Continua L’Eterna Sfida Tra Il Bene E Il Male…Ehm, No…Tra Gli Ex Pink Floyd! David Gilmour – Live At Pompeii

David gilmour live at pompeii box

David Gilmour – Live At Pompeii – Columbia/Sony 2CD – 2DVD – BluRay – 4LP – Deluxe 2CD/2Bluray

Da quando nel 1983, all’indomani del controverso album The Final Cut, Roger Waters  lascia i Pink Floyd, inizia una specie di sfida a distanza con David Gilmour, che da quel momento assume la leadership dello storico gruppo inglese. A dirla tutta, la lotta tra i due forse c’è stata solo negli anni ottanta ed in parte nei novanta (anche a colpi di avvocati), ma niente mi vieta di pensare che, ad ogni uscita discografica di ciascuno dei due, non si instauri una sorta di competizione nei confronti dell’altro, più che altro da parte di Gilmour, grande chitarrista, ottimo cantante ma compositore normale, mentre Waters, dall’alto della sua suprema arroganza, non ammetterà mai che l’ex compagno possa di tanto in tanto fare meglio di lui. E’ curioso notare che le carriere soliste dei due (per continuare con l’idea della gara), sono fatte di sorpassi e controsorpassi: nel 1984 The Pros And Cons Of Hitch Hiking di Roger ha vinto a mani basse il duello con il moscio About Face di David, il quale si è preso la rivincita tre anni dopo con i Floyd: A Momentary Lapse Of Reason non è certo un capolavoro, ma è meglio di Radio K.A.O.S. di Waters (che a me comunque non dispiace). Lo scontro del 1992-1994 (Amused To Death The Division Bell) è finito sostanzialmente in parità, due ottimi dischi con qualche difettuccio, come anche quello del 2005-2006, con l’opera Ça Ira di Roger ed il comeback album On An Island di David, entrambi evitabili (diciamo uno 0-0 con poche emozioni). Ultimamente hanno entrambi affilato le armi, da una parte Gilmour con l’episodio conclusivo dei Floyd, il riuscito The Endless River, e poi lo scorso anno con Rattle That Lock, per distacco il suo miglior disco da solista, mentre Waters ha risposto prima con la maestosa operazione The Wall Live e pochi mesi fa con il bellissimo Is This The Life We Really Want?, primo album di canzoni nuove in 25 anni.

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Adesso però il pallino è tornato in mano a Gilmour, il quale cala l’asso con l’operazione Live At Pompeii. Ora vedo di piantarla con la storia della gara, ma non posso non considerare che David ha saputo giocare benissimo le sue carte, e fin dal Luglio dello scorso anno, quando il nostro si è esibito in due concerti all’Anfiteatro Romano di Pompei, sapeva benissimo che il live che ne avrebbe tratto sarebbe stato di grande risonanza mediatica, non solo per la suggestiva location ma soprattutto grazie al parallelismo con la storica performance che i Pink Floyd tennero nello stesso luogo nel lontano 1971, anche se le differenze con le due situazioni sono molteplici. Se 46 anni fa lo show si tenne in totale assenza di pubblico, con solo i quattro Floyd sul palco e con un repertorio ancora decisamente psichedelico, l’anno scorso il pubblico c’era eccome, pur se solo nel parterre essendo le gradinate non agibili (e ha anche pagato profumatamente), sul palco erano in dieci, con spettacolari effetti e giochi di luci ed una serie di canzoni di chiara derivazione rock. Live At Pompeii esce in varie configurazioni (prego vedere nell’intestazione del post), e questa volta mi sento di consigliare il box composto da 2CD + 2BluRay (se avete il lettore BluRay chiaramente, il box con dentro i DVD non esiste) dato che, oltre ad avere una definizione dell’immagine decisamente spettacolare, contiene delle performance aggiuntive nella parte video. David è l’antitesi della rockstar: vestito in maniera normalissima, con pancetta e pochi capelli (ed una barba incolta che lo invecchia oltremodo), ma rimane un ottimo cantante ed un formidabile chitarrista, in grado di passare da delicati ricami all’acustica fino ad assoli acidissimi all’elettrica, forse non è un grande animale da palcoscenico, ma il concerto si gusta ugualmente dalla prima all’ultima canzone senza attimi di noia, grazie anche degli effetti scenici che il nostro si è portato dietro dall’era Floyd, dai giochi di luce allo schermo tondo.

