del 1965 appaiono 5 brani e dell’altrettanto indispensabile Live And Well del 1969 ce ne sono quattro, oltre a moltissimi brani usciti in quegli anno solo in 45 giri e quindi rintracciabili solo in antologie varie. Di quel periodo è anche l’unico brano del cofanetto che riporta la fatidica scritta “previously unreleased” per una versione inedita di I Wonder Why del 1964 sul terzo CD. Sempre del 1969, a cavallo dei CD 4 e 5 ci sono 4 brani a testa tratti da Live And Well e Completely Well, fantastici.

Gli anni ’70 iniziano sul 5° compact con 5 brani estratti da uno dei suoi dischi più belli registrati in studio Indianola Mississippi Seeds per proseguire con 3 brani da Live At Cook County Jail e quattro da Live In Japan, entrambi del 1971, ma il secondo edito solo nel 1999. 3 tracce tratte dall’altrettanto indispensabile In London dal 1971 e una a testa dai due album registrati in collaborazione con il grande cantante Bobby “Blue” Bland li trovate sempre nel sesto CD. Tre brani da Midnight Believer il disco del 1978 registrato in collaborazione con i Crusaders aprono il settimo dischetto e da lì in avanti si trovano molti dei suoi duetti e collaborazioni, spesso rari: When Loves Come To Town con gli U2 del 1988, Right Place, Wrong Time con Bonnie Raitt dalla colonna sonora di Air America, Since I Met You Baby in coppia con Gary Moore, dal vivo al Town And Country nel ’93, uscito solo su un CD singolo. E nel disco 9 ce ne sono moltissimi: con Robert Cray, Etta James, Diane Schuur e con Marty Stuart e i Rolling Stones da Deuces Wild uno dei dischi migliori dell’ultimo periodo. L’ultimo disco ci porta nel nuovo secolo con due brani tratti dal disco registrato con Eric Clapton e poi ancora accoppiate fantastiche con Ray Charles e da 80, con Van Morrison e Elton John. Gli ultimi quattro brani sono tratti dall’eccellente One Kind Favor del 2008, quello prodotto da T-Bone Burnett, che potrebbe essere il suo ultimo e gli ha fruttato l’ennesimo Grammy.

In mezzo a tanti gioielli c’è anche un po’ di fuffa, per esempio il suono della batteria di Into The Night, peraltro tratto da una colonna sonora famosissima, non si può sentire, orrido, anche se lui canta benissimo e Lucille disegna le solite linee soliste inconfondibili, quando suona e canta Mr. Riley B. King, classe 1925 (87 anni il 16 settembre, tanti auguri), lo riconosci subito. E con questo cofanetto pantagruelico potete passare una intera giornata ad ascoltare alcune delle musiche migliori che sono state registrate in questi 63 anni. Si dice spesso, ma in questo caso è d’obbligo: Imperdibile!

Bruno Conti

P.S. Per chi vuole risparmiare o non è così appassionato di Blues ne è stata pubblicata anche una versione ridotta in 4 CD. 

E questa è la lista completa dei contenuti:

 

B.B. King, Ladies and Gentlemen…Mr B.B. King (Hip-O/UMe, 2012)

Disc 1: Three O’Clock Blues (1949-1956)

  1. Miss Martha King
  2. When Your Baby Packs Up and Goes
  3. Got the Blues
  4. Take a Swing with Me
  5. B.B. Boogie
  6. Don’t You Want a Man Like Me
  7. Fine Looking Woman
  8. She’s Dynamite
  9. Three O’Clock Blues
  10. That Ain’t the Way to Do It
  11. You Know I Love You
  12. Woke Up This Morning
  13. Please Love Me
  14. Blind Love
  15. The Woman I Love
  16. Whole Lotta’ Love
  17. Everyday I Have the Blues
  18. Love You Baby (a/k/a Take a Swing with Me)
  19. When My Heart Beats Like a Hammer
  20. You Upset Me Baby
  21. Sneakin’ Around
  22. Shut Your Mouth
  23. Boogie Rock
  24. Ten Long Years
  25. Crying Won’t Help You
  26. Bad Luck
  27. Troubles, Troubles, Troubles

Disc 2: Rock Me Baby (1956-1962)

  1. Sweet Little Angel
  2. Early in the Morning
  3. (I’m Gonna) Quit My Baby
  4. On My Word of Honor
  5. Days of Old
  6. Recession Blues
  7. Please Accept My Love
  8. Everyday I Have the Blues  (with The Count Basie Orchestra)
  9. Precious Lord
  10. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2
  11. Don’t Get Around Much Anymore (with The Duke Ellington Orchestra)
  12. I’ll Survive
  13. (I’ve) Got a Right to Love My Baby
  14. It’s My Own Fault
  15. You Done Lost Your Good Thing Now
  16. Walking Dr. Bill
  17. Catfish Blues (Fishin’ After Me)
  18. Partin’ Time
  19. You’re Breaking My Heart
  20. Rock Me Baby
  21. Blue Shadows
  22. The Jungle
  23. That Evil Child

Disc 3: How Blue Can You Get? (1963-1966)

  1. You Ask Me
  2. I’m Gonna Sit In ‘Til You Give In
  3. Blues At Midnight
  4. My Baby’s Coming Home
  5. Chains of Love
  6. Sneakin’ Around
  7. Slowly Losing My Mind
  8. How Blue Can You Get?
  9. Whole Lotta Lovin’
  10. I Wonder Why (previously unreleased)
  11. Please Accept My Love
  12. Help the Poor
  13. Never Trust a Woman
  14. Worryin’ Blues
  15. Stop Leadin’ Me On
  16. Everyday I Have the Blues (Live at The Regal Theatre)
  17. Sweet Little Angel (Live at The Regal Theatre)
  18. It’s My Own Fault (Live at the Regal Theatre)
  19. How Blue Can You Get? (Live at the Regal Theatre)
  20. Please Love Me (Live at The Regal Theatre)
  21. Tired of Your Jive
  22. All Over Again
  23. I’d Rather Drink Muddy Water
  24. Cherry Red
  25. You’re Still a Square
  26. Don’t Answer the Door, Parts 1 & 2
  27. Waitin’ on You
  28. Night Life

Disc 4: Why I Sing The Blues (1966-1969)

  1. Gambler’s Blues (Live at The International Club)
  2. Buzz Me (Live at The International Club)
  3. Sweet Sixteen, Parts 1 & 2 (Live at The International Club)
  4. Think It Over
  5. Done Got Wise
  6. Paying the Cost to Be the Boss
  7. I’m Gonna Do What They Do to Me
  8. Dance with Me
  9. Lucille
  10. Watch Yourself
  11. You Put It on Me
  12. Messy But Good
  13. Get Myself Somebody
  14. My Mood (Live at The Village Gate)
  15. I Want You So Bad
  16. Get Off My Back Woman
  17. Why I Sing the Blues

Disc 5: The Thrill is Gone (1969-1971)

  1. The Thrill is Gone
  2. Confessin’ the Blues
  3. So Excited
  4. No Good
  5. Go Underground
  6. Nobody Loves Me But My Mother
  7. Chains and Things
  8. Ask Me No Questions
  9. Hummingbird
  10. Everyday I Have the Blues (Live at Cook County Jail)
  11. How Blue Can You Get? (Live at Cook County Jail)
  12. Worry, Worry (Live at Cook County Jail)
  13. Sweet Sixteen (Live at Sankei Hall)
  14. Eyesight to the Blind (Live at Sankei Hall)
  15. Niji Baby (Live at Sankei Hall)
  16. The Thrill is Gone (Live at Sankei Hall)

Disc 6: Lucille Talks Back (1971-1976)

  1. I Got Some Help I Don’t Need
  2. Blue Shadows
  3. Ghetto Woman
  4. Ain’t Nobody Home
  5. Guess Who
  6. Five Long Years
  7. I Like to Live the Love
  8. To Know You is to Love You
  9. Philadelphia
  10. Three O’Clock Blues (Live with Bobby “Blue” Bland)
  11. Lucille Talks Back
  12. Reconsider Baby
  13. Don’t Make Me Pay for His Mistakes
  14. Let the Good Times Roll (Live with Bobby “Blue” Bland)
  15. Don’t You Lie to Me
  16. Mother Fuyer
  17. The Same Love That Made Me Laugh

Disc 7: When It All Comes Down (I’ll Still Be Around) (1977-1982)

  1. When It All Comes Down (I’ll Still Be Around)
  2. Hold On (I Feel Our Love is Changing)
  3. Never Make Your Move Too Soon
  4. Better Not Look Down
  5. Happy Birthday Blues
  6. I’ve Always Been Lonely
  7. Caldonia (Live at The University of Mississippi)
  8. I Got Some Help I Don’t Need (Live at The University of Mississippi)
  9. Life Ain’t Nothing But a Party
  10. The Victim
  11. There Must Be a Better World Somewhere
  12. Nightlife/Please Send Me Someone to Love
  13. Inflation Blues
  14. Sell My Monkey
  15. Darlin’ You Know I Love You
  16. Make Love to Me

Disc 8: When Love Comes to Town (1984-1992)

  1. Into the Night
  2. Six Silver Strings
  3. When Love Comes to Town – U2 with B.B. King
  4. Standing on the Edge of Love
  5. Lay Another Log on the Fire
  6. Take Off Your Shoes
  7. Nobody Love Me But My Mother (Live at San Quentin Prison)
  8. Right Place, Wrong Time (with Bonnie Raitt)
  9. All Over Again (Live at The Apollo)
  10. I’m Moving On
  11. Back in L.A.
  12. Fool Me Once
  13. There is Always One More Time
  14. Monday Morning Blues (Blues for Mr. G)
  15. Since I Met You Baby (Live at the Town & Country) (with Gary Moore)

Disc 9: Blues Man (1993-1999)

  1. Playin’ with My Friends (with Robert Cray)
  2. There’s Something on Your Mind (with Etta James)
  3. I Gotta Move Out of This Neighborhood/Nobody Loves Me But My Mother
  4. You Don’t Know Me – Diane Schuur & B.B. King
  5. Stormy Monday Blues – The GRP All-Star Big Band with B.B. King
  6. Rock Me Baby (Live at The Rosengarten)
  7. Confessin’ the Blues (with Marty Stuart)
  8. Paying the Cost to Be the Boss (with The Rolling Stones)
  9. Blues Man
  10. Bad Case of Love
  11. Blues Boys Tune
  12. I’ll Survive
  13. Ain’t Nobody Here But Us Chickens
  14. I’m Gonna Move to the Outskirts of Town
  15. Ain’t That Just Like a Woman
  16. Caldonia

Disc 10: Key to the Highway (2000-2008)

  1. Ten Long Years – Eric Clapton & B.B. King
  2. Key to the Highway – Eric Clapton & B.B. King
  3. I Got to Leave This Woman
  4. Monday Woman
  5. Don’t Go No Farther
  6. You’re on Top
  7. Back Door Santa
  8. Exactly Like You
  9. Sinner’s Prayer – Ray Charles with B.B. King
  10. Early in the Morning (with Van Morrison)
  11. Rock This House (with Elton John)
  12. You Have a Way
  13. Everybody Loves You
  14. Key to the Highway (Live at B.B. King’s Blues Club)
  15. Midnight Blues
  16. Get These Blues Off Me
  17. See That My Grave is Kept Clean
  18. Waiting for Your Call
  19. Haunted House

