Canned Heat – Stockholm 1973 – Cleopatra
Ormai non passa mese senza che non esca qualche “ristampa” dei Canned Heat, o meglio, qualche ristampa dei C.H. della Cleopatra Records. Lo scorso mese è uscito il Carnegie Hall 1971 con John Lee Hooker, per luglio è previsto un Illinois Blues 1973, mentre questo mese ci occupiamo di Stockholm 1973. In effetti chiamarle ristampe è improprio, visto che si tratta di materiale che, almeno ufficialmente, non era mai uscito in passato, però circolava sotto forma di bootleg o filmati in rete.
Il concerto di Stoccolma in particolare proviene da uno spettacolo televisivo registrato per la televisione svedese, Opopoppa, che ospitava importanti artisti stranieri in transito per la Scandinavia, tra i tanti registrati dalla TV locale ricordiamo Manfred Mann, Todd Rundgren e Frank Zappa, mentre la data dello show dei Canned Heat fu il 17 giugno del 1973, un paio di giorni prima del leggendario Festival di Roskilde, che si tiene ancora oggi, regolarmente, tutti gli anni, il più vecchio in Europa. Ma trattasi di altra storia.
La band che giunge nella nazione dove viveva la famiglia di Henry Vestine è ancora cambiata rispetto a quella che aveva registrato il concerto della Carnegie Hall, Joel Scott Hill, il chitarrista che aveva sostituito “Blind Owl” Alan Wilson, viene a sua volta rimpiazzato da James Shane che firma tre canzoni di quello che era l’album dell’epoca della band, The New Age, di cui due vengono anche eseguite nel corso del concerto, mentre viene aggiunto alle tastiere Ed Beyer, di cui la band esegue Election Blues, che dai 6 minuti della versione di studio si dilata, come era caratteristica della band, oltre i dieci minuti, e infine al basso, al posto di Antonio de la Barreda (che con Adolfo Fito de la Parra, che rimane alla batteria, mi ha sempre ricordato “Chico” di Zagor, questo per ampliare il lato culturale) il fratello minore di Bob, Richard Hite. Completano la formazione le due stelle del gruppo, il chitarrista Henry Vestine, grande solista, che nelle parole di Fito riportate nel libretto non aveva nulla da invidiare a Clapton e agli altri grandi dell’epoca, e non gli si può dare torto (ma anche il primo bassista Larry Taylor era un prodigioso strumentista e pure l’altro vecchio chitarrista Harvey Mandel, non scherzava) e la voce solista e armonicista Bob “The Bear” Hite, che dal vivo aveva l’ingrato compito di cantare anche i brani che all’apice della band erano affidati alla voce sottile e particolare di Wilson.
Comunque il concerto si apre con il vocione di Hite, alle prese con la loro cover di Let’s Work Together, un brano di Wilbert Harrison che in origine si chiamava Let’s Stick Together, ma comunque lo si chiami è sempre un poderoso boogie nel classico stile del gruppo, con l’Hite minore che pompa con gusto al suo basso, mentre Vestine ci delizia con il suo stile chitarristico, e l’organo di Beyer aggiunge profondità al sound. Segue On The Road Again, che con l’inconfondibile riff di armonica e chitarra, anche slide, è sempre un classico senza tempo, pur con la voce di Hite a sostituire quella di Blind Owl e l’organo che rende “strano” l’arrangiamento. Harley Davidson Blues è uno dei brani portati in repertorio da Shane, un piacevole country-blues-rock cantato dall’autore che però c’entra poco con il resto, mentre Election Blues è un classico torrido slow blues, anche con partenza dove cannano la tonalità del brano e ripartono, in diretta, come nulla fosse, inizia piano e poi nel classico crescendo concede ampio spazio alla solista di Henry Vestine e poi al piano di Beyer, qui molto più pertinente al suono della band. Non male So Long Wrong, l’altra canzone di James Shane, incisivo anche all’altra solista, un pezzo tirato e variegato che fa da apripista ad uno dei momenti topici del concerto, il classico Shake’n’Boogie, qui di soli 14 minuti contro la versione monstre da 20’ del concerto alla Carnegie, ma sempre un gran bel sentire quando il gruppo inizia a sviscerare “il boogie” come solo loro sapevano fare, non per nulla ancora oggi quando vogliamo parlare di qualcuno tosto, si parla di “Boogie alla Canned Heat”! Conclude Goodbye For Now, il brano con cui spesso finivano i loro concerti all’epoca, un altro blues lento che porta la firma di Mandel e De La Parra, cantato da Shane, che non era un gran cantante, ma la parte strumentale è notevole. Come vedete repertorio abbastanza diverso dal concerto a Montreux del 1973 (quello con Clarence Gatemouth Brown, pubblicato dalla Eagle) e che conferma la potenza Live della band.
Bruno Conti