Toh…Un Altro Live Della Band Americana (Che Annuncia Finalmente Il Nuovo Album)! Blue Oyster Cult – 45th Anniversary Live In London

blue oyster cult live in london

Blue Oyster Cult – 45th Anniversary Live In London – Frontiers CD/DVD

Prosegue senza interruzioni quello che ho personalmente ribattezzato “The Year Of The Oyster”, cioè la massiccia campagna di rilancio dei Blue Oyster Cult, storico gruppo rock newyorkese degli anni settanta/ottanta, a cura dell’etichetta nostrana Frontiers. Da gennaio ad oggi la label napoletana ha infatti pubblicato ben tre album live inediti della famosa band (Hard Rock Live Cleveland 2014, Agents Of Fortune Live 2016 e IHeart Radio Theater NYC 2012), oltre a ristampare i loro due ultimi dischi di studio Heaven Forbid e Curse Of The Hidden Mirror. Oggi vi parlo del quarto album dal vivo inedito dei nostri uscito da pochi giorni (e non è finita, in quanto dovrebbe essere in programma anche un quinto live, registrato in Germania nel 2016, e la ristampa di A Long Day’s Night del 2002, tanto per cambiare inciso on stage), ma prima vorrei spendere due parole sul fatto che il gruppo di Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, unici due membri originali ancora presenti, ha finalmente annunciato il tanto atteso nuovo disco di inediti, che uscirà in ottobre (al momento non c’è una data precisa), si intitolerà The Symbol Remains e conterrà le seguenti canzoni:

1.”That Was Me”
2. “Box in My Head”
3. “Tainted Blood”
4. “Nightmare Epiphany”
5. “Edge of the World”
6. “The Machine”
7. “Train True (Lennie’s Song)”
8. “The Return of St. Cecilia”
9. “Stand and Fight”
10. “Florida Man”
11. “The Alchemist”
12. “Secret Road”
13. “There’s a Crime”
14. “Fight”

Ma come dicevo poc’anzi, oggi mi occupo di 45th Anniversary Live In London, registrazione di un concerto del 17 giugno 2017 all’Indigo At The 02 Theatre in cui il quintetto (oltre a Bloom e Roeser abbiamo Richie Castellano alla chitarra e tastiere, Danny Miranda al basso e Jules Radino alla batteria) celebra appunto le quattro decadi e mezza del loro album d’esordio, l’omonimo Blue Oyster Cult, suonandolo per intero ed aggiungendo alla fine una manciata di classici. Blue Oyster Cult, l’album, diede il via nel 1972 in maniera eccellente alla carriera del gruppo (ed anche alla cosiddetta “Black & White Trilogy”, così chiamata per l’uniformità cromatica delle copertine dei primi tre dischi) all’insegna di un hard rock estremamente elegante ma grintoso al tempo stesso, canzoni dirette e chitarristiche contraddistinte in gran parte dai testi letterari tra l’horror ed il fantascientifico dello scrittore Sandy Pearlman. Questo show londinese del 2017, presentato sia in versione audio che video, vede i BOC in ottima forma rilasciare una performance decisamente energica e coinvolgente (e l’incisione è spettacolare), al punto da convincermi ad affermare che siamo forse di fronte al migliore tra i quattro live inediti usciti finora nel 2020.

Tra le dieci canzoni dell’album del 1972 ci sono almeno due brani che negli anni sono diventati dei classici dei nostri, e cioè la bellissima rock ballad Then Came The Last Days Of May, qui presente in una sontuosa versione che aggiunge sette minuti ai tre e mezzo dell’originale e che vede una formidabile prestazione chitarristica di Roeser, e la trascinante Cities On Flame With Rock And Roll, anch’essa dilatata a più di sei minuti. Ma tutto l’album brilla in questa eccellente rilettura, dall’apertura potente di Transmaniacon MC alla ruspante e sanguigna I’m The Lamb But I Ain’t No Sheep, passando per il notevole boogie Stairway To The Stars, il rock’n’roll sotto steroidi di Before The Kiss, A Redcap, la guizzante Screams e la divertente e “poppeggiante” She’s As Beautiful As A Foot. Il tributo al debut album dei nostri si chiude con la cadenzata ed orecchiabile Workshop Of The Telescopes e con la fluida e tersa Redeemed; come bis, dopo il consueto tour de force chitarristico della strepitosa Buck’s Boogie, abbiamo i due pezzi più noti dei BOC, ovvero Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper (gran bella versione, altri sette minuti), ed un finale a tutto hard rock con le vibranti Tattoo Vampire e Hot Rails To Hell.

Come avrete capito l’appuntamento periodico con i Blue Oyster Cult sarà una costante anche per la restante parte del 2020, e quindi…alla prossima!

Marco Verdi

Se Ne Parlava Da 5 Anni, Ma Il 16 Ottobre E’ Finalmente In Arrivo Il Cofanetto: Tom Petty – Wildflowers And All The Rest

tom petty wildlowers and all the rest

Tom Petty – Wildflowers And All The Rest – 2 CD – 4 CD Deluxe – 5 CD Super Deluxe – Warner Music 16-10-2020

Io stesso su questo Blog avevo pubblicato cinque anni fa le prime anticipazioni https://discoclub.myblog.it/2015/06/23/buone-notizie-future-tom-petty-wildflowers-all-the-rest/  su quello che che doveva essere un CD singolo di materiale inedito registrato tra il 1992 e il 1994 durante le sessions per Wildflowers. Poi nel corso degli anni questo progetto ha assunto proporzioni mitologiche, prima per i continui rinvii, poi per la morte di Tom Petty avvenuta nell’ottobre del 2017. Negli ultimi mesi le voci sulla prossima uscita avevano ripreso a moltiplicarsi, tra l’altro stranamente mantenendo lo stesso titolo che doveva avere la pubblicazione originale, sostituendo solo i due punti con un And, e ora il “nuovo”, cofanetto, a questo punto, si chiamerà Wildflowers And All The Rest.

Uscirò in tre versioni diverse ufficiali, una doppia, una quadrupla e una quintupla: per fortuna niente DVD, Blu-ray, LP vari (che però potrete trovare in un triplo vinile della versione doppia, che uscirà a parte, e in varie altre edizioni disponibili solo sul sito), “solo” i cinque dischetti, più quel bel libro che vedete effigiato sopra ( che dovrebbe essere esclusivo alla versione da 5 CD), con introduzione di Rick Rubin, un lungo saggio del giornalista di Rolling Stone David Fricke, una guida brano per brano curata dall’altra giornalista Jaan Uhelszki.Tutto molto bello anche se si sente parlare (anzi si legge) di costi non indifferenti: la Ultra Deluxe Edition, disponibile solo in vinile, consterà di nove LP, stampata in una versione numerata di 475 copie, alla modica cifra di 499 dollari. Anche se la versione da 54 brani in 4 CD in Europa sembra avere un pezzo abbordabile, sotto i 50 euro. Vediamo se magari anche la versione quintupla avrà un prezzo più “umano”.

