Speriamo Che Ci Ripensi! Eric Clapton – Slowhand At 70: Live At The Royal Albert Hall

eric clapton slowhand at 70 live at royal albert hall

Slowhand At 70: Live At The Royal Albert Hall – Eagle Rock/ 2CD/DVD – 3LP/DVD – DVD – BluRay – Deluxe 2CD/2DVD

Nel corso della sua lunga carriera Eric Clapton non ci ha mai fatto mancare incisioni dal vivo, sotto forma, a seconda dei momenti di LP, CD o DVD, e con almeno due di essi assolutamente imperdibili (l’elettrico Just One Night del 1980, del quale ancora attendo una ristampa come si deve, ed il famoso e pluripremiato Unplugged del 1992) (*NDB E il cofanetto quadruplo Crossroads 2 tutto con materiale dal vivo anni ’70 dove lo mettiamo?), ma questo Slowhand At 70 ha un’importanza particolare, in quanto testimonia il meglio delle serate conclusive (lo scorso mese di Maggio) del suo ultimo tour, in quanto il nostro al compimento dei 70 anni ha deciso di appendere la chitarra al chiodo, almeno come live performer. Non è un caso che questo doppio CD (o DVD/BluRay se vi interessa anche la parte video) sia stato registrato nella splendida cornice della Royal Albert Hall, in quanto il famoso teatro londinese è sempre stato un po’ la sua seconda casa, avendoci suonato la bellezza di 178 volte come solista e 205 se aggiungiamo anche le esibizioni con i vari Yardbirds, Cream, Delaney & Bonnie e partecipazioni varie a spettacoli benefici insieme ad altri artisti. Alcune di queste apparizioni fanno peraltro parte del DVD aggiuntivo della versione Deluxe (comprese alcune con i Cream e, purtroppo, anche una con Zucchero), che per una volta mi sento di consigliare dato il costo stranamente contenuto e la bella confezione a libro con stupende foto in alta definizione.

Ma veniamo al concerto documentato su questo doppio CD, che è manco a dirlo, bellissimo (direbbe il Mollicone nazionale, come lo chiama Bruno *Altro NDB Anche Vince Breadcrump per gli anglofili!)): Clapton sapeva che erano le ultime volte che calcava un palco, e quindi ha dato tutto sé stesso, sia come chitarrista che come cantante, seguito dalla sua abituale band, un combo dal suono assolutamente potente e con una serie di fuoriclasse assoluti al suo interno (il grande Chris Stainton al pianoforte, l’altrettanto bravo Paul Carrack all’organo e voce, la possente sezione ritmica formata da quei due maestri di Nathan East al basso e Steve Gadd alla batteria, oltre alle coriste Michelle John e Sharon White), un gruppo che fornisce l’alveo perfetto per le canzoni del nostro, un suono potente e robusto, dove ovviamente domina la chitarra di Manolenta, ma anche piano ed organo dicono la loro; dulcis in fundo, il disco è registrato in maniera magnifica, l’ho ascoltato a volume adeguato e mi sembrava di avere Eric davanti che suonava per me.

eric clapton live at rah

L’album inizia con un dovuto e sentito omaggio all’amico e fonte d’ispirazione JJ Cale, con una versione robusta della poco nota Somebody’s Knockin’ On My Door, che serve per scaldare l’ambiente a dovere; l’amore principale di Clapton, si sa, è il blues, ed in questo concerto ce n’è parecchio, a partire da una strepitosa Key To The Highway, trascinante come non mai, con il nostro che arrota come sa e la band che lo segue a ruota (e Stainton inizia a fare i numeri sulla tastiera). Tell The Truth è uno dei brani di punta di Layla And Other Assorted Love Songs, e qui la troviamo in una roboante versione che potrei definire quella definitiva, con assolo finale formidabile (altro che mano lenta…); Pretending sul disco Journeyman non mi piaceva molto a causa dei suoi synth e di un suono un po’ gonfio, ma qui gli strumenti sono veri ed il brano aumenta notevolmente il suo appeal, mentre il classico di Willie Dixon (o Muddy Waters) Hoochie Coochie Man è blues deluxe, classe e potenza che si fondono insieme per una rilettura tutta da godere (un plauso anche alle due ottime coriste). You Are So Beautiful è un pezzo di Billy Preston che Eric fa cantare a Carrack, che è bravo ma in un concerto di Clapton io vorrei sentire solo Clapton, ancora di più quando il classico dei Blind Faith Can’t Find My Way Home è ceduto a Nathan East, grande bassista ma come cantante non proprio (ma non si poteva coinvolgere Steve Winwood anche se solo per una canzone?).

Per fortuna Manolenta si riprende la scena con una fluida e possente I Shot The Sheriff: io non amo il reggae, ma se Eric è in serata riuscirebbe a farmi digerire anche l’hip hop, e poi questa volta il classico di Bob Marley ha un arrangiamento decisamente più rock (e che chitarra!); è quindi il momento della parte acustica, con quattro pezzi: due classici blues, Driftin’ Blues e Nobody Knows You When You’re Down And Out, nei quali Eric ci dà un saggio della sua immensa classe (e la seconda è davvero splendida), la sempre toccante Tears In Heaven, dedicata al figlioletto tragicamente scomparso, alla quale uno strano arrangiamento questa volta sì reggae toglie un po’ di pathos, ed una Layla eseguita in puro unplugged style, sempre bella ma per le serate finali di una carriera avrei preferito la versione elettrica. La band riattacca la spina per una vibrante e maestosa Let It Rain, seguita dalla famosissima Wonderful Tonight, una ballad che non ho mai amato moltissimo (e secondo me neppure George Harrison…scusa George per la battuta squallida ma anche tu da lassù so che apprezzi l’ironia), ma non potevo certo pretendere che Eric non la facesse.

Poteva mancare Robert Johnson? Assolutamente no, e quindi ecco una solida Crossroads ed una scintillante Little Queen Of Spades, ancora con un formidabile Stainton; chiude la serata Cocaine (ancora Cale, come all’inizio), una scelta forse scontata ma sempre una grande canzone. L’unico bis, al quale partecipa anche Andy Fairweather-Low, è in tono secondo me minore: non è che High Time We Went di Joe Cocker sia brutta (a proposito, il buon Fornaciari deve aver ascoltato una o due volte questa canzone, per usare un eufemismo, prima di “comporre” la sua Diavolo In Me), ma perché come gran finale avrei preferito ascoltare una White Room o una Sunshine Of Your Love, anche perché, a parte Crossroads che è comunque una cover, i Cream sono stati incredibilmente ignorati. Ma alla fine sono quisquilie: Slowhand At 70 è un signor album dal vivo (se consideriamo il superbox dei Grateful Dead una ristampa potrebbe essere anche il live dell’anno), che mi fa sperare che, come dico nel titolo del post, Eric Clapton ritorni sulle sue decisioni e si faccia ancora vedere su qualche palcoscenico ogni tanto.

Marco Verdi

Speriamo Che Ci Ripensi! Eric Clapton – Slowhand At 70: Live At The Royal Albert Hallultima modifica: 2015-11-30T09:59:39+01:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo