Recensioni Cofanetti Autunno-Inverno 3. Dedicato A Chi Non Li Considera(va) Una Grande Live Band! R.E.M. – At The BBC

Rem At The BBC

R.E.M. – At The BBC – Concord/Universal 2CD – 2LP – Box Set 8CD/DVD

Nel 2018 nessun album dei R.E.M. ha compiuto 25 anni (toccherà nel 2019 a Monster, disco peraltro non tra i migliori del gruppo di Athens), e quindi il “buco” di mercato viene coperto egregiamente da questo box di otto CD più un DVD intitolato At The BBC, che, come potete immaginare, ripercorre la storia delle partecipazioni del quartetto (trio dal 1998) alle trasmissioni della leggendaria emittente radio-televisiva britannica, siano esse esibizioni negli studi (con pubblico e senza), sia grandi concerti all’aperto che la BBC aveva trasmesso in esclusiva. Negli anni in molti, specie tra i detrattori del gruppo di Michael Stipe, Peter Buck e Mike Mills (oltre a Bill Berry), hanno pensato che i nostri fossero principalmente una band adatta a produrre ottimi album di studio, ma molto meno efficaci dal vivo.

Questo splendido box (esiste anche una versione ridotta a due CD, però a mio parere ce ne volevano almeno tre) smentisce clamorosamente questa teoria, nonostante le numerose canzoni che si ripetono al suo interno: i R.E.M. erano principalmente un gruppo di musicisti nel puro senso del temine, forse un po’ meno showmen, e quindi i loro concerti non erano il massimo dello spettacolo dal punto di vista visivo, ma quando si trattava di suonare eccome se ci davano dentro, riuscendo anche a cambiare gli arrangiamenti dei brani e ad entusiasmare il pubblico senza l’ausilio di effetti speciali, ma solo con la loro musica. Questo box, che è completato da un corposo libretto con le testimonianze di vari produttori e presentatori della BBC, prende in esame un arco di tempo decisamente ampio, che va dal 1984, quando i nostri erano ancora poco conosciuti anche in America, fino al 2008, anno in cui smisero di esibirsi dal vivo. Ecco una disamina dei contenuti disco per disco.

CD1: l’unico dei supporti audio ad avere materiale proveniente da varie fonti, e anche l’unico senza pubblico. I primi sei brani sono tratti da una splendida session acustica del 1991 per il programma Into The Night, dove spiccano una deliziosa World Leader Pretend, dal testo sempre attuale, la rara Fretless (presente solo nella colonna sonora di Until The End Of The World), l’allora nuovissima Losing My Religion, sempre una grande canzone anche in questa versione rallentata, ed una scintillante rilettura del classico dei Troggs Love Is All Around, cantata da Mills. Quattro pezzi vengono da una studio session per la trasmissione di John Peel e tutti quanti tratti da Up, uno dei rari passi falsi del gruppo, un disco quasi sperimentale e con largo uso di elettronica: dal vivo però le canzoni in questione vengono decisamente meglio, specie Daysleeper, una ballata distesa con melodia tipica di Stipe e soci ed una suggestiva slide alle spalle. Altri quattro brani sono dell’Ottobre del 2003, le splendide Man On The Moon e Imitation Of Life, tra le più belle del loro songbook, la frenetica Bad Day, in pratica una It’s The End Of The World As We Know It versione 2.0, ed una sontuosa Orange Crush, rock song di notevole spessore. Chiudono due pezzi incisi nel 2008: una cover di Munich, brano della band post-punk The Editors, ed una Supernatural Superserious in un’insolita veste acustica.

CD2: una session completa (e con pubblico) per John Peel, leggendario DJ che pare non amasse i nostri alla follia. Dodici brani, di cui la metà da Up (non male Lotus, dalle vaghe reminescenze bowiane, e la gentile pop song At My Most Beautiful, con echi invece di Beach Boys); per il resto un paio di classici (Losing My Religion, che apre lo show, e Man On The Moon, che lo chiude), le poco eseguite New Test Leper (limpida folk-rock ballad) e Perfect Circle (lenta ed interiore), la fluida e pianistica Electrolite, molto apprezzata dal pubblico, ed una spettacolare Country Feedback che supera i sette minuti e da sola vale il dischetto. CD3: uno show a Nottingham del 1984, quando i nostri erano ancora giovani, affamati e decisamente diretti ed immediati, un set fortemente elettrico con diversi classici della prima ora (Hyena, So. Central Rain, Gardening At Night, Radio Free Europe, Carnival Of Sorts), ma soprattutto gemme oggi quasi dimenticate come la travolgente Second Guessing, puro rock’n’roll, le mosse e godibili Talk About The Passion e (Don’t Go Back To) Rockville, entrambe con ampio uso di jingle-jangle sound, la sinuosa Old Man Kensey, con il suo chitarrone twang, la trascinante e corale Pretty Persuasion ed il ficcante medley 9-9/Hey Diddle Diddle/Feeling Gravitys Pull, suonato con foga da punk band.

CD4-5: i migliori due dischetti del box documentano uno splendido concerto tenutosi a Milton Keynes nel 1995, uno show decisamente elettrico e con molti pezzi reinventati e diversi dagli originali: perfino Losing My Religion non ha mai suonato così rock. La serata inizia con i due brani migliori di Monster, cioè l’orecchiabile What’s The Frequency Kenneth? e soprattutto la roboante Crush With Eyeliner, grande rock song influenzata da Lou Reed, per poi presentarci Drive, uno dei loro capolavori assoluti in una versione completamente diversa, molto più elettrica e forse con meno pathos dell’originale. Altri highlighs di un concerto che non dà un attimo di tregua (non le cito tutte perché ci vorrebbe una recensione a parte) sono il coinvolgente rock’n’roll di I Took Your Name, la bellissima slow ballad Strange Currencies, ancora migliorata da questo arrangiamento più elettrico, la soulful Tongue, la sempre magistrale Country Feedback, una formidabile Everybody Hurts di sette minuti e la byrdsiana Fall On Me.

CD6-7: registrato al famoso Festival di Glastonbury nel Giugno del 1999, questo è un altro bel concerto, elettrico e vibrante, leggermente inferiore al precedente più che altro per la presenza di troppi brani da Up (ma Daysleeper si conferma una gran bella canzone): finalmente sentamo anche The One I Love, uno dei più bei brani dei REM degli anni ottanta, e le solite ottime What’s The Frequency Kenneth?, Fall On Me, Sweetness Follows, Everybody Hurts e Crush With Eyeliner, ed una conclusiva It’s The End Of The World As We Know It anch’essa di sette minuti. E pure la poco nota So Fast, So Numb è una rock song coi fiocchi. CD8: un’esibizione del 2004 nella sconsacrata St. James’ Church di Londra, solo undici brani ma altra grande performance. Oltre a Losing My Religion e Man On The Moon non ci sono molti altri classici della band, ma abbiamo la deliziosa Leaving New York, il pop-rock solare di Imitation Of Life e soprattutto la splendida e suggestiva E-Bow The Letter, pezzo centrale di quel mezzo capolavoro che era New Adventures In Hi-Fi, con Thom Yorke dei Radioheads che sostituisce Patti Smith alla seconda voce. Tra le meno note, spicca lo scintillante folk-rock di Aftermath.

DVD: il fulcro dell’unico dischetto video è un documentario intitolato Accelerating Backwards, che raccoglie performance prese da anni diversi (tra cui una bizzarra rilettura del classico Moon River), e soprattutto tredici canzoni tratte da Later…With Jools Holland del 1998, uno show impeccabile nonostante anche qui la presenza di brani di Up sia massiccia, ma con una irresistibile rilettura della grande The Passenger di Iggy Pop, leggermente accelerata (ed uscita all’epoca su un CD singolo oggi ormai introvabile se non a prezzi proibitivi). Un bellissimo cofanetto quindi, che mi sento di consigliare visto che forse offre la panoramica più completa dal vivo ad oggi dei R.E.M.: con circa 60/65 euro è vostro.