Ce ne sono pure altre di versioni limitate, le trovate tutte qui https://store.tompetty.com/?intcmp=200820%2Ftompetty%2Fwr%2Fspl%2Fs_hp%2Fbut%2Fbdy%2Fww%2Fwildflowers-splash-shop , e comunque anche quella da 5 CD costerà un bel 150 dollari. La parte musicale del box è stata curata dal vecchio collaboratore di Tom Petty, il produttore ed ingegnere del suono Ryan Ulyate, con il fattivo aiuto della vedova di Tom, Dana Petty, delle figlie Adria e Annakim Petty, e degli amici di una vita, Mike Campbell e Benmont Tench. 70 brani in tutto, 9 canzoni inedite, 34 versioni mai pubblicate; demo casalinghi in solitaria, versioni alternative, canzoni dal vivo e molto altro, ecco la lista completa dei contenuti.

Tracklist
[CD1: Wildflowers]
1. Wildflowers
2. You Don’t Know How It Feels
3. Time To Move On
4. You Wreck Me
5. It’s Good To Be King
6. Only A Broken Heart
7. Honey Bee
8. Don’t Fade On Me
9. Hard On Me
10. Cabin Down Below
11. To Find A Friend
12. A Higher Place
13. House In The Woods
14. Crawling Back To You
15. Wake Up Time

[CD2: All The Rest]
1. Something Could Happen
2. Leaving Virginia Alone
3. Climb That Hill Blues
4. Confusion Wheel
5. California
6. Harry Green
7. Hope You Never
8. Somewhere Under Heaven
9. Climb That Hill
10. Hung Up And Overdue

[CD3: Home Recordings]
1. There Goes Angela (Dream Away)
2. You Don’t Know How It Feels
3. California
4. A Feeling Of Peace
5. Leave Virginia Alone
6. Crawling Back To You
7. Don’t Fade On Me
8. Confusion Wheel
9. A Higher Place
10. There’s A Break In The Rain (Have Love Will Travel)
11. To Find A Friend
12. Only A Broken Heart
13. Wake Up Time
14. Hung Up And Overdue
15. Wildflowers

[CD4: Wildflowers Live]
1. You Don’t Know How It Feels
2. Honey Bee
3. To Find A Friend
4. Walls
5. Crawling Back To You
6. Cabin Down Below
7. Drivin’ Down To Georgia
8. House In The Woods
9. Girls On LSD
10. Time To Move On
11. Wake Up Time
12. It’s Good To Be King
13. You Wreck Me
14. Wildflowers

[CD5: Finding Wildflowers]
1. A Higher Place
2. Hard On Me
3. Cabin Down Below
4. Crawling Back To You
5. Only A Broken Heart
6. Drivin’ Down To Georgia
7. You Wreck Me
8. It’s Good To Be King
9. House In The Woods
10. Honey Bee
11. Girl On LSD
12. Cabin Down Below (Acoustic Version)
13. Wildflowers
14. Don’t Fade On Me
15. Wake Up Time
16. You Saw Me Comin’

Si annuncia come uno degli eventi del prossimo autunno.

Bruno Conti

Si Torna A Parlare Di Una Piccola Leggenda Sotterranea Del (Folk) Rock Britannico. Levellers – Peace

levellers peace

Levellers – Peace – On The Fiddle Recordings – LP – CD – 2 CD + DVD (Deluxe Edition)

Come già detto in altre occasioni, chi scrive ha conosciuto i Levellers in un concerto tenuto davanti a pochi intimi in quel di San Colombano Al Lambro, in occasione di un tour che promuoveva il secondo album della loro discografia, l’ottimo Levelling The Land (91), e da allora ho sempre seguito il loro percorso musicale (per onestà, con alcuni album non sempre all’altezza di quello appena menzionato). Peace arriva inaspettato a otto anni di distanza dal loro ultimo lavoro in studio, Static On The Airwaves (12), e due anni dopo We The Collective (18) https://discoclub.myblog.it/2018/04/15/30-anni-di-combat-folk-riletti-in-forma-acustica-levellers-we-the-collective/ , un disco con i loro “classici” rifatti con una bella sezione d’archi; il nuovo CD come sempre registrato negli abituali Metway Studios della natia Brighton, e prodotto dal collaboratore di lunga data Sean Lakeman (fratello del più noto cantautore Seth). Passano gli anni, ma la “line-up” del gruppo rimane sempre quella storica, composta da Simon Friend al mandolino e banjo, Mark Chadwick chitarra e voce, Jeremy Cunningham al basso, Matt Savage alle tastiere, Charlie Heather alla batteria, e il bravissimo Jon Sevink al violino, con il contributo di Ronan Le Bars alle pipes, Stephen Boakes al didgeridoo (strumento a fiato australiano), e come vocalist aggiunta in alcuni brani la brava Kathryn Roberts

Il repertorio propone come al solito canzoni con testi fortemente “politicizzati”, con storie ed eventi di vita reale radicali, suonate come sempre con la consueta energia e furore agonistico (marchio di fabbrica sin dall’esordio della band). Nella traccia di apertura Food Roof Family è immediatamente palpabile l’energia che sprigiona il gruppo, riportandoci alle atmosfere dell’esordio di A Weapon Called The World (90), seguito subito dai “riff” delle chitarre in una Generation Fear dall’arrangiamento quasi hard-rock, per poi passare ad una radiofonica Four Boys Lost, dove imperversa il violino di Jon Sevink (da sempre l’arma in più della band), mentre Burning Hate Like Fire è un brano scorrevole e accattivante dal suono molto “diverso”. Le storie proseguono con Born That Way, un brano interessante con un bel connubio di voce e strumenti, come pure nella “danzante” Our New Day”, perfetta da ballare nei Pub londinesi, magari dopo la fine della pandemia (dove è proprio impossibile non muovere il piedino), mentre Calling Out è il primo singolo di turno che sta viaggiando nelle radio inglesi, con un suono che può essere trasmesso in qualsiasi tipo di programmazione ( benché in tipico stile anni ’80).