Disc 1, Tracks 1-2 from Bullet single 309, 1949
Disc 1, Tracks 3-4 from Bullet single 315, 1949
Disc 1, Track 5 from RPM single 304, 1950
Disc 1, Track 6 from RPM single 318, 1951
Disc 1, Track 7 from RPM single 348, 1952
Disc 1, Track 8 from RPM single 323, 1951
Disc 1, Tracks 9-10 from RPM single 339, 1951
Disc 1, Track 11 from RPM single 363, 1952
Disc 1, Track 12 from RPM single 380, 1953
Disc 1, Track 13 from RPM single 386, 1953
Disc 1, Track 14 from RPM single 395, 1953
Disc 1, Tracks 15 and 18 from RPM single 408, 1954
Disc 1, Tracks 16 and 20 from RPM single 416, 1954
Disc 1, Tracks 17 and 21 from RPM single 421, 1954
Disc 1, Track 19 from RPM single 412, 1954
Disc 1, Track 22 from RPM single 430, 1955
Disc 1, Track 23 from RPM single 435, 1955
Disc 1, Track 24 from RPM single 437, 1955
Disc 1, Track 25 from RPM single 451, 1955
Disc 1, Track 26 and Disc 2, Track 1 from RPM single 468, 1956
Disc 1, Track 27 and Disc 2, Track 2 from RPM single 492, 1957
Disc 2, Track 3 from RPM single 494, 1957
Disc 2, Track 4 from RPM single 479, 1956
Disc 2, Track 5 from Kent single 307, 1958
Disc 2, Track 6 from Kent single 4572, 1972
Disc 2, Track 7 from Kent single 315, 1958
Disc 2, Track 8 from Kent single 327, 1959
Disc 2, Track 9 from B.B. King Sings Spirituals (Crown 5119, 1959)
Disc 2, Track 10 from Kent single 330, 1960
Disc 2, Track 11 from Compositions of Duke Ellington (Crown 5153, 1960)
Disc 2, Track 12 from King of the Blues (Crown 5167, 1960)
Disc 2, Tracks 13-14 from Kent single 333, 1960
Disc 2, Track 15-16 from Kent single 350, 1960
Disc 2, Track 17 from Kent single 351, 1960
Disc 2, Track 18 from Kent single 396, 1964
Disc 2, Track 19 from Kent single 362, 1961
Disc 2, Track 20 from Kent single 393, 1964
Disc 2, Track 21 from Kent single 426, 1965
Disc 2, Track 22 from Kent single 462, 1967
Disc 2, Track 23 from Kent single 4562, 1971
Disc 3, Tracks 1-6 from Mr. Blues (ABC 456, 1963)
Disc 3, Track 7 from ABC-Paramount single 10486, 1963
Disc 3, Tracks 8 and 11 from ABC-Paramount single 10527, 1964
Disc 3, Track 9 from ABC-Paramount single 10576, 1964
Disc 3, Track 12 from ABC-Paramount single 10552, 1964
Disc 3, Tracks 13-14 from ABC-Paramount single 10599, 1964
Disc 3, Track 15 from ABC-Paramount single 10616, 1965
Disc 3, Tracks 16-20 from Live at The Regal (ABC-Paramount 509, 1965)
Disc 3, Track 21 from ABC-Paramount single 10675, 1965
Disc 3, Track 22 from ABC-Paramount single 10724, 1965
Disc 3, Tracks 23-24 from Confessin’ the Blues (ABC 528, 1966)
Disc 3, Track 25 from ABC-Paramount single 10766, 1966
Disc 3, Track 26 from ABC single 10856, 1966
Disc 3, Tracks 27-28 from ABC-Paramount single 10889, 1966
Disc 4, Tracks 1-2 from Blues is King (BluesWay BLS 6001, 1967
Disc 4, Track 3 from BluesWay single 61012, 1967
Disc 4, Track 4 from BluesWay single 61004, 1967
Disc 4, Track 5 from His Best/The Electric B.B. King (BluesWay BLS 6022, 1968)
Disc 4, Tracks 6-9 from Blues on Top of Blues (BluesWay BLS 6011, 1968)
Disc 4, Tracks 10-11 from Lucille (BluesWay BLS 6016, 1968)
Disc 4, Tracks 12-13 from For the Love of Ivy soundtrack (ABC 7, 1968)
Disc 4, Track 14 from BlueWay single 61022, 1969
Disc 4, Tracks 15-18 from Live and Well (BluesWay BLS 6031, 1969)
Disc 5, Tracks 1-4 from Completely Well (BluesWay BLS 6037, 1969)
Disc 5, Tracks 5-9 from Indianola Mississippi Seeds (ABC 713, 1970)
Disc 5, Tracks 10-12 from Live at Cook County Jail (ABC 723, 1971)
Disc 5, Tracks 13-16 from Live in Japan (ABC Japan 841, 1971)
Disc 6, Track 1 from L.A. Midnight (ABC 734, 1971)
Disc 6, Tracks 2-4 from In London (ABC 730, 1971)
Disc 6, Tracks 5-6 from Guess Who (ABC 759, 1972)
Disc 6, Tracks 7-8 from To Know You is to Love You (ABC X794, 1973)
Disc 6, Track 9 from Friends (ABC S825, 1974)
Disc 6, Track 10 from Together for the First Time (ABC-Dunhill DSY-50190, 1974)
Disc 6, Tracks 11-13 from Lucille Talks Back (ABC D898, 1975)
Disc 6, Track 14 from Together Again…Live (ABC-Impulse ASD-9317, 1976)
Disc 6, Tracks 15-17 from King Size (ABC AB-977, 1977)
Disc 7, Tracks 1-3 from Midnight Believer (ABC AA-1061, 1978)
Disc 7, Tracks 4-6 from Take It Home (MCA 3151, 1979)
Disc 7, Tracks 7-8 from Now Appearing at Ole Miss (MCA 2-8016, 1980)
Disc 7, Tracks 9-11 from There Must Be a Better World Somewhere (MCA 5162, 1981)
Disc 7, Track 12 from Love Me Tender (MCA 5307, 1982)
Disc 7, Tracks 13-16 from Blues ‘N Jazz (MCA 27119, 1983)
Disc 8, Tracks 1-2 from Six Silver Strings (MCA 5616, 1985)
Disc 8, Track 3 from Rattle and Hum (Island 91003, 1988)
Disc 8, Tracks 4-6 from King of the Blues 1989 (MCA 42183, 1989)
Disc 8, Track 7 from Live at San Quentin (MCA 6455, 1990)
Disc 8, Track 8 from Air America soundtrack (MCA 6467, 1990)
Disc 8, Track 9 from Live at The Apollo (GRP GRD-9637, 1991)
Disc 8, Tracks 10-13 from There is Always One More Time (MCA 10295, 1991)
Disc 8, Track 14 from Garfield: Am I Cool or What? (GRP GRD-9641, 1991)
Disc 8, Track 15 from “Parisienne Walkways ’93″ CD single (Virgin VSCDT 1456, 1993)
Disc 9, Tracks 1-3 from Blues Summit (MCA 10710, 1993)
Disc 9, Track 4 from Heart to Heart (GRP GRD-9767, 1994)
Disc 9, Track 5 from All Blues (GRP GRD-9800, 1995)
Disc 9, Track 6 from How Blue Can You Get? Classic Live Performances 1964-1994 (MCA 2-11443, 1996)
Disc 9, Tracks 7-8 from Deuces Wild (MCA 11711, 1997)
Disc 9, Tracks 9-12 from Blues on the Bayou (MCA 11879, 1998)
Disc 9, Tracks 13-16 from Let the Good Times Roll: The Music of Louis Jordan (MCA 088 112 042-2, 1999)
Disc 10, Tracks 1-2 from Riding with the King (Reprise 47612, 2000)
Disc 10, Tracks 3-6 from Making Love is Good for You (MCA 088 112 241-2, 1999)
Disc 10, Track 7 from A Christmas Celebration of Hope (MCA 088 112 756-2, 2001)
Disc 10, Track 8 from Reflections (MCA B0000532-02, 2003)
Disc 10, Track 9 from Genius Loves Company (Concord 13431 2248-2, 2004)
Disc 10, Tracks 10-11 from 80 (Geffen B0005263-02, 2005)
Disc 10, Tracks 12-13 from A Touch in Common: One Touch EP (Geffen, 2005)
Disc 10, Track 14 from Live (Geffen B0009770-02, 2006)
Disc 10, Tracks 15-19 from One Kind Favor (Geffen B0011971-02, 2008)

