Il Lato Oscuro Del Texas! Lord Buffalo – Tohu Wa Bohu

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Lord Buffalo – Tohu Wa Bohu – Blues Funeral CD

I Lord Buffalo sono un quartetto di Austin, Texas (ma il loro leader Daniel Pruitt è originario di Stillwater, Oklahoma) nato nel 2012 dalle ceneri degli Hot Pentecostals, e che ha esordito nel 2017 con l’omonimo (ed introvabile) Lord Buffalo. Il fatto che vengano dal Texas può far pensare che facciano country o southern rock, ma loro si autodefiniscono “mud-folk”: in pratica la loro musica è un cocktail di rock desertico e psichedelia, le atmosfere sono notturne e stranianti, quasi malate, come se i nostri fossero una via di mezzo tra i 13th Floor Elevators di Roky Erickson ed i Dream Syndicate, ma con un uso ancora più massiccio di sonorità plumbee. Tohu Wa Bohu (un’espressione ebraica che indica la condizione della Terra appena prima della creazione della luce nella Genesi, e già questo dovrebbe far riflettere sul tipo di musica contenuta) è il nuovo lavoro del quartetto, che oltre a Pruitt (voce e chitarra) vede Garrett Hellman alla chitarra e organo, Patrick Petterson al basso, violino e violoncello e Yamal Said alla batteria.

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Niente country quindi, e nemmeno sonorità che mettano l’ascoltatore a proprio agio: Tohu Wa Bohu è un disco indubbiamente affascinante e creativo, ma mentirei se dicessi che si lascia ascoltare con facilità; qui tutto è cupo, buio e sofferto, con gli strumenti che vengono usati non nel modo canonico ma per creare un insieme dichiaratamente spiazzante. Otto canzoni che iniziano con Raziel, un avvio inquietante e pieno di tensione, con un violoncello a fendere l’aria (giuro, mi ricorda il brano che accompagnava la scena dell’orgia in Eyes Wide Shut), poi entra una batteria plumbea ed una chitarra leggermente distorta in lontananza, per un brano che fonde psichedelia, folk gotico, rock e musica desertica https://www.youtube.com/watch?v=Jukm0rX-tSs . Il brano è volutamente dissonante, eppure il crescendo elettrico alla fine riesce a catturare l’ascoltatore (forse per ipnosi): quasi al settimo minuto il ritmo sale all’improvviso e sembra di stare all’interno di un incubo popolato da figure sinistre. Wild Hunt inizia con un’insistente percussione doppiata da un pianoforte volutamente monotono, una chitarra si fa largo e Pruitt canta un motivo apparentemente senza melodia fino all’ingresso del resto della band che trasforma il pezzo in una rock ballad ipnotica e destabilizzante https://www.youtube.com/watch?v=9VfSlDs52NY .

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Halle Berry (sì, proprio come la bellissima attrice) vede Pruitt declamare i versi come se fosse un incrocio tra Steve Wynn e Jim Morrison (però fatti di acidi), con dietro di lui una ritmica spezzettata ed il solito tappeto chitarristico obliquo https://www.youtube.com/watch?v=lNY5J_JAMRw . Non è un disco facile, per niente, e sinceramente in un anno cupo come questo 2020, inizio 2021 non so nemmeno se è ciò di cui ho bisogno: Dog Head è una sorta di folk ballad elettrica, con gli strumenti centellinati nel buio, tempo lento ed atmosfera tetra, la title track è un altro pezzo dall’incedere ipnotico e senza squarci di luce, ma anzi con chitarra e violino che fanno a gara a chi va più in distorsione, mentre Kenosis ha uno sviluppo soffuso e sinuoso, con la voce al centro ed un pianoforte gelido alle spalle: meno spiazzante delle precedenti pur rimanendo nelle tenebre. Il CD si chiude con Heart Of The Snake, un pezzo in cui il leader sembra intonare un motivo normale ed i suoi compagni si adattano fornendo un background sonoro che sa di film western psichedelico (forse il brano meno ostico di tutti) https://www.youtube.com/watch?v=1Br2AdK5omU , e con Llano Estacado No. 2, uno strumentale dal mood angosciante ed allucinato.

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Tohu Wa Bohu è quindi un disco strano, difficile e coraggioso, che ha sicuramente delle potenzialità e può anche risultare affascinante, ma che nello stesso tempo non mi sento di consigliare senza remore.

Marco Verdi

Christy Moore Una Vera Leggenda Irlandese, Parte I

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Christy Moore 1970 1

Christopher AndrewChristyMoore nasce a Newbridge, nella Contea di Kildare, Irlanda, il 7 Maggio 1945, quindi hai ormai tagliato il traguardo dei 75 anni, e anche oltre 50 anni di carriera, visto che il primo album Paddy On The Road fu registrato con Dominic Behan ai Sound Techniques Chelsea di Londra nel 1969 e benché pubblicato da una etichetta importante come la Mercury ebbe una tiratura limitata in vinile di sole 500 copie, e poi in seguito, molti anni dopo, pubblicato anche in CDR a livello autogestito dallo stesso Christy, con una qualità sonora diciamo non impeccabile: stile musicale a grandi linee alla Dubliners https://www.youtube.com/watch?v=s1wF9Z0hpXY , con il nostro accompagnato da un gruppo di jazzisti assemblato da Behan, e come ebbe a dire lo stesso Moore, le affinità tra loro erano più intorno ad un boccale di birra che per motivi stilistici, benché il disco risentito oggi risulti piacevole, in parte influenzato anche dal nascente fenomeno del folk-rock britannico, da cui sarebbero uscite band come i Fairport Convention, gli Steeleye Span e i molti più raffinati Pentangle, oltre a decine di altre.

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Il nostro amico non era già più un giovane di belle speranze, considerando che aveva 24 anni, e nel Regno Unito dell’epoca molti erano quasi alla fine della carriera a quella età, George Harrison e Paul McCartney avevano solo 2-3 anni più di Moore. Comunque parecchi musicisti irlandesi si spostavano in Inghilterra dove c’erano molte più possibilità di lavorare, e anche la scena folk più tradizionale era in piena fioritura, tanto che che Christy Moore decide di tornare in Irlanda, dove nel 1972 viene pubblicato il suo primo vero album solista, ovvero

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Prosperous – 1972 Tara Music ***1/2, disco che prende il nome di una città delle Contea di Kildare, e dove il nostro amico, voce solista e chitarra, è affiancato da Andy Irvine, mandolino e mouth organ, Liam O’Flynn, uileann pipes e tin whistle e Donal Lunny, chitarra e bouzouki, che quasi subito dopo diventano i Planxty, ma nel disco in questione sono affiancati anche da Kevin Conneff, futuro Chieftains, al bodhran, Clive Collins al violino e Dave Bland alla concertina, entrando stilisticamente in contrasto con i citati Dubliners, più orientati verso un suono da pub, vicini ai Chieftains che cominciavano ad ampliare i loro orizzonti sonori, gli Sweeney’s Man, nei quali militavano proprio Irivine e Terry Woods, di lì a poco negli Steeleye Span e in futuro nei Pogues, oltre a Johnny Moynihan, prima nei Planxty e poi nei De Danann, dove andrà a sostituire proprio Irvine. Quindi come vedete c’era un forte intreccio e interscambio nel filone folk, prettamente più acustico e rigoroso, ma con nuove traiettorie sonore meno tradizionali rispetto alla tradizione, se mi scusate il bisticcio, anche se il repertorio veniva in gran parte da lì, come dimostra Prosperous, dove a fianco di un solo brano di Moore, la mossa e deliziosa I Wish I Was In England https://www.youtube.com/watch?v=e7SpMXFFRDE , c’erano ben sette traditionals arrangiati dallo stesso Christy, oltre ad un pezzo di Bob Dylan Tribute To Woody https://www.youtube.com/watch?v=fFkKmqcqOTI , uno dello stesso Guthrie The Ludlow Massacre https://www.youtube.com/watch?v=ktWxFtkL314 , che illustrano un approccio più cantautorale che già da allora è una caratteristica di Moore, ottime anche A Letter To Syracuse di Bill Caddick e Spancil Hill, famosa per un futuro duetto di Christy con un non più giovane, ma comunque sdentato ed “inebriato” Shane MacGowan https://www.youtube.com/watch?v=_iUEwB4ME3I , oltre a Raggle Taggle Gypsy ;Tabhair Dom Do Lámh  https://www.youtube.com/watch?v=RCJxHXax6LA poi nel primo Planxty.