A questo punto arrivano le chitarre acustiche di un brano folk-rock come Ghosts In The Water, un pezzo che rimanda al periodo di Zeitgeist (95). Con The Men Who Would Be King si torna a respirare le atmosfere “folk-punk-rock” degli esordi, mentre Albion & Phoenix è un altro tassello di vita reale (racconta la storia di un birraio abusivo), con uno sfondo musicale che ricorda gli anni formativi della band, brano dove tutti gli strumenti girano a mille, per andare a concludere con una traccia finale come Our Future, una canzone di speranza dall’arrangiamento intrigante e originale, che gira in forma acustica intorno agli strumenti a corda e alla bella voce di Mark Chadwick. Una delle caratteristiche distintive di Peace è l’uso di sonorità non convenzionali, privilegiando un sound folk più tradizionale basato su chitarra acustica e violino, e un cambiamento discreto tra gli stili vocali, tra la voce melodiosa di Chadwick e quella più spigolosa di Friend, dando ad ogni brano una piacevole miscela di voci contrastanti. I Levellers insomma, sono ancora una piccola istituzione della musica britannica, dopo trent’anni di carriera, la maggior parte passati “on the road” (restando per lunghi periodi uno dei live-act più richiesti in Europa), e udite, udite, senza aver mai cambiato la formazione, sintomo di un gruppo di musicisti in grado di condividere filosofie di vita e ideali politici, in modo inossidabile.

Per chi, come me, segue i Levellers, Peace può essere accostato ad periodo di Truth & Lies (05) e Letters From The Underground (08), un disco elettrico, vecchio stile, dove la vitalità, la grinta e la passione ci sono ancora (come nei due album di studio sopra ricordati), e nonostante gli anni che passano, i capelli ingrigiti e i figli a carico, ancora suonano musica per divertirsi e far divertire, con il risultato che almeno al sottoscritto fanno ancora battere il cuore. La copertina del disco, come tutte le altre dei Levellers, è opera di Jeremy Cunningham. E questo “dipinto” in modo specifico ricorda quella di Zeitgeist, sia pure con tonalità diverse.

Tino Montanari

“Liquido” Ma Anche Solido, Soprattutto Dal Vivo Un Vero Virtuoso Della 6 Corde. Michael Landau – Liquid Quartet Live

michael landau liquid quartet live

Michael Landau – Liquid Quartet Live – Players Club/Mascot Label Group

Altro album chiaramente indirizzato agli appassionati della chitarra, dopo quello recente, sempre dal vivo, pubblicato da David Grissom https://discoclub.myblog.it/2020/06/13/per-la-gioia-degli-appassionati-della-chitarra-se-riescono-a-trovarlo-david-grissom-trio-live-2020/ , o quello uscito alcuni mesi fa di Sonny Landreth https://discoclub.myblog.it/2020/02/23/e-intanto-sonny-landreth-non-sbaglia-un-disco-sonny-landreth-blacktop-run/ : tre virtuosi assoluti, perché anche Michael Landau ha un passato (e anche un presente, visto il recente Rock Bottom del 2018 https://discoclub.myblog.it/2018/02/23/sempre-a-proposito-di-chitarristi-michael-landau-rock-bottom/ ) di dischi dove l’utilizzo della chitarra elettrica è elevato a livelli quasi “sublimi”, ovviamente per chi ama questo tipo di approccio molto sofisticato alla musica, che per quanto abbia importanti sfumature jazz, però non manca di nerbo e di una varietà di tematiche musicali ispirate da tutta la lunga carriera musicale di Landau, che negli ultimi anni lo avevano portato anche a formare una band con Robben Ford, i Renegade Creation, dove i due stili convivevano appunto alla perfezione https://discoclub.myblog.it/2010/12/27/posso-solo-confermare-michael-landau-robben-ford-jimmy-hasli/ .

Come mi è capitato di dire in passato il buon Michael è una sorta di “chitarrista dei chitarristi” e nei suoi dischi come titolare ama mettere in mostra tutta la tecnica imparata in oltre 45 anni di onorata carriera, suonando di tutto, con tutti. Ma in questo disco dal vivo ha voluto privilegiare soprattutto la componente jazz(rock) della propria musica: nel disco troviamo, come nel precedente CD del 2018, il vecchio amico David Frazee, cantante e chitarrista aggiunto, già con lui nei Burning Water sin dagli anni ‘90, ma anche una nuova sezione ritmica con due pezzi da 90 come il batterista Abe Laboriel Jr (nella band di Paul McCartney da quasi 20 anni) e Jimmy Johnson, bassista nei dischi del compianto Allan Holdsworth da metà anni ‘80 in avanti. La presenza di questi musicisti naturalmente alza l’asticella dei contenuti tecnici della musica a livelli molto alti. Aiuta anche il fatto chi il CD sia stato registrato, lo scorso novembre, in un piccolo locale, il Baked Potato Jazz Club di Los Angeles, famoso per i suoi intimi concerti dove il pubblico presente può apprezzare nitidamente nei dettagli il fluire della musica che viene dispensata agli appassionati presenti.

La serata si apre con Can’t Buy My Way Home, un pezzo quasi after hours del repertorio dei Burning Water, dove rock, blues e jazz convivono mirabilmente nella “musicalità” dei vari componenti la band che si scambiano da subito acrobatici interscambi sonori con nonchalanche ma anche con impeto, interagendo tra loro in modo quasi telepatico, con Landau che lavora di fino su timbriche e sonorità quasi al limite dell’impossibile, per non parlare di Greedy Life un brano dei Renegade Creation dove Landau riproduce la sua parte e quella di Robben Ford in una vorticosa jam da power trio, dove Laboriel e Johnson creano un tappeto ritmico in crescendo da sentire per credere. Well Let’s Just See è uno dei brani nuovi, dove rock hendrixiano e sonorità alla Allan Holdsworth si intrecciano goduriosamente, con Killing Time che rivisita nuovamente il repertorio dei Burning Water in una ballata spaziale e delicata dove si apprezza una volta di più la tecnica prodigiosa del musicista californiano, un vero maestro della chitarra.

Bad Friend viene da Rock Bottom, un brano grintoso e tempestoso cantato a due voci da Michael e Frazee, sempre con la ritmica che imperversa e anche nell’altra canzone nuova Can’t Walk Away From It Now, più flessuosa e sinuosa, Landau esplora i toni e i vibrati della sua chitarra in maniera magistrale e in Renegade Creation quello più carnale e vicino al rock più “riffato” e tradizionale, si fa per dire visto che la chitarra viaggia a velocità supersoniche sostenibili per pochi. One Tear Away è l’altro pezzo estratto da Rock Bottom, un’altra ballata “astrale” di una raffinatezza e sciccheria nuovamente sublimi che mi ha ricordato certe cose dei King Crimson dell’epoca di Adrian Belew. Il concerto si chiude con due brani strumentali Tunnel 88 e Dust Bowl dove Michael Landau esplora sentieri quasi sperimentali con la chitarra in viaggio verso la stratosfera nel primo brano e nelle volute del jazz nel secondo. Che dire? “Cazzarola” se è bravo! Esce al 21 agosto.