 

Una “Jam Band” Di Larghe Vedute, Fin Troppo! Blues Traveler – Blow Up The Moon

blues traveler blow up

Blues Traveler – Blow Up The Moon – Loud & Proud Records/Ear Music

Alzi la mano chi tra gli abituali lettori di questo blog conosce: 30H!3, JC Chazes, Dirty Heads, Rome Ramirez, Hanson, Plain White T’s, Secondhand Serenade, New Hollow, Thomas Nicholas, Bowling For Soup, Thompson Square, e lascio volutamente per ultima la cantautrice Jewel, che sul finire degli anni ’90 aveva riscosso un certo successo con album quali Pieces Of You (95), Spirit (98) e This Way (01), tutti premiati con dischi di platino. L’idea geniale di servirsi della collaborazione di queste “personcine” è venuta a John Popper e ai suoi Blues Traveler dopo che l’ultimo lavoro in studio Suzie Cracks The Whip (12) non aveva avuto dalla critica musicale particolare attenzione http://discoclub.myblog.it/2012/08/29/preparatevi-ad-essere-dominati-il-ritorno-dei-blues-travele/  (ma l’avventura collaterale con Jono Manson, nei Bothers Keeper, si è rivelata di buona qualità).

Blow Up The Moon è il quindicesimo album di questa formazione (dodicesimo in studio), con l’attuale line-up composta al momento dal leader storico e fondatore John Popper voce e armonica, i fratelli Chan Kinchla alle chitarre e Tad Kinchla al basso, Brendan Hill alla batteria e Ben Wilson alle tastiere,  per un progetto che grazie a queste “intriganti” collaborazioni li porta a cimentarsi in ambiti diversi, come il country, il pop, il reggae, l’elettronica e l’hip hop (onestamente non me lo sarei mai aspettato e ne avrei pure fatto a meno)!

Premesso che ogni canzone di Blow Up The Moon ha un suono specifico e come filo conduttore la voce e l’armonica di Popper, è inevitabile che in un simile contesto nelle quattordici canzoni del lavoro ci sia una certa discontinuità di valore, a partire dall’iniziale Hurricane una perfetta pop-song https://www.youtube.com/watch?v=HguuoacXS70 , mentre con la title track si viaggia verso ritmi caraibici, Castaway è un bel reggae con la chitarrina di Rome Ramirez in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=JTkwBPvGLAw , per poi passare allo sconcertante hip-hop di Vagabond Blues con i Dirty Heads https://www.youtube.com/watch?v=3X_m00ixGkE , le tonalità bluesy di Top Of The World (con gli Hanson, quegli Hanson!), la pimpante Nikkia’s Prom, e, ad alzare il livello del disco, le ballate con il duo country Thompson Square (*NDB Piacevoli https://www.youtube.com/watch?v=ivjgmaiCSQY), Matador e I Can Still Feel You https://www.youtube.com/watch?v=Ain0_VpYeqM , e la sognante melodia di una The Darkness We All Need con gli sconosciuti (almeno per me), sorprendenti Secondhand Serenade https://www.youtube.com/watch?v=SyWmahnsL3I . Con l’orecchiabile Jackie’s Baby ci si diverte a muovere il piedino, mentre Hearts Are Still Awake, in duetto con Jewel riporta il lavoro sulla retta via https://www.youtube.com/watch?v=9IjDkg0sQlc , passando poi al rock di marca “pettyana” di I Know Right  https://www.youtube.com/watch?v=l0T7WWiCyBA e Right Here Waiting For You, con i Bowling For Soup, andando a chiudere con lo sconosciuto attore-cantante Thomas Ian Nicholas, con una innocua All The Way.

I Blues Traveler sono stati, con i Phish, i Widespread Panic e gli Spin Doctors fra i grandi protagonisti del fenomeno delle jam-band nei primi anni ’90, con l’H.O.R.D.E. Festival,  e chi conosce questa formazione farà fatica ad assimilare questo nuovo corso, ma nello stesso tempo voglio pensare (e sperare) che questo Blow Up The Moon sia un album di transizione, in attesa che John Popper e i suoi “viaggiatori del Blues)” tornino a fare quello che sanno fare meglio, blues-rock e dintorni, perché quelli che girano al momento nel mio lettore, con tutta la buona volontà, faccio fatica a credere che siano i Blues Traveler.

