Dalle Tragedie Personali Possono Nascere Anche Bei Dischi. Kevin Daniel – Things I Don’t See

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Kevin Daniel – Things I Don’t See – Kevin Daniel CD

Album di debutto da parte di un musicista originario della Carolina del Nord, ma spostatosi prima a Washington e poi definitivamente a New York, e che ha cominciato ad incidere professionalmente dopo la tragica scomparsa avvenuta nel 2013 dei suoi genitori in un incidente aereo, un fatto che gli ha cambiato la vita e che lo ha ispirato a cominciare a scrivere canzoni su canzoni (fino a quel momento aveva suonato soltanto in band informali tra amici e compagni di università). Il suo esordio è stato un EP, Fly, uscito nel 2014, al quale ne ha fatto seguito un altro intitolato Myself Through You nel 2017, ma solo ora si è deciso a compiere il passo decisivo ed a pubblicare il suo primo album. E Things I Don’t See è un lavoro sorprendente (e totalmente autogestito) in cui troviamo una serie di canzoni che sembrano uscite dalla penna di un autore esperto con anni di carriera alle spalle, una miscela stimolante e riuscita di rock, country e soul, il tutto con l’impronta tipica di un musicista del Sud (ed il North Carolina, nonostante il nome, non è certo a nord).

Undici brani piacevoli, diretti, ben scritti ed ottimamente eseguiti da un manipolo di sessionmen poco conosciuti, tra cui segnalerei il chitarrista Anthony Krizan (forse il più noto essendo un ex Spin Doctors), il batterista Lee Falco, il bassista Muddy Shews, l’ottimo steel guitarist Dan Lead ed i produttori Ben Rice e Kenny Siegel. L’iniziale City That Saves è un intrigante brano dall’incedere cadenzato, con un ritornello coinvolgente ed una strumentazione calda che comprende anche tromba e trombone a dare un sapore Dixie. La spedita Feelin’ Good è puro country & western, ancora con i fiati a dare più spessore ed un motivo immediato e gradevole; Used To Be, introdotta dalla bella slide di Krizan, è un solido brano southern soul, ispirato al suono classico dei gruppi degli anni settanta e con un organo che dona ancora più calore: un pezzo eccellente. La title track è quella più influenzata dalla perdita dei genitori, ed è una rock ballad profonda ed intensa, di nuovo con tutti e due i piedi ben piantati al sud ed un notevole crescendo melodico ed emotivo.

Pour Me A Drink è un altro slow stavolta sfiorato dal country con un bel pianoforte, ancora la slide ed un ottimo refrain corale, mentre Jupiter è ancora sul versante country, ma l’atmosfera è anni sessanta e tornano anche i fiati a colorare il sound. 22 è diversa, in quanto vede il nostro e la sua chitarra accompagnati da un quartetto d’archi, una soluzione inattesa ma non disprezzabile, anche se Xanax, Cocaine & Whiskey, una deliziosa country ballad in puro stile valzer texano (una via di mezzo tra Waylon e Willie), riporta subito il disco su territori più familiari. L’album termina con Name Of Fame, godibile bluegrass suonato full band pur mantenendo l’impianto acustico, la folkeggiante Time To Rise e la mossa All I Need, country-rock dal ritmo sostenuto punteggiato dall’ottima steel di Lead. Proprio un bel dischetto questo Things I Don’t See, peccato solo che sia nato in conseguenza di un evento tragico.

Marco Verdi

Dalle Tragedie Personali Possono Nascere Anche Bei Dischi. Kevin Daniel – Things I Don’t Seeultima modifica: 2020-01-11T19:19:54+01:00da bruno_conti
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