Altro Che Facile Compitino Portato A Termine, Questo E’ Piuttosto Un Vero Atto D’Amore! Steve Forbert – Early Morning Rain

steve forbert early morning rain

Steve Forbert – Early Morning Rain – Blue Rose Music

Dopo venti dischi realizzati in studio con materiale originale, il veterano Steve Forbert si è concesso una pausa per scrivere con la giusta calma nuove canzoni. Con L’amico produttore Steve Greenwell, ha però deciso nel frattempo di pubblicare una raccolta di covers, undici brani scelti tra quelli che più ha amato e degli autori che maggiormente lo hanno influenzato all’inizio e durante la sua ormai quarantennale carriera. Il lavoro è stato realizzato in più sessioni fino allo scorso gennaio, e ad accompagnare in studio il cantautore originario di Meridian, Mississippi, troviamo un gruppo di validi musicisti che suonano con lui da parecchio tempo come il chitarrista George Naha, il tastierista Rob Clores e la sezione ritmica formata da John Conte al basso (tranne in due brani dove suona Richard Hammond) e da Aaron Comess degli Spin Doctors alla batteria.

Presentando l’album sul suo sito http://steveforbert.com Steve si rivolge al proprio pubblico dando per scontato che queste canzoni siano sufficientemente note da non richiedere un grande sforzo da parte di chi le ascolta, almeno per i seguaci del genere folk/Americana. Vero è che la maggior parte di esse sono indiscutibilmente molto note, ma dietro ciò poteva celarsi il rischio di una resa piatta e scontata, cosa che non si è mai verificata grazie alla capacità di Forbert di entrare nei brani con passione e rispetto, a cominciare da Early Morning Rain, una tipica acoustic ballad di Gordon Lightfoot scritta a metà degli anni ’60. Rispetto all’originale del grande songwriter canadese, Steve ne rallenta l’andatura accentuandone il sapore malinconico con un sapiente uso del pianoforte e una bella pedal steel guitar sullo sfondo, suonata da Marc Muller. Se chiudete gli occhi, vi sembrerà di sentire il ticchettio della pioggia sui vetri, splendida versione. Non è da meno il trattamento riservato ad un classico dei Grateful Dead, Box Of Rain, che apriva l’album American Beauty. Forbert ripropone quella caratteristica, tipica delle Dead songs, di prendere corpo poco alla volta con l’intervento di piano e chitarre a ricamarne la melodia e, a 50 anni esatti dalla sua pubblicazione, riesce a mantenere intatto il suo inebriante profumo da Californian beatniks.

Il confronto con un monumento, quale Your Song di sir Elton John, poteva creare parecchi problemi, ma anche qui Steve ne esce vincitore grazie al principale dono che la natura gli ha fornito, la voce. Con un’interpretazione ricca di pathos eseguita con quella inconfondibile timbrica roca, densa di sfumature, garantisce la giusta intensità ad una delle più belle love songs di tutti i tempi. Comparate questa e quella che nel recente disco tributo Revamp: Reimagining The Songs Of Elton John & Bernie Taupin ha eseguito la popstar Lady Gaga, e vi renderete conto della differenza che passa tra una cover che possiede un’anima e un semplice buon esercizio stilistico. Sorprende un po’ la scelta di Supersonic Rocket Ship dei Kinks, non proprio un anthem nella vastissima produzione di Ray Davies & soci. Ascoltandola però, ci si rende conto di quanto le frizzanti canzoni ricche di humour della band inglese abbiano influenzato generazioni di cantautori al di là dell’oceano e Forbert lo conferma sentendosi totalmente a proprio agio in questa fresca rendition. Restiamo in terra d’Albione per un sentito omaggio ad un illustre coppia del folk rock britannico, Richard & Linda Thompson: l’accorata atmosfera di Withered And Died, presente in origine nell’album I Want To See The Bright Lights Tonight, è riprodotta qui in modo efficace, con la pedal steel di Muller ancora in gran spolvero e la suadente voce di Emily Grove a doppiare quella del protagonista.

Da una coppia all’altra, dal repertorio degli anni sessanta di Ian & Sylvia Tyson, giunge la piacevole Someday Soon, che viene rivisitata in modo fedele all’originale, conservando quella linea melodica che pare baciata dal sole californiano. Pick Me Up On Your Way fa parte del vasto canzoniere di uno dei padri della country music, Charlie Walker, e Steve ne accentua la cadenza swingante ed allegra prima di cimentarsi con un altro pezzo da novanta, Suzanne, del compianto maestro Leonard Cohen. Penso che lo Steve Forbert giovane adolescente degli anni sessanta abbia sognato più volte di scrivere una canzone di tale intensità emotiva, quindi, giunto alla soglia dei 65 anni si è almeno preso lo sfizio di inciderla, dandone una versione convincente, rilassata e passionale nello stesso tempo. Da un brano arcinoto a un traditional sconosciuto ai più, ma che vanta ben 256 registrazioni accreditate da parte di personaggi del calibro di Lead Belly, Sam Cooke, Pete Seeger, Taj Mahal, Johnny Cash, Van Morrison, tanto per citarne alcuni. Frankie And Johnny, questo è il titolo, parla di un tragico omicidio passionale, dunque il blues ne è la veste sonora più appropriata come anche il nostro protagonista ci dimostra, dandone una sua versione sapida e tecnicamente ineccepibile.

Dal campionario dello stimatissimo songwriter Danny O’Keefe sappiamo in quanti abbiano attinto per ricavarne dei successi, da Jackson Browne con The Road a Judy Collins con Angel Spread Your Wings, ma anche Willie Nelson, Alison Krauss, Jimmy Buffett, Ben Harper e molti altri lo hanno interpretato nel corso degli ultimi decenni. Steve opta per l’unico grande hit single della lunga carriera di Danny, Good Time Charlie’s Got The Blues, una folk ballad che viene qui riproposta in una versione di cristallina bellezza, non a caso scelta per il primo video promozionale dell’album. Il cerchio si chiude con l’inevitabile tributo al nume tutelare di ogni cantautore che si rispetti, Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, che ancora non ha smesso di stupire come è dimostrato dalle ultime due gemme pubblicate di recente sul web, la magniloquente Murder Most Foul e l’evocativa I Contain Multitudes.

Mr. Forbert, che fu proprio uno dei “New Dylan” (insieme a Springsteen, John Prine e Elliott Murphy) non va a pescare nella categoria dei super classici, ma sceglie di interpretare un brano, tra virgolette, minore degli anni ’90, Dignity. Il motivo è forse da ricercare nel testo pieno di acuti riferimenti alla vita sociale, che risultano ancora oggi drammaticamente attuali. La sua versione è vitale e coinvolgente col piano che scandisce il ritmo sovrapponendosi alla batteria e le chitarre che svolazzano libere nella ripetitività delle strofe. Sarà sicuramente un appuntamento fisso nelle sue future esibizioni dal vivo. Per ora godiamoci questo ennesimo riuscito tassello nella discografia di un songwriter di razza che dimostra sensibilità e capacità non comuni anche nel ruolo di interprete.

Marco Frosi

Altro Che Facile Compitino Portato A Termine, Questo E’ Piuttosto Un Vero Atto D’Amore! Steve Forbert – Early Morning Rainultima modifica: 2020-05-25T00:27:19+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo