Meglio Il Live Uscito Lo Scorso Anno, Ma Anche Questo Non E’ Male! The Outlaws – Live At The Bottom Line, New York ‘86

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The Outlaws – Live At The Bottom Line, New York ’86 – Hotspur 2CD

A meno di un anno da Los Angeles 1976, ecco un nuovo album dal vivo degli Outlaws, la nota band sudista attiva all’incirca dalla metà degli anni settanta: registrato esattamente dieci anni dopo, in una fase quindi molto diversa della carriera del gruppo, Live At The Bottom Line, New York ’86 non entra a far parte della loro discografia ufficiale come il predecessore (che era stato pubblicato dalla Cleopatra) http://discoclub.myblog.it/2015/12/11/suonavano-eccome-se-suonavano-outlaws-live-los-angeles-1976/ , ma rientra nella miriade di CD tratti da show trasmessi all’epoca dalle radio, titoli che ogni mese invadono il mercato (e di cui personalmente non sento affatto il bisogno, salvo alcune eccezioni, dato che faccio già fatica a star dietro alle pubblicazioni regolari). Gli anni ottanta, si sa, furono il nadir per molti gruppi e solisti dell’epoca classica del rock, e gli Outlaws, che fuoriclasse forse non erano mai stati ,ma tra il 1975 ed il 1978 qualcosa di valido sicuramente lo produssero, non si sottrassero certo alla mannaia: pochi dischi, di scarso successo, ed un lungo periodo di inattività che andò dal 1986 al 1994.

Live At The Bottom Line è un doppio CD, inciso in maniera più che buona, facente riferimento proprio ad uno show del 1986 nel leggendario club newyorkese, a supporto dell’allora nuovo album Soldiers Of Fortune, il primo in quattro anni. La band, che negli anni ha cambiato formazione una marea di volte, in quel momento era un quintetto composto dalle tre chitarre di Hughie Thomasson (da sempre il leader del combo), Henry Paul e Steve Grisham, e dalla sezione ritmica di Chuck Glass, basso, e David Dix, batteria. Il gruppo dal vivo non sembra risentire del momento di crisi, e suona con il consueto vigore elettrico, togliendo parte della patina commerciale e tipicamente eighties che le nuove composizioni avevano in studio: il doppio risulta perciò gradevole, con diversi momenti di ottimo rock sudista, anche se, comparato con il live uscito lo scorso anno, perde inevitabilmente il confronto. Chiaramente i nostri non saranno mai indicati fra gli imperdibili del genere, ma certi incroci di chitarra e certe jam elettriche fanno la loro bella figura ancora oggi, mentre non è così per le parti vocali, da sempre il punto debole dei “Fuorilegge”.

Il primo CD si apre con la robusta Whatcha Don’t Do, una rock song decisamente accattivante, tratta dall’allora nuovo album: un bel refrain, ritmo alto ed intrecci di chitarra come se piovesse. Tutto il primo dischetto, ben sette brani su otto, prende in esame le canzoni di Soldiers Of Fortune, con la sola eccezione di You Are The Show (tratta da Playin’ To Win del 1978), una classica ballata sudista caratterizzata dai continui stop & go ed il solito finale ad alto tasso chitarristico, tutto da gustare. E’ chiaro che non tutto funziona alla perfezione, alcuni brani sono dei riempitivi (altrimenti Soldiers Of Fortune non sarebbe passato inosservato), ma essendo i nostri principalmente una live band, anche pezzi minori come la title track del disco dell’86 (alla quale servirebbe un cantante migliore) e One Last Ride fanno la loro figura. Lady Luck è puro rock da FM, e non è inteso come un complimento, mentre Cold Harbor ha una bella atmosfera da racconto western (anche se parla della guerra civile) e si difende bene, mentre The Night Cries si potrebbe benissimo saltare. Le cartucce migliori vengono sparate nel secondo CD, con buone riletture di brani appartenenti al periodo classico del gruppo, come la countryeggiante Knoxville Girl, il rock’n’roll sudista There Goes Another Love o la vibrante Hurry Sundown, oltre alla rara Feel The Heat (un brano della Henry Paul Band), roccata e diretta come un pugno in faccia, ma soprattutto l’uno-due finale che da solo vale il prezzo d’ingresso, formato dalla loro signature song Green Grass & High Tides e da una tostissima versione elettrica del classico Ghost Riders In The Sky (singolo portante di un loro album del 1980, giusto un anno dopo che era stata portata al successo da Johnny Cash), per un totale di ventidue minuti di assoli, cambi di ritmo, potenza e tensione elettrica a mille. Un finale che non rende di certo indispensabile questo Live At The Bottom Line, ma meritevole di un pensierino forse sì.

Marco Verdi

Meglio Il Live Uscito Lo Scorso Anno, Ma Anche Questo Non E’ Male! The Outlaws – Live At The Bottom Line, New York ‘86ultima modifica: 2016-09-14T00:05:18+02:00da bruno_conti
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Un pensiero su “Meglio Il Live Uscito Lo Scorso Anno, Ma Anche Questo Non E’ Male! The Outlaws – Live At The Bottom Line, New York ‘86

  1. Trovo che la recensione e i giudizi in buona parte siano corretti, anche perchè c’è poco da fare, gli Outlaws hanno fatto la storia del Southern Rock! Hanno fatto dischi di grandissima elevatura musicale e sopratutto chitarristica! Ad un livello di composizione che in quegli anni si era visto veramente poco! Una cosa però non capisco..cos’è tutto questo astio verso Hughie Thomasson? Io credo che la sua voce sia una delle più belle del panorama rock statunitense..apparte la diversa intensità durante la carriera negli Outlaws, a me ha sempre affascinato tantissimo, come penso tutti i fans degli Outlaws che ancora adesso piangono della sua tragica scomparsa…1000 volte meglio Hughie che Henry Paul, sia nella voce, sia nella composizione! Detto questo trovo che Soldier of Fortune nonostante sia di livello inferiore rispetto ai classici del periodo 1975-1980, anche questo sia di buona fattura con canzoni veramente azzeccate per l’epoca! E questo live ne è la prova! Erano in grandissima forma, come lo sono sempre stati durante gli anni di attività! E Hughie putroppo era di nuovo all’apice nel 2007 quando è morto..i nuovi pezzi dell’ultimo album registrato da lui con gli Outlaws(Once An Outlaw nel 2007) ne è la prova…veramente fenomenale! Gli Outlaws sono stati unici nel paronama Southern e assieme a band come Lynyrd Skynyrd,Molly Hatchet e tanti altri hanno creato la storia di questo genere, che sfortunatamente ha portato tanta musica e anche putroppo tanta disgrazia data la morte di molti artisti di questo filone (Hughie Thomasson uno tra i tanti) però grazie alla passione questo genere non morirà mai! Come i lunghi epici assoli!

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