Un Bel Disco Dal Vivo, Ma Attenti Alla Fregatura! Strawbs – Live In Concert

strawbs live in concert

Strawbs – Live In Concert – Mooncrest 2CD/DVD

Gli Strawbs sono uno dei gruppi inglesi più longevi al mondo: fondati nel 1964 come bluegrass band (ma hanno debuttato su disco solo nel ’69), sono unanimemente considerati tra i paladini del folk britannico, con tendenze al progressive sviluppate specialmente negli anni settanta. Guidati da Dave Cousins, unico membro fondatore ancora nel gruppo (ma nel tempo hanno militato al suo interno anche una giovane Sandy Denny, prima di entrare nei Fairport Convention, ed il tastierista Rick Wakeman un attimo prima di diventare una star con gli Yes), gli Strawbs hanno all’attivo circa 25 album in cinquanta anni, e non hanno ancora finito in quanto hanno da poco annunciato un nuovo lavoro, Settlement, in uscita il prossimo 26 febbraio.

strawbs live down with the strawbs

Oggi però vi parlo di un doppio CD dal vivo con accluso DVD intitolato semplicemente Live In Concert, che documenta uno show del marzo 2006 nella cittadina inglese di Bilston: attenzione però alla fregatura, dal momento che questo concerto era già stato pubblicato nel 2008 con il titolo Lay Down With The Strawbs ma tenendo separate le parti audio e video, e con la medesima tracklist di oggi. Se però non avete l’edizione di dodici anni fa, questo Live In Concert è un album da non sottovalutare anche se siete dei neofiti per quanto riguarda la band londinese, dal momento che siamo di fronte ad un concerto bello, elettrico e coinvolgente, con all’interno parecchi classici dei gruppo e più di un momento epico: oltre a Cousins, voce, chitarra e banjo, la lineup comprende Dave Lambert anch’egli voce e chitarra elettrica, John Hawken alle tastiere, Chas Cronk al basso e Rod Coombes alla batteria, oltre alla partecipazione speciale dell’ex membro John Ford in una manciata di pezzi.

strawbs live

Lo show inizia e finisce con i due brani più famosi della band, le splendide e trascinanti Lay Down https://www.youtube.com/watch?v=umzenPU9M0g  e Part Of The Union, entrambe eseguite in maniera decisamente rockeggiante https://www.youtube.com/watch?v=69O8xmIeenU . In mezzo, sedici canzoni prese dal loro vasto songbook, con ottimi esempi di folk-rock come la limpida e tersa I Only Want My Love To Grow In You, la fulgida ballata corale Shine On Silver Sun, altro loro brano tra i più popolari, gli otto minuti della complessa ed affascinante Ghosts, con le tastiere prog che incontrano la melodia folk  https://www.youtube.com/watch?v=z5REqemQ0o0, la lenta e nostalgica Remembering/You And I When We Were Young, e la vibrante fusione tra rock e folk di Cold Steel, anche se l’assolo di synth al quarto minuto me lo sarei risparmiato.

strawbs 2000's

Altri momenti salienti del concerto sono la epica e coinvolgente The Auction, il gradevole acquarello elettroacustico Out In The Cold, la roccata Just Love, dal ritmo sostenuto, ed il suggestivo medley Autumn Suite. Come bonus finale abbiamo cinque brani presi dal set acustico dello show, che inizia con la lunga e distesa The Man Who Called Himself Jesus e si snoda attraverso l’intensa Tears, la gustosa folk song dal sapore tradizionale Pavan (con ottima prestazione chitarristica), la struggente e bellissima Kissed By The Sun e la vivace Heavy Disguise, dallo stile non dissimile da quello dei Jethro Tull più folkeggianti. Bel concerto quindi, anche se trattasi di ristampa “travestita” da disco nuovo.

Marco Verdi

E Dopo Il Dessert…Caffè E Ammazzacaffè! Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night/Live At Rock Of Ages Festival 2016

blue oyster cult a long day's night

Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night – Frontiers CD/DVD

Blue Oyster Cult – Live At Rock Of Ages Festival 2016 – Frontiers CD/DVD

E proprio il caso di dire che il 2020 musicale si è aperto e chiuso nel segno dei Blue Oyster Cult, nota band americana dell’epoca d’oro dell’hard rock che quest’anno ha onorato il nuovo contratto con la nostrana Frontiers inondando il mercato di uscite discografiche, e cioè con le ristampe degli ultimi tre album di studio ufficiali ed il live del 2002 A Long Day’s Night (fra poco in dettaglio), ai quali hanno aggiunto ben cinque dischi dal vivo inediti e, come piatto forte, l’atteso nuovo lavoro The Symbol Remains, stampato lo scorso ottobre e rivelatosi più che buono https://discoclub.myblog.it/2020/10/14/e-finalmente-e-arrivato-il-dessert-blue-oyster-cult-the-symbol-remains/ . Sinceramente pensavo che il nuovo disco rappresentasse la fine del piano di uscite scaglionato per tutto l’anno, ma i BOC mi hanno stupito pubblicando da poco altri due album, e cioè la ristampa del già citato live di 18 anni fa più il “solito” CD/DVD inedito Live At Rock Of Ages Festival (registrato in Germania il 30 luglio 2016), due lavori che a questo punto penso siano davvero gli ultimi episodi di questa colossale operazione di rilancio.

Blue Öyster Cult - A Long Day's Night DVDrip-avi 0097

A Long Day’s Night, registrato a Chicago il 21 giugno del 2002 (giorno del solstizio d’estate, da cui il titolo), per anni è stata l’ultima pubblicazione ufficiale della band, un live molto bello e probabilmente migliore anche del suo predecessore Extraterrestrial Live del 1982.Il gruppo all’epoca era formato dal nucleo storico Eric BloomDonald “Buck Dharma” Roeser Allen Lanier, e completato dalla sezione ritmica di Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. Un live potente e coinvolgente come nella tradizione dei nostri, con le chitarre sempre in evidenza ed una tracklist piena di canzoni famose ma anche con qualche pezzo meno esplorato. Dagli ultimi due dischi di studio i BOC suonano solo un brano a testa, Harvest Moon da Heaven Forbid e Dance On Stilts da Curse Of The Hidden Mirror, ma poi, oltre ai soliti classici assodati (Burnin’ For You, O.D.’d On Life Itself, il tour de force chitarristico Buck’s Boogie ed il consueto finale con Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper) abbiamo pezzi che non ascoltiamo tutti i giorni, cioè due “deep cuts” del primo periodo (il dirompente boogie Stairway To The Stars, perfetto per aprire il concerto, e la robusta Mistress Of The Salmon Salt) e due brani degli anni 80 (Perfect Waters e Lips In The Hills). Ma soprattutto c’è una fulgida rilettura della splendida Astronomy, spettacolare rock ballad che per il sottoscritto è la migliore canzone di sempre della band newyorkese, qui ulteriormente impreziosita da un superlativo finale chitarristico https://www.youtube.com/watch?v=NegQGi20oCk . Il DVD allegato contiene 19 brani contro i 13 del CD, ma inspiegabilmente lascia fuori proprio Astronomy.

blue oyster cult live at rock of ages festival 2016

Facciamo un salto in avanti di 14 anni per il live inedito al Rock Of Ages Festival: Bloom e Roeser sono sempre in sella al gruppo, lo scomparso Lanier è sostituito da Richie Castellano e la sezione ritmica è formata da Kasim Sulton e Jules Radino. Altro concerto di ottimo livello ed inciso in maniera spettacolare (e qui il DVD ha un brano in meno rispetto al CD), con il rock’n’roll a farla da padrone ancora più del solito. Ci sono sette pezzi in comune con A Long Day’s Night, mentre tra le altre segnalo l’iniziale This Ain’t The Summer Of Love, versione impeccabile e trascinante, una potentissima The Golden Age Of Leather, con bella introduzione corale a cappella, la travolgente ME 262, puro rock’n’roll sotto steroidi, e soprattutto una formidabile Then Came The Last Days Of May, rock ballad di dieci minuti caratterizzata da una prestazione micidiale da parte di Buck Dharma https://www.youtube.com/watch?v=AtZxgU3Ddmo . Credo a questo punto che la scorpacciata di ostriche blu sia finita con queste due uscite, e spero vivamente che nessuno abbia fatto indigestione.

Marco Verdi

Una Band Durata Troppo Poco, Ma Che Varrebbe La Pena Riscoprire. Trees – Trees

trees box 4 cd 50th anniversary edition

Trees – Trees – Earth 4CD Box Set

(NDM: questa recensione è dedicata a Celia Humphris, bravissima e bellissima cantante del gruppo scomparsa lo scorso 11 gennaio). https://www.youtube.com/watch?v=h6apTudTFLc&feature=emb_logo 

A parte Fairport Convention e Pentangle (e Steeleye Span, Strawbs, Lindisfarne ed altri gruppi che hanno goduto di una certa popolarità), il sottobosco del folk inglese a cavallo tra gli anni 60 e 70 ha prodotto una lunga serie di band che, pur essendo musicalmente più che valide, non sono mai andate oltre un dignitoso status di culto. Tra di esse ci sono i Trees, quintetto londinese formatosi a Londra nel 1969 e scioltosi nel 1973 dopo due soli album e diverse esibizioni dal vivo, che negli anni seguenti è diventato una mezza leggenda in quanto i suoi ex componenti non si sono certo distinti per luminose carriere nel mondo della musica, e quindi intorno al gruppo è sempre rimasto un certo alone di mistero. I leader erano il chitarrista acustico David Costa ed il bassista/tastierista Bias Boshell (che era anche il principale compositore), completati dalla chitarra solista di Barry Clarke, dalla batteria di Unwin Brown e dalla splendida voce angelica della Humphris, che oltretutto era dotata di una presenza scenica incantevole. I cinque, dopo aver firmato per la CBS, diedero alle stampe due album abbastanza ravvicinati tra loro, The Garden Of Jane Delawney (aprile 1970) e On The Shore (gennaio 1971), due lavori di ottimo livello in cui i nostri mischiavano abilmente brani originali e pezzi della tradizione folk rivisitati con un piglio rock a volte quasi psichedelico.

trees folk band 3

Nonostante le critiche positive e gli apprezzati concerti dal vivo i due album non ebbero successo, forse anche a causa dei continui paragoni con i Fairport che non aiutarono di certo Costa e compagni, e di fatto il nucleo originale si sciolse nel corso del 1971. Una seconda incarnazione dei Trees con la Humphris, Clarke e tre rimpiazzi continuò ad esibirsi fino al 1973, ma l’indifferenza pressoché generale che li circondava costrinse anche loro a dire basta. Da lì in poi il più attivo in campo musicale fu Boshell, che collaborò con Kiki Dee, Barclay James Harvest ed i Moody Blues per poi riunirsi a Costa nel 2018 come On The Shore Band per riproporre dal vivo le canzoni dei Trees; Urwin intraprese la carriera di insegnante fino alla sua morte prematura avvenuta nel 2008, Clarke entrò nel business della gioielleria e la Humphris si ritirò praticamente a vita privata prestando molto saltuariamente la sua voce come ospite su dischi di altri artisti (fra i quali Judy Dyble) e, piccola curiosità, registrando la frase “mind the gap” che si sente ancora oggi sulle linee Northern e Jubilee della metropolitana di Londra. (NDM2: a dire il vero un tentativo di reunion ci fu nel 2007 nell’occasione dei remix dei due album originali, ma non si andò oltre un paio di brani nuovi, anche a causa dello stato di salute già compromesso di Urwin).

Trees_Lots_Rd_1970_col_credit_Hipgnosis

Per ricordare i Trees sul finire dello scorso anno la Earth, etichetta responsabile tra le altre cose dei recenti cofanetti retrospettivi di Bert Jansch, ha dato alle stampe Trees, un bellissimo box quadruplo che ripercorre la carriera del quintetto affiancando ai due album di studio opportunamente rimasterizzati una serie di demo, mix alternativi, outtakes e rarità dal vivo, che lo rendono un acquisto praticamente obbligato per gli amanti del folk-rock britannico dell’epoca classica, sia per la ricchezza della proposta che per la bontà dei contenuti musicali (a meno che non possediate le già citate ristampe del 2007, rispetto alle quali il cofanetto propone solo sei inediti). Prodotto come il suo successore da Tony Cox, che si era fatto già un nome in cabina di regia con i Caravan, The Garden Of Jane Delawney è ancora oggi un disco bellissimo, un vero tesoro nascosto del folk-rock britannico dell’epoca, tra brani originali e traditionals reinventati. L’iniziale Nothing Special è un pezzo elettrico, vibrante e decisamente rock, dominato dalla chitarra di Clarke che giganteggia per tutta la durata, e Celia dà un assaggio della sua voce sognante https://www.youtube.com/watch?v=QRh68muODfY  ; segue la bella The Great Silkie, cristallina rilettura di un brano tradizionale che in questo caso caso avvicina abbastanza i nostri ai Fairport, almeno nei primi tre minuti in quanto dopo la canzone prende un’altra direzione e diventa un rock psichedelico con la giusta punta di acidità, in cui i cinque (anzi quattro, visto che Celia non suona) jammano che è un piacere https://www.youtube.com/watch?v=nIerYC_JURU .

Trees Gardenjd

L’album prosegue in maniera decisamente creativa con la bucolica title track, delicata, emozionante e con la voce della Humphris accompagnata da una strumentazione acustica con aggiunta di clavicembalo e flauto, a cui seguono tre traditionals consecutivi https://www.youtube.com/watch?v=hF2GHHCLFTM : i sette minuti di Lady Margaret, puro acid folk con godurioso assolo di Clarke https://www.youtube.com/watch?v=RAJOcq9is3Q , la saltellante Glasgerion, suonata alla grande, ed una tesa e drammatica versione della classica She Moved Thro’ The Fair, altri otto minuti molto intensi in cui si invade quasi il territorio dei Led Zeppelin. Chiusura con la spedita e rockeggiante Road, con un duetto vocale tra Celia e Boshell, la suggestiva Epitaph, stavolta puro folk, e la bella e limpida Snail’s Lament https://www.youtube.com/watch?v=I-sdufQjoTM . On The Shore è forse un gradino sotto il suo predecessore ma sempre validissimo, e si apre con Soldiers Three, gradevole folk-rock quasi sotto forma di filastrocca, per proseguire con la folk ballad Murdoch, complessa ma coinvolgente https://www.youtube.com/watch?v=6-lUwcjXqgA , e con i due pezzi centrali del lavoro: i sette minuti e mezzo di Streets Of Derry, in cui il suono tagliente contrasta con la voce eterea della Humphris https://www.youtube.com/watch?v=vSKF1Dg6yCQ , ed i dieci minuti di Sally Free And Easy, che dopo una bella introduzione pianistica si apre a poco a poco con sonorità ipnotiche ed un notevole crescendo https://www.youtube.com/watch?v=kr6_EWt9cTA  .

Trees On_the_shore

Altri momenti salienti cono due splendide riletture del noto traditional scozzese Geordie (che da noi ha inciso anche De André) https://www.youtube.com/watch?v=V69A96sMDCI  e di Polly On The Shore, che invece i Fairport rileggeranno nel 1973 sull’album Nine https://www.youtube.com/watch?v=_-BbyyLmrNw , oltre allo psych-folk Fool, quasi californiana, ed una vivace ripresa del folk tune Little Sadie, che Bob Dylan aveva rifatto l’anno prima sul bistrattato Self Portrait. Il terzo CD presenta sei remix del 2007 di brani di On The Shore a cura di Costa e Boshell (gli stessi pubblicati nell’edizione deluxe dello stesso anno), in cui i due ex membri hanno tolto la patina di antico che gli originali potevano avere risuonando anche alcuni passaggi strumentali (cosa abbastanza evidente in Murdoch); in aggiunta due demo inediti del 1970 di Polly On The Shore e Streets Of Derry, entrambe non perfettamente rifinite ma già molto interessanti. Il quarto dischetto presenta brani di varia provenienza anche diversi da quelli poi finiti sui due LP originali, a partire da tre demo del 1969 con una She Moved Thro’ The Fair più corta ma ugualmente bella, e due outtakes: il traditional piuttosto noto Pretty Polly, che inizia con un arrangiamento da folk tune appalachiano con banjo in evidenza per poi trasformarsi in una rock song degna della Summer Of Love https://www.youtube.com/watch?v=24SsipdFLJA , e la breve ballata pianistica Little Black Cloud.

celia-humphris-un-cantante-con-gli-alberi-gruppo-pop-la-foto-mostra-pete-drummond-con-la-sua-sposa-dopo-il-servizio-presso-il-kensington-r-o-questa-mattina-e10er1

Poi abbiamo tre BBC sessions del 1970 (di cui due inedite): una cupa The Great Silkie, sette minuti di pura psichedelia in cui gli unici elementi folk sono la melodia e la voce (sentite il finale chitarristico) https://www.youtube.com/watch?v=IN2usssvsqI , una guizzante Soldiers Three e Forest Fire, sontuosa rock ballad eseguita in maniera superba che avrei visto bene su uno dei due album dell’epoca. Tra le chicche del box ci sono poi due ottime e riuscitissime riletture, ovviamente inedite, di She Moved Thro’ The Fair e Murdoch registrate nel 2018 al Café Oto di Londra da parte della On The Shore Band, con Costa e Boshell circondati da una corposa band che comprende quattro chitarristi, la sezione ritmica, violino, fisarmonica, flauto e due voci femminili https://www.youtube.com/watch?v=8vNrySgIq9s . Infine, i due inediti della mancata reunion del 2007, con la bella e sognante Black Widow (la voce di Celia era ancora bellissima) https://www.youtube.com/watch?v=e1kXvm_Mf0k  ed il discreto strumentale Little Black Cloud Suite. Trees è un cofanetto di cui non si è parlato molto in quanto celebra una band di cui oggi si ricordano in pochi, ma che visto il livello del suo contenuto musicale sarebbe colpevole ignorare (*NDB Purtroppo però sembra che il Box non sia più disponibile, Out Of Stock o il più netto Sold Out, con l’eccezione, forse, degli USA dove però risulta soggetto a ulteriori tasse e diritti doganali).

Marco Verdi

Forse Uragano E’ Troppo, Ma Almeno Un Turbine Sicuramente Sì! Hurricane Ruth – Good Life

hurricane ruth good life

Hurricane Ruth – Good Life – Showplace

Hurricane Ruth LaMaster, come si evince dalla foto di copertina, non è certo una “pivellina”, una giovane novizia del blues, in pista dalla fine degli anni ‘70, anche se il suo sito riporta solo un EP e quattro CD https://discoclub.myblog.it/2015/03/20/fenomeni-musicali-naturali-hurricane-ruth-born-on-the-river/ , compreso questo Good Life, tutti incisi negli ultimi 5/6 anni, ma nel suo CV ci sono vecchie collaborazioni con la Maynard Ferguson orchestra, Adrian Belew e Louis Belson, e svariate frequentazioni dal vivo in cui ha aperto per John Lee Hooker, B.B. King, Taj Mahal, Ramsey Lewis Trio, Sam & Dave, Fenton Robinson e Wiilie Dixon, che, come lei stessa ricorda, peraltro un po’ dovunque, ha detto che “si tratta dell’unico uragano che potrei apprezzare”. La nostra amica, originaria dell’Illinois, quindi una delle terre delle 12 battute, bazzica però anche in ambito rock, Heart, Steppenwolf, Judas Priest, Eddie Money, Kenny Wayne Shepherd, Royal Southern Brotherhood, non le sono sconosciuti, tanto che il suo genere viene definito Power Blues.

Hurricane-Ruth-good life 1

Ma comunque per questo nuovo album ha fatto tutto per benino: produttore Ben Elliott, album registrato negli Showplace Studios della sua nuova etichetta a Dover, nel New Jersey, e soprattutto musicisti come Bruce Katz alle tastiere, Calvin Johnson al basso, l’eccellente batterista Tony Braunagel e soprattutto Scott Holt alla chitarra, per un disco dalle sonorità ruvide, ma dove il blues risalta in modo più evidente che in passato. Anche la voce è ruvida e potente, lei ha una certa resilienza, come recitava il titolo del precedente album Ain’t Ready For The Grave, dove comunque suonavano Tom Hambridge, Rob McNelley, Reese Wynans, McCrary Sisters, quindi tutta gente più che rispettabile https://www.youtube.com/watch?v=Q3zKJtiI0kE : nel nuovo disco scorrono brani come l’iniziale vigorosa Like Wildfire, dove siamo dalle parti di Dana Fuchs, Beth Hart e altre shouter, ma anche Bonnie Raitt , e con Scott Holt e la sua fiammeggiante chitarra e il piano di Katz che sostengono la vocalità ruspante di Hurricane Ruth https://www.youtube.com/watch?v=kavs838155s . Nel mid-tempo Dirty Blues c’è qualche elemento di “sporco riffare” stonesiano, con Holt che mulina la sua solista, mentre Katz passa all’organo e la ritmica picchia di gusto, What You Never Had va più di groove, una sorta di shuffle energico, sempre con organo scivolante e chitarra in evidenza e la voce assertiva della La Master che sciorina quanto imparato su mille palchi https://www.youtube.com/watch?v=OYo5EGi-Dwc .

Hurricane-Ruth-promo-jpeg

Nella lunga title track Hurricane Ruth dimostra di sapere maneggiare con classe anche l’arte della ballata soul, ricca di pathos ed emozionante, con Holt che rilascia un altro assolo da brividi https://www.youtube.com/watch?v=kavs838155s ; Torn In Two, scritta insieme al grande autore e cantante Gary Nicholson, è un brillante esempio di scuola R&B marca sudista, con pianino insinuante, mentre Scott Holt continua ad imperversare https://www.youtube.com/watch?v=fpKfzzJCJDc , con She’s Golden, tra funky e soul, che mostra anche un lato più raffinato e ricercato della sua musica. Black Sheep viceversa torna al rock and roll ribaldo e “sguaiato”, dove Hurricane Ruth è comunque sempre perfettamente a suo agio, tra chitarre tirate e batteria che picchia, ma con costrutto, la super funky Who I Am permette a Bruce Katz una bella improvvisazione di organo nella parte finale, mentre LaMaster catechizza il suo pubblico. Late Night Red Wine propone nuovamente citazioni alla Rolling Stones, della serie l’arte del riff non si scorda mai https://www.youtube.com/watch?v=zPxzX7dv0B0 , ma anche quella della blues ballad pianistica, come nell’intensa I’ve Got Your Back dove ci sono delle analogie con lo stile di Janiva Magness, una ballata cantata con grande passione e impeto da una musicista che aspetta solo di essere conosciuta https://www.youtube.com/watch?v=gXBcnolrmZc : segnatevi il nome, Hurricane Ruth, è veramente brava.

Bruno Conti

Un Cofanetto “Vorrei Ma Non Posso” Per Una Band Dal Glorioso Passato (E Dal Solido Presente). Uriah Heep – 50 Years In Rock

uriah heep 50 years in rock front

Uriah Heep – 50 Years In Rock – Sanctuary/BMG 23CD/LP Box Set

Tra le varie celebrazioni del 2020 c’è stata anche quella, passata un po’ in sordina, dei 50 anni di carriera degli Uriah Heep, storica band hard rock londinese che nei primi anni 70 era considerata una delle quattro pietre angolari del genere insieme a Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath, anche se sia come successo che come popolarità sono sempre stati uno o due gradini sotto i tre gruppi appena citati. Almeno nei loro primi anni però gli Uriah Heep (che hanno preso il nome da un personaggio del David Copperfield di Charles Dickens) hanno sfornato alcuni album di grande levatura, con uno stile che fondeva mirabilmente hard rock e prog grazie all’uso marcato delle tastiere, che nell’economia del gruppo hanno sempre avuto quasi la stessa importanza della chitarra: il nucleo iniziale era formato dal tastierista e principale songwriter Ken Hensley, rimasto per tutta la prima decade (e morto lo scorso 4 novembre a seguito di una grave malattia), il chitarrista Mick Box, unico presente in tutti gli album della band, ed il cantante David Byron, possessore di un’ugola potente che lo faceva rientrare nella stessa categoria di “screamers” come Ian Gillan e Bruce Dickinson, mentre la sezione ritmica è quella che negli anni ha subito più avvicendamenti.

uriah heep 50 years in rock box

Lo scorso ottobre la BMG per celebrare il mezzo secolo dei nostri (attivi ancora oggi), ha pubblicato 50 Years In Rock, un monumentale cofanetto di ben 23 CD (ed un LP, contenente il classico album The Magician’s Birthday con la copertina ridisegnata da Roger Dean – famoso per gli artwork dei dischi degli Yes – autore anche della cover originale): il box, che contiene (quasi) tutta la discografia degli Heep più quattro CD extra, presenta però diverse magagne non di poco conto, la cui gravità è secondo me amplificata dall’alto costo richiesto (tra i 165 ed i 200 euro a seconda dei vari siti), e che vi vado ad elencare brevemente prima di addentrarmi nei contenuti. 1: intanto non è vero che ci sono tutti i dischi, dato che l’unico live incluso è quello famoso del 1973, e poi mancano i due album del corrente millennio nei quali la formazione attuale ha reinciso i vecchi classici, cioè Remasters: The Official Anthology del 2001 (poi ristampato nel 2015 con il titolo Totally Driven) e Celebration del 2009. 2: i dischetti non sono stati rimasterizzati per l’occasione, e non contengono neppure mezza bonus track, cosa che rende il cofanetto appetibile solo per chi, come il sottoscritto, non possiede tutta la discografia completa, dato che i neofiti si accontenteranno di una delle mille antologie sul mercato.

uriah heep 50 years in rock 2 old photo

3: il consueto libro incluso è pieno al 90% di foto e come testi si limita alle varie lineup del gruppo oltre a quattro brevi introduzioni dei curatori del progetto (Box, Hensley, il primo bassista Paul Newton ed il batterista di lungo corso Lee Kerslake, anch’egli scomparso nel 2020); inoltre, la grafica delle copertine dei CD è davvero pessima, in quanto sembrano fotocopie di bassa qualità degli originali. 4: alcuni album sono stati accoppiati con la formula “due LP in un CD”, e fin qui nulla di male, peccato che si sia scelto di “fondere” insieme le due copertine creando degli ibridi abbastanza inguardabili, e non, come è stato correttamente fatto solo per Demons And Wizards e The Magician’s Birthday, metterne una sul fronte e l’altra sul retro. 5: la magagna più grave: i quattro CD finali sono in realtà quattro compilation “esclusive” con la scelta delle canzoni preferite dei quattro curatori, ma non in versioni alternate o live ma nelle stesse già sentite nei primi 19 dischetti! In pratica quattro aggiunte totalmente inutili (e pure con diverse ripetizioni tra uno e l’altro), quando sarebbe bastato inserire b-sides, rarità e magari un paio di concerti inediti.

uriah heep VeryEavyVeryUmble UriahHeepSalisburyUK uriah heep-Look_At_Yourself

Ma veniamo ad un breve excursus sulla discografia contenuta nel box, un percorso di alti e bassi che ha però nel periodo 1970-73 una striscia di album di grande profilo, a partire dall’esordio …Very ‘Eavy…Very ‘Umble del 1970, disco con una delle copertine più orrorifiche dell’epoca (che ritrae un irriconoscibile Byron agonizzante e coperto di ragnatele) ma con pezzi hard rock di altissimo livello come Gypsy, la potente e riffata Walking In Your Shadow, il blues afterhours Lucy’s Blues, con Hensley strepitoso all’organo, la saltellante Dreammare e la suggestiva ballata Come Away Melinda, primo classico della band https://www.youtube.com/watch?v=KzylV7LpDyM . Salisbury del 1971 si apre alla grande con l’epica Bird Of Prey e si chiude con la maestosa suite di sedici minuti che intitola il disco (con l’accompagnamento di un’orchestra di 24 elementi); in mezzo, la nota Lady In Black che mostra il lato soft, romantico e folkeggiante dei nostri, bissata dall’affascinante The Park, nella quale Byron fornisce una prova vocale notevole https://www.youtube.com/watch?v=C3C8HnBT_lg . Look At Yourself, ancora del ’71, è un altro album eccelso, che vede in pratica Hensley unico compositore: la trascinante title track, tra i pezzi migliori di sempre del gruppo, e la straordinaria rock ballad July Morning sono classici assodati, ma non vanno trascurate le roboanti I Wanna Be Free e Love Machine e la “leggera” What Should Be Done https://www.youtube.com/watch?v=kk5K6L2OPj4 .

uriah heep Demons_and_Wizards uriah heep TheMagiciansBirthdayUriahHeep-Live

Demons And Wizards (1972, anche questo con la copertina di Roger Dean) è forse insieme al seguente il lavoro più famoso di Box e compagni, con la galoppante Easy Livin’ che è uno dei loro brani più conosciuti. Ottime anche la fascinosa The Wizard, Traveller In Time, Circle Of Hands, Rainbow Demon ed il boogie The Spell, ma non c’è un solo momento sottotono https://www.youtube.com/watch?v=hBAZLERYy7M . The Magician’s Birthday, sempre del 1972, ha in Sweet Lorraine un’altra canzone decisamente popolare, ma anche rock songs potenti ed epiche come Sunrise, Echoes In The Dark e la title track https://www.youtube.com/watch?v=A6mK7HKC8lI . La prima fase della carriera dei nostri si chiude nel 1973 con il noto Uriah Heep Live, registrato alla Town Hall di Birmingham ed uno dei grandi dischi dal vivo degli anni 70, con magnifiche riletture di Sweet Lorraine, Traveller In Time, Easy Livin’, July Morning, Tears In My Eyes e Look At Yourself, oltre ad un trascinante rock’n’roll medley di otto minuti che comprende Roll Over Beethoven, Blue Suede Shoes, Whole Lotta Shakin’ Goin’ On, Mean Woman Blues, Hound Dog e At The Hop https://www.youtube.com/watch?v=2NlqM8FPT1Y&list=PLO2DpnSLxoYXnY7Et3EvUw2ac1pBGwrgz .

uriah heep 50 years in rock 3 old photo

Con Sweet Freedom del 1973 gli Heep iniziano ad esplorare sonorità leggermente più radiofoniche che ne faranno l’album il più venduto della loro discografia https://www.youtube.com/watch?v=znmgVKSBnXc , e lo stesso sound proseguirà in Wonderworld del 1974, un gradino sotto come qualità, e nel riuscito Return To Fantasy del 1975: in questi tre album trovano posto canzoni piacevoli e molto poco hard come Dreamer, Stealin’, One Day, Sweet Freedom, So Tired, Prima Donna, la pop ballad The Easy Road e la “californiana” Your Turn To Remember, in cui più che gli Uriah Heep sembra di ascoltare gli Eagles https://www.youtube.com/watch?v=2o-CSc0j3dE . Ma comunque i cinque non hanno perso il tono epico, riscontrabile in Pilgrim, Return To Fantasy e nella bluesata I Won’t Mind. I restanti album della decade vedono un ulteriore ammorbidimento dei toni, con la comparsa del synth ed un suono a metà tra Toto e Boston: High And Mighty del 1976 sarà anche l’ultimo album con Byron, che verrà sostituito nei seguenti Firefly, Innocent Victim (entrambi del 1977) e Fallen Angel del ’78 da John Lawton, un buon vocalist dall’impostazione più teatrale. Non mancano anche in questi lavori i brani ottimi, come Can’t Keep A Good Band Down, Make A Little Love, Keep On Ridin’, Do You Know, la maestosa Choices, in cui Lawton sembra Ronnie James Dio, e Free Me, che sarà anche soft rock ma è indubbiamente splendida https://www.youtube.com/watch?v=lK45E6zfJeA .

uriah heep 50 years in rock 1

A quel punto però nel gruppo iniziano i tumulti seri: Lawton se ne va ed anche Hensley non è più tanto felice di stare ancora nella band, e quindi l’album Conquest del 1980 (con il tastierista che ha già un piede fuori) si rivela il più debole dei nostri fino a quel momento, a causa anche del nuovo cantante John Sloman, non esattamente un fuoriclasse. A questo punto Box decide di rifondare il gruppo e si affida al ritorno di Kerslake dietro i tamburi e ad un altro vocalist, Peter Goalby, che resta per tre album. Il problema di Abominog (1982), Head First (1983) e Equator (1985, anno in cui muore Byron) è che seguono al 100% il trend pop metal (o hair metal) tipico della decade, con canzoni piene di sintetizzatori e big drum sound, una veste sonora che si addice ben poco agli Heep specie se paragonata a quella di inizio carriera. E pure come band hair metal in giro c’è di meglio, e quindi i vecchi fans, dopo aver relativamente premiato Abominog che ha vendite discrete, li abbandonano senza essere rimpiazzati da nuovi estimatori. Raging Silence del 1989 è importante solo perché introduce il nuovo cantante Bernie Shaw (una sorta di clone di Byron) ed il tastierista Phil Lanzon, entrambi in sella ancora oggi, ma il disco prosegue il trend sonoro dei suoi predecessori, ed ancora più pop è Different World del 1991, dove in parecchi brani il quintetto suona meno rock di Sting (e ho detto tutto).

uriah heep 50 years in rock 2

Sea Of Light del 1995 (terzo disco con la copertina disegnata da Dean) segna un sorprendente ritorno ad atmosfere più classiche, con la chitarra di Box più in evidenza e canzoni migliori https://www.youtube.com/watch?v=jnNghFBupVg , e lo stesso fa Sonic Origami del 1998 seppur piazzandosi un gradino sotto. A questo punto gli Heep si prendono una pausa discografica di ben dieci anni, ripresentandosi nel 2008 con Wake The Sleeper, finalmente un album di rock duro e puro che rimanda direttamente all’età d’oro della band, anche se sembra quasi che si sia dato più spazio ai muscoli che alla scrittura delle canzoni. Molto meglio saranno i seguenti tre lavori (Into The Wild, 2011, Outsider, 2014, e Living The Dream, 2018), ottimi album di puro hard rock classico ben bilanciati tra energia e fruibilità, nonostante il suono più che gli Heep ricordi i Deep Purple, anche per la voce “gillaniana” di Shaw. 50 Years In Rock, a parte le contraddizioni di un progetto “vorrei ma non posso” o forse ancora meglio “potrei ma non voglio”, contiene quindi al suo interno diversa ottima musica specie nei primi otto-dieci CD e negli ultimi tre (se vi piace il genere, ovvio), ed è un modo seppur costoso di rievocare l’epopea degli Uriah Heep, una grande band oggi un po’ dimenticata.

Marco Verdi

Una Gradita Appendice Al Disco Dell’Estate. Jimmy Buffett – Songs You Don’t Know By Heart

jimmy buffett songs you don't know by heart

Jimmy Buffett – Songs You Don’t Know By Heart – Mailboat CD

Life On The Flip Side, ultimo album di Jimmy Buffett pubblicato lo scorso maggio, è a mio parere uno dei lavori migliori del 2020 ed in generale uno dei più belli del cantautore del Mississippi ma da una vita trapiantato in Florida https://discoclub.myblog.it/2020/06/10/signore-e-signori-il-disco-dellestate-2020-jimmy-buffett-life-on-the-flip-side/ . Ovviamente, come per la maggior parte dei dischi di Jimmy che vengono messi in commercio durante i mesi estivi, anche Life On The Flip Side è stato inciso lo scorso inverno quando ancora il Covid era una malattia che sembrava dover interessare più che altro la Cina (che invece è l’unico paese a non averne risentito economicamente, e non fatemi dire di più se no mi si accusa di complottismo): nel periodo seguente anche Buffett è stato coinvolto come tutti in una sorta di lockdown mondiale, e come molti suoi colleghi ha avuto parecchio tempo a disposizione per registrare altra musica.