Marco Verdi

Prossime Uscite Autunnali 16. Wings Wild Life & Wings Red Rose Speedway: Altre Due Ristampe Potenziate Di Paul McCartney In Uscita Il 7 Dicembre

wings wild life wings red rose speedway

Wings Wild Life – 3 CD + DVD – 2 CD – 2 LP – MPLCapitol/Universal – 07-12-2018

Wings – Red Rose Speedway – 3 CD + 2 DVD + 1 Blu-ray – 2 CD – 2 LP”Reconstructed Double Album” Vinyl Edition –  2LP “Single Album Plus Bonus Tracks” Vinyl Edition – MPL/Capitol/Universal -07-12-2018

Per completare un autunno ricchissimo di ristampe e nuove uscite del giro Lennon/McCartney/Beatles che, se mi passate la battuta, lasceranno invece poverissimi tutti i fans, ecco arrivare un po’ a sorpresa e proprio a ridosso del Natale, ma ancora in Autunno, altri due cofanetti della serie dedicata alla opera omnia di Paul McCartney. Questa volta si ritorna agli inizi della carriera solista dell’ex Beatles, con i due dischi usciti in origine nel 1971-1973 e in effetti per i fans ricchissimi uscirà anche un box intitolato Wings 1971-1973 che raccoglie i due cofanetti per un totale di 11 dischetti, a cui verranno aggiunti un ulteriore libro, il tour programme e un CD inedito Wings Over Europe con 20 brani dal tour del 1972, il tutto per la modica cifra di 400 sterline (quasi 500 euro) acquistabile direttamente sul sito di Paul https://shop.paulmccartney.com/us_en/paul-mccartney-and-wings-1971-73-limited-edition-box-set.html

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Vediamo comunque i contenuti delle ristampe separate dei due box: come vedete dalle immagini riportate sopra dei cofanetti entrambi contengono anche parecchi memorabilia. Wings Wild Life ha un libro rilegato di 128 pagine con la storia dell’album scritta da David Fricke, una delle poche firme “attendibili” che scrive ancora per la rivista Rolling Stone, oltre ad un altro libretto bloc note con le notizie del tour del 1972, più testi delle canzoni, scalette dei concerti, foto polaroid varie mai pubblicate e altro. I tre CD, oltre all’album originale rimasterizzato nel 2018 a Abbey Road, riportano un totale di 25 tracce bonus rare o inedite suddivise in due dischetti, mentre il DVD contiene 4 filmati. La versione in 2 CD avrà il CD 1 e 3 del cofanetto: quindi mancano solo gli 8 pezzi con i rough mixes del CD 2.

Ecco comunque la lista completa dei contenuti:

Tracklist
CD1 – Remastered Album
1. Mumbo (2018 Remaster)
2. Bip Bop (2018 Remaster)
3. Love Is Strange (2018 Remaster)
4. Wild Life (2018 Remaster)
5. Some People Never Know (2018 Remaster)
6. I Am Your Singer (2018 Remaster)
7. Bip Bop Link (2018 Remaster)
8. Tomorrow (2018 Remaster)
9. Dear Friend (2018 Remaster)
10. Mumbo Link (2018 Remaster)

CD2 – Rough Mixes
1. Mumbo [Rough Mix]
2. Bip Bop [Rough Mix]
3. Love Is Strange (Version) [Rough Mix]
4. Wild Life [Rough Mix]
5. Some People Never Know [Rough Mix]
6. I Am Your Singer [Rough Mix]
7. Tomorrow [Rough Mix]
8. Dear Friend [Rough Mix]

CD3 – Bonus Audio
1. Good Rockin’ Tonight [Home Recording]
2. Bip Bop [Home Recording]
3. Hey Diddle [Home Recording]
4. She Got It Good [Home Recording]
5. I Am Your Singer [Home Recording]
6. Outtake I
7. Dear Friend [Home Recording I]
8. Dear Friend [Home Recording II]
9. Outtake II
10. Indeed I Do
11. When The Wind Is Blowing
12. The Great Cock And Seagull Race [Rough Mix]
13. Outtake III
14. Give Ireland Back To The Irish
15. Give Ireland Back To The Irish (Version)
16. Love Is Strange [Single Edit]
17. African Yeah Yeah

DVD – Bonus Video
1. Scotland, 1971
2. The Ball
3. ICA Rehearsals
4. Give Ireland Back To The Irish (Rehearsal)

Plus 24bit 96kHz unlimited high-resolution audio download of the remastered album and bonus audio

Red Rose Speedway è decisamente più sfizioso: con sei dischi è il cofanetto Super Deluxe record della Archive Collection di Paul (il massimo erano stati 5 per Ram). Oltre ai soliti due libri, il primo 128 pagine,, il secondo Wings In Morocco photobook da 64 pagine, ci sono pure 14 repliche di disegnini di Paul per l’album, 5 testi di canzoni scritti a mano, sempre in replica, ma niente foto aggiuntive perché il librone è soprattutto fotografico, mi pare ci siano anche una cartolina e dei piccoli sagomati. Contenuto musicale: CD 1, remaster 2018 dell’album, CD 2 Double Album Edition (ovvero il disco come sarebbe dovuto uscire in doppio LP, e in effetti verrà pubblicata anche questa versione in vinile), CD 3, brani rari, singoli, versioni alternative. Il doppio CD anche in questo caso riporterà il CD 1 e 3. DVD 1, il James Paul McCartney TV Special, parzialmente inedito, Live And Let Die Live In Liverpool e interviste, oltre ai video musicali, DVD 2 il film mai visto primaThe Bruce McMouse Show,  Il Blu-ray riporta il Bruce McMouse Show e tutto il materiale audio in versione Dolby Surround.

Comunque anche in questo caso ecco la lista completa dei contenuti:

 CD1 – Remastered Album
1. Big Barn Bed (2018 Remaster)
2. My Love (2018 Remaster)
3. Get On The Right Thing (2018 Remaster)
4. One More Kiss (2018 Remaster)
5. Little Lamb Dragonfly (2018 Remaster)
6. Single Pigeon (2018 Remaster)
7. When The Night (2018 Remaster)
8. Loup (1st Indian On The Moon) (2018 Remaster)
9. Medley (2018 Remaster)
* a) Hold Me Tight
* b) Lazy Dynamite
* c) Hands Of Love
* d) Power Cut

CD2 – “Double Album”
1. Night Out
2. Get On The Right Thing
3. Country Dreamer
4. Big Barn Bed
5. My Love
6. Single Pigeon
7. When The Night
8. Seaside Woman
9. I Lie Around
10. The Mess [Live At The Hague]
11. Best Friend [Live In Antwerp]
12. Loup (1st Indian On The Moon)
13. Medley
* a) Hold Me Tight
* b) Lazy Dynamite
* c) Hands Of Love
* d) Power Cut
14. Mama’s Little Girl
15. I Would Only Smile
16. One More Kiss
17. Tragedy
18. Little Lamb Dragonfly

CD3 – Bonus Audio
1. Mary Had A Little Lamb
2. Little Woman Love
3. Hi, Hi, Hi
4. C Moon
5. Live And Let Die
6. Get On The Right Thing [Early Mix]
7. Little Lamb Dragonfly [Early Mix]
8. Little Woman Love [Early Mix]
9. 1882 [Home Recording]
10. Big Barn Bed [Rough Mix]
11. The Mess
12. Thank You Darling
13. Mary Had A Little Lamb [Rough Mix]
14. 1882 [Live In Berlin]
15. 1882
16. Jazz Street
17. Live And Let Die [Group Only, Take 10]

DVD 1 – Bonus Video
1. Music Videos
2. James Paul McCartney TV Special
3. Live And Let Die [Live in Liverpool]
4. Newcastle Interview

DVD 2 – Bonus Film
1. The Bruce McMouse Show
5.1 Surround Dolby Digital, 16bit 48kHz /PCM Stereo

Blu-Ray – The Bruce McMouse Show
5.1 Surround DTS-HD Master Audio, 24bit 96kHz/PCM Stereo 24bit 96kHz

Plus 24bit 96kHz unlimited high-resolution audio download of the remastered album and bonus audio

Alla prossima.