Bruno Conti

Dopo Frankenzappa Questa Volta Tocca Al Conte Frankula: Il Nostro Baffuto Amico Pubblica Il 2 Ottobre Un Nuovo Box. Frank Zappa – Halloween 81: Live At The Palladium, New York City

frank zappa halloween 81

Frank Zappa – Halloween 81: Live At The Palladium, New York City – Zappa Records/Universal Box 6 CD + Maschera Count Frankula.

Il nostro amico quando era in vita amava molto le serate di Halloween, durante le quali organizzava spesso serie di eventi che si protraevano per più giorni ed erano ricorrenti nel corso degli anni. Purtroppo Frank Zappa ci ha lasciato ormai da quasi 27 anni, ma questa tradizione è stata perpetrata dai componenti della famiglia, in particolare dal figlio Ahmet, che quest’anno ha preparato un cofanetto che presenta i concerti al NY Palladium del 31 ottobre e 1° novembre 1981, 3 esibizioni complete per un totale di 86 brani, di cui 78 mai pubblicati prima. Quindi dopo Halloween 1977 e 1973 arriva ora questo Halloween 81, confezione da 6 CD corredata anche da un libretto di 56 pagine, con nuove note scritte per l’occasione, e dalla maschera di Frankula, ovvero il buon vecchio Frank nelle fattezze del Conte Dracula.

Ci sarà anche una versione singola, dove per non farsi mancare nulla, e per la gioia dei fans, è contenuto un brano Strictly Genteeel, dalla serata del primo novembre, che è esclusivo al CD singolo. E’ proprio vero che le case discografiche non si smentiscono mai: anche a livello di prezzi, dato che il cofanetto, sempre a livello molto indicativo, dovrebbe costare tra i 130 e i 150 euro.

Ecco il contenuto completo.

[CD1: 10/31/81 – 8pm Show 1]
1. Chunga’s Revenge
2. “The Finest Night Of The Year”
3. You Are What You Is – Take 1
4. You Are What You Is – Take 2
5. Mudd Club
6. The Meek Shall Inherit Nothing
7. Dumb All Over
8. Heavenly Bank Account
9. Suicide Chump
10. Jumbo Go Away
11. Envelopes
12. Drowning Witch
13. What’s New In Baltimore?
14. Moggio
15. We’re Turning Again
16. Alien Orifice

[CD2: 10/31/81 – 8pm Show 1 – cont’d]
1. Teen-age Prostitute
2. Flakes
3. Broken Hearts Are For Assholes
4. The Blue Light
5. Tinsel Town Rebellion
6. Yo Mama
7. Bobby Brown Goes Down
8. City Of Tiny Lites
9. “We’re Not Gonna Stand For It!”
10. Strictly Genteel
11. Dancin’ Fool
12. Whipping Post

[CD3: 10/31/81 – 12am Show 2]
1. Black Napkins
2. “A Historical Event”
3. Montana
4. Easy Meat
5. Society Pages
6. I’m A Beautiful Guy
7. Beauty Knows No Pain
8. Charlie’s Enormous Mouth
9. Fine Girl
10. Teen-age Wind
11. Harder Than Your Husband
12. Bamboozled By Love
13. Sinister Footwear II
14. Stevie’s Spanking
15. Commercial Break

[CD4: 10/31/81 – 12am Show 2 – cont’d]
1. Cocaine Decisions
2. Nig Biz
3. Doreen
4. Goblin Girl
5. The Black Page #2
6. Tryin’ To Grow A Chin
7. Strictly Genteel
8. The Torture Never Stops
9. “The Real Show Keeps Going”
10. Joe’s Garage
11. Why Does It Hurt When I Pee?
12. The Illinois Enema Bandit
13. “The Halloween Tradition”
14. King Kong
15. Auld Lang Syne

[CD5: 11/01/81]
1. Zoot Allures
2. “The Last Of Our Halloween Shows”
3. I’m The Slime
4. Pound For A Brown
5. Dave & Al
6. Cosmik Debris
7. Montana
8. Easy Meat
9. Dumb All Over
10. Heavenly Bank Account
11. Suicide Chump
12. Jumbo Go Away
13. Envelopes
14. Drowning Witch

[CD6: 11/01/81 – cont’d]
1. What’s New In Baltimore?
2. Moggio
3. We’re Turning Again
4. Alien Orifice
5. Teen-age Prostitute
6. Sinister Footwear II
7. Stevie’s Spanking
8. Cocaine Decisions
9. Nig Biz
10. Goblin Girl
11. The Black Page #2
12. Whipping Post
13. Broken Hearts Are For Assholes
14. The Torture Never Stops

Alla prossima.

Bruno Conti

Lou Reed, Cofanetto New York In Uscita il 25 Settembre: “Peccato” Sia Un Bundle CD/DVD/LP!

lou reed new york

Lou Reed – New York – Box 3 CD + DVD + 2 LP Sire Rhino – 25-09-2020

Non c’entra, ma proprio in questi giorni Neil Young per l’ennesima volta annuncia l’uscita dell’atteso Archives Vol. 2: 1972-1976, cofanetto da 10 CD che in un primo tempo (si fa per dire, visto che siamo in ballo da 10 anni), diciamo per il 2020, avrebbe dovuto essere pubblicato proprio in questi giorni di agosto, ora viene spostato al 6 novembre, e già che ci siamo si parla pure di un non meglio identificato Return To Greendale, sempre per lo stesso giorno. Ma qualcuno ci crede ancora? L’unica cosa certa è che il vecchio Neil ha postato una nuova canzone Lookin’ For A Leader 2020 https://www.youtube.com/watch?v=c0cOUDwKl9kche il nostro amico invita Trump ad utilizzare pure durante la campagna elettorale, vedremo.

Veniamo al cofanetto di New York di Lou Reed, considerando che c’entra sempre la Rhino. Iniziativa lodevole: in effetti i dischi di Reed del periodo Sire, pur essendo stato pubblicato nel 2015 un bel cofanetto da 10 CD, anche a prezzo speciale, The Sire Years: Complete Albums Box,non erano mai stati rimasterizzati, a differenza di quelli del periodo antecedente contenuti in RCA & Arista Album Collection del 2015. Nel titolo dico “peccato” riferendomi a questo vezzo della Rhino di unire insieme le versioni in CD (e DVD) con quelle in vinile: penso ad esempio alle ristampe dei Doors. Ovviamente il costo dei manufatti cresce e comunque si tratta di due tipi di pubblico differenti, gli amanti del LP e quelli delle versioni digitali: basterebbe, come si fa spesso e volentieri, tenerle divise.