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Ben sei delle canzoni del disco sono contenute in The Early Years 1969-1981 –2020 2CD +DVD Tara/Universal ****, che è stato il motivo scatenante di questo articolo e dalla cui recensione potete attingere per recuperare altre informazioni sul primo periodo della carriera di Moore. Nello stesso anno inizia la prima parte dell’avventura con i Planxty che si svolgerà in tre fasi e che accorpiamo qui sotto

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The Planxty Years 1972-1974 – 1979-1983 – 2004

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Planxty – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Uno dei dischi più belli dell’epopea del folk, ma lo sono tutti quelli della band: Christy Moore, Andy Irvine, Donal Lunny e Liam O’Flynn crearono una unità di intenti e una alchimia di suoni raramente riscontrati in altri gruppi dell’area celtica. Dall’apertura con il medley Raggle Taggle Gypsy / Tabhair Dom Do Lãmh, già presente in Prosperous, fino alla conclusiva The Blacksmith è tutto un susseguirsi di brani splendidi, Moore è il leader indiscusso, ma gli altri non sono dei semplici comprimari https://www.youtube.com/watch?v=SHefR3Ttd_c&t=6s . Tra reel, brani tradizionali arrangiati collegialmente, un brano di Ewan MacColl, una canzone di Andy Irvine, vari strumentali il disco, registrato a fine 1972 e pubblicato all’inizio del 1973. si ascolta con immenso piacere. Lo stesso anno esce

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The Well Below The Valley – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Stessa formazione anche per questo album e pari risultati superbi, dodici brani in tutto https://www.youtube.com/watch?v=AcAPM-98JQw , con di nuovo solo un brano di Andy Irvine, mentre il resto è composto da traditionals arrangiati dalla band, quattro strumentali mi pare, tra gighe, reels e hornpipes, non vi ricordo i titoli del disco perché sono tutti eccellenti https://www.youtube.com/watch?v=0p3fN0RSmpM . L’anno successivo esce il terzo album

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Cold Blow And The Rainy Night – 1974 Polydor/Shanachie****1/2 Già è bello dal titolo, fortemente evocativo. Per l’occasione c’è una novità significativa. In formazione entra anche il citato poc’anzi Johnny Moyniham a voce, bouzouki, violino e tin whistle, questa volta il repertorio è tutto tradzionale, proprio per sfizio vi ricordo la splendida iniziale corale Johnny Cope https://www.youtube.com/watch?v=4jjsK0-TfOk , la struggente title-track https://www.youtube.com/watch?v=si9gOQwanwc , e dal lato Moore la delicata e sognante The Lakes Of Pontchartrain, oltre alla lunga conclusiva The Green Fields Of Canada, veramente magnifica https://www.youtube.com/watch?v=iQWgdAew40o . Finita la fase uno, Christy torna alla carriera solista ma noi proseguiamo con gli altri album del gruppo.

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After The Break – 1979 Tara/Shanachie***1/2 Esce Moyniham e arriva Matt Molloy al flauto, ex Bothy Band (con Lunny) e futuro Chieftains, sempre repertorio tradizionale arrangiato collegialmente, il vinile ha otto pezzi, nella versione in CD ne vengono aggiunti due. Prodotto da Donal Lunny ai Windmill Lane Studios di Dublino, l’album è forse leggermente inferiore ai tre precedenti, ma è comunque sempre un bel sentire: nel brano Smeceno Horo vengono unite le tradizioni irlandesi e bulgare https://www.youtube.com/watch?v=mHDPesWdFo8 , e una delle due bonus del CD è la bellissima canzone di Irvine The Bonny Light Horseman https://www.youtube.com/watch?v=Ooq3e_PnD68 . L’anno successivo arriva

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The Woman I Loved So Well – 1980 Tara/Shanachie**** Per l’occasione, oltre a Molloy che rimane come ospite, vengono inseriti in aggiunta Bill Whelan alle tastiere, Noel Hill alla concertina e Tony Linnane al violino: il disco si apre con una bella versione di un brano di Norman Blake True Love Knows No Season https://www.youtube.com/watch?v=7Msq5EubGZE , da notare un vorticoso strumentale The Tailor’s Twist con le uillean pipes di O’Flynn in evidenza e soprattutto https://www.youtube.com/watch?v=QteFInJBdG0 , mezza stelletta in più, per una epica versione di quasi 10 minuti della ballata Little Musgrave, che però tutti conosciamo come Matty Groves https://www.youtube.com/watch?v=vUTfv2P5oW4 . Altri tre anni di attesa e poi la terza reunion del gruppo con

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Words And Music – 1983 WEA/Shanachie***1/2 ancora line-up espansa con Bill Whelan, ora membro fisso e come ospiti i due violinisti Nollaig Casey e James Kelly, oltre a Eoghan O’Neill al basso elettrico, che nel 1982 era entrato a far parte dei Moving Hearts, altra band collaterale di Christy Moore di cui parliamo subito dopo l’excursus sui Planxty. In questo nuovo album da segnalare parecchi tradizionali tra i quali la lunghissima Lord Baker, arrangiata da Moore che la canta https://www.youtube.com/watch?v=qLFogBHY0Jo , una canzone di Irvine Aragon Mill , preceduta da uno strumentale https://www.youtube.com/watch?v=RzwwwMoGiCY e una ottima versione di I Pity The Poor Immigrant di Bob Dylan https://www.youtube.com/watch?v=60-eFNun2Ho . Altra lunga pausa e per la serie a volte ritornano, per la quarta volta, con un ottimo album dal vivo.

Planxty Live_2004_(Planxty)

Live 2004 – Columbia Sony Music Ireland anche in DVD**** Formazione originale a 4, si tratta di brani estratti da una serie di concerti in giro per l’Irlanda nel tour di quell’anno che riprende la storia da dove si era interrotta con grande fluidità ed eccellenti risultati, visto che dal vivo sono comunque strepitosi, e il DVD ha tre canzoni in più, con versioni magnifiche di tutti i loro classici https://www.youtube.com/watch?v=Nt4ySrsBBSQ .

Appendice 1 Planxty

Planxty Between_the_Jigs_and_the_Reels_-_A_Retrospective

Quatto anni fa esce una “piccola meraviglia” da non lasciarsi sfuggire, ecco quanto avevo scritto, mi cito: Between The Jigs And The Reels 2016 Universal Music **** una sorta di Santo Graal per i fans della band irlandese: un doppio album, CD+DVD, con il DVD come bonus (o se preferite due al prezzo di uno, anche dalla copertina non è chiaro il contenuto), anche con la sterlina che ultimamente dopo la botta della Brexit è risalita di valore, comunque a un prezzo veramente interessante, forse non di facilissima reperibilità, ma assolutamente fantastico per i suoi contenuti https://discoclub.myblog.it/2016/11/26/nuova-inattesa-sorpresa-dallirlanda-planxty-between-the-jigs-and-the-reel-cddvd/ . Il primo dischetto in effetti è “solo” un CD antologico, con 17 brani, tratti dalla loro discografia: ma comunque fondamentale anche per i completisti, con la presenza del raro singolo del 1981 Nancy Spain, che sul lato B presentava la suite composta da Donal Lunny e Bill Whelan, all’epoca in formazione, intitolata Timedance, da cui il secondo poi avrebbe preso spunto per creare la famosa serie di musiche e balletti conosciute in seguito come Riverdance.

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E l’altra chicca fu che il brano venne usato come pezzo da mandare in onda nell’intervallo dell’Eurovision Song Contest (il nostro Eurofestival per intenderci) tenutosi a Dublino il 4 aprile del 1981, con tanto di accompagnamento, insieme ai Planxty di una orchestra sinfonica e di una sezione ritmica https://www.youtube.com/watch?v=VnPI0qEDO5A . E lo si ritrova, in versione Live, anche nel DVD, estratto da un concerto del 1982 al National Stadium. E proprio la parte video è la grande sorpresa di questa confezione: 36 brani registrati per RTE, la televisione irlandese, tra il 1972 e il 1982, più o meno tutti inediti e il vero motivo per cui acquistare questo doppio, anche per chi ha già tutto di questa formazione, Ma che per non li conosce è comunque l’occasione per fare un incontro con uno dei più grandi gruppi della storia del revival del folk anglo-scoto-irlandese, tra innovazione e tradizione, guidato dai due grandi cantanti come Andy Irvine e Christy Moore, con l’ottimo Liam O’Flynn alle uilleann pipes e tin whistles, e il polistrumentista Donal Lunny, futuro catalizzatore anche della Bothy Band e dei Moving Hearts  (con Moore).

Appendice 2 Planxty

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Per la serie la saga non finisce mai, nel 2018 la tedesca Mig Records pubblica One Night In Bremen ***1/2 altra ottima testimonianza di un concerto della band dell’aprile del 1979, nel corso della seconda reunion, 12 canzoni che testimoniano ancora una volta la grandezza del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=4U1zAx-DTzI . Passiamo ora ai

Moving Hearts 1981-1985

moving hearts 1981-1985

Quattro album pubblicati tra il 1981 e il 1985, più una reunion nel 2007 per un Live a Dublino in CD+DVD, ma Christy Moore c’è solo nei primi due, ma che dischi ragazzi (non che gli altri siano brutti, visti a Milano dal vivo nel 1984 e anche senza Christy. con Mick Hanly alla voce, erano comunque un fior di gruppo)!