In più, la band che lo accompagna è di primissimo piano, a partire dal fedele Guy Pratt al basso, e passando per Chester Kamen alle chitarre ritmiche, il grande Chuck Leavell, in vacanza dagli Stones, alle tastiere (nella parte che fu di Richard Wright), l’altro tastierista Greg Phillinganes (per molti anni nella band di Eric Clapton), il superbo batterista Steve DiStanislao (di recente anche nell’ultimo Crosby Sky Trails), Joao Mello al sassofono ed i tre coristi, Bryan Chambers, Lucita Jules e Louise Clare Marshall. Gilmour non avrà il carisma di Waters, ma è comunque un musicista coi controfiocchi e, quando lascia parlare la musica, è più che in grado di dire la sua: Live At Pompeii è quindi, oltre che un evento, un ottimo album live, meglio di Live In Gdansk che era troppo sbilanciato verso le canzoni di On An Island. Chiaramente il nuovo Rattle That Lock ha parecchia esposizione, dall’avvio languido di 5 A.M., suonato quando a Pompei stava ancora tramontando il sole, che sfocia nella subito coinvolgente e tonica title track del disco dello scorso anno. Affascinante Faces Of Stone, con la sua melodia alla Leonard Cohen, la tenue e quasi totalmente strumentale A Boat Lies Waiting (che Gilmour dice essere dedicata a Wright), la maestosa In Any Tongue, che non ha nulla da invidiare ai pezzi che David scriveva per i Floyd, con uno strepitoso assolo finale (ma anche gli altri, corbezzoli se suonano!), mentre Today, seppur gradevole, sembra più un brano dei Toto; ci sono anche un paio di cose da On An Island (la title track e The Blue), ma sono le meno interessanti della serata e a dirla tutta anche un po’ noiosette.

Ma la parte del leone la fanno naturalmente i pezzi dei Pink Floyd, a partire dalla discreta What Do You Want From Me?, che non è un capolavoro ma viene accolta da un boato essendo la prima dello storico gruppo in scaletta. La sempre suggestiva The Great Gig In The Sky presenta un pezzo di bravura vocale da parte delle due coriste, mentre David suona tranquillo alla steel, la splendida Wish You Were Here è sempre tra le più applaudite (e la versione di stasera è pura e cristallina), mentre Money è sempre trascinante, versione di otto minuti con Dave e Mello che fanno i numeri rispettivamente alla chitarra ed al sax. La prima parte del concerto si chiude con la fantastica High Hopes (il brano migliore di The Division Bell), con Gilmour che inizia all’acustica e finisce con il solito assolo “spaziale” alla steel, suonata con la tecnica slide. La seconda metà dello show inizia con un’inattesa One Of These Days (di solito non era in scaletta, ma in quella sera David la suona in omaggio al concerto a Pompei dei Floyd, infatti è l’unico pezzo in comune nelle due setlist), versione strepitosa, travolgente ed acida al punto giusto, con Gilmour che all’inizio si diletta alle percussioni, ma poi passa alla slide e fa venire giù il teatro. Coming Back To Life e Sorrow sono canzoni abbastanza normali, ed in fondo anche Fat Old Sun, che però ha una parte strumentale finale coi fiocchi, ma poi c’è un vero e proprio poker d’assi, a partire dalle prime cinque parti di Shine On You Crazy Diamond (che a dire il vero mi sembra un po’ scolastica), ed il gran finale formato dalla trascinante Run Like Hell (con tutta la band con gli occhiali da sole per proteggersi dai giochi di luce…e al pubblico non ci pensano?), dal liquido medley Time/Breathe e soprattutto dalla strepitosa Comfortably Numb, con Leavell che canta (più o meno…) la parte che era di Waters e Gilmour che rilascia il migliore assolo della serata in mezzo ai laser colorati, strappando una prevedibile standing ovation finale.

Il BluRay aggiuntivo del box, oltre a vari documentari che non ho ancora visto, regala i frammenti di altre due serate: cinque pezzi suonati in Sudamerica (tra cui la al solito maestosa Us & Them ed una Astronomy Domine in omaggio a Syd Barrett, più rock e meno psichedelica dell’originale, e con Phil Manzanera e Jon Carin al posto di Kamen e Leavell) ed altrettanti dalla performance a Wroclaw, in Polonia, con l’orchestra filarmonica locale (cinque pezzi da Rattle That Lock, tra cui la raffinata e jazzata The Girl In The Yellow Dress e la movimentata Dancing Right In Front Of Me). Quindi un live bello, potente ma anche di gran classe, che sarebbe stato perfetto (ma è un parere personale) se al posto dei due pezzi tratti da On An Island ci fossero state On The Turning Away (uno dei brani scritti da Gilmour che preferisco) e magari una canzone da The Endless River. Album quindi da avere, sia che siate fans dei Pink Floyd sia che amiate il rock d’autore.

Marco Verdi

Continua L’Eterna Sfida Tra Il Bene E Il Male…Ehm, No…Tra Gli Ex Pink Floyd! David Gilmour – Live At Pompeiiultima modifica: 2017-10-06T13:21:33+02:00da bruno_conti
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