Bruno Conti

Le Classiche Due Braccia Rubate All’Agricoltura! Jason Aldean – Rearview Town

jason aldean rearview town

Jason Aldean – Rearview Town – Broken Bow/BMG CD

Jason Aldean da Macon, Georgia (la città elettiva degli Allman, ma come vedremo tra breve le somiglianze finiscono qui) è uno degli esponenti più popolari del più becero country prodotto a Nashville, una musica che in realtà è pop dozzinale, buono per chi il vero country non sa neanche cosa sia. Già il fatto che ognuno dei suoi album, quando proprio va male, si piazzi al secondo posto delle classifiche dovrebbe far riflettere, ma quando poi andiamo a scorrere la lista dei musicisti che partecipano a questo nuovo Rearview Town (prodotto come al solito da Michael Knox) e ne troviamo ben nove (!) ad occuparsi del “drum programming”, cioè la batteria elettronica, la puzza di bruciato si fa sentire ancora prima di mettere il CD nel lettore (state tranquilli, ci sono anche i sintetizzatori).

Rearview Town non sposta quindi di un millimetro l’opinione che avevo di Aldean, un musicista dallo scarso talento (per non dire nullo), che non è capace neanche di scriversi una canzone e che esegue una musica che a questo punto penso non si capisca neanche cosa sia. Suoni finti, canzoni fatte con lo stampo, zero feeling ed una produzione ridondante, una musica che dovrebbe essere etichettata come nociva alla salute. Dirt To Dust, che apre il disco, dovrebbe essere un country elettrico mischiato col rock, ma i suoni sono artefatti, ed il tutto suona troppo prodotto e per nulla spontaneo, ma ancora peggio va con la ballata che segue, Set It Off, che non è country ma pop della peggior specie, con un insieme di effetti vocali e strumentali che con la vera musica non c’entrano una mazza. Alla terza canzone, la pessima Girl Like You (un lento da mani nei capelli), mi sono già stufato, ma vado avanti per dovere di cronaca; You Make It Easy dovrebbe avere un sapore soul anni sessanta, ma suona poco spontanea, come se il primo a non crederci fosse proprio Aldean (e comunque è una delle meno peggio).

Gettin’ Warmed Up ha delle chitarre dure, un tiro discreto ma una produzione eccessiva, mentre invece la mossa Blacktop Gone, sostenuta nel ritmo e con un refrain orecchiabile, non è malaccio, ma forse è l’unica che si salva veramente. Speravo che la brava Miranda Lambert risollevasse le sorti del CD, ma Drowns The Whiskey, nonostante la presenza di una pedal steel, è una canzone insignificante https://www.youtube.com/watch?v=p9xYYSAo7UU , così come la title track, che ha un motivo già ascoltato mille volte. Il disco è pure lungo, ne mancano ancora ben sette, ma le uniche che meritano una citazione (e devo fare fatica a districarmi, Like You Were Mine è una delle canzoni più brutte sentite ultimamente https://www.youtube.com/watch?v=ZEXOwEQxKE4 ) sono gli slow Better At Being Who I Am e High Noon Neon, che hanno perlomeno due melodie sufficientemente gradevoli, anche se gli arrangiamenti fanno acqua da tutte le parti. E’ inutile che Jason Aldean si faccia fotografare con la chitarra in mano ed in pose da cowboy maledetto e tormentato: è un fantoccio, e la sua musica è un’offesa per il vero country.

Marco Verdi

Il “Cantautore” Che Dice No Ai Social (?!). Henrik Freischlader Band – Hands On The Puzzle

henrik freischlader hands on the puzzle

Henrik Freischlader Band  – Hands On The Puzzle – Cable Car Records             

Questa volta vi risparmio il chi è costui, perché lo sappiamo: ce lo dice lui stesso, anzi la sua etichetta. “Il cantautore che dice no ai social!”: qualsiasi cosa voglia significare, però la frase fa scena e ci piace (almeno a me). Henrik Freischlader, perché di lui stiamo parlando, se le scrive e se le canta, almeno le dodici canzoni di questo Hands On The Puzzle, oltre a suonarvi la chitarra, accompagnato dal suo quartetto, la HFB, ovvero  Moritz Meinschäfer,  Batteria, Armin Alic,  Basso Roman Babik, Tastiera  e Marco Zügner , Sassofono, che non conosco, ma ascoltando il disco sembrano dei musicisti di buon valore, il genere è blues, diciamo un “blues contemporaneo”, dove confluiscono però anche elementi rock, jazz, funky e soul, praticamente tutto: quando non sapete cosa dire usatelo perché è sempre chiarificatore, oppure confonde le idee ulteriormente.

Appurato che Freischlader non sta sui social, ha quindi molto tempo per incidere dischi, visto che questo è il suo 14° album (inclusi alcuni live). Diciamo che in passato il suo stile era più orientato verso il power trio, ma ora con l’aggiunta di sax e tastiere, si inserisce in un filone più mainstream: anche lui più che simile a…, appartiene alla categoria di quelli che hanno suonato con… (che non è per forza un merito ma fa curriculum), per lui si ricordano B.B. King, Gary Moore, Peter Green, Johnny Winter e Joe Bonamassa (che è anche apparso in un suo disco del 2011), tra i tanti. Community Immunty ad aprire le danze, un buon funky-rock, tra i Cream e i Back Door , (trio anni  ’70 che pochi ricordano ma che a me piace citare, famoso per la presenza del sax  e l’uso del basso solista https://www.youtube.com/watch?v=srAwz7mNavU ), la voce è valida, benché non memorabile, l’arrangiamento fin troppo attendista, che poi sfocia in un finale quasi jazz-rock, Love Straight è un buon pezzo  di classico rock-blues, vaghi agganci zappiani, quello più commerciale, ma anche un  primo saggio delle capacità chitarristiche di Freischlader, un bel tocco fluido e scorrevole.

Those Strings è il primo vero blues del disco, con chitarra, sax e tastiere che duettano con buoni risultati tra loro e con la voce di Henrik, niente per cui strapparsi le vesti, ma la chitarra al solito è la parte più interessante del menu proposto; Winding Stair, tra blues e R&B è decisamente più vivace a conferma una buona attitudine al blue eyed soul. Ma è nei brani più lunghi che Freischlader e la sua band danno le migliori prove: Where Do We Go è una gradevole ballata notturna, quasi da cantautore, molto calda ed avvolgente, con un fluente lavoro della solista nella parte centrale,  Animal Torture ha ancora un feeling jazzato, di nuovo vicino a certo blue eyed soul americano raffinato, con piano elettrico e sax a disegnare belle melodie su cui poi lavora di fino la chitarra del nostro amico. Altri brani, tra blues classico e shuffle sono più scolastici, mentre Mournful Melody, come da titolo, è nuovamente una bella ballata quasi da songwriter californiano, cantata e suonata con classe e souplesse notevoli, e con un bel crescendo vibrante nella parte centrale e assolo liquido di chitarra nel finale. A chiudere, i dieci minuti di Creactivity, un altro onesto funky-soul-blues di buona fattura, illuminato in parte dal lavoro della chitarra, ma per il resto abbastanza scontato. A differenza del disco che nel complesso si lascia comunque apprezzare.