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Moving Hearts – 1981 Warner Music Group **** una delle prime band irlandesi nell’ambito folk celtico ad usare una strumentazione elettrica (non contiamo i gruppi scozzesi, inglesi o misti), forse con l’eccezione dei grandi Horslips, più vicini anche al rock: la formazione originale, con sette elementi prevedeva Christy Moore, voce, chitarra e bodhran, Donal Lunny, voce, bouzouki e synth, Declan Sinnott, chitarre elettriche ed acustiche, uno dei più grandi solisti usciti dalla Emerald isle, Davy Spillane, uilleann pipes, low whistle, un altro strumentista formidabile, Keith Donald sax tenore e soprano, Eoghan O’Neill, basso, anche fretless e Brian Calnan batteria. Questo album omonimo è un piccolo capolavoro: a partire dalla travolgente Hiroshima Nagasaki/Russian Roulette (siamo sempre negli anni del forte impegno anti-nucleare) https://www.youtube.com/watch?v=mAPXTVotR4w , una versione superba di Before The Deluge di Jackson Browne, che se la batte con l’originale https://www.youtube.com/watch?v=s5w5cuNbygg , un formidabile strumentale come McBrides dove girano a mille https://www.youtube.com/watch?v=C15AcKRQR3Q , solo per citarne alcune, ma tutto il disco è bellissimo. L’anno dopo esce

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Dark End Of The Street1982 Wea ***1/2 Leggermente inferiore all’esordio, ma sempre un ottimo disco: ancora una volta Christy Moore non scrive nessuna canzone, ma come canta. La famiglia a livello autorale è rappresentata dal fratello Barry Moore, il futuro Luka Bloom, che scrive l’iniziale elegiaca Remember The Brave Ones https://www.youtube.com/watch?v=PwwIs9yES8U ; fantastica anche la versione folk-rock di uno dei classici assoluti del soul come Dark End Of The Street https://www.youtube.com/watch?v=yiAK4YvUFbE . Let Somebody Know una delle rare canzoni scritte e cantate da Declan Sinnott, sentire l’assolo https://www.youtube.com/watch?v=JibGMkwMUXo  e Allende, con un infervorata interpretazione di Christy Moore https://www.youtube.com/watch?v=2PLqhasAajg .

Fine della prima parte, segue.

Bruno Conti

Dopo Un Grande Album In Studio, Ecco Un Ottimo Live. Margo Price – Perfectly Imperfect At The Ryman

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Margo Price – Perfectly Imperfect At The Ryman – Loma Vista/Universal CD

That’s How Rumors Get Started, ultimo album di Margo Price, è stato per il sottoscritto uno dei dischi del 2020 https://discoclub.myblog.it/2020/07/11/nuovi-e-splendidi-album-al-femminile-parte-1-margo-price-thats-how-rumors-get-started/ . Un album profondo e coinvolgente con una serie di canzoni splendide da parte di un’artista matura che è andata oltre i suoi esordi country e si è presentata come una singer-songwriter a 360 gradi, proponendo un sound di stampo californiano vicino a certe cose dei Fleetwood Mac e di Tom Petty. L’album, che doveva uscire agli inizi di maggio, è stato però posticipato a luglio a causa della pandemia, ma per consolare i fans Margo ha pubblicato più o meno nello stesso periodo sulla piattaforma Bandcamp (e quindi solo in formato download) un disco dal vivo inedito intitolato Perfectly Imperfect At The Ryman, registrato nel maggio 2018 presso la mitica location del titolo, vero tempio della musica country a Nashville.

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Ora Margo ha deciso di far uscire l’album anche in CD, e devo dire che l’idea è davvero gradita in quanto ci troviamo tra le mani un ottimo live di puro country-rock elettrico, eseguito dalla Price con piglio da vera rocker, cantato benissimo e suonato da una band coi fiocchi formata dal marito Jeremy Ivey alle chitarre (insieme a Jamie Davis), Micah Hulscher alle tastiere, Luke Schneider alla steel e dobro e con la sezione ritmica formata dal bassista Kevin Black e dal batterista Dillon Napier, oltre ad un nutrito gruppo di backing vocalist e tre ospiti d’eccezione che vedremo a breve. Chiaramente essendo un concerto di più di due anni fa non ci sono le canzoni di That’s How Rumors Get Started, ma una selezione del meglio dei primi due album di Margo ed un paio di cover azzeccate. L’iniziale A Little Pain è una ballata a tempo di valzer ma suonata con molto vigore: la Price possiede una gran voce ed il brano ha un delizioso sapore anni 60, compreso l’assolo chitarristico in stile twang.

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Weekender è una bella canzone dalla tipica melodia country (ricorda parecchio Dolly Parton), ma con un arrangiamento funk-rock che crea un contrasto interessante (e che voce). Il tutto precede la squisita Wild Women, vivace e coinvolgente country-rock con Emmylou Harris che raggiunge Margo per un duetto tutto da godere https://www.youtube.com/watch?v=DetT8QUvp1w . La Price saluta Emmylou ed invita sul palco l’amico Sturgill Simpson (che tra l’altro ha prodotto il suo ultimo disco) per una rilettura tutta ritmo e chitarre del classico di Rodney Crowell I Ain’t Living Long Like This https://www.youtube.com/watch?v=iw1MOT4W6sc , controbilanciato subito dalla tenue e gentile Revelations, mentre Worthless Gold di country non ha praticamente nulla essendo una rock song elettrica e riffata, che dimostra la versatilità di Margo ed anche la sua grinta.

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Il trascinante honky-tonk medley intitolato Hurtin’ (On The Bottle), in cui compare anche un accenno a Whiskey River di Willie Nelson, fa da apripista per una versione inizialmente rallentata e sinuosa dell’evergreen dei Creedence Proud Mary, quasi come se l’autore invece di Fogerty fosse Tony Joe White https://www.youtube.com/watch?v=IYhYhzjugFU , ma poi arriva una decisa accelerata ed il pezzo assume la veste di un travolgente gospel-rock grazie anche al botta e risposta con il Gale Mayes Nashville Friends Choir. Chiusura con All American Made, slow di quasi otto minuti molto intensi per voce, piano e armonica  https://www.youtube.com/watch?v=E9-ORYUNqhw, l’energico rockin’ country Honey, We Can’t Afford To Look This Cheap, in cui Margo duetta con un acclamatissimo Jack White (co-autore del pezzo) https://www.youtube.com/watch?v=ngyvtmMA_6Q , e con la delicata ballata acustica World’s Greatest Loser. Scusate il bisticcio di parole, ma questo Perfectly Imperfect At The Ryman è un live molto “vivo”, ed un altro bel disco per la bravissima Margo Price.

Marco Verdi

Uno Strano Terzetto Allargato, Però Molto Efficace. Kacy & Clayton Marlon Williams – Plastic Bouquet

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Kacy & Clayton Marlon Williams – Plastic Bouquet – New West Records

Kacy & Clayton, spesso pronunciati come una unica entità, sono in effetti una coppia di cugini canadesi, originari del Saskatchewan, che agiscono come duo sin dal 2011, all’inizio a livello indipendente, poi sono stati notati dalla New West che li ha messi sotto contratto, e anche da Jeff Tweedy , che ha prodotto i due album del 2017 e 2019, The Siren’s Song e Carrying On, entrambi premiati da ottimi riscontri della critica. Per completare, Kacy (Lee) Anderson è la vocalist ed autrice delle canzoni, mentre Clayton Linthicum è il chitarrista e strumentista tuttofare (che fa parte anche del giro degli ottimi Deep Dark Woods) che è il tessitore delle rarefatte ma raffinate costruzioni sonore del duo, che comunque ha anche una sezione ritmica fissa costituita da Mike Silverman alla batteria e Andy Beisel al basso, presente negli ultimi due album, mentre nel nuovo Plastic Bouquet si è aggiunto anche Dave Khan al violino.

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Ma la novità più importante, al di là della fine della collaborazione con Tweedy, è l’imprevisto arrivo di Marlon Williams, cantautore neozelandese autore di uno splendido omonimo album di debutto nel 2016 (ma già nel 2015 Down Under), poi non del tutto confermato con il pur eccellente successivo Make Way For Love del 2018, che qualcuno aveva trovato troppo ridondante: il “problema”, se così lo vogliamo chiamare, sta nelle voce, ora eterea ora possente di Marlon, che è stata paragonata di volta in volta a Nick Cave ed Elvis, Johnny Cash e Roy Orbison ( e pure l’epigono Chris Isaak) , creando grandi aspettative per questa sorta di crooner folk. L’unione delle forze del trio, in questo album registrato e concepito tra Canada, Nuova Zelanda e Nashville, magari non sempre funziona del tutto, ma confrontato con le uscite di molti nuovi “fenomeni” della canzone, spesso presentati come dei Messia, è comunque sempre un bel sentire: undici canzoni originali, a firma Anderson e Williams, che producono anche il disco, a cavallo tra languori folk-country-rock dai sapori canadesi di Kacy e Clayton e la vocalità esuberante di Marlon https://www.youtube.com/watch?v=BgHpTL5Gx3k .

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Quando i due mondi si intrecciano però scatta la magia: come nel primo singolo I Wonder Why , dove tra eteree slide e atmosfere sognanti i due gorgheggiano, come novelli Gram ed Emmylou https://www.youtube.com/watch?v=gp9s-2QjRWI , oppure come nel delizioso honky tonk con pedal steel d’ordinanza e violino in sottofondo di Old Fashioned Man, cantata da Kacy Lee con Williams che novello Elvis, canta il secondo verso https://www.youtube.com/watch?v=pAbxAVTnJ0A . I’m Gonna Break It è pura country music, di quella sublime, con i due che si alternano alla guida e poi armonizzano dolcemente, delicata anche la languida Last Burning Ember affidata alla Clayton, sempre con il supporto di Marlon, più in territori folk-roots, ma sempre con richiami a certo country cosmico. Light Of Love sembra uno di quei vecchi duetti alla Nancy Sinatra/Lee Hazlewood, con lui più celestiale Orbison o Buckley che austero Lee https://www.youtube.com/watch?v=cYjk3Bb2f00 , mentre Arahura, dal nome di uno sconosciuto (ma non a lui evidentemente) fiume della Nuova Zelanda, evidenzia la perfetta intesa tra la voce fragile ma assertiva e gorgheggiante di Kacy che si appoggia su quella maschia di Williams https://www.youtube.com/watch?v=UZZya84eusU   , e ottimo anche il simil bluegrass della ondeggiante title track, dove è sempre la voce femminile a guidare le danze.