jimmy buffett songs you don't know by heart 2

Nella fattispecie Jimmy ha lanciato un sondaggio online tra i suoi fans (i famosi “Parrotheads”) chiedendo loro quali canzoni tra le sue meno famose, i cosiddetti “deep cuts”, avrebbero volentieri ascoltato in un nuovo arrangiamento. Le risposte non hanno tardato ad arrivare, e Jimmy ha scelto i quindici brani che avevano ottenuto più preferenze e li ha eseguiti in una veste sonora decisamente più intima rispetto ai concerti con la Coral Reefer Band, facendosi accompagnare da pochissimi musicisti ed in formato acustico (soltanto il fidato Mac McAnally e Peter Mayer alle chitarre e mandolino ed Eric Darken alle percussioni, più il noto Matt Rollings alla fisarmonica in un pezzo), con la figlia Delaney che riprendeva il tutto per la messa in onda sul canale web del nostro Margaritaville TV. Ebbene, l’operazione ha avuto un grande successo di ascolti e di visualizzazioni anche su YouTube, cosa da convincere Buffett a pubblicare un disco nuovo con i brani suonati, album intitolato Songs You Don’t Know By Heart, cosa che inizialmente, visto l’immagine “vintage” di Jimmy in copertina ed il titolo del CD che riprendeva quello di un suo famoso greatest hits (Songs You Know By Heart), mi aveva fatto pensare ad un’antologia di pezzi meno noti.

jimmy buffett songs you don't know by heart 3

Il disco è molto gradevole e riuscito, e ci presenta un Buffett diverso, meno caraibico e più cantautore, con uno stile simile a quello di James Taylor che tra l’altro è da sempre una delle sue maggiori fonti d’ispirazione. Voci, chitarre acustiche, la batteria non sempre, qualche volta ukulele e mandolino: non c’è il muro del suono tipico della Coral Reefer Band e le ballate la fanno da padrone, ma il disco non è per nulla noioso o monotono. Dei quindici pezzi totali ben undici appartengono al periodo “classico” di Jimmy, cioè quello che va dal 1970 al 1983, mentre solo tre canzoni provengono dagli anni 90 ed una dall’attuale millennio: tutte però sono talmente poco famose che è come se fossero nuove, tranne forse Tin Cup Chalice che viene ancora ripresa abbastanza di frequente in concerto  https://discoclub.myblog.it/2020/06/10/signore-e-signori-il-disco-dellestate-2020-jimmy-buffett-life-on-the-flip-side/.

jimmy buffett songs you don't know by heart 4

E ci sono diversi brani molto belli, come la cristallina I Have Found Me A Home, pura e folkeggiante https://www.youtube.com/watch?v=M_05R70Ienc , la splendida Woman Goin’ Crazy On Caroline Street, scritta da Jimmy insieme a Steve Goodman https://www.youtube.com/watch?v=sM7xwMRr_8o , l’intensa The Captain And The Kid, Delaney Talks To Statues, deliziosa come tutte quelle dell’album dal quale proviene (cioè Fruitcakes, forse il più bello di sempre del nostro) https://www.youtube.com/watch?v=e8lSL9oN_fA , la divertente fin dal titolo Peanut Butter Conspiracy, il valzer country Something So Feminine About A Mandolin, le raffinate Love In The Library, Chanson Pour Les Petits Enfants e Cowboy In The Jungle, chiari esempi di songwriting di classe, la già citata Tin Cup Chalice, sicuramente tra le più belle, fino alla chiusura intima di Death Of An Unpopular Poet, solo Jimmy voce e chitarra. Il disco da avere di Jimmy Buffett del 2020 è senza dubbio Life On The Flip Side, ma ciò non vuol dire che Songs You Don’t Know By Heart vada ignorato.

Marco Verdi

Anche Loro Nella Categoria “A Volte Ritornano”. Firefall – Comet

firefall comet

Firefall – Comet – Sunset Boulevard

In questo ultimo periodo si sta assistendo al ritorno di alcune band storiche che non pubblicavano dischi nuovi da parecchi lustri: in particolare, in ambito country-rock, abbiamo assistito al ritorno dei Dillards, ed ora arriva il nuovo album dei Firefall, che anche loro non rilasciavano un vero nuovo CD da circa 25 anni. A differenza di altre reunion questa volta la qualità dei lavori è soddisfacente, se non ottima, almeno per i Dillards. I Firefall in particolare nascono da una costola dei Flying Burrito Brothers, la seconda formazione, quella guidata da Rick Roberts, che insieme a Chris Hillman, Bernie Leadon e Skeaky Pete Kleinow aveva registrato lo splendido terzo album omonimo dei FBB. Roberts che poi nel 1972 e 1973 aveva pubblicato due superbi album Windmills e She Is A Song, tra i migliori in assoluto della epopea West Coast, con una lista di ospiti eccezionali. Poi a fine 1973 Rick incontra Jock Bartley, uno dei componenti dei Fallen Angels, la band di Gram Parsons, Mark Andes (Spirit e JoJo Gunne), oltre a Larry Burnett e Michael Clarke batterista del giro Byrds/Burrito.

firefall 1976

Nel 1976 fu pubblicato il debutto omonimo e sempre negli anni ‘70 altri due album, che ottennero un clamoroso successo di vendita nelle classifiche americane. Buoni dischi, dove però il country-rock della band veniva spesso annacquato da forti dosi di pop e soft-rock, anche se la classe di Roberts e le armonie vocali e l’abilità strumentale del gruppo di tanto in tanto venivano a galla, e poi dagli anni ‘80 seguì un lento ed inesorabile declino. Per cui non avevo grandi speranze per questo nuovo Comet, anche alla luce del mancato coinvolgimento di Roberts, e in effetti, pur non essendo di fronte ad un capolavoro, il risultato finale a tratti è molto gradevole, quando il country-rock classico prende il sopravvento. Della formazione originale ci sono Bartley e Andes, oltre al tastierista e sassofonista David Muse, il nuovo entrato Gary Jones alla chitarra e voce, e molti ospiti, tra cui spiccano Timothy B. Schmit, John Jorgenson e John McFee.

firefall comet 2

Il primo brano Way Back When avrebbe potuto essere anche il titolo dell’album, un brano di Bartley dalla struttura folk-rock grazie al jingle-jangle byrdsyano, una nostalgica lista di gruppi e musicisti dei tempi d’oro, la chitarra solista guizzante di Jorgenson a sottolineare le belle armonie vocali del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=m_WfrgogTXM , valida anche A Real Fine Day di Robbin Thompson, un altro solare esempio del raffinato country-rock di impianto pop, ma ricco di chitarre, della band https://www.youtube.com/watch?v=r5aTMyL6aWM , e pure Hardest Chain, scritta dal batterista Sandy Ficca sprizza questo spirito ottimista del sound, con il flauto di Muse in alternanza alle chitarre, che complessivamente ricorda quello di Loggins & Messina o dei Doobie Brothers https://www.youtube.com/watch?v=8E5y2R20l74 . Tra i brani migliori del CD sicuramente una ripresa della ecologica, allora come oggi, Nature’s Way degli Spirit, cantata da Andes e Timothy Schmitt, con John McFee, proprio dei Doobies, che aggiunge un ulteriore tappeto di chitarre alla deliziosa melodia https://www.youtube.com/watch?v=TBumVS9E8b8 .

firefall 3

Younger, una ballata con piano ed acustiche in primo piano, soffre di un eccesso di zuccheri e mielosità, che era un difetto anche dei vecchi Firefall https://www.youtube.com/watch?v=muQSJf2mJuo , e pure il pop-rock della leggerina There She Is diciamo che non è memorabile https://www.youtube.com/watch?v=_bo0WvnIULs , meglio, ma non di molto Ghost Town, anche se porta la firma di Tony Joe White, di nuovo troppa melassa https://www.youtube.com/watch?v=DjchxlP1ZMo . Il “nuovo” Gary Jones contribuisce con Never Be The Same, che lui stesso canta, un filo melodrammatica, per essere generosi, mentre nel finale anche Before I Met You di nuovo scritta e cantata da Bartley, al di là di qualche tocco della elettrica è sempre troppo “carica”, lasciando alla conclusiva grintosa e tirata A New Mexico, risposta al vecchio brano di Rick Roberts il compito rialzare il tono del disco https://www.youtube.com/watch?v=RvBTnH8H9kU : al solito, tra luci e ombre, come ai vecchi tempi, alcuni brani eccellenti, altri molto meno.