Tino Montanari

Rilettura Di Pagine Ancora Preziose! Elliott Murphy – Aquashow Deconstructed

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Elliott Murphy – Aquashow Deconstructed –  Route 61 Music

Oltre quarant’anni fa, Elliott Murphy dava alle stampe il bellissimo disco d’esordio Aquashow (73), e come usava ai tempi la critica americana lo etichettò come il nuovo Bob Dylan (è stato uno dei primi e non sarà certo l’ultimo); un marchio che alla lunga (per tutti) diventerà più maledizione che benedizione. A oltre quarant’anni di distanza Elliott, che dal ’90 si è trasferito a Parigi, decide di rivisitare quel disco (uno dei classici della sua copiosa discografia), e lo fa con il consueto aiuto del fidato Olivier Durand alle chitarre, mandolino e dobro, del figlio Gaspard Murphy alle chitarre, basso, tastiere e percussioni (nonché produttore del lavoro), e di validi turnisti parigini come Tom Daveau alla batteria, David Gaugué al cello, Thomas Roussel al violini, rivisitandoil vecchio album con nuovi arrangiamenti dal passo più intimo e semiacustico.

elliott murphy aquashow

All’epoca i dieci brani di Aquashow dimostravano già una maturità notevole per un esordiente, con uno stile compositivo vario e una voce calda e appassionata (sono andato a risentirlo, un disco che a distanza di tempo mantiene inalterato il suo fascino), e questo Aquashow Deconstructed, già con la traccia iniziale Last Of The Rock Stars (dedicata alla morte di Jim Morrison e Janis Joplin), mette subito le carte in tavola, con una versione più lenta e struggente, mentre How’s The Family diventa nella nuova veste più sentita e drammatica (con violino, archi e armonica) https://www.youtube.com/watch?v=R4P62Q56IF8 , mentre si cambia ritmo con la pimpante Hangin’ Out, per poi passare alla nostalgia di una crepuscolare Hometown https://www.youtube.com/watch?v=oOlAocPBo68  e alle note incalzanti di Grayeyard Scrapbook (molto simile all’originale). La “restaurazione” prosegue con la pianola di Poise ‘N’ Pen, e aggiunge una sorta di atmosfera “berlinese” ad una carezzevole Marilyn https://www.youtube.com/watch?v=uwiez_G_sNI , il torrido “swamp-blues” di White Middle Class Blues https://www.youtube.com/watch?v=u90wh36dAUM , il pop acustico di una solare Like A Great Gatsby, andando a chiudere con un sontuoso violino che accompagna la stupenda Don’t Go Away.

Elliott Murphy ormai viaggia verso i 65 anni, è stato ed è tuttora uno dei tanti grandi “outsider” del rock americano, destino condiviso per esempio, da Willie Nile, Dirk Hamilton, Carolyne Mas e in parte anche dal grande Willy DeVille e naturalmente molti altri, e non so se veramente è stato il migliore dopo Dylan, ma se lo è stato, se lo è  guadagnato sul campo con una lunga e dignitosa discografia, e mi piace pensare che questo ultimo lavoro idealmente chiuda un cerchio, perché se Aquashow per tanti rimane un disco indispensabile, ora potrebbe diventarlo anche Aquashow Deconstructed.

Tino Montanari

Una ” Nuova Fratellanza”, Anche Migliore Della Vecchia! Royal Southern Brotherhood – Don’t Look Back

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Royal Southern Brotherhood – Don’t Look Back The Muscle Shoals Sessions – Ruf Records

E’ tempo di cambiamenti nella “fratellanza” dei reali del Sud, se ne vanno Mike Zito e Devon Allman e arrivano Bart Walker e Tyrone Vaughan: uno potrebbe pensare che l’avventura della band sudista possa essere arrivata al capolinea. E invece i RSB con Don’t Look Back realizzano quello che sembrerebbe essere il loro miglior album di studio (e lo è) https://www.youtube.com/watch?v=obQ6cdaJiAA . Come mi era capitato di dire parlando dei due dischi precedenti http://discoclub.myblog.it/2012/05/11/famiglie-reali-royal-southern-brotherhood/http://discoclub.myblog.it/2014/07/20/capitolo-secondo-piu-o-meno-royal-southern-brotherhood-heartsoulblood/, il gruppo non era mai riuscito ad essere, in studio (perché il Live Songs From The Road, era un fior di disco dal vivo), la somma dei notevoli talenti che lo componevano, il terzo membro della band il leggendario Cyril Neville, uno dei componenti originali dei Meters e dei Neville Brothers. Sia Mike Zito che Devon Allman avevano registrato vari dischi solisti in contemporanea alla vita del gruppo, dove la qualità dei contenuti erano decisamente superiore a quella degli sforzi collettivi (o così pareva a chi vi scrive, se avrete la pazienza di andarvi a rileggere quanto scritto dal sottoscritto ai link che trovate sopra). Intendiamoci, i due dischi non erano per niente brutti, ma qualcosa non quagliava completamente, a brani eccellenti se ne alternavano altri meno incisivi e le canzoni più rock e tirate, stranamente parevano essere più quelle di Neville che quelle dei chitarristi.