Bruno Conti

Una Nuova Speranza? Forse Più “L’Attacco Dei Cloni”! Greta Van Fleet – Anthem Of The Peaceful Army

greta van fleet anthem of the peaceful army

Greta Van Fleet – Anthem Of The Peaceful Army – Republic/Universal CD

Ho scelto di citare come intestazione del post odierno due titoli di film della saga di Star Wars, dato che a mio giudizio calzano entrambi alla perfezione per i Greta Van Fleet, che è nello stesso tempo considerata dalla critica una delle nuove frontiere del rock americano, ma pure una band il cui suono ricalca in maniera imbarazzante quello di un monumento del passato, vale a dire i Led Zeppelin. I GVF sono un quartetto proveniente da Frankenmuth, un paesino del Michigan di circa cinquemila abitanti, la maggior parte dei quali di origine tedesca (ed il nome del gruppo deriva da quello di una abitante della cittadina di loro conoscenza, leggermente modificato), ed è formata dai fratelli Joshua, Jacob e Samuel Kiszka (rispettivamente voce solista, chitarra e basso/piano/organo), con l’aggiunta dal batterista Danny Wagner, un combo la cui età media supera di pochissimo i vent’anni. I GVF si sono messi in grande evidenza lo scorso anno con From The Fires, un EP di otto canzoni (32 minuti, ci sono album che durano di meno) che riprendeva i quattro pezzi del precedente EP Black Smoke Rising aggiungendone altrettanti nuovi di zecca: la critica di tutto il mondo ha gridato al miracolo, eleggendoli in alcuni casi anche a migliore nuova rock band, non mancando però di far notare la somiglianza impressionante con gli Zeppelin.

Somiglianza che non è solo legata al timbro vocale di Josh, davvero sovrapponibile a quello di Robert Plant, ma anche per lo stile compositivo, il sound ed il modo di suonare degli altri tre componenti (specie la batteria, che a volte pare voler scimmiottare la tecnica di John Bonham): lo stesso Plant ha espresso ottime parole per loro, non mancando però di far notare che gli ricordavano “qualcuno”, ed aggiungendo scherzosamente di odiarli, più che altro per la loro giovanissima età. Il fatto di essere così simili ad uno dei gruppi storici del rock mondiale può essere però un’arma a doppio taglio, in quanto ci sarà sempre qualcuno pronto a rimarcare tale parallelo (che a volte è davvero impressionante, basti ascoltare le canzoni Safari Song e Highway Tune dall’EP dell’anno scorso, siamo a livelli da “Tale E Quale Show”), ed è un peccato in quanto i quattro ragazzi hanno indubbiamente un’ottima tecnica, ed in più rappresentano una boccata d’aria fresca nell’ambito di una generazione che sembra capace di sfornare solo artisti rap, hip-hop, trip-hop e belinate varie. Ora i nostri pubblicano il loro primo vero e proprio album, Anthem Of The Peaceful Army, un lavoro di puro classic rock anni settanta che a mio parere lascerà ognuno sulle proprie posizioni: i detrattori del gruppo continueranno a paragonarli alla storica band di Stairway To Heaven, mentre i fans li esalteranno come il futuro del rock.

Diciamo che forse è il caso di ascoltare questo loro primo full length in maniera obiettiva (anche se è difficile visto lo stile e soprattutto il timbro di voce “plantiano” di Josh) e giudicarlo per quello che è: un buon disco di sano rock americano (con influenze British, uno dei rari casi di ispirazione “al contrario”, dato che di solito erano le band inglesi che guardavano al Nuovo Continente), suonato in maniera tosta e vigorosa, cantato benissimo e con una produzione solida, un album che non sfigurerà di certo in qualsiasi collezione che si rispetti. I ragazzi sono consci dei paragoni con la band di Page, Plant, Jones e Bonham, e quindi in qualche episodio cercano anche di diversificare la proposta, con strumentazioni più acustiche ed atmosfere di vaga ispirazione West Coast: anche nell’EP dello scorso anno c’erano un paio di varianti, ma nella fattispecie si trattava di due cover, A Change Is Gonna Come di Sam Cooke e Meet On The Ledge dei Fairport Convention, mentre in Anthem Of The Peaceful Army i brani sono tutti originali. Un tentativo quindi apprezzabile, anche se poi l’impressione è che sia Robert Plant a cantare, e quindi si torna al punto di partenza. L’opening track Age Of Man ha un suggestivo intro per organo e voce, poi arriva la sezione ritmica, solida e sicura, e Josh intona una rock ballad molto classica, con i suoni giusti ed un crescendo di grande pathos: forse neanche troppo zeppeliniana. Con The Cold Wind siamo invece in pieno Dirigibile, il modo di cantare è plant al 100% e pure nella performance chitarristica ci sono palesi rimandi allo stile di Page, ma non nascondo di provare un certo piacere nell’ascoltare comunque un brano rock potente e ben fatto come questo; la cadenzata When The Curtain Falls non si sposta un millimetro dalla “Zeppelin Zone” (periodo secondo/terzo album), ma in ogni modo la prestazione dei nostri è notevole, specie Jake alla chitarra ed un super Wagner alla batteria.

Con Watching Over i GVF alzano leggermente il piede dall’acceleratore, e ci consegnano una fluida ballata elettrica per quanto sempre decisamente rock, cantata e suonata con grinta ed un paio di assoli chitarristici molto liquidi, mentre la tambureggiante Lover, Leaver (Taker, Believer) è puro hard rock anni settanta, indovinate da che parti stiamo (e qui si rasenta il plagio, anche se indubbiamente i ragazzi sanno suonare alla grande: sentite la chitarra, una vera goduria). You’re The One cambia registro, ed è una squisita ballata elettroacustica, sempre suonata con molta forza, ma dai cromosomi californiani (sempre seventies, da lì non ci si schioda), un ritornello di impatto immediato ed un ottimo organo alle spalle suonato da Sam, un pezzo che dimostra che i ragazzi, quando vogliono, sanno anche staccarsi dall’ombra di chi già sapete. The New Day mantiene i piedi nella West Coast, ma c’è da dire che anche nei dischi degli Zeppelin erano presenti sonorità più acustiche e bucoliche: bella canzone comunque, fresca, ariosa, con la solita splendida chitarra ed una performance vocale di livello egregio. La roboante Mountain Of The Sun, in cui appare anche una bella slide, è di nuovo hard rock con qualche elemento blues, mentre Brave New World, se non fosse per la voce di Josh, potrebbe anche essere un brano di Neil Young, ma di quelli belli tosti; il CD termina con Anthem, una scintillante canzone che parte con voce e chitarra acustica ma che a poco a poco si arricchisce strumentalmente, mantenendo comunque un profilo più basso e distaccandosi in maniera più netta rispetto al suono hard di gran parte del disco.

Vedremo se dal prossimo disco i Greta Van Fleet continueranno ad evocare sonorità zeppeliniane o intraprenderanno definitivamente una strada tutta loro: per il momento mi sento di promuoverli, dato che comunque questo Anthem Of The Peaceful Army non è una bufala, e la musica in esso contenuta è di livello più che buono.

Marco Verdi

Prossime Uscite Autunnali 15. David Bowie – Glastonbury 2000: Uno Dei Concerti Più Belli Del “Tardo” Duca Bianco, Esce In Vari Formati il 30 Novembre,

david bowie glastonbury 2000

David Bowie – Glastonbury 2000 – 2 CD – 2CD+DVD – 3LP Parlophone/Rhino/Warner – 30-11-2018

Dopo il recente cofanetto Loving The Alien la Warner, che al momento detiene i diritti del catalogo di David Bowie, pubblica un altro prodotto per il mercato natalizio. Si tratta del concerto tenuto dal Duca Bianco il 25 giugno del 2000 al Festival di Glastonbury: una esibizione definita “epica”, uno dei concerti migliori dell’ultimo periodo di Bowie, una della rare occasioni dal 1990 in avanti,  in cui il nostro fece la felicità dei fans andando a recuperare le canzoni più classiche e famose del suo repertorio, in una performance che non era mai stata vista o sentita nella sua interezza, considerando che fino ad ora, a livello ufficiale, solo poco più di 30 minuti erano stati trasmessi in televisione dalla BBC, che in questi giorni per i fortunati inglesi trasmetterà l’intero spettacolo. Tra i tanti classici le tre o quattro “stranezze”, come le definì lo stesso Bowie, furono l’iniziale Wild Is The Wind, Hello Spaceboy da Outside, il disco del 1995, e Little Wonder  e forse anche I’m Afraid Of Americans, entrambi da Earthling del 1997.