Bruno Conti

Un Ottimo Live D’Archivio Per Una Band (Purtroppo) Quasi Dimenticata. Amazing Rhythm Aces – Moments: Live In Germany 2000

amazing rhythm aces live in germany 2000

Amazing Rhythm Aces – Moments: Live In Germany 2000 – Radio Bremen/MIG 2CD

Quando si pensa alla stagione d’oro del southern rock e si vuole andare oltre la “sacra triade” rappresentata da Allman Brothers BandLynyrd SkynyrdMarshall Tucker Band, c’è un folto sottobosco di gruppi più o meno popolari che hanno incarnato, a seconda dei nomi, le varie anime di questo genere musicale, siano esse rock, soul, country, blues o funky. Tra di essi uno dei migliori erano sicuramente gli Amazing Rhythm Aces, band originaria di Memphis il cui suono è sempre stato una corroborante miscela di country e rock, con qualche sporadica iniezione soul e blues: diciamo per farla breve che erano un gruppo Americana ancora prima che si iniziasse ad usare questo termine. Come spesso è capitato con band che non hanno retto con il passare degli anni, gli ARA hanno dato il meglio con i primi quattro album usciti tra il 1975 ed il 1978 (da avere almeno i primi due, Stacked Deck e Too Stuffed To Jump), per poi sciogliersi all’inizio degli anni 80 e riformarsi nella decade seguente dando alle stampe tre lavori decisamente riusciti e proseguendo nella prima decade del presente millennio ma con meno efficacia, rimanendo in piedi grazie alle esibizioni dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=pLz6nIvqB2c .

amazing rhythm aces Russell-Smith

Tecnicamente la band è ancora in attività, ma in pratica la loro storia si è conclusa nel 2019 quando un cancro si è portato via il cantante e principale songwriter del gruppo Russell Smith, ed è quindi con grande piacere che ho accolto la pubblicazione di questo Moments: Live In Germany 2000 (registrato al Moments Musikclub di Brema il 20 marzo appunto del 2000), che non è il solito bootleg radiofonico ma una pubblicazione ufficiale a cura della MIG, che è la stessa etichetta che distribuisce i concerti della serie Live At Rockpalast. Moments è un concerto decisamente bello e coinvolgente, musica americana al 100% da parte di un gruppo di cui oggi non si ricorda quasi più nessuno: oltre a Smith, gli unici membri originali sul palco in questa occasione sono il bassista Jeff Davis ed il pianista/organista Billy Earheart, completati dal chitarrista Fred James e dal batterista Bryan Owings, che aveva da poco sostituito l’altro founder member Butch McDade, scomparso due anni prima.

amazing rhythm aces 1

Musica diretta, piacevole ed ottimamente eseguita, molto influenzata dal country ma con robuste dosi di rock che vengono accentuate nelle performance dal vivo come questa: l’unica cosa forse non eccezionale è la voce di Smith, ma ciò non inficia assolutamente il piacere dell’ascolto di uno show che mescola con disinvoltura i pezzi classici dei seventies con gli highlights dei tre album degli anni 90. Non mancano ovviamente le (poche) hits del gruppo, come il limpido e terso country-rock che apre il concerto The End Is Not In Sight (The Cowboy Song), una bella canzone con chitarra e piano in evidenza, la ritmata e coinvolgente ripresa di Lipstick Traces (On A Cigarette), brano di Allen Toussaint scritto con lo pseudonimo Naomi Neville https://www.youtube.com/watch?v=xX_FCOS4RzY , la strepitosa Amazing Grace (Used To Be Her Favorite Song), un brano country di valore eccelso, e la nota Third Rate Romance, dal mood quasi tex-mex  https://www.youtube.com/watch?v=xX_FCOS4RzY. Non sto a citare tutti i 25 brani suonati, ma non posso non citare la grintosa e ruspante Typical American Boy, la splendida e solare country ballad Dancing The Night Away, la cadenzata Out Of The Blue, una notevole versione di sette minuti della soulful Love’s On The Way, decisamente calda, e la bellissima honky-tonk ballad Delia’s Long Brown Hair.

amazing rhythm aces 2

Ma meritano un cenno anche la saltellante Dancin’ With The One You Love, tra country e western swing, il bluegrass elettrico dal ritmo forsennato Guardian Angel, l’evocativa Waitin’ On Sundown, con tracce di Bob Seger, il puro country della toccante Last Letter Home (dedicata a McDade), la travolgente e cajun-oriented Rednecks Unplugged ed il roccioso blues The Blue Room, sette vibranti minuti con una formidabile prestazione chitarristica di James. Finale con il trascinante swamp-rock The Ella B, due ottime cover di Love And Happiness di Al Green e Who Will The Next Fool Be di Charlie Rich, tra rock e soul la prima ed in puro stile sixties la seconda, per concludere con l’irresistibile rock’n’roll Jerry Fontaine And His Jammin’ Guitar. Forse dimenticati in patria ma fortunatamente non in Germania: Moments è un bel modo per riassaporare la musica degli Amazing Rhythm Aces.

Marco Verdi

Un Concerto Strepitoso Per Una Band, Almeno In Canada, Leggendaria! Downchild Blues Band – 50th Anniversary: Live At The Toronto Jazz Festival

downchild 50th annversary

Downchild Blues Band – 50th Anniversary: Live At The Toronto Jazz Festival – DMP CD

La Downchild Blues Band  (o semplicemente Downchild come si fanno chiamare da qualche anno) non è forse tra i gruppi più famosi al mondo, ma nel nativo Canada è una piccola leggenda, essendo infatti considerata la prima blues band canadese e citata tra le principali influenze di gente come Blues Brothers, Jeff Healey e Colin James. Fu fondata nel 1969 dai fratelli Donnie e Richard Walsh, e nel corso di cinque decadi ha pubblicato più di trenta album, ò’ultimo https://discoclub.myblog.it/2018/01/01/un-trittico-dal-canada-1-downchild-something-ive-done/ all’insegna di una riuscita miscela di blues, rock e southern soul, una musica nella quale i fiati hanno sempre rivestito la stessa importanza di piano, organo e chitarre, e nel 2019 ha deciso di celebrare i suoi cinquanta anni con un concerto tenutosi il 22 giugno al Toronto Jazz Festival (nella città di casa quindi), show che oggi viene pubblicato su CD. *NDB Però, diciamolo subito, reperibilità molto scarsa dal Canada e prezzo quasi proibitivo, oltre i 30 euro per un singolo CD,

downchild 50th annversary 2

Ebbene, 50th Anniversary: Live At The Toronto Jazz Festival è un live album strepitoso, nel quale un gruppo in stato di grazia riesce ad entusiasmare con una prestazione decisamente coinvolgente dalla prima all’ultima canzone, e con la ciliegina sulla torta di una serie di ospiti che danno più lustro alla performance. Donnie Walsh, chitarra e armonica, è l’unico membro originale ancora presente all’interno del gruppo (il fratello Richard è passato a miglior vita nel 1999), ma comunque i suoi compagni sono con lui da diverso tempo, alcuni anche da più di trenta anni: Chuck Jackson alla voce solista (e che voce) e armonica, Michael Fonfara al piano ed organo (scomparso pochi giorni fa, l’8 gennaio del 2021), Pat Carey al sassofono, Gary Kendall al basso e Mike Fitzpatrick alla batteria, con l’aggiunta di Peter Jeffrey alla tromba. La serata parte con la swingatissima Can You Hear The Music, un trascinante jump blues con grande uso di fiati e pianoforte ed un ritmo contagioso, con i nostri subito sudati come armadilli: Jackson ha una gran voce ma neanche gli altri scherzano, con una particolare menzione per il sax di Carey. Il mood coinvolgente continua con Understanding & Affection, un pezzo dalle tonalità calde ed un delizioso retrogusto da soul song anni 60, con i fiati ancora protagonisti (una costante in tutto il concerto); il primo ospite è il compatriota David Wilcox, che con la sua slide (ma canta anche) rende irresistibile la saltellante It’s A Matter Of Time, mentre Walsh e soci suonano con un impeto notevole https://www.youtube.com/watch?v=aZ5hGH4nye8 .

downchild 50th annversary 3 with dan aykroyd

Wilcox resta sul palco per una formidabile ripresa del classico Madison Blues (Elmore James, ma l’ha fatta anche George Thorogood), ritmo sostenuto, chitarre a manetta, piano liquidissimo e via che è uno spettacolo, mentre One In A Million è uno slow blues, quasi una ballata, ma suonato sempre con molta energia e con un sapore southern dato dalla voce “nera” di Jackson e dall’organo di Fonfara. Il grande pianista californiano Gene Taylor (giro Canned Heat, Blasters e Fabulous Thunderbirds) si unisce ai nostri per una torrida I’m Gonna Tell Your Mother di Jimmy McCracklin, ritmo e feeling a volontà (e le dita di Taylor che viaggiano alla grande sulla tastiera), Mississippi Woman, Mississauga Man ospita la brava chitarrista finlandese Erja Lyytinen, una con grinta da vendere anche come vocalist https://www.youtube.com/watch?v=vrJk0hopizo ; cambio di chitarrista: arriva Kenny Neal (ex membro del gruppo) per una strepitosa versione dello slow blues Shotgun Blues, classe e bravura che vanno a braccetto (e sentite i fiati, una goduria).

downchild 50th annversary 4

Il finale è uno spettacolo nello spettacolo, con la DBB che viene raggiunta da tutti gli ospiti della serata (meno Taylor) ed in più dal grande ex direttore musicale del David Letterman Show Paul Shaffer e da Mr. Elwood Blues himself, ovvero Dan Aykroyd, per tre versioni travolgenti di Soul Man (Sam & Dave, ma anche Blues Brothershttps://www.youtube.com/watch?v=eItGm2uJm40  (versione del 40° annversario), I Got Everything I Need e del classico di Big Joe Turner Flip Flop And Fly: grandissima musica, senza mezzi termini. Ultimo bis con la DBB da sola sul palco per TV Mama, altro evergreen di Turner riletto in maniera sanguigna e con la slide di Walsh in evidenza, degna conclusione di un concerto splendido e, per quanto mi riguarda, da non perdere.