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Sarà pur sempre musica magari poco innovativa, ma quando è eseguita con passione come in questo album, non si può fare a meno di apprezzarla e fregarsene dei giudizi: interessante anche I’m Unfamiliar con un organetto vintage in evidenza, dove magari si sarebbe apprezzato maggiormente il timbro di Margo Timmins rispetto alla Anderson, ma non si può avere tutto https://www.youtube.com/watch?v=SCbDcNeT_tM . In chiusura Devil’s Daughter, che nonostante il titolo è più angelica che diabolica https://www.youtube.com/watch?v=Au43In2Yklw , un sommesso duetto sulle ali di due chitarre acustiche che conferma la validità di un disco che magari non entusiasma ma ti conquista lentamente.

Bruno Conti

Metallari Loro? Ma Per Piacere! Thin Lizzy – Rock Legends

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Thin Lizzy – Rock Legends – Universal 6CD/DVD Box Set

Nel mondo della musica internazionale una cosa che non ho mai potuto soffrire molto è la generalizzazione, specie in quel settore che oggi viene denominato per brevità “classic rock” ma che negli anni 70 e 80 era tutto “hard rock” o peggio ancora “heavy metal”, riunendo sotto lo stesso cappello band diverse come Black Sabbath, Blue Oyster Cult, Judas Priest e Iron Maiden, tanto per fare qualche nome. Un altro gruppo che ha sofferto di questo problema sono stati i Thin Lizzy, band originaria di Dublino che heavy metal non lo è mai stata, e pure sull’hard rock avrei qualcosa da ridire specie per la prima parte della carriera, mentre effettivamente negli anni dal 1976 al 1982 qualcosa di più duro nel loro sound c’era, specie nelle infuocate esibizioni dal vivo. Il loro carismatico leader, cantante e (grande) bassista Philip Lynott (già era raro avere una rock band dall’Irlanda all’epoca, più ancora con un frontman di colore) aveva infatti influenze disparate, tra le quali anche il compatriota Van Morrison (che però faceva parte dell’Irlanda “britannica”) per quanto riguardava lo stile compositivo, mentre il suono in seguito avrebbe affondato le sue radici addirittura nel rock americano di Bruce Springsteen e Bob Seger (anzi, per certi versi i Lizzy suonavano springsteeniani ancora prima del Boss) e nel funk-rock dei Little Feat.

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Una grande band quindi, alla quale la generalizzazione di cui dicevo prima non ha fatto certo del bene, e che nelle sue varie configurazioni ha sempre avuto fior di chitarristi, come Gary Moore (già con Lynott negli Skid Row – non quelli americani di Sebastian Bach – e poi nei Lizzy in tre diversi momenti), il fondatore Eric Bell, già con gli ultimi Them con Morrison nella line-up, il futuro collaboratore dei Pink Floyd (ma non solo) Snowy White, John Sykes, nome che gli appassionati di hard rock anni 80 conoscono benissimo essendo poi entrato a far parte di Tygers Of Pan Tang e Whitesnake, ed anche per un breve periodo Midge Ure, che diventerà famoso negli eighties come leader del gruppo synth-pop degli Ultravox. I Thin Lizzy sono stati quindi una splendida realtà del panorama rock internazionale con album di notevole livello come Jailbreak, Johnny The Fox, Black Rose e lo strepitoso Live And Dangerous (registrato appunto dal vivo), fino a quando Lynott non ha sciolto la compagnia nel 1984 per dare il via ad una carriera solista che non è mai decollata a causa della sua prematura scomparsa avvenuta nel 1986 a seguito di complicazioni dovute all’uso prolungato di sostanze proibite: in anni recenti la vecchia sigla è stata riattivata dall’altro chitarrista storico del gruppo, Scott Gorham, solo per qualche tour, mentre i nuovi album in studio sono stati pubblicati con il nome di Black Star Riders, band che non ha molto da spartire con i Lizzy storici.

thin lizzy 1970

thin lizzt mid seventies

Per celebrare i 50 anni del gruppo di Dublino la Universal invece della solita antologia di cui il mercato è già saturo, ha da poco pubblicato uno splendido cofanetto dal titolo invero un po’ generico di Rock Legends, uno di quei rari casi in cui un box set può accontentare sia i neofiti che i fans. Infatti il manufatto (tra l’altro piuttosto oversize, con all’interno uno splendido libro che mette insieme tutti i tour programs del gruppo ed un altro con i crediti dei musicisti brano per brano) riunisce in sei CD ben 99 pezzi di cui 74 inediti assoluti, tra demo, versioni alternate e brani dal vivo, più un DVD invero abbastanza avaro (solo quattro canzoni registrate nello show televisivo di Rod Stewart A Night On The Town  https://www.youtube.com/watch?v=INiYaZKmeTo più un documentario di un’ora intitolato Bad Reputation, comunque non inedito). Dunque una collezione da leccarsi baffi e barba: peccato che il box, prodotto in quantità limitata, sia già praticamente introvabile, almeno a prezzo di listino (che comunque supera di slancio i cento euro), ma a breve, per chi se lo era perso, sarà disponibile una nuova tiratura limitata.

thin lizzy whiskey in the jar

Il primo CD è anche quello senza inediti in quanto è una sorta di greatest hits ma fatto esclusivamente con i singoli, nelle versioni appunto adattate per i 45 giri ed alcuni remixati, una chicca anche per i collezionisti. Un ripasso quindi di alcuni dei pezzi più noti del gruppo, come la strepitosa cover del traditional Whiskey In The Jar (il loro primo successo, ed anche quello salito più in alto in classifica https://www.youtube.com/watch?v=wyQ-tScuzwM ), The Rocker, le classiche The Boys Are Back In Town https://www.youtube.com/watch?v=hQo1HIcSVtg  e Jailbreak ed altri brani popolari del calibro di Don’t Believe A Word, Dancing In The Moonlight, Waiting For An Alibi https://www.youtube.com/watch?v=F9xT8p6L8Sc , Do Anything You Want To, Chinatown e Killer On The Loose. Ma anche canzoni come Randolph’s Tango (a proposito del primo Springsteen) https://www.youtube.com/watch?v=0Pwv0s7HHSk , il trascinante rock’n’roll con fiati Little Darling, la deliziosa Philomena, dedicata da Lynott a sua madre, la ruspante cover di Rosalie, uno dei pezzi meno noti di Bob Seger (presente in due versioni: quella del 1975 e dal vivo nel 1978 https://www.youtube.com/watch?v=cSo9CC2wKVI ), la splendida Wild One, altri due rock’n’roll di ottimo livello come Trouble Boys e Hollywood, fino al singolo finale del 1983 The Sun Goes Down.

thin lizzy live rte

Il secondo dischetto, intitolato The Early Years, prende in esame appunto i primi passi di Philip e soci per la Decca dal 1970 (si erano formati l’anno prima) al gennaio del 1974, ed a parte il primissimo singolo The Farmer (ed il suo lato B I Need You, che però appare in CD per la prima volta) https://www.youtube.com/watch?v=3gTLni91vpc  è tutto materiale inedito. Oltre ad una manciata di missaggi alternativi il nucleo del dischetto è formato da due sessions radiofoniche alla RTE Radio Eireann (entrambe senza pubblico), rispettivamente del ’73 e ’74: come highlights abbiamo il roboante boogie 1969 Rock, con grandissimo lavoro di Bell alla solista https://www.youtube.com/watch?v=Jhcs2J75YVo , il tostissimo rock-blues Suicide, con lo stesso Bell che si sposta alla slide ma con medesimi risultati (all’epoca i nostri erano una sorta di power trio, non avevano ancora le “twin guitars”, ed è anche per questo che le dodici battute sono molto presenti in questo CD https://www.youtube.com/watch?v=UXG-xw3dOZU ), lo strepitoso blues afterhours Broken Dreams, di nuovo con Eric che offre una grande prestazione. Abbiamo anche il medley Eddie’s Blues/Blue Shadows, favolosa jam con ospite alla sei corde il grande bluesman Eddie Campbell https://www.youtube.com/watch?v=U7ADOyYuAfM , la sanguigna cover di Ghetto Woman di B.B. King, con Gary Moore protagonista https://www.youtube.com/watch?v=Q3QDdFLG84U . Il grande chitarrista dice la sua anche negli ultimi tre pezzi, la pulsante e rocknrollistica Things Ain’t Working Out Down At The Farm, una robusta rilettura del classico di Don Nix Going Down https://www.youtube.com/watch?v=2GIPDs6sLmU  e la formidabile Slow Blues, in cui il buon Gary offre una performance superba https://www.youtube.com/watch?v=FQ2uq2zo5sM .

thin lizzy gorham robertson

Il periodo più famoso dei nostri, quello alla Mercury, è l’argomento dei tre CD successivi, con una full immersion nel loro catalogo con tutte versioni inedite in gran parte demo, ma suonate come se fossero canzoni fatte e finite ed in molti casi ancora più ruspanti e dirette delle originali: nei primi due dischetti il connubio chitarristico è tra Gorham e Brian Robertson, mentre il terzo inizia con Moore, prosegue con White e termina con Sykes (tutti al posto di Robertson, Gorham è sempre presente). 45 canzoni in tutto, e per non fare una recensione a puntate mi “limito” a citare le coinvolgenti versioni strumentali di Rock And Roll With You e Cadillac, l’ottima rock ballad Banshee, con la parte vocale ancora da perfezionare ma quella chitarristica già sublime, lo squisito funk-rock-blues dal sapore quasi southern Nightlife, le “americane” Freedom Song e Kings Vengeance, la sempre strepitosa Suicide (sentite le chitarre) e l’altrettanto bella Cowboy Song, dai marcati echi springsteeniani https://www.youtube.com/watch?v=wmQjkHLzkqU . Il demo di The Boys Are Back In Town è perfino più potente e diretto della versione originale (e forse pure meglio) https://www.youtube.com/watch?v=rQMui7wrMto . Running Back è un godurioso rock’n’roll, Romeo And The Lonely Girl ricorda ancora il primo Boss (anche nel titolo) https://www.youtube.com/watch?v=BBEePBySEC4 , Emerald è una rock song travolgente e con parti di chitarra strepitose.