Comunque l’annuncio è stato fatto, il box è previsto in uscita per il 25 settembre (salvo ripensamenti dell’ultima ora, non impossibili, dato questo periodo di continui e snervanti rinvii) e conterrà in CD l’album originale (probabilmente, insieme a quello dell’anno successivo con John Cale, uno degli album grandi album di Reed) con remaster 2020, un secondo dischetto con 14 brani dal vivo registrati nel corso del tour mondiale del 1989, anno di pubblicazione del disco originale, un terzo dischetto con 14 altre 14 tracce, versioni da 45 giri, qualche demo e versione alternativa o acustica, un pezzo non utilizzato nel CD originale e altre due canzoni dal vivo. I pezzi in studio del disco del 1989, escono anche in un doppio vinile, mentre nel DVD ci sono altri brani Live, ovvero l’esibizione completa del Theatre St. Denis – Montreal, Canada – August 13, 1989, pubblicata ai tempi solo in VHS e su Laser Disc, una intervista con Lou Reed e di nuovo le 14 canzoni in versioni ad alta definizione per audiofili, e un libro rilegato 12×12, con nuovi saggi, articoli e foto. Alla preparazione del tutto hanno collaborato la sua compagna Laurie Anderson, Don Fleming, Bill Ingot, Jason Stern, e Hal Willner.

Il prezzo annunciato, con la presenza dei vinili, indicativamente sarà sui 70 euro.

Al solito ecco la lista dettagliata dei contenuti. Se volete farvi del male, sul sito della Rhino è disponibile anche una edizione esclusiva con (musi)cassetta aggiunta.

Tracklist
[CD1: Original Album 2020 Remaster]
01 Romeo Had Juliette
02 Halloween Parade
03 Dirty Blvd.
04 Endless Cycle
05 There Is No Time
06 Last Great American Whale
07 Beginning of a Great Adventure
08 Busload of Faith
09 Sick of You
10 Hold On
11 Good Evening Mr. Waldeheim
12 Xmas in February
13 Strawman
14 Dime Store Mystery

[CD2: Live Performance Tracks]
01 Romeo Had Juliette (Warner Theater, Washington, DC, 3/14/1989)
02 Halloween Parade (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
03 Dirty Blvd. (Wembley Arena, London, UK, 7/14/1989)
04 Endless Cycle (Warner Theater, Washington, DC, 3/14/1989)
05 There Is No Time (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
06 Last Great American Whale (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
07 Beginning of a Great Adventure (Wembley Arena, London, UK, 7/4/1989)
08 Busload of Faith (Falconer Theater, Copenhagen, Denmark, 6/9/1989 )
09 Sick of You (Tower Theater, Upper Darby, PA, 3/17/1989)
10 Hold On (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
11 Good Evening Mr. Waldheim (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
12 Xmas in February (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
13 Strawman (Wembley Arena, London, UK, 7/4/1989)
14 Dime Store Mystery (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)

[CD3: Bonus Tracks]
01 Romeo Had Juliette (7 “Version)
02 Dirty Blvd. (Work Tape)
03 Dirty Blvd. (Rough Mix)
04 Endless Cycle (Work Tape)
05 Last Great American Whale (Work Tape)
06 Beginning of a Great Adventure (Rough Mix)
07 Busload of Faith (Acoustic Version)
08 Sick of You (Work Tape)
09 Sick of You ( Rough Mix)
10 Hold On (Rough Mix)
11 Strawman (Rough Mix)
12 The Room (Non-Album Track)
13 Sweet Jane (Live Encore at The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
14 Walk on the Wild Side (Live Encore at The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)

[LP1/LP2: Original Album 2020 Remaster]
(see tracklist for CD1)

[DVD]
Live at Theatre St. Denis – Montreal, Canada – August 13, 1989
01 Romeo Had Juliette
02 Halloween Parade
03 Dirty Blvd.
04 Endless Cycle
05 There Is No Time
06 Last Great American Whale
07 Beginning Of A Great Adventure
08 Busload Of Faith
09 Sick Of You
10 Hold On
11 Good Evening Mr. Waldheim
12 Xmas In February
13 Strawman
14 Dime Store Mystery
Feature
15 A Conversation With Lou Reed [25:34]
Original Album 96kHz/24-bit PCM Stereo
16 Romeo Had Juliette
17 Halloween Parade
18 Dirty Blvd.
19 Endless Cycle
20 There Is No Time
21 Last Great American Whale
22 Beginning of a Great Adventure
23 Busload of Faith
24 Sick of You
25 Hold On
26 Good Evening Mr. Waldeheim
27 Xmas in February
28 Strawman
29 Dime Store Mystery

Per il 9 ottobre la Warner/Rhino, sempre in queste edizioni miste CD/LP, annuncia anche la ristampa di Pleased To Meet Me dei Replacements, ne parliamo nei prossimi giorni.

Bruno Conti

Ormai Non Sbaglia Più Un Colpo! Michael McDermott – What In The World…

michael mcdermott what in the world

Michael McDermott – What In The World… – Appaloosa Records

Capita che un lunedì di maggio, a Milano, in una banalissima pausa pranzo, vengo a sapere che presso la Feltrinelli di Viale Pasubio si esibirà gratuitamente un cantautore che considero uno dei più preziosi segreti della storia del rock, di quelli che negli anni ‘90 hanno riempito le mie serate musicali di adrenalina ed emozioni con le canzoni dei sui primi tre album, il capolavoro 620 W. Surf, Gethsemane e quello che porta semplicemente il suo nome. Mi precipito e me lo trovo davanti, Michael McDermott, in jeans e maglietta neri, chitarra acustica e armonica pronta all’uso, spalleggiato dal bravo Alex kid Gariazzo (Treves Blues Band) alla chitarra e mandolino, di fronte ad una platea distratta da cibo e chiacchiere, a regalare una performance di straordinaria intensità basata per lo più sui brani di Orphans, pubblicato qualche mese prima in Italia dalla benemerita Appaloosa Records. Questo accadeva nel 2019, quando ancora nessuno sapeva cosa significasse la funesta sigla Covid-19 e i concerti rock potevi andarli a sentire regolarmente, senza alcun problema di distanziamento o mascherine.