Marco Verdi

Christy Moore Una Vera Leggenda Irlandese, Parte II

christy moore 6

LONDON, ENGLAND - JUNE 18: Irish folk singer Christy Moore performs on stage during day one of Feis Festival 2011 at Finsbury Park on June 18, 2011 in London, United Kingdom. (Photo by Simone Joyner/Redferns)

LONDON, ENGLAND – JUNE 18: Irish folk singer Christy Moore performs on stage during day one of Feis Festival 2011 at Finsbury Park on June 18, 2011 in London, United Kingdom. (Photo by Simone Joyner/Redferns)

Seconda parte.

A questo punto lasciamo i detours e torniamo alla lunghissima carriera solista del nostro, magari più condensata, visto che i primi album sono ben rappresentati in Early Years 1969-1981 Eravamo rimasti a metà anni ‘70, quando esce

Christy Moore Whatever_Tickles_Your_Fancy

Whatever Tickles Your Fancy – 1975 Polydor **** Uno dei suoi dischi migliori, suono elettrico con la chitarra di Jimmy Faulkner in bella evidenza, ben sette brani sono contenuti in Early Years, mancano solo la lunga e bellissima Van Diemen’s Land e Bunch Of Thyme.

Christy Moore ChristyMoore_ST1976

Christy Moore – 1976 Polydor **** Altro disco importante, senza basso e batteria, pure questo rappresentato quasi integralmente nella antologia, forse manca solo Scariff Martyrs https://www.youtube.com/watch?v=Ygr0V71O61E .

Christy Moore Iron_behind_velvet

The Iron Behind The Velvet – 1978 Tara ***1/2 con cinque brani nel recente triplo , mancano parecchie canzoni delle 12 di questo album, però riportate in versione dal vivo nel DVD contenuto nella confezione.

Chrsty Moore Liveindublin

Live In Dublin – 1978 Tara ***1/2 Lo stesso anno esce questo disco dal vivo, registrato in trio con Donal Lunny e Jimmy Faulkner, cinque pezzi vengono estratti per l’antologia rimasterizzata, forse avrebbe meritato anche Pretty Boy Floyd di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=rcpyEPH–tc

H_Block_Album_by_Various_Irish_Folk_Artists

E ancora lo stesso anno esce la compilation antinucleare di artisti vari H-Block con 90 Miles From Dublin, una delle rare composizioni di Christy di quegli anni https://www.youtube.com/watch?v=W6BWiTVEhcM .

ChristyMooreAndFriends

E nel 1981 viene pubblicato Christy Moore And Friends dalla RTE, l’emittente di stato irlandese, con canzoni di Planxty, Stockton’s Wings, Ralph McTell e Mary Black, registrate dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=I9L83z03C6w .

Gli Anni Warner 1983-1989

Dopo i due dischi con i Moving Hearts, Moore pubblica cinque/sei album per la WEA negli anni ‘80 che sanciscono la sua trasformazione in cantautore fatto e finito.

ChristyMooreTheTimeHasCome

The Time Has Come – 1983 WEA Ireland ***1/2 Registrato in coppia con Donal Lunny, contiene ben sei canzoni firmate da Christy https://www.youtube.com/watch?v=z90z6Z3-gDc , oltre a All I Remember di Mick Hanly, Section 31 di BarryMoore/Luka Bloom, Go Move Shift di Ewan MacColl e una nuova versione di Sacco And Vanzetti di Woody Guthrie. L’anno successivo esce quello che viene comunemente ritenuto uno dei suoi capolavori assoluti.

Christy Moore Ride On

Ride On – 1984 WEA Ireland ****1/2 Con la presenza fissa di Declan Sinnott a chitarre acustiche e violino, oltre a Lunny, il disco contiene la title track, una delle sue più belle canzoni di sempre https://www.youtube.com/watch?v=y6TSG-TRs_c , anche se porta la firma del grande Jimmy MacCarthy, brano poi registrato da decine di artisti nel corso degli anni, splendida la versione di Mary Coughlan https://www.youtube.com/watch?v=ftU2euHhLM8 , inoltre due a firma dello stesso Moore, come Lisdoonvarna e Viva La Quinta Brigada, tuttora nel suo repertorio live, nonché The City Of Chicago del fratello Barry, che poi la inciderà molti anni dopo come Luka Bloom, e due di Bobby Sands, il membro dell’IRA morto in prigione nel 1981, una Back Home In Derry insieme a Gordon Lightfoot https://www.youtube.com/watch?v=vMu6CNyn24o .

Christy Moore Ordinary551

Ordinary Man – 1985 WEA ***1/2 Un filo inferiore al precedente, ma con una strumentazione molto più ricca, contiene la celebre Delirium Tremens https://www.youtube.com/watch?v=7WyWTmYINfs  e, tra le migliori The Reel in the Flickering Light https://www.youtube.com/watch?v=_VSVzCsiI4w  e Quiet Desperation, oltre a St. Brendan Voyage.

ChristyMoore_SpiritFreedom

The Spirit Of Freedom – 1986 WEA *** dico benefico registrato nel 1983 per raccogliere fondi per i prigionieri politici, contiene le due canzoni di Bobby Sands.

ChristyMoore_UnfinishedR

Unfinished Revolution – 1987 WEA ***1/2 Album acustico prodotto da Donal Lunny, contiene The Other Side e The Bridge, scritte da Moore, oltre alla bellissima Biko Drum e la title track https://www.youtube.com/watch?v=qa3n0lu3AIM , nonché una ottima cover di A Pair Of Brown Eyes di Shane MacGowan dei Pogues https://www.youtube.com/watch?v=ARijcpeWRbo .

ChristyMoore_Voyage

Voyage – 1989 WEA **** l’ultimo album ad uscire negli anni ‘80 per la Warner, prodotto ancora da Donal Lunny, di nuovo con una strumentazione ricca e la presenza di svariati ospiti: Elvis Costello in Missing You https://www.youtube.com/watch?v=bCafNgZIgW4 , oltre ad essere l’autore di The Deportees Club, Sinead O’Connor in due canzoni, The Mad Lady And Me https://www.youtube.com/results?search_query=christy+moore+voyage+lady  e Middle Of The Island, oltre a Mary Black (se Christy è il re del folk irlandese, lei è la regina) che duetta in The Voyage https://www.youtube.com/watch?v=CkRSzhTeF34 . Eccellente anche una struggente versione di The First Time I Ever Saw Your Face https://www.youtube.com/watch?v=UK6qO0u7j-Y .

Gli Anni Della Consacrazione 1999-2020

Christy Moore Smoke_and_Strong_Whiskey

Smoke And Strong Whiskey – 1991 Newberry/Sony *** non un brutto disco ma con una produzione atratti fin troppo “esagerata” di Walter Samuel e Avert Abbing, che impiegano complessivamente ben sedici musicisti nell’album, tra i quali Sharon Shannon e Davy Spillane, oltre a Declan Sinnott e Eoghan O’Neill del giro Moving Hearts, comunque ci sono ben sei canzoni scritte dal nostro, quasi un record. In ogni caso spiccano Welcome To the Cabaret e una bella versione di Fairytale Of New York dell’amico Shane MacGowan https://www.youtube.com/watch?v=Fi1EIyss4YI .

ChristyMoore_KingPuck

King Puck – 1993 Equator/Newberry ***1/2 Torna Donal Lunny alla produzione, c’è una ottima nuova versione di Before The Deluge di Jackson Browne https://www.youtube.com/watch?v=CwUP-9l6-8I e addirittura sette belle canzoni firmate da Moore, tra cui una lunghissima (13 minuti) e discorsiva Me And The Rose https://www.youtube.com/watch?v=0-xGLoV7DIQ , che poi diventerà un must delle sue elucubrazioni con il pubblico durante i concerti con conseguente sing-along.

Christy Moore Liveatthepoint

Live At The Point – 1994 Grapevine **** Dal vivo, si sa, Moore è una vera forza della natura ed in particolare in questo album, il primo dopo circa quindici anni. Il disco venne registrato in 12 diverse serate davanti a 50.000 persone complessivamente e ci presenta molti dei suoi classici e diverse chicche https://www.youtube.com/watch?v=kzhicxPANRo . Da avere.

ChristyMoore_Graffiti

Graffiti Tongue – 1996 Grapevine **** Dopo il disco dal vivo Christy Moore decide di mantenere questo approccio, un uomo e la sua chitarra, suono scarno ma intenso, e per la prima volta nella sua carriera un intero album di canzoni nuove scritte tutte da lui, tra le quali vorrei citare almeno la bellissima Rory Is Gone, dedicata a Rory Gallagher, altre eroe nazionale irlandese scomparso l’anno prima https://www.youtube.com/watch?v=iTrs51PKueg .

Christy_Moore_-_Traveller

Traveller – 1999 Sony *** per l’ultimo disco della decade e del secolo, si tenta, anche a causa di una salute declinante per problemi cardiaci, che faceva temere per la sua carriera concertistica, di nuovo la strada di un suono più moderno e complesso, c’è anche The Edge degli U2: il disco non è male, per amor di Dio, ma certi usi di synth e batterie elettroniche in alcuni brani non mi convincono del tutto, anche se parte della critica era entusiasta. Si tratta di parecchie canzoni nuove, ancora scritte da Moore, con alcune riprese di classici del passato, tra cui una versione di Last Cold Kiss, costruita intorno alla voce del padre di Christy, Andy, morto ne 1956 e trasformata in un duetto virtuale, tra le nuove spicca The Sirens Voice sulla situazione dei rifugiati somali in Irlanda https://www.youtube.com/watch?v=Fo0Ag-toItk .