Forse i nomi dei nuovi arrivati non vi diranno molto (ma i cognomi, almeno in un caso, sì): Bart Walker, che prende il posto di Mike Zito sul lato sinistro del palco (così vuole l’iconografia), viene da Nashville, ha un buon disco solista a proprio nome, Waiting On Daylight, pubblicato sempre dalla Ruf nel 2013 (e un altro a livello indipendente del 2011), ed è stato in passato braccio destro del southern-country rocker Bo Bice nel terzo disco,  solista, ma ha suonato anche con Mike Farris, e cura appunto il lato southern rock-blues più energico della band. Tyrone Vaughan, ebbene sì, il cognome ci dice che è proprio il figlio di Jimmie Vaughan e quindi nipote di Stevie Ray Vaughan, una bella responsabilità: anche lui un disco solista alle spalle, Downtime, uscito per la Blues Boulevard, tra blues (e ci mancherebbe) e venature country. Un altro degli atout del nuovo disco è il fatto di essere stato registrato, come recita il sottotitolo dell’album, nei mitici studi Muscle Shoals, con la produzione di Tom Hambridge (che ultimamente non sbaglia un colpo, come testimonia il suo lavoro con Joe Louis Walker, Devon Allman, Buddy Guy, George Thorogood, James Cotton e mi fermo qui), la partecipazione di Jimmy Hall (sempre lui, Wet Willie, recentemente in tour e su CD, nella band di Jeff Beck) al sax e armonie vocali, e Ivan Neville, della premiata ditta Dumpstaphunk, alle tastiere, oltre ad una sezione fiati di un paio di elementi in alcuni brani. Uno come Cyril Neville, nonostante la gloriosa carriera, ha detto che comunque gli ha fatto un certo effetto essere nello stesso posto fisico dove aveva cantato un certo Wilson Pickett. Ovviamente Yonrico Scott e Charlie Wooton mantengono il loro posto come batterista e bassista dalla potenza e dalla duttilità incredibili.

Questo è il disco tosto  e dal piglio sudista, pur se meticciato, che ci si aspettava da loro, come dimostra subito l’iniziale I Wanna Be Free, con le chitarre dei due nuovi venuti che si scambiano sciabolate e riff, oltre ad assoli all’unisono, nella tradizione del miglior southern rock, una partenza micidiale e non guasta che i due abbiamo anche delle buone voci (ma anche Zito e Allman non scherzavano su quel lato). Reach My Goal, aumenta la quota funky-soul, con un bel organo a svisare in primo piano sull’irresistibile groove della sezione ritmica, mentre anche il piano lavora di fino e le chitarre “riposano”. Don’t Look Back, la canzone, costruita intorno a un giro superfunky del basso fretless di Wooton e al banjo di Walker, ha una atmosfera a cavallo tra il classico Neville sound di New Orleans e tocchi country-gospel (esiste, esiste, basta sentire)! Hit Me Once deve avere assorbito l’atmosfera che trasuda dai mitici studi Fame fondati dal grande Rick Hall (nume tutelare di questo album) negli anni ’60 quando il R&B e i soul si fondevano senza sforzi con le “nuove” sonorità del rock e le prime avvisaglie del funk, e le chitarre sinuose di Walker e Vaughan sono lì a testimoniarlo. Big Greasy è più funky che mai, tra clavinet, organo e chitarre wah-wah impazzite, il lato Meters e Neville del gruppo prende il sopravvento, ma poi Hard Blues, un titolo, un programma, lascia spazio nuovamente al suono texano di una certa famiglia, senza dimenticare quella quota sudista che è insita nella ragione sociale della band, e qui le soliste tornano a ruggire, se “il lupo ululì e il castello ululà” cosa fanno le chitarre? Sentite e poi me lo dite voi! E che dire di Better Half, una bellissima ballata soul dedicata da Cyril Neville alla sua amata, una meraviglia di equilibri e di particolari sonori raffinatissimi

.Royal Southern Brotherhood 2014

Penzi non so dirvi cosa voglia dire, però sembrano i Santana in trasferta a New Orleans con qualche retrogusto gitano alla Gypsy Kings, ma suonato al mandolino, mentre It’s Time For Love è solo del sano funky-soul, niente di memorabile, ma si lascia ascoltare (forse l’unico brano dove riaffora quel senso di incompiuto delle canzoni dei primi due dischi, piacevoli ma uguali a mille altre). Anche Bayou Baby svela le sue carte fin dal titolo, funky, soul, rock, reggae, gumbo music, blues, chitarre affilate, soprattutto la slide, una armonica (Jimmy Hall?) e begli intrecci vocali per quel melting pot sonoro che è una delle qualità migliori di questo disco. Poor Boy ha quell’andatura incalzante tra rock e funky, stile che qualcuno chiama “strut”, termine che viene dal fatto di camminare impettiti e leggermente ondeggianti, come il groove del brano lascia intendere, ma poi le chitarre nel finale si lasciano andare in piena libertà, per dirla alla Rocco, molto nasty https://www.youtube.com/watch?v=HH_rUtI9jr8 ! They Don’t Make ‘Em Like You No More è un funky hendrixiano con fiati e chitarre wah-wah che impazzano, e anche la tromba di Paul Armstrong (parente anche lui?) che cerca di farsi largo nel magma sonoro incandescente della canzone, questo è veramente funky come non se ne fa più, micidiale! Ci eravamo dimenticati un attimo del rock? Non temete, ritorna, con una poderosa Come Hell Or High Water, un brano che non so perché (anzi se lo scrivo, lo so) mi ricorda moltissimo i vecchi Doobie Broothers, un gruppo che sapeva fondere rock e ritmi ballabili, ma di gran classe. E per concludere, ciliegina sulla torta di un disco veramente notevole e consigliato a tutti quelli che amano la buona musica, troviamo una Anchor Me, che accanto alla firma di Cyril Neville porta quella di Anders Osborne, uno che di belle canzoni, anche ballate romantiche di stampo acustico, se ne intende.