Nonostante il virus sia purtroppo diventato una triste realtà, da noi ma in misura anche maggiore negli States, McDermott ha deciso di pubblicare quest’anno un nuovo capitolo della sua discografia, sempre attraverso l’Appaloosa del compianto Franco Ratti, con tanto di traduzioni in italiano dei testi, lodevolissima iniziativa che permette di valutare appieno il contenuto delle canzoni del songwriter di Chicago, mentre negli States esce per la sua etichetta personale, la Pauper Sky Records. E devo dire che quest’ultimo What In The World… si rivela essere uno dei migliori lavori della sua carriera, a conferma della autentica rinascita umana ed artistica che Michael ha saputo portare avanti dopo essersi liberato dalla grave dipendenza dall’alcolismo. Fantasmi e demoni non hanno mai abbandonato i suoi racconti in musica, tra frustrazioni ed ossessioni dei personaggi che descrive (non sarà per caso che tra i suoi fans di vecchia data troviamo Stephen King) con occhio attento ai fatti di cronaca e agli aspetti più involuti dell’attuale società americana. La title track, posta volutamente in apertura (e in chiusura, come bonus, in versione acustica ugualmente efficace) si ispira in maniera evidente al Bob Dylan di Subterranean Homesick Blues, fra taglienti sventagliate chitarristiche e una ritmica serrata a sostenere un testo rabbioso che elenca orrori e assurdità che si stanno verificando negli USA dell’era Trump.

Ancor più evidente appare la citazione nel recente video che supporta la canzone, in cui Michael sfoglia cartelli contenenti le parole del testo, facendo il verso a maestro Bob. Ancora un evento tragico, il massacro commesso cinque anni fa da parte di un suprematista bianco nella chiesa di Charleston, nella Carolina del Sud, offre lo spunto per un altro brano potente, Mother Emmanuel, caratterizzato dal suono lancinante delle chitarre e da continui cambi di ritmo. Dalle tragedie collettive spesso si finisce a scavare nel personale come dimostra uno degli episodi migliori della raccolta, The Veils Of Veronica, dedicata alla nipote Erin, morta suicida poco dopo la scomparsa del fratello Ryan, ex militare e per lungo tempo sofferente di PTSD (disturbo da stress post traumatico). L’atmosfera del pezzo è perfetta nel descrivere il dramma interiore della protagonista con il lento crescendo delle chitarre sullo sfondo che ben supportano il tono intenso e dolente della voce di Michael.

Anche Die With Me descrive splendidamente il tentativo di superamento di un profondo trauma, come può essere un abuso sessuale subìto, altra notevole performance vocale del leader con la band alle spalle che lavora di fino. Il disco offre anche momenti più solari e disimpegnati nel gradevolissimo trittico formato da The Things You Want, No Matter What e Contender. La prima gode di un riff cadenzato e un po’ ruffiano che si memorizza subito e ti porta a canticchiarne il ritornello insieme al suo autore. La seconda è più acustica e ricorda certe gustose ballad uscite dalla magica penna di Tom Petty, con tanto di armonica a bocca a sottolinearne la linea melodica azzeccatissima, mentre la terza presenta un arrangiamento fiatistico bello quanto inatteso, con i sax suonati da Rich Parenti che danno vigore e spensieratezza alla vicenda del Contender del titolo, che cade al tappeto 99 volte per rialzarsi alla centesima. Tuttavia, sono le ballads il contesto in cui McDermott esprime il massimo delle sue potenzialità, come dimostra la trascinante New York, Texas… racconto efficace della fuga di una giovane coppia in attesa di un figlio verso una vita migliore.

Oppure la delicata descrizione di una barista in cerca di riscatto sociale in Blue Eyed Barmaid, impreziosita da un notevole arpeggio di chitarre acustiche. Rimangono la romantica Until I Found You manifestamente dedicata alla moglie Heather Lynne Horton, corista e violinista nonché membro dei Westies https://discoclub.myblog.it/2014/05/05/singer-songwriter-eccellenza-michael-mcdermott-and-the-westies-west-side-stories/ , il gruppo fondato da Michael insieme al chitarrista Joe Pisapia, al batterista Ian Fitchuk, al bassista Lex Price e al tastierista John Deaderick, gli ultimi due ancora presenti in quest’album che si chiude, prima della ripresa acustica di What In The World…, con un altro nostalgico gioiellino, atto d’amore nei confronti della Grande Mela in cui McDermott ha vissuto per parecchi e travagliati anni, intitolato Positively Central Park. Una splendida conclusione, che sembra uscire direttamente da uno dei locali del Village dove il suo autore si sarà esibito tante volte, a suggello di un album notevole che ci mostra il cinquantenne Michael McDermott in piana forma fisica e creativa.

Marco Frosi

Di Nuovo Disponibile Dopo 20 Anni Questa Fantastica Super Session, E A Soli 10 Euro. Jimmy Rogers All Stars Band – Blues Blues Blues

jimmy rogers blues blues blues

Jimmy Rogers All-Stars Band – Blues Blues Blues – Atlantic Recording Co.

Non è un disco nuovo, neppure una ristampa, semplicemente, seguendo le politiche commerciali della case discografiche, questo CD è stato inserito in serie economica ed è di nuovo disponibile ad un prezzo intorno ai 10 euro. Quindi se ve lo siete perso al primo giro è l’occasione giusta per rimediare. Titolo e “nome della band” aiutano, ma per approfondire, si tratta di una serie di sessions che nel 1997 il produttore John Koenig (con il boss Ahmet Ertegun come supervisore) organizzò per rendere omaggio ad uno dei grandi nomi del blues in una di quelle Super Session che da sempre vengono realizzate, come occasioni di incontro tra maestri e i loro discepoli. Pensate a Father And Sons, il disco di Muddy Waters con Butterfield e Bloomfield, oppure a Hail! Hail! Rock’n’Roll, il disco ed anche un film, realizzato da Keith Richards per omaggiare Chuck Berry, con la partecipazione di Clapton, Cray, Etta James, Linda Ronstadt, ma sono solo un paio di esempi. In seguito, dagli anni 2000 in avanti questi eventi si sono intensificati, ma nel 1998/99 quando veniva pubblicato questo CD non erano così frequenti.