Christy Moore This_is_the_Day

This Is The Day – 2001 Sony ***1/2 Il sottoscritto preferisce di gran lunga questo album, co-prodotto da Donal Lunny e Declan Sinnott, che suonano con Moore nel CD e optano per un tipo di suono più tradizionale e raccolto, e benché per l’occasione ci sia solo una canzone scritta da Moore, la scelta degli altri brani è azzeccata: How Long di Jackson Browne https://www.youtube.com/watch?v=VNOpjGKFgWM , Jack Doyle di Jimmy McCarthy, Companeros di Ewan MacColl, Cry Like A Baby di Dan Penn, Victor Jara di Arlo Guthrie, tra le migliori. Dei restanti nove album che usciranno dal 2002 a oggi, ben quattro saranno dal vivo, segno di una ritrovata voglia di fare musica Live.

ChristyMoore_VicarStreet

Live At Vicar Street – 2002 Columbia Sony ***1/2 proprio questo album è un regalo inaspettato per i fans, che dopo quello del 1994 pensavano non ci sarebbero stati altri tour, e invece, in teoria per promuovere This Is The Day lo stesso trio di musicisti registra una serie di serate al famoso locale di Dublino a fine anno, con risultati, manco a dirlo, ottimi, anche se, stranamente, dell’ultimo disco troviamo una sola canzone, ma si sa che ogni tanto gli artisti non fanno la gioia delle case discografiche https://www.youtube.com/watch?v=4vA3Z2RDz20 .

Christy Moore Burning_Times

Burning Times – 2005 Sony International **** altro ottimo CD, sempre con la formula ristretta, solo lui e Declan Sinnott alle altre chitarre, oltre che produttore. Dodici canzoni, nessuna di Moore, ma una scelta eccellente per questo album dedicato a Rachel Corrie, una attivista americana uccisa da un bulldozer a Gaza nel 2003: Motherland di Natalie Merchant https://www.youtube.com/watch?v=0rDKiqyA0pM , ben due canzoni degli Handsome Family, Beeswing di Richard Thompson https://www.youtube.com/watch?v=ixi-jlc2PNM , The Magdalene Laundries di Joni Mitchell https://www.youtube.com/watch?v=BEOXhFv9MfI , The Lonesome Death Of Hattie Carroll di Bob Dylan, Changes di Phil Ochs. Una ennesima piccola meraviglia di questo gigante della musica irlandese, sempre più bravo.

Christymoorepoint06.jpeg

Live at the Point2006 2 CD Columbia/Sony **** Quarto album dal vivo, il più corposo della sua produzione con ben 35 canzoni: ancora una volta solo lui e Declan Sinnott propongono una ampia selezione di materiale, registrata nelle feste Natalizie tra fine 2005, inizio 2006 nel famoso locale di Dublino con una capacità posti di diverse migliaia di presenti https://www.youtube.com/watch?v=u8uQWCz0_mk . Ci sono canzoni da tutti i periodi della carriera di Moore, Planxty e Moving Hearts inclusi, e anche parecchie cover scelte con cura da chi ha compilato il CD. Peccato che (e non finisco mai di meravigliarmi) il DVD che esce, peraltro con un altro titolo, Christy Moore Live In Dublin 2006, contiene solo le canzoni del primo CD, boh. Comunque rimane uno di quelli indispensabili.

Christy_Moore_-_Listen_album_cover

Listen – 2009 Sony Music Ireland **** Ancora una volta registrato con Sinnott che lo produce e suona la chitarra, il disco prevede una sezione ritmica con Eleanor Healy, che oltre a suonare il basso, provvede anche alle armonie vocali, insieme a Wally Page, autore o co-autore con Christy di tre brani, che a sua volta ne firma tre, alla batteria Martin Leahy, Pat Crowley alla fisarmonica e Neil Martin al cello. Tra le canzoni ce ne sono tre già apparse in album precedenti, inclusa Rory’s Gone, quella dedicata a Rory Gallagher, una inconsueta, ma molto bella, versione di Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd https://www.youtube.com/watch?v=-tZjbWkOjb0 come pure ancora una volta eccellente è tutto l’album.

ChristyMoore_FolkTale

Folk Tale – 2011 Sony ***1/2 Sempre insieme all’inseparabile Sinnott, che per l’occasione inserisce anche una piccola sezione di archi, oltre a Tim Edey a accordion, chitarra e bouzouki, Gerry O’Connor banjo e violino e un paio di voci femminili, tutto il resto lo suona Declan. Il nostro amico scrive ben otto nuove canzoni, andando poi a pescare, come ha fatto peraltro in tutta la sua carriera nel songbook di vari autori irlandesi, anche poco noti. Tyrone Boys è dedicata ai guai dell’Irlanda, On Morecambe Bay alla tragedia di un migrante https://www.youtube.com/watch?v=4rR7wPofjbE , Haiti al terremoto avvenuto in Centro America, solo chitarra e la sua voce partecipe, profonda e solenne, non mancano le sue storie dedicate ad omicidi in giro per il mondo e la divertente Weekend In Amsterdam che diventerà un must dei suoi concerti https://www.youtube.com/watch?v=zp4d697VxTM , insomma il “solito” Christy Moore.

christy moore where i come from 3 cd

Where I Come From – 2003 3CD Sony Music **** è una strana compilation tripla con ben 45 brani: si tratta di un misto di canzoni nuove e ri-registrazioni di vecchi brani, tra cui spiccano North And South Of The River degli U2, parecchi brani di Donal Lunny, la title track scritta dal fratello Luka Bloom https://www.youtube.com/watch?v=fEO2hlqwjJg , parecchi pezzi di Wally Page. Non mancano alcuni pezzi registrati dal vivo e comunque sono coinvolti parecchi musicisti tra i quali spicca la voce femminile di Vickie Keating ,diventata in eguito una habitué nei suoi concerti. Anche questo consigliatissimo.

ChristyMoore_Lily

Lily – 2016 Sony Music **** Per continuare il filotto di ottimi album esce quello che è a tutt’oggi il suo ultimo in studio, ancora una volta ricco di belle canzoni, strumentazioni rigogliose o più intime a cura al solito di Sinnott. “Solo” tre canzoni nuove di Christy Moore, tra le quali la splendida title track https://www.youtube.com/watch?v=Q0kjQTR4BKE , Lost Tribe Of The Wicklow Mountains e il tradzionale ri-arrangiato Green Growns The Laurel ed una splendida versione di Wallflower di Peter Gabriel https://www.youtube.com/watch?v=j4jnlt9DPtY . Se sarà l’ultimo disco della sua carriera (in considerazione anche dei 75 anni suonati) veramente un bel commiato. Ma il nostro amico, come riferito sulla rivista negli ultimi anni, ci regala anche due sontuosi doppi CD dal vivo

christy moore on the roadchristy moore magic nights

On The Road – 2017 2 CD Columbia Sony Music Ireland **** https://discoclub.myblog.it/2018/01/14/supplemento-della-domenica-forse-il-miglior-disco-ufficiale-dal-vivo-del-2017-christy-moore-on-the-road/

Magic Nights – 2019 2 CD Columbia Sony Music Ireland **** https://discoclub.myblog.it/2020/01/14/un-altro-doppio-cd-dal-vivo-formidabile-per-il-musicista-irlandese-christy-moore-magic-nights/

acquistabili anche in un elegante cofanetto da 4 CD intitolato, manco a dirlo Magic Nights On The Road, che se già non avete fa parte degli indispensabili della sua carriera. Quasi tutti gli album della sua discografia, non era ancora stato detto, sono stati spesso e volentieri al n° 1 delle classifiche irlandesi, o comunque almeno nella Top 10 e anche in Inghilterra Christy Moore ha avuto sempre un buon successo di vendite.

Piccola Appendice Finale

christy moore the box setchristy moore uncovered

Se il completista si annida in voi, oppure volete avere un cofanetto riepilogativo della sua carriera è consigliato anche The Box Set 1964-2004 – 6 CD Columbia Sony Music **** che pesca da tutti gli album usciti fino ad allora, ma è anche ricco di brani rari o inediti, ed infine a livello video vi consiglio, a parte i DVD dei Planxty ed il Live del 2006 ricordato poc’anzi, il bellissimo Christy Moore Uncovered **** uno splendido documentario uscito nel 2001, ricco di interviste, cenni biografici e parecchie canzoni https://www.youtube.com/watch?v=8GEqQ5QcYCo . E nel frattempo il nostro amico ha pubblicato una serie di video su YouTube intitolati The Lockdown Sessions, registrati a casa sua, questo è l’ottavo e ultimo episodio ihttps://www.youtube.com/watch?v=w-QmCd4sVvs&t=572s. , con una veloce ricerca trovate anche gli altri.

E’ tutto, lunga vita a Christy Moore, Re della musica folk irlandese.

Bruno Conti