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Un cenno va anche all’orecchiabile Fool’s Gold, la suggestiva ballata Borderline, davvero bella, l’irresistibile Johnny, con altro assolo torcibudella https://www.youtube.com/watch?v=cqxHPK7QLp8 , la dura ma godibile Killer Without A Cause, la pulsante Are You Ready, puro “hard’n’roll”, lo splendido medley di arie tradizionali irlandesi Roisin Dubh (grandissimo Moore) https://www.youtube.com/watch?v=Tx2Q8El13B0 , le ottime e rockeggianti We Will Be Strong e Sweetheart, il boogie alla ZZ Top I’m Gonna Leave This Town, il rockabilly sotto steroidi Kill ed il blues cadenzato In The Delta, con Huey Lewis all’armonica https://www.youtube.com/watch?v=Uv-3do9RI1k . Il sesto ed ultimo CD presenta quindici brani live, sempre inediti, registrati durante il Chinatown Tour del 1980, con selezioni provenienti da due serate all’Hammersmith Odeon di Londra ed a Tralee (località irlandese); la formazione dei Lizzy in questa tournée comprendeva, oltre a Lynott, Gorham e White, Darren Wharton alle tastiere e Brian Downey alla batteria. Ed il CD è semplicemente esaltante nonostante un uso per fortuna molto parco dei synth, con i nostri che forniscono una prestazione esplosiva con versioni al fulmicotone di Are You Ready, Waiting For An Alibi https://www.youtube.com/watch?v=MhyOgB4cdwI , Jailbreak, The Boys Are Back In Town ed una sempre fantastica Suicide https://www.youtube.com/watch?v=JO6V_VwjrEw , ma non sono da meno le coinvolgenti Do Anything You Want To Do, Dear Miss Lonely Hearts, Chinatown e l’elegante ballata Still In Love With You, corredata da un notevole assolo https://www.youtube.com/watch?v=3Iq9n2YDECQ .

thin lizzy live 1980

Gran finale con due potenti e superlative riletture di Rosalie e Whiskey In The Jar, quest’ultima con l’apparizione a sorpresa di Bell sul palco. Se non conoscete a fondo i Thin Lizzy, o se anche per voi erano un gruppo di metallari, questo Rock Legends potrà rappresentare una rivelazione…ammesso che riusciate ancora a trovarlo.

Marco Verdi

Definirlo Controverso E’ Un Eufemismo, Ma Di Certo Era “IL” Produttore Rock Per Antonomasia: A 81 Anni E’ Morto Phil Spector.

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Ho già scritto diversi necrologi per questo blog, ma questa forse è la prima volta in cui non so da che parte cominciare, per la grandezza del personaggio ma anche per il suo essere decisamente controverso e scomodo: il fatto che la morte, per complicazioni dovute al Covid, lo abbia colto lo scorso sabato 16 gennaio nel carcere di Corcoran in California dove era rinchiuso dal 2009 per omicidio della modella ed attrice Lana Clarkson è sintomatico del tipo di soggetto.

phil spector getty images

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Sto parlando di Harvey Philip Spector, che tutto il mondo però conosceva come Phil Spector, produttore rock con la P maiuscola ed il primo a mettere la figura di chi stava dietro la consolle sullo stesso piano dell’artista in sala di incisione in fatto di importanza, ed in alcuni casi perfino ad un livello superiore. Spector era senza mezzi termini un genio, un personaggio visionario ed eccezionalmente avanti coi tempi (anche nel vestire), inventore del celeberrimo “Wall Of Sound”, un vero e proprio muro del suono creato usando strumenti rock come chitarre, basso, tastiere e batteria ma duplicandoli ed anche triplicandoli usando una vera e propria folla di musicisti in studio così da creare una sorta di “orchestra rock” (e molto spesso aggiungendo anche sezioni di archi e fiati), facendo anche un ampio uso del riverbero, una tecnica che secondo lui aveva più efficacia con le registrazioni in mono rispetto a quelle in stereo, che non amerà mai.

phil spector Backtomono 1958-1969

Ma Spector non inventò solo un suono (dal quale in seguito presero spunto una miriade di musicisti: Brian Wilson, per esempio, credo che gli dedicherebbe volentieri un monumento, ed anche Bruce Springsteen dichiarò più volte che per Born To Run si era ispirato al Wall Of Sound), ma fu anche uno dei primi produttori a co-scrivere spesso i brani in cui era coinvolto e, specie nei primi tempi, ad orientare le scelte commerciali dei gruppi da lui seguiti e spesso da lui scoperti, così da diventare una sorta di producer-talent scout-manager. Maniaco della perfezione, Spector era capace di far suonare una canzone anche cinquanta volte di fila per trovare la take giusta, esasperando non poco i musicisti in studio con lui, che però si guardavano bene dal dirgli qualcosa, intimoriti dal suo approccio “vagamente” dittatoriale e dal fatto che spesso si presentava in studio armato (pare per sicurezza personale dopo un episodio di bullismo di cui fu vittima nel 1958). Nato nel 1939 nel Bronx da una famiglia ebrea di origine russa non troppo benestante, Phil all’età di dieci anni subisce il trauma del suicidio del padre, ed in seguito si trasferisce con la madre e la sorella a Los Angeles, dove impara a strimpellare la chitarra e comincia ad interessarsi attivamente alla musica rock’n’roll e pop, formando con tre amici di scuola il suo primo gruppo, i Teddy Bears, i quali grazie all’amicizia del nostro con il produttore Stan Ross riescono a registrare e pubblicare qualche singolo: uno di questi, To Know Him Is To Love Him (epitaffio scritto sulla tomba del padre), raggiunge addirittura il primo posto in classifica vendendo ben un milione di copie https://www.youtube.com/watch?v=tIUf6dOGc1c .

phil & ronnie spector

Il successivo singolo ed album non sono però un successo e Phil, sempre più interessato alle tecniche di produzione piuttosto che a stare sotto la luce dei riflettori, scioglie la band, va a New York ed inizia a lavorare sotto le dipendenze dei leggendari songwriters Leiber & Stoller, scrivendo con Jerry Leiber Spanish Harlem che diventerà una hit per Ben E. King https://www.youtube.com/watch?v=OGd6CdtOqEE ; dopo qualche contributo in session come chitarrista unito ad alcune produzioni minori incoraggiato proprio dai due autori, il successo di How Love How You Love Me delle Paris Sisters convince Spector ad intraprendere la carriera di produttore a tempo pieno.

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Tornato a Hollywood, fonda la Philles Records insieme al discografico ed amico Lester Sill, e si specializza nella produzione di singoli pop in cui si trovano le prime tracce del Wall Of Sound, contribuendo al successo di “girl groups” come The Crystals (Uptown, Da Doo Ron Ron, Then He Kissed Me e He’s A Rebel i pezzi volati più in alto in classifica) https://www.youtube.com/watch?v=v-qqi7-Q19k  e The Ronettes (la classica Be My Baby, Walking In The Rain, Baby I Love You), delle quali sposerà la leader Veronica Bennett che ancora oggi a molti anni dal divorzio si fa chiamare Ronnie Spector https://www.youtube.com/watch?v=jSPpbOGnFgk . Altri nomi che conosceranno la popolarità grazie alle produzioni di Phil sono Darlene Love, Connie Francis, Bob B. Soxx & The Blue Jeans e soprattutto il duo vocale maschile dei Righteous Brothers (che non erano affatto fratelli), specie con le famosissime You’ve Lost That Lovely Feelin’ https://www.youtube.com/watch?v=xbg1gkWb0Wo  e Unchained Melody (che conoscerà un eccezionale rigurgito di popolarità nel 1990 grazie al film Ghost), e con la nota River Deep, Mountain High di Ike & Tina Turner, dei quali produce anche l’album dallo stesso titolo https://www.youtube.com/watch?v=e9Lehkou2Do .

phil spector ike & tina turnerike tina turner River.deep.mountain.high

Non è l’unico LP ad avere il nome di Phil alla consolle in questi anni anche se il nostro è sempre stato considerato uno da 45 giri: per esempio il suo A Christmas Gift For You From Philles Records del 1963, con dentro incisioni ad hoc da parte di Ronettes, Darlene Love, Crystals e Bob B. Soxx, è giustamente considerato un ultra-classico della canzone stagionale https://www.youtube.com/watch?v=si_dOztgx9c .

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Se volete una esauriente panoramica del periodo, a parte le varie antologie, se proprio non riuscite a trovare lo splendido box Back To Mono 1958-1969  effigiato sopra (fuori catalogo da una vita, ma usato si trova ancora), dovreste almeno procurarvi il cofanetto del 2011 The Philles Album Collection.

beatles let it be

Nel 1969 arriva una svolta nella carriera di Spector (non necessariamente con risvolti solo positivi) quando John Lennon e George Harrison lo scelgono per produrre quello che diventerà l’ultimo album dei Beatles, cioè Let It Be (Paul McCartney è abbastanza freddino, mentre a Ringo Starr come al solito va bene tutto). E qui cominciano ad arrivare le prime critiche anche feroci nei confronti del lavoro di Spector, a causa delle orchestrazioni che appesantiscono notevolmente soprattutto The Long And Winding Road (Paul, che l’ha scritta, quando la sente per la prima volta inorridisce) e Across The Universe, critiche che arriveranno anche ai giorni nostri al punto che nel 2003 è stata pubblicata una versione remixata e “de-spectorizzata” del disco, intitolata Let It Be…Naked.

john lennon plastic ono bandgeorge harrison All_Things_Must_Pass_1970_cover

Esiti migliori anche a livello di commenti Spector li avrà con i primi due album solisti di Lennon: in John Lennon/Plastic Ono Band il suono è talmente essenziale che il contributo di Phil è quasi impalpabile, mentre con Imagine del 1971 la produzione è equilibrata in maniera quasi perfetta (anche se per il sottoscritto l’apice della collaborazione Lennon-Spector si ha con il singolo Instant Karma!). Anche George sceglie Phil Per il suo debutto, lo strepitoso triplo All Things Must Pass, e qui arrivano ancora diverse critiche negative riguardo a certi arrangiamenti: io non sono d’accordo, in quanto il disco, già grandissimo di suo, è secondo me prodotto in modo magnifico, anche se obiettivamente a brani come Wah-Wah, What Is Life e Awaiting You All avrebbe giovato una mano più leggera.

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Di Harrison Phil produce anche il singolo Bangla Desh https://www.youtube.com/watch?v=eqaDRYDPU5s  e sovrintende alla versione audio del mitico The Concert For Bangladesh  , mentre il ritorno in studio con John per Some Time In New York City patirà l’insuccesso di pubblico e critica dell’album. Il resto della decade vede Spector poco attivo, un po’ per il mutare delle mode musicali ma soprattutto per il suo comportamento imprevedibile ed eccentrico. Nel 1974 entra in studio con Dion per il quale produce Born To Be With You, che esce l’anno successivo al termine di session caotiche ed interminabili, un disco che viene disconosciuto dallo stesso cantante newyorkese che lo definisce “musica da funerale” https://www.youtube.com/watch?v=IyErVrHE0eM .

john lennon rock'n'roll

Nello stesso periodo Lennon chiama ancora Phil perché lo vuole alla consolle per il suo nuovo progetto, un album con canzoni dell’epoca d’oro del rock’n’roll con un sound vintage: qui le cose vanno anche peggio in quanto Spector si conferma del tutto inaffidabile, presentandosi in studio a volte ubriaco, altre vestito da chirurgo, mentre una volta arriva perfino a sparare un colpo di pistola al soffitto proprio vicino alle orecchie di Lennon, che non la prende benissimo. Dulcis in fundo, ad un certo punto John scopre che tutte le sere il produttore trafuga i nastri delle sessions e se li porta a casa per manipolarli a suo piacimento nella notte, per poi riconsegnarli il mattino dopo come se niente fosse: questa, unita all’esasperazione dei vari musicisti per il fatto che Phil faccia loro risuonare all’infinito le canzoni, costringe Lennon a licenziare Spector ed a finire il disco da solo (ed infatti su Rock’n’Roll, 1975, solo quattro pezzi su tredici appartengono alle sessions originali).

leonard cohen Death_of_a_Ladies_Manramones

Le controversie continuano quando nel 1977 Leonard Cohen decide di affidare al nostro l’incarico di produrrre il suo quinto album Death Of A Ladies’ Man e anche di mettere in musica i testi di tutti i brani, ma il risultato finale è piuttosto confuso e magniloquente, oltre che inadatto allo stile intimista del poeta canadese (ma Memories mi è sempre piaciuta assai) https://www.youtube.com/watch?v=imHpLMRYknc . Nel 1980 a sorpresa troviamo il nome di Spector come produttore di End Of The Century dei Ramones, un connubio stranissimo visto il tipo di sonorità punk-rock molto diretta del gruppo di New York, ma che, a dispetto delle critiche, secondo me funziona perché dona una luce diversa alle loro canzoni fino a quel momento molto “basiche” https://www.youtube.com/watch?v=Gi9a7IdRiBI . Le nuove tendenze musicali degli anni ottanta escludono completamente il nostro dagli studi di registrazione mandandolo virtualmente in pensione (fatta eccezione per l’album Season Of Glass di Yoko Ono), e per trovare il suo nome su un disco dobbiamo arrivare fino al 2003 quando il non famosissimo gruppo indie inglese Starsailor lo chiama per produrre due brani del loro secondo album Silence Is Easy e lui, inaspettatamente, accetta (anche se il suo contributo non è così evidente) https://www.youtube.com/watch?v=fglU5Ngd-Pk .

Helen Mirren and Al Pacino star in the new HBO film Phil Spector, which was written and directed by David Mamet.

Helen Mirren and Al Pacino star in the new HBO film Phil Spector, which was written and directed by David Mamet.

Nello stesso anno, come ho accennato all’inizio, avviene il fattaccio dell’omicidio della Clarkson, trovata morta a casa di Spector pare a seguito di un gioco pericoloso finito male. Il processo diventa mediatico a causa della fama di Phil, che cade in parecchie contraddizioni e non riesce ad evitare la condanna ad una pena che va dai 19 anni all’ergastolo (ma che lo avrebbe probabilmente portato alla libertà vigilata nel 2024 anche a causa delle precarie condizioni di salute), e di certo non lo aiutano un comportamento sempre più eccentrico ed una serie di improbabili parrucche che Phil sfoggia in aula: la vicenda è stata rappresentata da Phil Spector, un interessante film per la HBO (ma passato anche in Italia) con un Al Pacino formidabile come sempre nella parte del protagnonista. Una vita molto “rock” dunque per colui che, aldilà delle sue malefatte, è stato un vero genio ed innovatore della nostra musica, un’esistenza le cui ultime fasi si potrebbero riassumere con un titolo altrettanto rock: From Jail To Hell.

Marco Verdi

Recuperi Di Fine Anno 3: Una Vena D’Oro Tutt’Altro Che Esaurita. Bill Callahan – Gold Record

bill callahan gold record

Bill Callahan – Gold Record – Drag City

Bill Callahan, meglio conosciuto ad inizio carriera con lo pseudonimo Smog, è un tesoro prezioso da conservare o da scoprire, per chi ancora non ha avuto la fortuna di conoscerlo. Presentatosi sulla scena alla fine degli anni ottanta, quando cominciava a farsi strada la tendenza del lo-fi tra i cantautori e i gruppi del rock alternativo americano (Beck o i Pavement, tanto per citare due nomi noti), Bill ha subito trovato modo di farsi apprezzare da pubblico e critica grazie ai suoi acquerelli minimalisti che scavano a fondo nell’animo umano portandone alla luce i recessi più cupi in cui dominano angoscia ed alienazione, facendo uso di un tessuto sonoro scarno ma originale, basato perlopiù su fraseggi nervosi delle chitarre. Dopo undici album a nome Smog (e vari EP) Callahan decide di continuare ad incidere col suo nome senza per questo stravolgere la sua concezione musicale, fino alla lunga pausa che va da Dream River del 2013 all’ottimo ritorno nel 2019 con Shepherd In A Sheepskin Vest.

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Photo by Hanly Banks Callahan

Durante questa pausa creativa si è sposato con la fotografa e regista Hanly Banks ed è diventato padre, due eventi che hanno modificato in modo sensibile il punto di vista dei protagonisti delle sue storie, non più ingabbiati nell’ individualismo dettato dalla loro solitudine, ma finalmente inseriti in contesti in cui famiglia e vita sociale hanno una nuova e spiccata rilevanza. Il nuovo lavoro, Gold Record, ha avuto una gestazione del tutto particolare: nove canzoni su dieci sono stati pubblicate come singoli, con cadenza settimanale, a partire dallo scorso giugno, prima dell’uscita dell’intera raccolta, avvenuta all’inizio di settembre. Va anche detto che si tratta di brani composti in tempi diversi durante i trascorsi decenni e poi accantonati dal loro autore fino a questo definitivo restyling. Malgrado ciò il disco si presenta compatto e non dispersivo, dotato del consueto suono ridotto all’osso ma denso di piacevoli soluzioni grazie anche alla bravura dei musicisti che accompagnano il leader, il chitarrista Matt Kinsey, il bassista Jamie Zurverza e il batterista Adam Jones.

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In Hello, I’m Johnny Cash, con un incipit che cita volutamente quello di At Folsom Prison dell’uomo in nero, Callahan ci immerge subito nella suadente e rilassata atmosfera dell’iniziale Pigeons, tra deliziosi tocchi di chitarre e una tromba sullo sfondo che aggiunge solennità alla calda voce narrante del protagonista https://www.youtube.com/watch?v=PSv60b7PWpU . Impossibile non tracciare un parallelo col maestro Leonard Cohen per le due successive perle acustiche Another Song e 35. Come il grande e compianto canadese Bill possiede la capacità di rendere importanti e dense di significato le normali vicissitudini della vita quotidiana, come nella splendida The Mackenzies in cui racconta dell’incontro con i vicini di casa in seguito ad un suo problema con l’auto https://www.youtube.com/watch?v=hMMEUgts6i0 , oppure nell’intimo frammento di vita famigliare che è descritto in Breakfast https://www.youtube.com/watch?v=_kw6NHEVia4 .

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Con lenta cadenza blues, in Protest Song il suo autore descrive se stesso seduto in poltrona di fronte ad un collega che in tv si sforza di far approvare al pubblico i suoi inni di protesta, mentre il solare arpeggio della delicata Let’s Move To The Country (l’unico episodio già apparso in forma diversa su un album precedente, Knock Knock, del 1999) richiama certe luminose ballate del primissimo Bruce Cockburn https://www.youtube.com/watch?v=Em6BszKzA9o . Il fischiettio e il suono di tromba che ricompare nella lenta Cowboy ci trasportano in una dimensione atemporale ed è impossibile non apprezzare l’omaggio che Bill fa ad un altro gigante, Ry Cooder, nell’omonima ballata ricca di citazioni testuali, da Buena Vista a Chicken Skin https://www.youtube.com/watch?v=m74apAtI2X8 . Il finale è affidato all’intensa As I Wonder, poetica riflessione sulla propria vita e sulla professione del cantautore in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando. Bill Callahan ha saputo nobilitare l’una e l’altra con un disco importante per il mese in cui è stato pubblicato, ma addirittura perfetto per riscaldare le dure giornate di questo gelido inverno.

Marco Frosi

E Questa Sarebbe Una Edizione Deluxe? Neil Young – After The Gold Rush 50

neil young after the gold rush 50

Neil Young – After The Gold Rush 50 – Reprise/Warner CD

Il 2020 appena trascorso ha visto un Neil Young molto attivo dal punto di vista discografico: a parte il secondo volume degli Archivi che è stato l’apice delle varie pubblicazioni abbiamo avuto il leggendario unreleased album Homegrown (che però poi è stato inserito anche nel cofanettone degli Archives, creando così un poco gradito doppione), l’EP registrato in lockdown The Times ed il doppio Greendale Live con i Crazy Horse. Per quest’anno ci sono già in calendario diverse cose, tra cui altri due live (Way Down In The Rust Bucket ancora con il Cavallo Pazzo e l’acustico Young Shakespeare) e l’inizio di una serie di Bootleg Series sempre dal vivo, anche se al momento non sono state annunciate date di pubblicazione (ma proprio ieri mentre scrivevo queste righe il buon Neil ha confermato che il doppio Way Down In The Rust Bucket uscirà il 26 febbraio).

neil young way down in the rust bucket

lo scorso dicembre però il cantautore canadese, avendo forse deciso che non aveva inondato abbastanza il mercato, ha fatto uscire una versione deluxe per i 50 anni del suo famoso album del 1970, After The Gold Rush, cosa insolita per lui dal momento che né l’esordio Neil Young né il seguente Everybody Knows This Is Nowhere avevano beneficiato dello stesso trattamento. C’è un problema però, grosso come una casa, e cioè che chiamare deluxe una ristampa (ok, in digipak) aggiungendo appena la miseria di due bonus tracks, delle quali solo una inedita, necessita di una buona dose di fantasia per non dire faccia di tolla. E chiaro comunque che è sempre un piacere immenso riascoltare un disco epocale, che molti considerano il migliore di Young (io posso essere d’accordo, anche se sullo stesso piano ci metto Harvest e forse Rust Never Sleeps), un album inciso assieme ai suoi consueti collaboratori dell’epoca, cioè i Crazy Horse al completo (Danny Whitten, Billy Talbot e Ralph Molina), Nils Lofgren, l’amico Stephen Stills, Jack Nitzsche e Greg Reeves, oltre a Bill Peterson che suona il flicorno in un paio di pezzi e prodotto insieme al fido David Briggs.

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After The Gold Rush è principalmente un disco di ballate, e la magnifica trilogia all’inizio è uno splendido esempio in tal senso: Tell Me Why https://www.youtube.com/watch?v=sSWxU-mirqg , la title track (uno dei più bei lenti pianistici di sempre) https://www.youtube.com/watch?v=d6Zf4D1tHdw  e Only Love Can Break Your Heart, tre classici assoluti del songbook del Bisonte e del cantautorato in generale https://www.youtube.com/watch?v=364qY0Oz-xs . Ma anche le meno note Birds e I Believe In You sono due ballad fantastiche, completate dalla malinconica e riuscita cover di Oh Lonesome Me di Don Gibson. Detto di due piacevoli bozzetti di poco più di un minuto ciascuno (Till The Morning Comes e Cripple Creek Ferry), l’album non dimentica comunque il Neil Young rocker, con la tesa Don’t Let It Bring You Down https://www.youtube.com/watch?v=eVy1h2FcRiM  e soprattutto le mitiche Southern Man (dal famoso e controverso testo, al quale i Lynyrd Skynyrd risponderanno con Sweet Home Alabama) https://www.youtube.com/watch?v=-KTpIQROSAw  e When You Dance I Can Really Love.

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Le due bonus tracks riguardano due versioni della stessa canzone, vale a dire l’outtake Wonderin’, un gustoso e cadenzato honky-tonk: la prima era già uscita sul volume uno degli Archivi, mentre la seconda (più rifinita, dal tempo più veloce ed in definitiva migliore) è inedita https://www.youtube.com/watch?v=2hE5w-2sz-w . Tutto qui? Ebbene sì, ma se avete dei soldi da buttare via a marzo uscirà una versione a cofanetto con l’album in LP a 180 grammi ed un 45 giri con le due takes di Wonderin’, il tutto alla “modica” cifra di 90-100 euro! Attendiamo dunque pubblicazioni più stimolanti da parte di Neil Young, anche se è abbastanza evidente che se per qualche strana ragione non possedete After The Gold Rush, questa è l’occasione giusta per riparare alla mancanza.

Marco Verdi

Un Altro Piccolo Cofanetto Godurioso Per Il “Re Del Folk Irlandese”! Christy Moore – The Early Years 1969-81

christy moore the early years 1969-81

Christy Moore – The Early Years 1969-1981 – Tara Music/Universal Music Ireland 2CD + DVD – 2 CD

Nel 2017 e 2019, nel periodo appena prima del Natale, Christy Moore ha pubblicato due bellissimi album doppi dal vivo, On The Road https://discoclub.myblog.it/2018/01/14/supplemento-della-domenica-forse-il-miglior-disco-ufficiale-dal-vivo-del-2017-christy-moore-on-the-road/  e Magic Nights https://discoclub.myblog.it/2020/01/14/un-altro-doppio-cd-dal-vivo-formidabile-per-il-musicista-irlandese-christy-moore-magic-nights/ , poi uniti in un box Magic Nights On The Road, sempre edito dalla Columbia Sony irlandese. Anche quest’anno ne esce uno della rivale Universal Ireland, attraverso la propria etichetta Tara Music, che gestisce il catalogo del musicista dal 1969 al 1981, mentre gli anni centrali sono appannaggio della Wea, anche se il cofanetto da 6 CD The Box Set 1969-2004, copriva tutti i periodi. Vediamo cosa contiene The Early Years 1969-1981 (ricordando che ne esiste anche un versione solo con i 2 CD) https://www.youtube.com/watch?v=wlEg9Rz7cD8 .

christy moore the early years 1969-81 2 cd

Partiamo dal DVD non lunghissimo, circa 73 minuti, ma con diverso prezioso materiale della RTE, la televisione irlandese e una breve session della BBC del 1979, il resto viene dal 1979-1980-1981, meno due brani registrati nel 1969. Una piccola miniera d’oro per gli appassionati del folk e di Christy Moore in particolare: i primi dieci brani, i più interessanti, sono due sessions alla Abbey Tavern di Dublino Nord del 1980, con Declan McNelis e il compianto Jimmy Faulkner che si alternano alle chitarre, materiale in gran parte tradizionale, ma ci sono un paio di brani scritti da Ewan MacColl, in tre pezzi Paul Brady è presente a piano, harmonium e chitarra acustica, in particolare in una versione bellissima a tre chitarre di The Ballad Of Tim Evans, con grande assolo di Brady https://www.youtube.com/watch?v=w6iPvBoUak4 , mentre in Dark Eyed Sailor l’angelica seconda voce è quella di una giovanissima Mary Black https://www.youtube.com/watch?v=b249xyB75j0 . In Saint Patrick Was A Gentleman ci sono gli Stockton Wings ad accompagnare un sudatissimo Christy, mentre tra i brani più belli anche The Raggle Taggle Gypsy dei Planxty, 1913 Massacre di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=PvnazELFb5k , due brani antinucleari (erano gli anni) The Sun Is Burning e House Down In Carne (The Ballad Of Nuke Power).