Jimmy Rogers è stato il chitarrista della Muddy Waters Band dal 1947 al 1954, negli anni in cui insieme a Muddy e Little Walter formò uno dei primi Power Trios della storia, ma anche l’autore di That’s All Right, uno dei suoi primo successi nel 1950 e Walking By Myself nel 1954, di Ludella ed anche di una delle varie configurazioni di Sweet Home Chicago. Nel 1997, quando iniziarono le registrazioni del disco, Rogers (o J.A. Lane, il suo vero nome, il figlio è Jimmy D. Lane) era già ammalato di un tumore al colon, e sarebbe morto a dicembre, prima del completamento dell’album, ma Koenig lo portò a termine: se già avete il disco sapete di cosa parliamo, se no, ed è il motivo per averlo, nel disco suonano Eric Clapton, Taj Mahal, Kim Wilson dei Fabulous Thunderbirds, Mick Jagger e Keith Richards, Jimmy Page e Robert Plant, e pure Stephen Stills. Non vi bastano? Ci sono anche Jeff Healey, Johnnie Johnson al piano, il figlio di Rogers Jimmy D. Lane, Carey Bell, un pezzo da novanta delle 12 battute come Lowell Fulson, accompagnati dalla sezione ritmica abituale di Jimmy, Freddie Crawford al basso e Ted Harvey alla batteria.

Rogers, nonostante la malattia, è presente in tutti i 12 pezzi a voce e chitarra, e i nomi importanti, come Clapton e Jagger& Richards, ci sono in tre canzoni ciascuno, Stephen Stills in un paio, Kim Wilson suona l’armonica in sei tracce, alternandosi con Bell e Taj Mahal. Il risultato è un disco vibrante, fresco e pimpante, con tutti gli artisti che se la godono un mondo: prendete la conclusiva Gonna Shoot You Right Down (Boom Boom), un mix del pezzo di Rogers e quello di John Lee Hooker, adattato da Koenig (che ha fatto un notevole lavoro complessivo, visto che l’album ha un suono splendido) dove troviamo, insieme, Plant e Page ed Eric Clapton, che se le suonano e se le cantano di santa ragione, con Johnson al piano e Bell all’armonica che rispondono alla grande, in una versione turbinosa dove Rogers dimostra di avere ancora una voce di grande potenza e fascino. Ma tutto il disco è fantastico: dall’iniziale puro Chicago Blues di Blow Wind Blow di Muddy Waters, con Jeff Healey alla seconda voce ed alla chitarra, con una serie di assoli feroci, sempre con Wilson e Johnson sul pezzo, lo slow Blues All Day Long, sempre di Rogers, con Clapton che fa il “Manolenta” della situazione.

Jagger e Richards che tornano alle origini del suono degli Stones con una sanguigna Trouble No More di Mastro Muddy, un vispo Taj Mahal che duetta a due voci con Jimmy in una briosa Bright Lights, Big City, oltre a suonare l’armonica, Lowell Fulson in una sontuosa Ev’ry Day I Have The Blues, Stephen Stills canta con Rogers una canonica Sweet Home Chicago e poi regala un feroce assolo https://www.youtube.com/watch?v=Tej-ZR9hr5o , Mick’n’Keith tornano per una esuberante e stonesiana Don’t Start Me To Talkin’ e per la vivace Goin’ Away Baby, Slowhand tiene fede al suo soprannome nella cadenzata That’s All Right dove ci regala un assolo dei suoi, in Ludella Rogers e Mahal gigioneggiano da par loro e Stephen Stills con Worried Life Blues ritorna ai fasti della vecchia Super Session con Bloomfield e Kooper https://www.youtube.com/watch?v=wT6UBkr3Y_Y . E tutto questo per soli dieci euro, devo aggiungere altro?

Bruno Conti

Il “Pronipote” Torna A Breve Distanza Dal Disco Precedente, Con Un Lavoro Ancora Migliore. Charley Crockett – Welcome To Hard Times

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Charley Crockett – Welcome To Hard Times – Son Of Davy/Thirty Tigers CD

A distanza di meno di un anno dall’ottimo The Valley torna con un disco nuovo di zecca Charley Crockett, countryman texano e diretto discendente di Davy Crockett https://discoclub.myblog.it/2019/10/12/un-countryman-di-talento-con-nobili-discendenze-charley-crockett-the-valley/ . E dire che dopo l’operazione a cuore aperto che gli aveva salvato la vita nel gennaio 2019 Charley aveva deciso di prendere le cose con più calma, ma evidentemente questo per lui è un periodo di grande ispirazione ed i risultati lo confermano. Crockett fa musica country dura e pura come si usava fare cinquanta/sessanta anni fa, un genere che prende spunto direttamente da Hank Williams e da altri pionieri del genere per spingersi al massimo ai primi album per la Columbia di Johnny Cash ed a George Jones per quanto riguarda le ballate in stile honky-tonk. Ma Charley non si limita a ripetere pedissequamente certe sonorità: intanto è dotato di una penna eccellente, e poi riesce ad infondere in ogni canzone una particolare attitudine fiera e quasi sfrontata, come se sotto sotto covasse un’anima irrequieta da rocker.

Welcome To Hard Times, titolo più che mai attuale, è il lavoro di un artista in costante crescita in quanto è ancora meglio del già notevole The Valley (che contava anche parecchie cover, mentre qui i brani autografi sono quasi la totalità), più convinto e con una miscela ancora più intrigante di country, musica western e honky-tonk songs: l’album è prodotto da Mark Neill e vede contributi in fase di scrittura di alcune canzoni da parte di Dan Auerbach e Pat McLaughlin oltre alla presenza di sessionmen tanto validi quanto sconosciuti che rispondono ai nomi di Kullen Fox, Colin Colby, Alexis Sanchez, Nathan Fleming, Mario Valdez e Billy Horton. Che il disco sia di quelli giusti lo si capisce fin dalla title track posta in apertura, un delizioso honky-tonk con gran lavoro di pianoforte ed un’atmosfera western che si sposa benissimo con la melodia d’altri tempi (e la voce è perfetta). Run Horse Run è una polverosa country & western song dal ritmo alla Cash ed un ottimo assolo di steel: non la vedrei male in un film di Quentin Tarantino.

Don’t Cry è limpida, tersa e decisamente orecchiabile, con richiami agli anni sessanta ed uno script solido, ed è ancora meglio Tennessee Special, altra honky-tonk song splendida e cantata con piglio da consumato countryman, con la solita steel a ricamare sullo sfondo, mentre Fool Somebody Else è una sorta di brano dalla scrittura pop ma dal suono country, un contrasto piacevole e riuscito. La cadenzata Lilly My Dear, guidata dal banjo, è una grande canzone western che sembra uscita dal songbook di Johnny Horton o Merle Travis, sentire per credere; Wreck Me è un lento romantico sempre dal sapore sixties con un coro femminile ed uno stile che piacerebbe ai Mavericks, in contrasto (ma non troppo) con Heads You Win che è una country song pura e semplice, un genere che oggi fanno in pochi. Rainin’ In My Heart (non è quella di Buddy Holly) è più moderna, un coinvolgente pezzo di stampo rock con la steel a stemperare appena, ritmo sostenuto e bell’assolo di chitarra elettrica, Paint It Blue è di nuovo perfetta per uno spaghetti western e precede la splendida Blackjack County Chain, ottima cover di un brano scritto nel 1967 da Red Lane ma portata al successo da Willie Nelson (che la incise sia da solo che con Waylon), una western ballad coi fiocchi eseguita dal nostro con grande rispetto per l’originale.

