Questi Cognomi Mi Dicono Qualcosa! The Allman Betts Band – Down To The River

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The Allman Betts Band – Down To The River – BMG CD

Nel mondo della musica internazionale essere figlio d’arte di grandi artisti è un po’ come ricevere il bacio della morte, nonostante ci siano vari casi di ottimi musicisti che però non arriveranno mai ad eguagliare le gesta dei padri (come Jakob Dylan, Rosanne Cash, Hank Williams Jr., A.J. Croce, Norah Jones e Jeff Buckley, quest’ultimo l’unico che forse ce l’avrebbe potuta fare ma non lo sapremo mai). Se poi sei il figlio di Gregg Allman e decidi di formare una band di southern rock dimostri di avere una buona dose di coraggio, se poi quella band la crei in società con il figlio di Dickey Betts il coraggio si trasforma in sfrontatezza, se poi ancora decidi di chiamare il gruppo The Allman Betts Band (cioè con lo stesso acronimo di “quelli là”), allora te la vai a cercare. Eppure questo è proprio il caso di Devon Allman, secondogenito di Gregg e già titolare di diverse esperienze musicali (tra cui Honeytribe, Royal Southern Brotherhood ed apparizioni nelle band di papà, sia Allman Brothers Band che Gregg Allman Band), che ha deciso di formare un nuovo gruppo con Duane Betts, figlio del grande Dickey, e battezzandolo proprio in modo da rendere facile l’associazione con la storica band dei due genitori (i quali a differenza dei figli, negli ultimi anni, cioè dall’ultimo allontanamento di Betts dagli ABB fino alla morte di Gregg avvenuta nel 2017, non si sono più rivolti la parola).

In realtà i due avrebbero potuto anche aggiungere un terzo cognome nel moniker del gruppo, in quanto il bassista è Barry Oakley Jr., che è proprio il figlio del membro originale della prima versione della ABB, scomparso tragicamente un anno dopo il mitico Duane Allman ed in circostanze analoghe. Eppure io ero fiducioso sull’esito di questa nuova collaborazione, dato che in certi casi buon sangue non mente, ma con tutto l’ottimismo possibile non pensavo di trovarmi tra le mani un lavoro come Down To The River, che posso definire senza mezzi termini un grande disco. Il gruppo infatti ha un suono solido e grintoso, ed è formato da gente che dà del tu agli strumenti, oltre a suonare con una dose enorme di feeling: Devon e Duane si alternano sia al canto che alle chitarre ritmiche e soliste, ben coadiuvati da Johnny Stachela, terzo chitarrista che si destreggia anche alla slide (rispettando quindi la tradizione sudista di avere tre potenziali solisti nel gruppo), il già citato Oakley al basso che fornisce un background potente insieme al batterista John Lum ed al percussionista R. Scott Bryan, mentre il piano e l’organo sono suonati dall’ottimo Peter Levin che però è esterno alla band (ma in un brano, Good Ol’ Days, c’è il grande Chuck Leavell).

Prodotto da Matt Ross-Spang, Down To The River è dunque un disco sorprendente per la sua bellezza, anche perché rivela un’indubbia capacità dei due leader di scrivere brani di notevole spessore (sette dei nove pezzi totali sono originali); il suono è tipicamente sudista, ma con un approccio più rock e molto meno blues rispetto al mitico combo dei loro padri: diciamo che il filone è più quello dei Blackberry Smoke e degli Sheepdogs, anche se qui siamo un gradino sopra e comunque in più di un brano si intuisce una tendenza alla jam session che dal vivo porterà i nostri a dilatare parecchie canzoni, che qui hanno tutto sommato una durata abbastanza contenuta (tranne che in un caso). L’inizio è a tutto rock con la coinvolgente All Night, un robusto boogie elettrico molto trascinante, in cui Allman mostra di avere la voce giusta (soul e “negroide” sullo stile di quella di Gregg) e le chitarre dardeggiano che è un piacere, con un assolo centrale decisamente southern. Se la voce di Devon ricorda quella del padre, lo stesso si può dire di quella di Duane rispetto a Dickey (un timbro quindi più “country-rock”), e lo sentiamo subito nella limpida Shinin’, caratterizzata da una ritmica potente ed uno sviluppo fluido, con chitarre ed organo a stendere un tappeto sonoro di tutto rispetto, mentre Betts Jr. intona una melodia diretta e piacevole, mentre Try è un rock’n’roll altamente godibile ed immediato, dalle sonorità ruspanti e le solite ottime chitarre.

La title track è splendida, un gustoso e caldo pezzo tra southern soul ed errebi, superbamente eseguito e con un motivo calibrato alla perfezione, e precede l’highlight del disco, cioè una cover di quasi nove minuti di Autumn Breeze (un brano del soul singer Homer T. Williams), qui rivisitata in una sontuosa chiave rock, una cavalcata elettrica che parte lenta e cresce man mano che prosegue, una canzone-jam che dal vivo farà certamente faville: formidabile la prestazione dei tre axemen del gruppo. Good Ol’ Days è una piacevole rock ballad con leggeri elementi country, l’organo di Leavell che ricama da par suo, un’ottima slide ed una melodia tersa ed ariosa, mentre Melodies And Memories è puro southern rock dal refrain corale vincente ed ancora punteggiata da una slide tagliente. Il CD volge al termine, giusto il tempo per una splendida e toccante versione del classico di Tom Petty Southern Accents, una grande canzone che i nostri non devono far altro che interpretare alla loro maniera (cioè benissimo, con solo voce, piano e slide), e per Long Gone, sei minuti e mezzo di vibrante soul-rock, una ballatona di grande impatto emotivo in cui i due leader si alternano alla voce solista e poi ci deliziano con una coda strumentale strepitosa.

Non era facile ben figurare avendo l’ombra ingombrante di due giganti come Gregg Allman e Dickey Betts alle spalle, ma direi che i due figlioli hanno portato a casa il risultato pieno, e quindi posso affermare senza paura di essere smentito che la ABB è tornata!

Marco Verdi

Questi Cognomi Mi Dicono Qualcosa! The Allman Betts Band – Down To The Riverultima modifica: 2019-07-16T09:14:18+02:00da bruno_conti
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