Se Fosse Anche Nuovo Sarebbe Uno Dei Dischi Del 2018! John Mellencamp – Other People’s Stuff

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John Mellencamp – Other People’s Stuff – Republic/Universal CD

Ammetto di avere un problema con questo album, in quanto la qualità del materiale in esso contenuto sfiora le cinque stelle, ma l’operazione discografica ne meriterebbe due. Quando avevo letto l’annuncio in pompa magna dell’uscita di un nuovo album di John Mellencamp programmata per il 7 Dicembre scorso (anzi, inizialmente doveva essere a Novembre), ho gioito alquanto, non solo perché il rocker dell’Indiana è da sempre uno dei miei preferiti, ma anche per il fatto che il titolo del disco, Other People’s Stuff, faceva capire che si trattava di un album di cover, un genere nel quale il piccolo musicista dal carattere difficile non ha mai deluso. Quando poi ho letto i titoli dei brani ho iniziato a sentire puzza di bruciato, in quanto erano all’80% canzoni che John aveva già pubblicato in passato, ma ho comunque sperato che si trattasse di nuove registrazioni, dato che molti pezzi erano su dischi fuori catalogo da tempo.

Invece no, una volta ascoltato il CD ho scoperto che Other People’s Stuff è per la maggior parte un lavoro antologico, spacciato per nuovo da una discutibile strategia di comunicazione (e ho proprio dovuto ascoltarlo per capirlo, dato che anche la confezione del CD, spartana al limite del ridicolo – come nel caso dell’ultimo album di studio di Mellencamp, Sad Clowns & Hillbillies – non è che facesse molta chiarezza sull’argomento). Quindi ci troviamo di fronte ad un’antologia di brani altrui, dieci canzoni prese da vecchi (e non) album di John, che peraltro si trovano ancora abbastanza facilmente, e da compilation e tributi decisamente più ardui da reperire. Ci sarebbe anche un’altra magagna: se John ha deciso di costruire un album “nuovo” con canzoni già pubblicate (ma due inediti comunque ci sono), perché lo ha fatto durare solo 34 minuti? Non poteva aggiungere altro materiale inciso negli anni, che non mancava di certo? O sforzarsi un attimino ed incidere due-tre inediti in più? A parte tutte queste considerazioni, il disco preso così com’è è strepitoso, una collezione di canzoni splendide eseguite in maniera magistrale, che se non fosse antologico si posizionerebbe senz’altro nei primi posti di una classifica dei migliori album dell’anno appena trascorso.

Dieci pezzi che si ascoltano tutti d’un fiato, a partire dall’iniziale To The River, che in realtà non è neppure una cover, essendo un brano scritto da John insieme alla cantautrice Janis Ian, e che nel 1993 chiudeva il bellissimo Human Wheels: grande roots rock, potente e solido, con le chitarre elettriche che si affiancano al violino e la sezione ritmica che è una frustata, come è tipico nel sound di John (lo stile è simile a quello del suo capolavoro, The Lonesome Jubilee), un brano quasi dimenticato che l’ex Coguaro ha fatto bene a ripescare. Poi abbiamo una straordinaria rilettura di Gambling Bar Room Blues, preso dal bellissimo (ed ormai fuori catalogo) tributo a Jimmie Rodgers uscito nel 1997 per la Egyptian Records di Bob Dylan: il brano, che poi sarebbe il noto traditional St. James Infirmary con parole diverse, viene riletto da John in maniera decisamente rock, con ritmica pressante, la classica voce arrochita del nostro ed un violino teso come una chitarra elettrica. Teardrops Will Fall (un oscuro brano di Dickey Doo & The Don’ts preso dal cover album Trouble No More) è splendida, con Mellencamp che la fa sua al 100% con un scintillante arrangiamento in stile Americana, sulla falsariga di suoi classici come Pink Houses, e la bellezza della melodia fa il resto.

 

In My Time Of Dying è un vecchio blues di Blind Willie Johnson rifatto un po’ da tutti, da Dylan ai Led Zeppelin, e qui è proposta in una veste folk-blues elettroacustica e polverosa, dal ritmo acceso e con una slide sullo sfondo (era su Rough Harvest); Mobile Blue è storia recente, in quanto è il pezzo di Mickey Newbury che apriva Sad Clowns & Hillbillies, una bella canzone interpretata in maniera rilassata e con il solito approccio roots (e la voce di Carlene Carter nel background). Ed ecco le due canzoni “nuove”: Eyes On The Prize è un’antica folk song conosciuta anche come Gospel Plow, che John ha cantato nel 2010 alla Casa Bianca di fronte ad Obama, ma qui è incisa in studio e trasformata in un vero blues fangoso del Mississippi, solo voce (più roca che mai), un basso ed una slide acustica degna di Ry Cooder, una versione molto diversa da quella esplosiva e corale ad opera di Bruce Springsteen nelle Seeger Sessions; il secondo inedito, ascoltato finora solo all’interno di un documentario del National Geographic Channel trasmesso nel 2017 ma mai pubblicato prima su disco, è una fantastica rilettura del classico di Merle Travis Dark As A Dungeon, dallo splendido arrangiamento tra country e folk che mette in evidenza la fisarmonica, il violino ed il pianoforte, un pezzo che da solo vale l’acquisto del CD (la presenza in sottofondo dell’inconfondibile voce ancora di Carlene Carter mi fa pensare che sia una outtake di Sad Clowns & Hillbillies).

Stones In My Passway, ancora da Trouble No More, è il famoso blues di Robert Johnson, riletto in modo crudo e diretto, con una slide stavolta elettrica, mentre The Wreck Of The Old 97 è proprio il vecchio classico la cui versione più nota è quella di Johnny Cash: la rilettura di Mellencamp è stupenda, diversa da quella dell’Uomo in Nero, più folk ed in linea con i suoi ultimi album, ma sempre con le unghiate elettriche da vecchio puma (il pezzo era su una compilation di folk songs intitolata The Rose And The Briar, tra l’altro ristampata di recente). Chiude il dischetto I Don’t Know Why I Love You, tratta da un poco conosciuto tributo a Stevie Wonder, rifatta con uno stile abbastanza lontano da quello del noto musicista cieco, un arrangiamento rock elettrico tipico di John, con un risultato finale decisamente interessante. Quindi, a parte le critiche sulla reale utilità di una simile pubblicazione, Other People’s Stuff è un dischetto che si ascolta con immenso piacere dalla prima all’ultima canzone, ed in cui non c’è un momento che non sia meno che ottimo.

Marco Verdi

Se Fosse Anche Nuovo Sarebbe Uno Dei Dischi Del 2018! John Mellencamp – Other People’s Stuffultima modifica: 2019-01-03T10:46:22+01:00da bruno_conti
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