Il resto dei contenuti nei vari formati in cui verrà pubblicato il concerto (al momento la versione 2CD + DVD sembra abbastanza costosa, tra i 35 e i 40 euro in Europa e una trentina di dollari negli States,ma anche il vinile ben oltre i 50 euro non scherza, il tutto sempre a livello indicativo) lo leggete qui sotto.

[CD1]

1. Introduction (Greensleeves)
2. Wild Is The Wind
3. China Girl
4. Changes
5. Stay
6. Life On Mars?
7. Absolute Beginners
8. Ashes To Ashes
9. Rebel Rebel
10. Little Wonder
11. Golden Years

[CD2]
1. Fame
2. All The Young Dudes
3. The Man Who Sold The World
4. Station To Station
5. Starman
6. Hallo Spaceboy
7. Under Pressure
8. Ziggy Stardust
9. “Heroes”
10. Let’s Dance
11. I’m Afraid Of Americans

[DVD]
1. Introduction (Greensleeves)
2. Wild Is The Wind
3. China Girl
4. Changes
5. Stay
6. Life On Mars?
7. Absolute Beginners
8. Ashes To Ashes
9. Rebel Rebel
10. Little Wonder
11. Golden Years
12. Fame
13. All The Young Dudes
14. The Man Who Sold The World
15. Station To Station
16. Starman
17. Hallo Spaceboy
18. Under Pressure
19. Ziggy Stardust
20. “Heroes”
21. Let’s Dance
22. I’m Afraid Of Americans

Altre novità nei prossimi giorni.

Bruno Conti

Se 65.000 Persone Vi Paiono Poche… Aaron Watson – Live At The World’s Biggest Rodeo Show

aaron watson live

Aaron Watson – Live At The World’s Biggest Rodeo Show – Big Label CD

Aaron Watson, countryman texano purosangue, ci ha messo diversi anni per assaporare il successo. Titolare di una dozzina di album circa (ha esordito nel 1999), Aaron non è mai approdato ad una major, in quanto restio a scendere a compromessi per quanto riguarda il tipo di musica proposta, un country-rock decisamente robusto e chitarristico, tipico per un artista proveniente dal Lone Star State. La costanza ha pagato, in quanto il suo album del 2015, The Underdog, è inaspettatamente andato al numero uno (di tutti i lavori precedenti appena uno era brevemente entrato nella Top Ten), successo inatteso in quanto, come ho già avuto modo di accennare, Aaron lo ha ottenuto senza modificare di una virgola il suono. Vaquero, il bel disco uscito lo scorso anno https://discoclub.myblog.it/2017/02/24/il-vero-erede-di-chris-ledoux-aaron-watson-vaquero/ , ha quasi bissato il risultato del precedente (si è fermato al secondo posto), e comunque ha contribuito a consolidare il nome di Watson presso gli abituali consumatori di country music.

Era quindi il momento propizio per pubblicare un disco dal vivo, cosa che è puntualmente avvenuta con questo Live At The World’s Biggest Rodeo Show, che come suggerisce il titolo è stato registrato lo scorso anno al Houston Livestock Show And Rodeo, la maggior competizione di rodeo del mondo, di fronte a ben 65.000 persone. E si tratta di un live vibrante, elettrico, da parte di un artista onesto e sincero, che forse non sarà mai sullo stesso piano dei grandi ma fa dell’ottima country music, supportato da una solida band e da un songwriting di buon livello. Musica coinvolgente, non compromessa con il suono di Nashville, che trova sul palco la sua valorizzazione naturale: aggiungiamo il fatto che Aaron si esibisce praticamente in casa (anche se Amarillo, città natale di Watson, dista quasi mille chilometri da Houston, ma sempre Texas è) ed il gioco è fatto. Ci sono tre canzoni prese da Vaquero: l’iniziale These Old Boots Have Roots, un rockin’ country dal ritmo galoppante che rende il pubblico già partecipe al massimo, con la ciliegina di un breve ma ficcante assolo di violino, alla Charlie Daniels, Outta Style, travolgente sin dalle prime note (ad oggi è il suo singolo più venduto), e They Don’t Make ‘em Like They Used To, che completa il trittico con una cowboy song elettrica e dal buon crescendo.

Freight Train è un bluegrass-rock dal ritmo forsennato, ritmo che non accenna a calare (anzi, aumenta) neanche nella successiva Real Good Time, puro country suonato con grinta ed energia da rock band; Raise Your Bottle è un robusto pezzo che Aaron dedica al padre, invalido di guerra (del Vietnam), mentre That’s Why God Loves Cowboys è la prima ballata, che però mantiene il mood elettrico. That Look è orecchiabile e “piaciona”, ed è in contrasto con l’acustica e tenue Bluebonnets, che Watson dedica alla nonna scomparsa due mesi prima; la limpida Fence Post, country-folk elettroacustico, alterna talkin’ a parti cantate, Wildfire è di nuovo chitarristica e dall’approccio rock, con un ritornello diretto e gradevole, Getaway Truck mantiene alta la temperatura, ed è una delle più acclamate. Il concerto termina con la toccante July In Cheyenne, tra le più belle del CD, ma c’è spazio ancora per un pezzo nuovo registrato in studio, Higher Ground, uno slow intenso e suonato in maniera rilassata, che chiude con una nota malinconica un CD all’insegna di ritmo ed energia.

Marco Verdi

*NDB E per la serie battere il ferro finché è caldo in questi giorni è in uscita anche un CD natalizio An Aaron Watson Family Christmas, con tutta la famiglia coinvolta nelle regsitrazioni.

La Louisiana Da Oggi E’ Un Po’ Più Povera: A 75 Anni Si E’ Spento Anche Tony Joe White.

tony joe white death

Quando di recente ho recensito per questo blog il (bel) disco nuovo di Tony Joe White, Bad Mouthin’ https://discoclub.myblog.it/2018/10/11/bluesmen-a-tempo-determinato-parte-2-tony-joe-white-bad-mouthin/ , non avrei mai pensato di avere per le mani il suo canto del cigno, e men che meno in tempi così brevi. Nato nel 1943 ad Oak Grove, in Louisiana, Tony si è spento due giorni fa, il 24 Ottobre (a Nashville) per un attacco cardiaco, andandosene con discrezione ed in punta di piedi, esattamente nello stesso modo in cui aveva vissuto e fatto musica per tutta la sua esistenza. Dopo essersi esibito in gioventù in vari club tra Louisiana e Texas, White esordisce nel 1969 per la Monument con l’album Black And White, continuando ad incidere con regolarità per tutti gli anni settanta e diradando notevolmente la produzione negli ottanta. Titolare di un sound tra rock, blues e swamp, di un’abilità chitarristica non comune e di uno stile decisamente “laidback”, Tony non ha mai ottenuto un grandissimo successo, ma è stato uno dei maggiori artisti di culto in circolazione, attirando la stima di molti colleghi anche più blasonati di lui, come Carl Perkins, Eric Clapton e Joe Cocker.

Tra l’altro i suoi brani più noti lo sono diventati grazie ad interpretazioni di altri artisti, a partire da Polk Salad Annie, un classico per Elvis Presley nei primi anni settanta, passando per Rainy Night In Georgia, che fu una hit per Brook Benton e fu incisa anche da Ray Charles, Tennessee Ernie Ford e Johnny Rivers, per finire con Tina Turner che negli anni ottanta avrà un successo planetario con Steamy Windows. Nel 1991 Tony torna agli antichi fasti artistici con l’eccellente Closer To The Truth, disco che lo riporterà prepotentemente sulle scene, dove resterà con regolarità fino appunto al recente Bad Mouthin’, nel quale finalmente il nostro è riuscito a pubblicare un disco di puro blues alla John Lee Hooker (uno dei suoi idoli di gioventù). Alcuni album del nostro a mio giudizio da avere, almeno tra quelli più recenti, sono Snakey (2002), The Heroines (2004, un CD di duetti con voci femminili, tra cui Emmylou Harris, Lucinda Williams, Jessi Colter e Shelby Lynne), Hoodoo (2013) e Rain Crow (2016) https://discoclub.myblog.it/2016/07/05/sempre-la-solita-zuppa-si-ottimo-saporito-gumbo-tony-joe-white-rain-crow/ , tutti ottimi lavori all’insegna del suo tipico swamp-rock, un vero marchio di fabbrica.