Bruno Conti

Cartoline Intime Da Un Grande Poeta! Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour

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Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour – Sony Music

Dopo Live In London (09), Songs From The Road (10), Live In Dublin (14), questo Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour è il quarto album Live negli ultimi anni che il grande cantante e poeta dà alle stampe, contenente materiale tratto dai suoi innumerevoli tour (in questo caso Old Ideas World Tour), e si devono ringraziare i membri della band e i tecnici che collaborano con Leonard Cohen da più tempo, se questa “compilation” di brani dal vivo (assemblata utilizzando incisioni rare e inedite prese dai vari “soundchecks”  e dagli show in due anni di esibizioni nelle varie località) oggi gira nel mio lettore https://www.youtube.com/watch?v=K4qDWchwHKk . Il lavoro è costituito da dieci brani, sei classici, però poco eseguiti negli altri live, due cover d’autore e due nuove canzoni,  con il consueto apporto della sua magnifica band composta da Neil Larsen alle tastiere, Mitch Watkins alle chitarre, Alex Bublitchi al violino, il virtuoso Javier Mas ( tutti gli strumenti a corda), chitarre, mandolino, banduria, laud e archilaud, Rafael Gayol alla batteria e percussioni, Roscoe Beck al basso, e come coriste la collaboratrice storica Sharon Robinson (è uscito da poco il suo nuovo lavoro solista Caffeine), e le sempre più brave Webb Sisters, che stanno  vieppiù diventando per Leonard importanti come le storiche Jennifer Warnes, Perla Batalla e, per chi scrive, la migliore Julie Christensen.

Le cartoline spedite da Cohen ci arrivano dalla First Bank Center di Denver con il crescendo (a tempo di marcia) di una sempre meravigliosa e decadente  Field Commander Cohen, passando poi per il Rosenborg Castle di Copenhagen con una raffinata I Can’t Forget  (da I’m Your Man), sul palco della mia amata Dublino per un’incantevole Light As The Breeze (da The Future), per poi arrivare alla prima cover La Manic di Georges Dor (personaggio di spicco del Quèbec) cantata in francese da Cohen davanti al pubblico entusiasta del Colisée Center di Quèbec City, prima di approdare al Warsteiner Hockey Park di Monchengladbach per una suadente, dolce e poco conosciuta Night Comes On (da Various Positions) con il violino di Bublitchi che scalda il cuore https://www.youtube.com/watch?v=n7QFsV65D-I . I “souvenirs” giungono anche dal King’s Garden di Odense con l’inedita Never Gave Nobody Trouble, arrangiata su un tessuto blues dove spicca la voce cavernosa di Leonard, seguita da una celestiale Joan Of Arc (dal celeberrimo Songs Of Love And Hate), dove viene evidenziata la bravura delle coriste https://www.youtube.com/watch?v=drqgPNNv3K8 , per poi volare alla Vector Arena della lontana Auckland (Nuova Zelanda), per il secondo inedito con il “groove” funky di Got A Little Secret e la cover di Choices (un brano portato al successo da George Jones), introdotto da un violino “celtico” e accompagnato dai cori su dolci armonie country, concludendo il viaggio nella mitica Opera House di Sydney declamando inizialmente una Stages, che poi nello svolgimento non è altro che la famosissima Tower Of Song, per l’occasione riproposta con un nuovo arrangiamento.

Per comprendere la statura di questo artista, basti ricordare che dal 2008 al 2013 si è esibito in tutto il mondo calcando i palchi di 31 paesi, con circa 500 spettacoli a cui hanno partecipato quattro milioni di fans, con “performance” della durata di più di tre ore (un ottantenne che rivaleggia con Springsteen, che di anni ne ha quindici in meno), un poeta canadese dalla classe infinita che, oltre alle sue splendide canzoni, con la sua voce che ,anche se consumata dal tempo, è ancora tagliente come una lama di coltello, riuscendo ancora una volta a fare breccia nel cuore di molti, regalandoci  sempre degli show commoventi. Io, come sapete, sono di parte, ma la musica di Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour, diventa poesia per il cuore. Giù il cappello per Leonard!

Tino Montanari

Non Solo Blues, Ma Tanta Buona Musica! Gnola Blues Band – Down The Line

gnola blues band down the line

Gnola Blues Band – Down The Line – Appaloosa/Ird

Maurizio Glielmo, in arte “Gnola”, non è pavese, come molti pensano, anche se fa sicuramente parte di quella scena musicale, ma nasce a Milano, un imprecisato numero di anni fa (quanti? Abbastanza, andate su Wikipedia a verificare, non è un segreto, diciamo che non è più un giovanotto di belle speranze, compie anche gli anni in questi giorni, auguri) e proprio nella metropoli lombarda muove i suoi primi passi nella scena locale, a partire dalla fine anni ’70, andando poi ad approdare nella “leggendaria” Treves Blues Band, con la quale registra due album, 3 nel 1985 e Sunday’s Blues nel 1988, poi le strade con il Puma di Lambrate si dividono e già nel 1989 nasce la prima edizione della Gnola Blues Band, dove fin da allora alle tastiere sedeva Massimo “Roger” Mugnaini, a tutt’oggi compagno inseparabile di avventure musicali. Ma nel disco del 1988 appariva come ospite un certo Chuck Leavell, tastierista di culto, prima nei Sea Level (formazione poco conosciuta, ma di grande pregio), poi nell’Allman Brothers Band, dopo lo scomparsa di Duane Allman, e da parecchi anni nella touring band dei Rolling Stones, oltre ad essere apparso come ospite in centinaia di dischi. E guarda caso lo troviamo anche in questo Down The Line, disco che oserei definire “non solo”: non solo blues, non solo rock, non solo roots music, ma con tutti questi elementi ben definiti a formare un album che non esiterei a definire il migliore della carriera del buon Gnola. La discografia con la band non è copiosissima, un disco ogni cinque o sei anni, questo è il sesto dagli esordi del 1990, se contiamo anche Blues, Ballads And Songs, in società con Jimmy Ragazzon dei Mandolin Brothersoltre, anche per lui, ad un fitto lavoro di collaborazioni con gli artisti più disparati, la più nota probabilmente quella in Yanez di Davide Van De Sfroos.

