Dai Sobborghi Di Brooklyn Alle Rive Del Mississippi, Un’Altra Grande Voce. Bette Smith – The Good The Bad And The Bette

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Bette Smith – The Good The Bad The Bette – Ruf Records

Pettinatura Afro, corporatura prorompente, a Milano affettuosamente si dice “una bella paciarotta”, solo una piccola differenza grafica con l’altra Smith, la più famosa Bessie, anche se il genere non è proprio lo stesso, ma è passato un secolo, e non è un modo di dire: la nostra Bette Smith viene dai sobborghi di Brooklyn, NY, ha esordito tre anni fa con un disco Jetlagger, pubblicato dalla Big Legal Mess/Fat Possum Records, prodotto da Jimbo Mathus degli Squirrel Nut Zippers, che l’ha portata nel Mississippi, dove l’aspettavano Matt Patton, basso e Bronson Tew, batteria, che sono la sezione ritmica dei Drive-By Truckers, insieme ad altri musicisti, per registrare un album di funk/soul, R&B, rock, per sintetizzare diciamo blues contemporaneo, materiale in gran parte originale, ma con un paio di cover, un Isaac Hayes e I Found Love della coppia Maria McKee/Steve Van Zandt ai tempi dei Lone Justice, se vi capita cercatelo, perché ne vale le pena.

Ma stiamo parlando ora di questo The Good The Bad The Bette, chiara citazione Leone/Morricone, anzi ci siamo spinti ancora più in là, visto che la prima canzone del CD si chiama Fistful Of Dollars, ma le analogie con lo “spaghetti western” finiscono li: per la nuova missione lungo il Mississippi Patton e Tew sono sempre in pista, anzi sono loro i nuovi produttori, Jimbo Mathus era casualmente da quelle parti a dare una mano e suona organo e chitarra, l’etichetta è nuova, la tedesca Ruf Records, che se parliamo di blues e dintorni non si fa mancare nulla e quindi il risultato è di nuovo più che soddisfacente.

Adesso parliamo però di Bette Smith, cresciuta a pane e gospel, visto che il babbo era il direttore del coro di bambini della chiesa locale, ma lei era pure una grande appassionata di rock’n’roll, e nei lunghi anni di pratica di entrambe le passioni, a furia di cantare, deve avere consumato una parte della sua voce, visto che ora è roca e vissuta (si scherza), anche se questo non le impedisce di darci dentro alla grande nel nuovo album: organo, chitarra e fiati impazzano nella incalzante Fistful Of Dollars dove si apprezza la vocalità prorompente di Bette, a seguire arriva Whistle Stop una ballata delicata e malinconica dedicata alla madre scomparsa, dove la voce si fa più roca ed accorata, ben sostenuta da un arrangiamento complesso e curato.

Mentre in I’m A Sinner, voce riverberata e atmosfere tra psych e garage rock anni ‘60 Jimbo Mathus scatena la sua chitarra, e anche I Felt It Too non scherza quanto a grinta, un altro pezzo corale dove i musicisti si scatenano e la Smith lascia andare divertita la sua voce, con Mathus alle prese con un assolo distorto e selvaggio, doppiato da un sax in overdrive suonato da Henry Westmoreland  degli Squirrel Nut Zippers. Visto che era disponibile nei dintorni perché non utilizzare la chitarra di Luther Dickinson, e allora vai con il southern carnale di Sign And Wonders, sempre funzionale alla vocalità esuberante, ma mai sopra le righe, di Bette Smith, e non manca neppure una ode al suo amato cane, ripreso pure in un video legato all’album, nel funky, rock and soul della potente (I Wanna Be Your) Human.

Con Song For A Friend che ci riporta all’amato soul cantato con un timbro vocale quasi fanciullesco e buffo a tratti, diciamo piacevole ma non memorabile. In Pine Belt Blues la band torna a roccare e rollare, con una pattuglia di voci aggiunte che stimolano la brava Bette a darci dentro con più impeto, mentre in Everybody Needs Love, i pard Patton e Tew invitano il loro capo Patterson Hood a duettare con la Smith in un brano che come struttura sonora e melodia, anche se con un suono decisamente più grintoso, ha parecchie analogie nel ritornello con All You Need Is Love, se i Beatles avessero voluto farne un brano soul.

Per chiudere un’altra ballatona emozionale come Don’t Skip Out On Me, una storia di redenzione dove la nostra amica ha modo di mettere in mostra le sue indubbie doti vocali ancora una volta facendo ricorso ai ricordi dell’amato gospel della gioventù, e con uno splendido assolo di tromba, sempre di Westmoreland, che è la ciliegina sulla torta del brano, per un album complessivamente molto interessante e vario.

Bruno Conti

Dai Sobborghi Di Brooklyn Alle Rive Del Mississippi, Un’Altra Grande Voce. Bette Smith – The Good The Bad And The Betteultima modifica: 2020-11-28T00:57:24+01:00da bruno_conti
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