Ora mi immagino Elvis (o Johnny Cash) intonare da lassù per l’ennesima volta Polk Salad Annie, ma questa volta avrà l’onore di avere il suo autore ad accompagnarlo alla chitarra.

Marco Verdi

*NDB

tony joe white that on the road look Live

Vorrei aggiungere anch’io qualche pensiero in libertà sulla scomparsa di Tony Joe White. Questo che leggete sotto è un Post che gli ho dedicato otto anni fa, in occasione della pubblicazione di That On The Road Look “Live”, e serve anche da riepilogo, insieme soprattutto ai video che trovate sparsi in tutto l’articolo, della sua personalità di incredibile performer.

Tony Joe White – That On The Road Look “Live” – Rhino Handmade

Questo signore è stato un altro dei “Grandi Vecchi” (era del 1943) della canzone americana. Uno degli inventori dello swamp rock o swamp music che dir si voglia, la sua musica si potrebbe sintetizzare come “Country got soul, soul got blues, blues got swamp” che è un po’ lungo ma efficace. Se siete amanti di quelle musiche che si nutrono da varie “radici” della musica americana, Tony Joe White è sicuramente un numero uno in questo stile: in possesso di una voce profonda e risonante, quasi glabra (pensate a Chris Rea senza quella patina di orecchiabilità o al grandissimo cantautore Greg Brown in un ambito più country-folk, per chi non lo conosce già, ovviamente!), grande chitarrista sia all’elettrica come all’acustica e compositore di spicco con una lunga carriera alle spalle e un futuro davanti. Il 28 settembre esce anche il suo nuovo album The Shine (su etichetta Swamp Records, giustamente) che si spera proseguirà l’ottima serie di dischi degli anni 2000, dove brillano The Heroines del 2004 (un disco di duetti con voci femminili, Jessi Colter, Shelby Lynne, Emmylou Harris, Lucinda Williams) e Uncovered del 2008 (con Mark Knopfler, Eric Clapton, JJ Cale e Michael McDonald).

La Rhino records gli aveva già dedicato un cofanetto quadruplo intitolato Swamp Music – The Complete Monument Years dedicato al periodo 1968-1970, qui siamo in un imprecisato mese e giorno del 1971, in una imprecisata località del globo terracqueo, Tony Joe White azzarda che possa trattarsi della Royal Albert Hall di Londra come gruppo di apertura dei Creedence Clearwater Revival. E questo disco è “The Real Deal” in tutti i sensi: il vero articolo, perché White era un nativo originale della Louisiana e come scherzando (ma non troppo) ricordava al suo “rivale” – Vedi Fogerty, non ci sono alligatori a Berkeley, California – prima di cercare di cancellarlo dal palco con la sua formidabile band. Perché in effetti ogni serata era una vera battaglia tra due dei migliori gruppi live di quel periodo: nel gruppo di Tony Joe White c’erano l’ottimo batterista Sammy Creason, il grande tastierista Michael Utley e il maestro Donald “Duck” Dunn, il fantastico bassista di Booker T & The MG’s, futuro Blues Brothers e collaboratore di Clapton. Una formazione che era una vera forza della natura ma il vero protagonista rimaneva sempre il vocione incredibile di White (e le sue basette che rivaleggiavano all’epoca con quelle di Fogerty e Presley).

Si capisce subito che la serata è di quelle da ricordare, l’apertura è affidata al groove irresistibile di Roosevelt and Ira Lee, con la sezione ritmica subito a mille, l’organo di Utley che colorisce il suono, l’armonica che dà il via alle operazioni e la chitarra di Tony Joe White che comincia ad estrarre il blues dalle sue corde prima di innestare un wah-wah micidiale (whomper stomper come lo chiama il nostro amico) e partire verso i paradisi del rock. Another Night in The Life Of A Swamp Fox sono altri sei minuti e mezzo di swamp rock non adulterato a tutta birra, con chitarra e organo in overdrive, mentre la batteria picchia di gusto e Duck Dunn pompa sul suo basso come pochi altri saprebbero fare, anche qui siamo al livello dei migliori Creedence, veramente una bella lotta, ma questi musicisti sono anche superiori tecnicamente, certo Fogerty aveva dalla sua una miriade di brani di livello memorabile e indimenticabili. A questo punto White introduce una delle sue grandi composizioni, Rainy Night In Georgia (scritta nel 1962, era stata un successo incredibile nel 1970 per Brook Benton, vendendo un milione di copie) una fantastica soul ballad a livello delle migliori cose scritte dai grandi della black music, qui interpretata con grandissima raffinatezza, non vola un mosca in sala, tutti ascoltano rapiti dalla bellezza della musica.

A questo punto parte l’intermezzo acustico introdotto da una stupenda Mississippi River, con la voce che scende, scende, scende verso tonalità caldissime, quasi alla Elvis. Lustful Carl And The Married Woman è una lussuriosa swamp song acustica che non perde nulla del suo fascino anche in versione acustica. Willie And Laura Mae Jones è un’altro dei suoi grandi cavalli di battaglia, anche in questa versione, solo voce, chitarra acustica e armonica non perde un briciolo del suo fascino. Finita la parte acustica riparte la festa con una trascinante Back To The Country, con Utley che passa al piano per un brano quasi rockabilly, dove il basso di Dunn duetta con la chitarra di Tony Joe White a velocità veramente supersoniche, prodigioso. Travellin’ Bone concede un attimo di respiro al pubblico con un altro intermezzo acustico, poi il concerto si avventura in lidi Blues con una bellissima versione di Stormy Monday piegata ai voleri sonori di questo grande musicista. My Kind Of Woman è un altro di quei brani che potrebbero figurare indifferentemente nel repertorio di White o dei Creedence, qui riaccende il wah-wah per un altro fantastico viaggio  nelle “Paludi”. Polk Salad Annie era stato il suo più grande successo (al n°8 nel 1969) e poi sarebbe diventato uno dei capisaldi della rinascita di Elvis apparendo sia in That’s The Way It Is che in On Stage come pure nel concerto del Madison Square Garden ma questa versione di Tony Joe White è insuperabile, oltre 10 minuti di pura libidine sonora con i musicisti che distillano l’essenza della grande musica dal vivo in questo brano dall’andatura ondeggiante tra boogie, country, soul e qualsiasi genere vi venga in mente, non si può resistere al crescendo strumentale nella parte centrale quando i musicisti iniziano ad improvvisare con una veemenza inusitata, in due parole, grandissima musica.

Si poteva anche terminare qui ma manca la coda affidata alla bella country-folk ballad che dà il titolo a questo album, That On The Road Look che non avrebbe sfigurato nel repertorio di Willie Nelson o Townes Van Zandt, bellissima. Così, detto per inciso, perché magari la conoscete, anche quella Steamy Windows che avrebbe contribuito al rilancio di Tina Turner ad inizio anni ’80 l’ha scritta lui! Si fa un po’ fatica a trovarlo (per usare un eufemismo) visto che è della Rhino Handmade ma è una delle Pietre di Rosetta per capire la musica di quegli anni. Eccolo, con le sue basette e con Johnny Cash, e guardate come si divertivano.