gnola blues band 1 gnola blues band 2

Per questo nuovo CD la Gnola Blues Band si è arricchita di una nuova sezione ritmica, Paolo Legramandi al basso e Cesare Nolli alla batteria ( spesso anche con i milanesi Fargo http://discoclub.myblog.it/2015/03/24/fargo-eccoli-nuovo-concerto-special-edition-small-world-black-and-white/ ), che hanno curato pure la produzione del disco nei Downtown Studios di Pavia, dove è stato registrato l’album. Ovviamente, essendo nei dintorni, Maurizio ha chiesto a Ed Abbiati di dargli una mano a scrivere una canzone sulle loro comuni radici musicali e, visto che la cosa aveva funzionato, di brani insieme ne hanno scritti ben 5, quasi la metà del totale, in due di essi, come autore, appare anche Marcello Milanese http://discoclub.myblog.it/2014/11/30/musicista-musicista-volta-jimmy-ragazzon-incontra-marcello-milanese-leave-the-time-that-finds/, ex (?) Chemako. Come mi piace ricordare spesso, anche l’ottimo Gnola appartiene alla colonia degli “italiani per caso”, quelli che hanno avuto i natali nella nostra penisola, ma fanno una musica di area anglosassone ed americana che non ha nulla da invidiare al 90% della produzione internazionale, anzi! Troviamo dodici brani che spaziano tra blues e rock, con molta attenzione e cura nel sound, negli arrangiamenti e nella costruzione sonora dei pezzi che spesso spaziano anche nella ballata rock e nell’area di quella che si definisce Americana music. Chiacchierando con lo Gnola mi diceva che tra i suoi modelli per la costruzione dei brani più melodici c’è uno come John Hiatt (giustamente non bisogna volare bassi https://www.youtube.com/watch?v=kqGTea0gTyM ), oltre agli immancabili Stones, Muddy Waters e, aggiungo io, Litte Feat e i primi ZZ Top, o così mi è parso di cogliere all’ascolto.

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Per motivi di ragione sociale il blues(rock) non può mancare, e fin dall’iniziale Dusty Roads, dell’accoppiata Abbiati-Glielmo, con il tipico ritmo boogie scandito dalla bacchette sul rullante e la slide tagliente di Gnola, si respira subito aria sudista, un po’ ZZ Top e un po’ Mississippi e Chicago https://www.youtube.com/watch?v=a4meHGkBzUs , impressione ribadita nell’ottima Trouble And Pain, firmata dal batterista Nolli, dove il ritmo è più scandito, con un groove decisamente funky, percussioni e chitarre acustiche che si incontrano per una gita all radici del blues, con breve reprise strumentale. Gianni Rava collabora con il gruppo sin dagli anni ’90 e firma con Glielmo una bellissima ballata come Four Burning Flames, dove il buon Maurizio, se non può competere a livello vocale con il citato Hiatt https://www.youtube.com/watch?v=xgtOvajfRoc , sfodera comunque una bella interpretazione, impreziosita da un eccellente lavoro di tutto il pacchetto chitarristico, per un brano che profuma di Stones americani, circa Sticky Fingers o Exile Main Street, quelli innamorati di country e rock sudista, oltre ai grandi balladeers roots https://www.youtube.com/watch?v=moztlVV2HqAVentilator Blues, dello strano trio Jagger-Richards-Taylor, viene proprio da Exile, e con un ottimo Leavell aggiunto al piano, è un omaggio al blues più sanguigno, crudo  ed elettrico del grande Muddy Waters, mediato dai migliori discepoli bianchi della musica del Diavolo e qui ripreso alla grande da Gnola e soci https://www.youtube.com/watch?v=vZ4B6-s49RA . I’ll Never Do It Again ricorda ancora passaggi sonori americani, un basso rotondo a segnare il tempo e quel sound vagamente littlefeatiano che piace sempre tanto e che denota buone frequentazioni musicali, Mugnaini fa il Leavell della situazione.

Falling Out Of Love è una grande rock ballad, e adesso che lo so, ci vedo quell’aria à la John Hiatt, anche se la firma è di nuovo Abbiati-Glielmo, suono arioso ed avvolgente, una bella melodia cantabile e una slide mirabile ad impreziosire il tutto, ho sempre il dubbio che non siano italiani, so che per Ed, in parte, è una realtà, ma anche gli altri non me la raccontano giusta, secondo me vengono da qualche piccolo sobborgo di Memphis, Muscle Shoals Lambrate o giù di lì. She Got Me Now è un bel rock-blues di quelli sapidi e chitaristici, uno dei due co-firmati da Milanese, e trasuda grinta e passione, con un assolo di quelli fiammeggianti che sicuramente Mick Taylor avrebbe approvato, mentre The Ghosts Of King Street, attraverso le parole di Ed Abbiati e Glielmo rievoca la Londra degli anni ’70, quella degli Who, della Frankie Miller Band (ma allora non li conosco solo io!), del pub rock, ma anche dei Clash e dei Pogues, Sex Pistols e Costello e di tanti locali che non ci sono più, e lo fa musicalmente con un brano che ha le stimmate delle migliori ballate romantiche della tradizione pop-rock britannica https://www.youtube.com/watch?v=agY8Jy99Ugg . Room Enough, di nuovo di Nolli, e nuovamente con il pianino di Leavell in bella evidenza, è un pigro blues elettroacustico con Gnola che ci dà un breve assaggio anche della sua perizia al wah-wah. Fallen Angels è un altro brano che alza la qualità dell’album, di nuovo wah-wah innestato, un bel mid-tempo rock dalla struttura classica, con uso di piano elettrico e gran finale chitarristico, di quelli che lo stesso Clapton ultimamente fatica a cavare dal cilindro (ma ogni tanto ci riesce), che il trio Glielmo-Abbiati-Milanese confeziona senza sforzo apparente. I’ve been there before è la terza canzone dove un wah-wah quasi hendrixiano cerca di farsi largo in un denso magma sonoro di “sporco” rock-blues che sarà anche fuori moda ma ci piace tanto. E per ribadire che il blues non manca comunque in un disco eclettico e dai mille sapori, nella conclusiva Dangerous Woman Blues, una slide cattivissima taglia in due un brano che ricorda i vecchi tempi del british blues https://www.youtube.com/watch?v=L-KFnY1Shk4 . Dodici brani di notevole livello qualitativo, ribadisco (anche perchè in alcune recensioni ho letto di undici canzoni, mi hanno forse dato una copia “difettosa” con un brano in più?) che nulla hanno da invidiare a gran parte della produzione internazionale.

Come diremmo in dialetto lombardo, “Well done Gnola”!

Bruno Conti