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Negli altri segmenti del DVD spiccano una splendida Last Cold Kiss, il vecchio pezzo scritto da Gail Collins e Felix Pappalardi per i Mountain, una sontuosa Deportee (Plane Wreck At Los Gatos) di nuovo di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=f-pdyXnv1wg , per la BBC, Wave Up In The Shore a cappella, scritta dal fratello Barry Moore, molto più noto a noi tutti come Luka Bloom, ma pure tutto il resto del contenuto è da godere. Io sarei già contento così, ma ci sono anche i due CD (che potete acquistare, come dettto, anche a parte), con ben 38 canzoni, delle quali 14 mai uscite in questo supporto, e tutte le altre comunque di difficile reperibilità, solo in Irlanda, peraltro su dischetti digitali. Sarebbe troppo lungo parlare dei contenuti completi comunque vediamo almeno una disamina delle cose più interessanti: come curiosità gli ultimi tre brani del secondo CD, che cronologicamente sono i più vecchi, tratti da Paddy On The Road del 1969, disponibile solo come CDR riversato da vinile sul suo sito, e dove Moore è accompagnato da un gruppo di vecchi jazzisti, che in comune con Christy avevano solo la passione per la birra, comunque piacevoli e la classe già si intravede, anche se sembra di ascoltare i Dubliners  . Tra gli “inediti”: da Whatever Tickles Your Fancy del 1975, l’intensa Home By Bearna che sembra una canzone dei Planxty, One Last Cold Kiss, in versione elettrica, con Jimmy Faulkner alla solista, che anticipa il sound dei Moving Hearts, grazie all’intreccio tra il violino di Kevin Burke della Bothy Band e la sezione ritmica più rock, con un sound che ricorda Fairport Convention e Steeleye Span https://www.youtube.com/watch?v=nvV0pUIRrtY , stesso discorso anche per The Ballad Of Tim Evans, il pezzo di MacColl e Peggy Seeger e la ballata What Put The Blood, peccato non ci sia dallo stesso album Van Diemen’s Land.

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Dal disco omonimo del 1976, registrato oltre che con Burke, con Andy Irvine e Donal Lunny, che segna un ritorno ad un suono più folk, molto belle Nancy Spain, la cover di Sacco & Vanzetti di nuovo di Woody Guthrie, i due brani tradzionali Boys Of Mullabawn e Galtee Mountain Boy, oltre a Dalesman’s Litany, dove c’è anche Jimmy Faulkner. Se dovessi fare un appunto, peccato che i brani non siano in ordine cronologico, ma assolutamente alla rinfusa: comunque ci sono anche ben cinque canzoni dal bellissimo Live In Dublin 1978, tra le quali una sublime Black Is The Colour Of My True Love’s Hair (anche nel repertorio del fratello Luka Bloom) https://www.youtube.com/watch?v=_BSayZKazMI , l’intensa Clyde’s Bonnie Banks e una intricata Bogey’s Bonnie Belle, con tre chitarre acustiche, altri cinque brani vengono da The Iron Behind The Velvet, la deliziosa musicalmente The Sun Is Burning, presente anche nel DVD https://www.youtube.com/watch?v=gg5UN8xoE00 , la sognante (visto il titolo) John O’Dreams, che non si trovava nel vinile originale, e il medley tra Trip To Jerusalem con Two Reels: The Mullingar Races; The Crooked Road, con una grande prestazione anche strumentale di Christy a chitarra e bouzouki, il fratello Barry alla chitarra, Andy Irvine al mandolino, Noel Hill alla concertina, Tony Linnane al violino, Gabriel McKeon alle uilieann pipes e Jimmy Faulkner alla chitarra, sentire per credere.

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In gran parte di questi brani appariva come ingegnere del suono e produttore Nicky Ryan, eminenza grigia della musica irlandese e futura “mente” dei Clannad e di Enya. Le ultime due chicche sono le versioni in studio di House Down In Carne, (con Faulkner alla slide e Basil Kendricks alla pedal steel) https://www.youtube.com/watch?v=b_uFP_rh2l8  e 90 Miles To Dublin, i due brani antinucleari che ai tempi uscirono come singolo. Che dire, se volete conoscere il “primo” Christy Moore, quello che era più un interprete (ma poi nelle decadi successive avrebbe rimediato) che un autore, anche se tutti i brani tradizionali venivano arrangiati in preziose scritture dal musicista irlandese, e anche se avete già quasi tutto, vale le pena, perché il DVD è totalmente inedito e le canzoni, sentite tutte insieme, sono veramente rappresentative dell’arte di questo grande musicista. Quindi come lo giriate, ancora una volta un indispensabile ascolto per chi ama la buona musica.

Nei prossimi giorni anche un bel articolo retrospettivo sul grande folksinger irlandese.

Bruno Conti

Recuperi Di Fine Anno 2: Una Delle Più Belle Sorprese Del 2020. Jess Williamson – Sorceress

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Jess Williamson – Sorceress – Mexican Summer CD

Il 2020 è stato un anno molto positivo per quanto riguarda il rock al femminile, dal momento che abbiamo potuto godere di lavori splendidi come i nuovi album di Margo Price, Mary Chapin Carpenter ed Emma Swift, oltre a Lucinda Williams che nonostante non sia tra le mie preferite ci ha dato con Good Souls Better Angels uno dei suoi dischi migliori. Tra le “release” più positive dell’anno appena trascorso per quanto riguarda il gentil sesso merita anche di essere inserito Sorceress, ultimo lavoro della cantautrice texana Jess Williamson, album del quale non ci siamo occupati al momento dell’uscita, direi colpevolmente visto il livello eccelso della proposta. Devo confessare che, pur avendo alle spalle già tra dischi, non avevo mai sentito parlare della Williamson, e sono rimasto incuriosito leggendo diverse recensioni entusiastiche di Sorceress, entusiasmo che mi sento di condividere appieno. Jess è una cantautrice classica, cresciuta ascoltando i dischi di folk e country del padre, e negli anni ha maturato uno stile che fonde mirabilmente i due generi appena citati con uno squisito gusto pop di stampo californiano, cosa che è forse dovuta al fatto di essersi trasferita da anni a Los Angeles.

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Il suo penultimo album Cosmic Wink (2018) aveva già avuto critiche molto positive, ma Sorceress pone Jess su un livello decisamente superiore: stiamo infatti parlando di un disco davvero splendido, in cui lo stile classico della Williamson (che non è una cantautrice voce-chitarra-sonno, ma ha dalla sua verve e creatività) si sposa alla perfezione con la produzione moderna ma con sonorità “vere” nelle mani di Shane Renfro, Al Carson e Dan Duszynski, che non sono alla consolle tutti e tre contemporaneamente ma si dividono le varie canzoni occupandosi anche in gran parte delle parti strumentali. Un album maturo quindi, che riesce a coniugare in modo impeccabile una scrittura profonda ed intensa con linee melodiche immediate e fruibili, il tutto condito dalla voce di Jess, bellissima e sensuale. L’iniziale Smoke è una moderna folk song che parte per voce e chitarra e dopo un minuto circa si aggiunge una sezione ritmica pressante, una steel ed una chitarra baritono, per un crescendo sonoro costante e coinvolgente https://www.youtube.com/watch?v=vINgxOeiCoQ . As The Birds Are è una deliziosa ballata d’atmosfera sognante ed eterea, dotata di un bel motivo superbamente cantato ed un alveo musicale avvolgente, con i synth usati nel modo giusto; splendida Wind On Tin, pop-rock cadenzato ed orecchiabile, una canzone solare dal sapore californiano che ci fa entrare definitivamente nel disco https://www.youtube.com/watch?v=X9RXQcbzniA , mentre la title track è un’altra bellissima folk song nobilitata da un’esecuzione da brividi, perfetta nella sua essenzialità https://www.youtube.com/watch?v=-cwnCcMwBeg .

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Infinite Scroll sembra un brano anni 70, con un arrangiamento d’archi tipico del periodo ed una melodia di qualità che rivela l’influenza dei Fleetwood Mac https://www.youtube.com/watch?v=C8oFdsv-ZR8 ; Love’s Not Hard To Find è uno slow pianistico di grande effetto sia per la strumentazione piena e rotonda sia per la voce espressiva di Jess, veramente brava. Splendida e suggestiva anche How Ya Lonesome, ballatona che tra chitarre acustiche, pianoforte, un mood crepuscolare ed un motivo di base affascinante risulta tra le più riuscite (sembra quasi una versione femminile di Chris Isaakhttps://www.youtube.com/watch?v=S-nH1a6YUNM ; Rosaries At The Border è di nuovo un pezzo limpido e folkeggiante, stavolta con l’aggiunta di una leggera spolverata di psichedelia californiana, a differenza di Ponies In Town che è un incantevole bozzetto per voce, chitarra e poco altro. Chiusura con Harm None, soave ballata dallo sviluppo fluido e disteso con una steel che miagola sullo sfondo ed un maestoso crescendo finale con tanto di coro, e con Gulf Of Mexico, ennesima melodia magnifica esaltata da un arrangiamento che definire toccante è dir poco: un mezzo capolavoro, forse il brano migliore di un CD che, ascolto dopo ascolto, si conferma come uno dei più belli degli ultimi dodici mesi.

Marco Verdi