Bruno Conti

L’Altro Elvis: Un Ritorno Alla Forma Migliore Per Mr. McManus. Il Disco Pop Dell’Anno? Elvis Costello & The Imposters – Look Now

elvis costello look now

Elvis Costello & The Imposters – Look Now – Concord/Universal CD – Deluxe 2CD

Ho sempre seguito con simpatia ed interesse la carriera di Elvis Costello, uno dei pochi artisti a non soffrire di un calo di ispirazione durante gli anni ottanta, decade problematica per molti grandi musicisti della prima e seconda ora. Anzi, proprio nei “Big Eighties” Elvis (nato Declan Patrick Aloysius McManus) ha prodotto quelli che, insieme agli esordi della seconda metà dei settanta, sono da considerare i suoi album migliori, inclusi quelli che per il sottoscritto sono i suoi due capolavori assoluti: Imperial Bedroom e King Of America. Ma Costello è sempre stato uno che non si è mai adagiato sugli allori, anzi ha sempre fatto quello che ha voluto, anche a discapito delle vendite: infatti, dopo due deliziosi album pop a cavallo tra gli ottanta ed i novanta (Spike e Mighty Like A Rose), ha cominciato ad alternare dischi nel suo tipico stile ad altri più inattesi, e se alcune collaborazioni avevano una loro logica (come quelle con Burt Bacharach ed Allen Toussaint), altre erano decisamente più cerebrali ed ostiche, tipo quella con il Brodsky Quartet per The Juliet Letters o l’album For The Stars con il mezzo soprano svedese Anne Sophie Von Otter, o ancora l’opera classicheggiante Il Sogno (ma anche nel 1981 aveva dimostrato di fare il cavolo che gli pareva con lo splendido Almost Blue, un disco di puro country in un momento in cui il country non interessava a nessuno, e per di più in una nazione, l’Inghilterra, che non aveva mai amato questo genere tipicamente americano).

I primi anni duemila sono stati per il nostro un po’ altalenanti, in quanto ha alternato lavori ottimi (The Delivery Man, National Ransom), buoni (Secret, Profane & Sugarcane), ad altri incerti (il velleitario North ed il poco ispirato Momofuku), mentre nella decade attuale le cose stavano andando anche peggio, in quanto l’unico lavoro pubblicato da Elvis è stato Wise Up Ghost (2013), un lavoro pasticciato e bruttino in collaborazione con il gruppo hip hop The Roots (*NDB Però negli anni duemila il nostro amico ha realizzato uno show televisivo fantastico come https://discoclub.myblog.it/2010/04/20/elvis-costello-spectacle-season-1-5-dvd-box-set/.) Le mie aspettative per il nuovo CD di Costello, Look Now (dalla copertina orribile), non erano quindi altissime, e la mia sorpresa una volta ultimato l’ascolto è stata doppia, in quanto non solo mi sono trovato davanti ad un disco splendido, ma a mio parere uno tra i suoi più riusciti degli ultimi 25 anni, forse addirittura il suo migliore da Mighty Like A Rose (quindi 1991) in poi. Per l’occasione il nostro ha riformato gli Imposters (Davey Faragher al basso, Pete Thomas alla batteria e Steve Nieve alle tastiere), una sorta di evoluzione degli Attractions e sempre presente nei dischi migliori del nostro nel nuovo millennio, affiancandoli di volta in volta con una sezione di archi o fiati. Ed il risultato è un bellissimo disco di puro pop, proprio nella miglior tradizione dell’occhialuto musicista inglese: Costello per questo disco si è ispirato alle orchestrazioni di Phil Spector, ma lavorando con mano più leggera rispetto al mitico produttore americano, ed arrangiando con estrema finezza le varie canzoni, che anche a livello compositivo sono comparabili a quelle dei suoi album più celebrati.

Brani che si alternano tra pop, blue-eyed soul e rhythm’n’blues, con performance vitali ed energiche ed un suono davvero splendido, basato molto su ogni tipo di strumento a tastiera (pianoforti di vari generi, organo Hammond e Vox Continental, mellotron, celeste), suonati ovviamente per la maggior parte da Nieve ma pure da Costello stesso, che si occupa anche di tutte le parti di chitarra. Per l’occasione Elvis rispolvera anche la collaborazione a livello di scrittura con Burt Bacharach (in tre brani, due dei quali vedono anche il compositore americano intervenire al pianoforte) e ne inaugura una nuova con la grande Carole King, co-autrice di un pezzo (che pare i due abbiano impiegato vent’anni a terminare). L’album inizia benissimo con Under Lime, una deliziosa pop song dal leggero sapore soul, suonata in maniera potente e con reminiscenze anni sessanta: il miglior Costello, vicino ai più riusciti episodi dei suoi album del periodo classico, e brano giustamente scelto come primo singolo. Don’t Look Now è una gradevole e melodiosa slow ballad che è anche la prima di quelle scritte con Bacharach, suono asciutto e diretto, solo Elvis, Burt e gli Impostori; Burnt Sugar Is So Bitter è invece il pezzo composto con la King, uno squisito errebi, ritmato e vibrante, dalla melodia immediata ed un ottimo arrangiamento corale spolverato dai fiati: un altro potenziale singolo. Splendida Stripping Paper, una ballata pop tersa e dalla melodia notevole, che rimanda a certe cose di Imperial Bedroom, e con la chiara influenza dell’amico Paul McCartney; Unwanted Number è ancora pop-errebi di grande spessore, un brano coinvolgente e quasi perfetto nel suo arrangiamento anni settanta, e Nieve bravissimo al piano.

Con tutta la fiducia che potevo dare a Costello, un avvio del genere non me lo aspettavo. Bellissima anche I Let The Sun Go Down, una ballata nuovamente basata sul piano, con una sezione d’archi usata con grande finezza, un motivo toccante ed un corno francese a dare un sapore beatlesiano. La cadenzata Mr. And Mrs. Hush non scende dal treno dell’errebi bianco, e la sicurezza con cui Elvis affronta la materia lo fa sembrare un esperto del genere, Photographs Can Lie è il secondo brano che vede Bacharach nel doppio ruolo di co-autore e pianista, ed il pezzo sembra provenire di botto dalle sessions di Painted From Memory, ma con una freschezza nuova, mentre Dishonor The Stars, che vede solo Costello e gli Imposters, è l’ennesima bella canzone di un album sorprendente, con una strumentazione basata su piano, chitarre acustiche e delicati rintocchi di vibrafono. Suspect My Tears è una ballatona classica, forse l’unica con un’orchestrazione un po’ invadente e che la rende un po’ zuccherosa, ma Why Won’t Heaven Help Me? ha maggior forza e vigore pur restando nello stesso ambito pop-errebi; chiude il CD la tenue e raffinata He’s Given Me Things terzo ed ultimo dei brani scritti con Bacharach.

Esiste però una versione deluxe con un CD aggiunto, un EP della durata di un quarto d’ora intitolato Regarde Maintenant e comprendente quattro canzoni: la lenta e toccante Isabelle In Tears, solo Elvis e Nieve, la bizzarra ma gradevole Adieu Paris (L’Envie Des Etoiles), cantata un po’ in francese un po’ in inglese, l’immediata The Final Mrs. Curtain, puro e semplice pop, e l’orchestrale e quasi sinfonica You Shouldn’t Look At Me That Way. Un secondo dischetto discreto, che non aggiunge molto ad un album che andava già benissimo così. Sinceramente non pensavo che Elvis Costello avesse ancora nelle sue corde un disco della portata di questo Look Now: senza dubbio tra le sorprese più piacevoli di questo 2018.

Marco Verdi

Prossime Uscite Autunnali 14. Elvis Presley – ’68 Comeback Special (50th Anniversary Edition Box): Un’Altra Edizione “Definitiva” Prevista Per Il 30 Novembre!

elvis presley '68 comeback special

Elvis Presley – ’68 Comeback Special (50th Anniversary Edition) – 5 CD+2 Blu-ray – RCA/Legacy – 30-11-2018

Più si avvicina il Natale, più si moltiplica l’uscita di cofanetti, ristampe, anche dischi nuovi, sempre più lussureggianti nelle confezioni Deluxe, e di conseguenza più costosi, Molte volte con presentazioni ridondanti e magniloquenti per edizioni che spesso e volentieri (non sempre) si limitano a riciclare materiale che era già apparso in precedenti ristampe, per altri anniversari. Però questo è l’anno 2018  e quindi cade il 50° Anniversario di molti dischi ed eventi che sono stati cruciali nella storia della musica rock.

Uno di questi è stato sicuramente il concerto del “ritorno” di Elvis Presley, che in effetti non era mai andato via, ma musicalmente da parecchi anni non regalava più grande musica ai suoi appassionati, limitandosi a pubblicare dischi diciamo non particolarmente memorabili, e pellicole che in qualche caso sfioravano, e anche superavano, il livello della decenza. Per cui il suo manager, il colonnello Tom Parker, tramite il lavoro del produttore Bob Finkel, lo convinse ad entrare a giugno in uno studio di registrazione a Burbank, negli studi della NBC. per filmare uno show che poi sarebbe stato trasmesso il 3 Dicembre del 1968 come special televisivo natalizio di circa 50 minuti. Intitolato inizialmente, dal nome dello sponsor, Singer Presents…Elvis, successivamente l’evento è entrato nella storia come ’68 Comeback Special, uscendo nel corso degli anni in edizioni sempre più complete e sfarzose che si sono ampliate per aggiungere, sia nelle parte video che in quella audio, tutto ciò che venne registrato in quei dieci giorni conclusivi del mese giugno, a partire dal 20 fino al 29, con varie pause, prove in alcuni casi più divertenti ed interessanti dello spettacolo stesso e quattro show, diciamo due in cui i musicisti e Elvis erano seduti e due in cui erano in piedi, detto in parole povere. Dal tutto venne anche ricavato un disco singolo che fu pubblicato poco dopo l’evento raggiungendo l’8° posto delle classifiche di Billboard, ma la cui importanza si è amplificata a dismisura, giustamente, col passare degli anni.

elvis presley the searcher 3 cdelvis presley the searcher dvd

Per farla breve, dopo vari passaggi ed edizioni, eravamo infine arrivati ad un cofanetto di 3 DVD con 440 minuti di materiale video e ad un box da 4 CD uscito nel 2008 per il 40° Anniversario, con 86 pezzi musicali, molti anche sotto forma di medlley che conglobavano ciascuno parecchie canzoni. Poteva la Sony esimersi dal pubblicare quella che nel comunicato stampa viene definita la versione “definitiva” di questo evento per il cinquantenario? Certo che no, ed ecco quindi il lussuoso cofanetto che vedete effigiato ad inizio Post, e che contiene: un libro di 80 pagine con interviste al regista dello special Steve Binder e a Bones Howe, Tom Petty, Bruce Springsteen, Priscilla Presley, Emmylou Harris, Scotty Moore, tutte raccolte nel documentario Elvis Presley: The Searcher, la cui colonna sonora era giù uscita come triplo CD ad aprile, e il 16 ottobre come DVD da 205 minuti, in quella che viene considerata la biografia sula sua vita (indovinate? esatto) “definitiva”, almeno fino all’uscita della prossima. Comunque tornando al nuovo box contiene 5 CD (quindi uno in più, che però è una di sorta di “best of” di materiale pubblicato dalla etichetta FTD; Follow That Dream) con la parte outtakes audio e 2 Blu-ray con la parte video che dura sette ore e mezza (non saranno per caso i 440 minuti della versione in 3 DVD?).

In ogni caso ecco i contenuti completi del cofanetto che ovviamente, ed indicativamente, supererà il costo di 100 euro, ma è Natale.

CD 1 – The Original Album

Trouble / Guitar Man
Lawdy, Miss Clawdy / Baby, What You Want Me To Do
Heartbreak Hotel / Hound Dog / All Shook Up
Can’t Help Falling In Love
Jailhouse Rock
Love Me Tender
Where Could I Go But To The Lord / Up Above My Head / Saved
Blue Christmas / One Night
Memories
Nothingville / Big Boss Man / Guitar Man / Little Egypt / Trouble / Guitar Man
If I Can Dream

Bonus Cuts

It Hurts Me
Let Yourself Go
A Little Less Conversation
Memories (Stereo Mix)
If I Can Dream (Stereo Mix)

CD 2 – First ‘Sit Down’ Show (June 27, ’68, 6PM)

That’s All Right
Heartbreak Hotel
Love Me
Baby What You Want Me To Do
Blue Suede Shoes
Baby What You Want Me To Do
Lawdy Miss Clawdy
Are You Lonesome Tonight?
When My Blue Moon Turns To Gold Again
Blue Christmas
Trying To Get To You
One Night
Baby What You Want Me To Do
One Night
Memories

First ‘Stand Up’ Show (June 29, ’68, 6PM)

Heartbreak Hotel
Hound Dog
All Shook Up
Can’t Help Falling In Love
Jailhouse Rock
Don’t Be Cruel
Blue Suede Shoes
Love Me Tender
Trouble / Guitar Man
Baby What You Want Me To Do
If I Can Dream

CD 3 – Second ‘Sit Down’ Show (June 27, ’68, 8PM)

Heartbreak Hotel
Baby What You Want Me To Do
Introductions
That’s All Right
Are You Lonesome Tonight?
Baby What You Want Me To Do
Blue Suede Shoes
One Night
Love Me
Trying To Get To You
Lawdy Miss Clawdy
Santa Claus Is Back In Town
Blue Christmas
Tiger Man
When My Blue Moon Turns To Gold Again
Memories

Second ‘Stand Up’ Show (June 29, ’68, 8PM)

Heartbreak Hotel
Hound Dog
All Shook Up
Can’t Help Falling In Love
Jailhouse Rock
Don’t Be Cruel
Blue Suede Shoes
Love Me Tender
Trouble / Guitar Man
Trouble / Guitar Man
If I Can Dream

CD 4 – First Rehearsal (June 24, ’68) (FTD-CD ‘Let Yourself Go’)

I Got A Woman
Blue Moon / Young Love / Oh, Happy Day
When It Rains It Really Pours
Blue Christmas
Are You Lonesome Tonight? / That’s My Desire
That’s When Your Heartaches Begin
Peter Gun theme
Love Me
When My Blue Moon Turns To Gold Again
Blue Christmas / Santa Claus Is Back In Town

Second Rehearsal (June 25, ’68) (FTD-CD ‘Burbank 68’)

Danny Boy
Baby What You Want Me To Do
Love Me
Tiger Man
Santa Claus Is Back In Town
Lawdy, Miss Clawdy
One Night
Blue Christmas
Baby What You Want Me To Do
When My Blue Moon Turns To Gold Again
Blue Moon Of Kentucky

CD 5 – Out-takes

Nothingville (Guitar Man’s Evil #1) (Takes 5 & 6)
Guitar Man (Guitar Man’s Evil #1) (Take 2)
Let Yourself Go, part 1 (Guitar Man’s Evil #2) (Take 5 & 7/M)
Let Yourself Go, part 2 (Guitar Man’s Evil #3) (Take 7/M)
Guitar Man (Escape #1, fast) (Takes 1, 2 & 5)
Big Boss Man (Escape #3) (Take 2)
It Hurts Me, part 1 (Escape #4) (Take 5)
It Hurts Me, part 2 (After Karate #1) (Take 3)
Guitar Man (After Karate #2) (Take 1)
Little Egypt (After Karate #2) (Take 6)
Trouble / Guitar Man (After Karate #3) (Take 2)
Sometimes I Feel Like A Motherless Child / Where Could I Go But To The Lord (Gospel #1) (Rehearsal & Take 1)
Up Above My Head / Saved (Gospel #2) (Takes 4 & 7)
Saved (Gospel #3) (Takes 2 & 4)
Trouble / Guitar Man (Opening) (Takes 6 & 7)
If I Can Dream (Alternate Take 1)
If I Can Dream (Takes 2, 3 & 4)
Memories (Takes 3 & 4/vocal overdub #1)
Let Yourself Go (Closing Instrumental)

Blu-ray Disc – 1:

Original Broadcast Version
Sit-down Show #1
Sit-down Show #2
Stand-up Show #1
Stand-up Show #2

Blu-ray Disc – 2:

Trouble/Guitar Man TV Show Opener
If I Can Dream TV Show Closer
Gospel Production Number
Guitar Man Production Number

Se non avete nulla di quanto descritto sopra, bellissimo e da avere assolutamente! In caso contrario, pensateci bene.

Alla prossima.

Bruno Conti