Il CD si chiude con The Man That Time Forgot, ennesimo scintillante honky-tonk che più classico non si può, e con la fulgida cowboy song The Poplar Tree; c’è però spazio anche per due ghost tracks: la vivace e trascinante Oh Jeremiah, tra folk e bluegrass (molto bella), e la lenta e languida When Will My Troubles End. Charley Crockett si conferma un vero talento e valido esponente della country music più pura, e Welcome To Hard Times è la prova tangibile della sua crescita esponenziale.

Marco Verdi

Poca Polvere, Sotto I Tappeti E Tante Stelle Luccicanti A Scaldare I Nostri Cuori. Mary Chapin Carpenter – The Dirt And The Stars

mary chapin carpenters the dirt and the stars

Mary Chapin Carpenter – The Dirt And The Stars – Lambent Light Records

Credo che la nostra amica non potrebbe fare un disco brutto neanche volendo: forse solo Songs From The Movie, un album del 2014 dove rivisitava il suo vecchio repertorio con una orchestra di 63 elementi ed un coro di 15, era troppo ridondante, mentre la stessa operazione di rivedere una dozzina di perle del suo repertorio nell’eccellente disco del 2018 Sometimes Just The Sky, grazie forse ad un approccio più meditato e su una scala sonora più scarna e meno lussureggiante, anche per merito della produzione di Ethan Johns, era risultato tra i migliori degli ultimi anni https://discoclub.myblog.it/2018/05/11/non-ci-eravamo-dimenticati-rileggendo-vecchie-pagine-damore-mary-chapin-carpenter-sometimes-just-the-sky/ . Per questo nuovo The Dirt And The Stars, il quindicesimo album della sua splendida carriera, Mary Chapin Carpenter si affida nuovamente a Ethan Johns, per l’occasione presentando undici nuove composizioni, che confermano che la sua vena compositiva non si è certo inaridita, anzi, e che la sua voce è una delle più limpide ed espressive dell’attuale panorama cantautorale, magari lontana dagli accenti più country del passato, in favore di una musicalità più ricca e complessa, anche di un certo eclettismo sonoro, dove la forma classica della ballata rimane il suo tratto distintivo principale, ma Mary è sempre in in grado di inserire delle piccole ma decisive variazioni sul tema, in modo che il menu rimanga ricco e variegato.

Prendiamo la title track, una canzone ispirata da una sorta di epifania provata all’età di 17 anni, ascoltando alla radio durante una corsa in macchina Wild Horses, in effetti il brano ha un che di stonesiano, grazie all’organo avvolgente del grande Matt Rollins e ad un ficcante e complesso assolo della 6 corde di Duke Levine, entrambi abituali compagni di avventura della Carpenter, che canta poi la canzone con una ricchezza di timbri vocali che affascinano l’ascoltatore, mentre l’arrangiamento architettato da Johns, in un lento ma inesorabile crescendo sonoro rendono questo pezzo semplicemente splendido, quasi otto minuti di pura magia sonora. Anche nel blues-rock incalzante di American Stooge il lavoro della solista di Levine è superbo, sottolineato dalla sezione ritmica di Nick Pini al basso e Jeremy Stacey alla batteria e dal piano di Rollins, mentre la Chapin Carpenter racconta con voce partecipe e vibrante la vicenda del senatore americano Lindsey Graham, un “fantoccio” come lo definisce senza mezzi termini nel titolo; e per concludere il trittico più rockista dell’album anche Secret Keepers ha una grinta più accentuata rispetto al suo solito mood sonoro, con un Duke Levine ancora una volta veramente ispirato alla chitarra.

Ovviamente non mancano gli episodi più raccolti, come il leggero jingle jangle del delizioso folk-rock della iniziale Farther Along And Further, dove si percepiscono anche dei mandolini, malinconica e riflessiva come ci ha abituati spesso nel suo songbook, ancora più evidente, sin dal titolo, in It’s Ok To Feel Sad, tra accenti Pettyani e scandite derive spirituali quasi gospel, sempre con la sua magnifica band che crea sfondi sonori ideali per quella voce così unica e particolare. Splendida anche All Broken Hearts Breaks Differently, bellissimo titolo, che mi ha ricordato certe elegiache canzoni del miglior Jackson Browne anni ‘70, con il suono della California più ispirata di quei tempi, anche se lei è una “nordista” di Princeton e il disco è stato registrato in Inghilterra a Bath negli studi Real World di Peter Gabriel, comunque di nuovo attualizzato in questa visione al femminile di una cantautrice che è in grado di infondere rinnovata struggente bellezza e nostalgia per tematiche amorose sempre attuali e ricorrenti. Old D-35, dal nome della sua vecchia chitarra acustica Martin, ci riporta al classico sound elettroacustico delle sue pagine migliori, che illustrano il suo lato più intimistico, grazie anche ai tocchi quasi timidi del piano di Rollins.

Suono ribadito anche nella soffusa Where The Beauty Is, e poi ancor più per sottrazione nella raffinata e rarefatta Nocturne, dove chitarre acustiche, pianoforte e la voce calda della Carpenter tengono avvinto l’ascoltatore in un tenue ambiente sonoro che poi si anima leggermente con l’ingresso di percussioni e una chitarra elettrica appena accennata, e con un testo compassionevole e reale “We’re all trying to live up to some oath to ourselves….No king has the power, no mortal the skill/But still you keep trying to see/What’s waiting for you at the end of your days”. E pure in Asking For A Friend Mary pone con discrezione domande che forse non hanno risposte, sempre coadiuvata dal finissimo lavoro di Rollins al piano e Levine alla chitarra, dal contrabbasso con archetto di Pini e dalla sua sensibilità di interprete sempre partecipe, sublime e mai sopra le righe, che si manifesta ancora nelle delicate volute della dolce Everybody Got Something, mandolini pizzicati, chitarre acustiche e piano, la voce porta con un leggero vibrato, tutti ancora decisivi in un’altra canzone che aggiunge ulteriore spessore ad un album che la conferma cantautrice senza tempo e con pochi raffronti nel panorama musicale attuale. Poca polvere sotto i tappeti e tante stelle luccicanti a scaldare i nostri cuori.

Bruno Conti