Questa Sì Che E’ “Americana”! The Turnpike Troubadours

the turnpike troubadours

The Turnpike Troubadours – The Turnpike Troubadours – Bossier City/Thirty Tigers CD

Lo dico subito: questo è uno dei CD più belli che ho ascoltato quest’anno. I Turnpike Troubadours sono una band proveniente dall’Oklahoma, e gravitante intorno all’ormai noto movimento Red Dirt: il loro leader e compositore principale è Evan Felker, coadiuvato dall’ottimo violinista Kyke Nix (uno dei punti di forza del gruppo), da Ryan Engleman alla chitarra solista e steel, R.C. Edwards al basso e Gabriel Pearson alla batteria; particolare interessante, John Fullbright, uno dei più brillanti cantautori venuti fuori negli ultimi anni, è un loro ex membro (e devono essere rimasti in buoni rapporti visto che lo troviamo tra gli ospiti di questo ultimo disco). I Troubadours, attivi dal 2007, hanno tre album alle loro spalle, tre lavori all’insegna di un country-rock molto elettrico e vigoroso, con decise intromissioni di folk di stampo tradizionale (ma tutti i brani sono originali) e con l’uso di vari strumenti a corda, il tutto suonato con una forza ed un feeling non comune: un paragone può essere fatto con gli Old Crow Medicine Show, anche se nel caso dei Troubadours la componente elettrica è molto maggiore. La carriera del combo guidato da Felker è stata fino ad oggi un continuo crescendo, sia in termini di vendite (non stratosferiche comunque) che di qualità, ma con tutto l’ottimismo possibile non avrei creduto che il nuovo album potesse raggiungere livelli così alti.

The Turnpike Troubadours (averlo intitolato col nome della band non è secondo me casuale, significa un nuovo inizio) è infatti un disco a mio parere splendido, con una serie di canzoni che sono una più bella dell’altra, tutte scritte dai membri del gruppo (principalmente Felker), una miscela a tratti entusiasmante di country, folk e rock, il tutto suonato e cantato in maniera sublime, e con una produzione scintillante (ad opera di Engleman e Matt Wright). Un disco che, non scherzo, mi ha lasciato a bocca aperta fin dal primo brano, The Bird Hunters, uno splendido folk-rock, denso e pieno di pathos, a partire dall’intro a base di violino (nel disco suona anche il fiddler extraordinaire Byron Berline, mica l’ultimo arrivato), subito doppiato dalle chitarre, fino alla turgida melodia vagamente irish: se Mike Scott fosse nato in America probabilmente i suoi Waterboys non suonerebbero tanto diversi da così https://www.youtube.com/watch?v=hFBDxLYNNVQ . Non esagero, una delle canzoni più belle da me ascoltate nel 2015, almeno in ambito roots. Ma il resto non è da meno: The Mercury è completamente diversa, elettrica e roccata, dal ritmo alto e con le chitarre che ruggiscono, mentre la voce potente di Felker e la melodia diretta fanno il resto; Down Here è puro country-rock, molto classico, del genere che andava alla grande negli anni settanta, il suono è cristallino ed il refrain è una goduria; Time Of Day, ancora rockin’ country deciso e solido, è un altro esempio della capacità del gruppo di coniugare sonorità classiche a melodie sempre intriganti.

Ringing In The Year è tersa, limpida, fresca, un esempio di vero country-rock d’autore (è una delle più belle del CD), ed il ritornello corale è da applausi, mentre A Little Song è un delizioso intermezzo per voce e chitarra, però sempre con le giuste vibrazioni; Long Drive Home, ancora introdotta dal violino, è un godibilissimo uptempo chitarristico, con l’ennesimo motivo centrale notevole. Una languida steel introduce Easton & Main, e ditemi se non vi vengono in mente i Byrds di Sweetheart Of The Rodeo: questa è musica con la M maiuscola, ed i nostri si meriterebbero ben altro che un pur rispettabile culto https://www.youtube.com/watch?v=9ZOgzXJQ8EY ; la spedita 7 Oaks ha un ritmo molto sostenuto e può ricordare certe cose di Johnny Cash, mentre Doreen, molto elettrica, è in pieno territorio cowpunk, quasi i nostri fossero degli emuli di Jason & The Scorchers https://www.youtube.com/watch?v=tu4z_VRimeg . Chiudono l’album la lenta Fall Out Of Love, un gradito momento di relax dal motivo malinconico e toccante, e Bossier City (rifacimento del brano che intitolava il loro primo disco), una coloratissima e vivace country tune al quale la fisarmonica (suonata da Fullbright) dona un sapore cajun. Un disco delizioso: per quanto mi riguarda una delle sorprese dell’anno in ambito “Americana” music.

Marco Verdi

Questa Sì Che E’ “Americana”! The Turnpike Troubadoursultima modifica: 2015-11-08T09:28:58+01:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo