Come Per Altre “Colleghe”, Voce Non Memorabile, Ma Chitarrista Notevole! Ally Venable – Heart Of Fire

ally venable heart of fire

Ally Venable – Heart Of Fire – Ruf Records

Evidentemente Mike Zito, che le aveva prodotto il precedente Texas Honey, uscito nel 2019 (come anche il Blues Caravan 2019) https://discoclub.myblog.it/2019/05/11/una-donna-chitarrista-da-aggiungere-alla-lista-garantisce-mike-zito-ally-venable-texas-honey/ , era impegnato con le numerose uscite della propria etichetta Gulf Coast Records, e quindi per questo nuovo Heart Of Fire, il quarto album della giovane chitarrista e cantante texana Ally Venable, ci si è affidati alle capaci mani di Jim Gaines, un altro dei maghi della console in ambito blues, lo scorso anno alla guida dello strepitoso Believe, l’album di Albert Cummings https://discoclub.myblog.it/2020/02/11/il-disco-della-consacrazione-per-uno-dei-nuovi-fenomeni-della-chitarra-albert-cummings-believe/ . Per il nuovo album della Venable Gaines ha convocato negli studi di Stantoville, Tennesse una piccola pattuglia di ottimi musicisti, tra i quali spicca il meno noto dei fratelli Dickinson, Cody alla batteria, e qualche ospite in grado di valorizzare alcune canzoni dell’album, che vediamo a breve. I brani sono undici in totale, ben nove firmati da Ally, un paio con l’aiuto di Vance Lopez, tra i quali a mio parere spicca una strepitosa Tribute To SRV, un pezzo strumentale nel quale la 21enne dà libero sfogo alla sua tecnica chitarristica, che non si discute, in un blues lento dove viene evidenziato anche il feeling e il gusto sopraffini che impiega in questa lunga improvvisazione, dedicata a quello che è sempre stato l’eroe musicale della Venable https://www.youtube.com/watch?v=PAzYPlF0Ux4 .

ally venable heart of fire 1

Come già dicevo, parlando del precedente Texas Honey, il punto debole della nostra amica risiede nel fatto di non avere, a mio parere, una voce fenomenale, non scarsa, come si suol dire adeguata, forse un po’ “leggerina”, ma non si può avere tutto nella vita, visto che Ally è anche molto avvenente (anche se da ragazzina era cicciotta, vedi https://www.youtube.com/watch?v=u0T5iu1Eijw . Ma aldilà dei pregi estetici la Venable prosegue nella sua lenta ma inesorabile crescita a livello qualitativo: il repertorio è sempre virato verso un blues-rock robusto anziché no, aggressivo e potente, come dimostra subito con la vorticosa title track, dove il pedale cry baby del wah-wah è subito premuto con vigore, mentre il risultato complessivo è vigoroso e altamente energetico con la band che la segue come un sol uomo  ; nella successiva Played The Game, l’atmosfera si fa più swampy, ci si avvia verso le paludi della Louisiana con una insinuante e minacciosa slide, mentre Rick Steff dei Lucero è ospite all’organo, la voce è quella che è, “accontentiamoci” https://www.youtube.com/watch?v=GkL_c7q5YYc ! Ma a dimostrazione che la stoffa c’è, la cover dell’oscuro bluesman anni ‘20 Perry Bradford in Hateful Blues, brano che però cantava Bessie Smith, miscela rigore e fremiti rock, di nuovo con la slide in grande spolvero  https://www.youtube.com/watch?v=NC5fLhzfUYU.

ally venable heart of fire 2

Per la successiva Road To Nowhere si fa aiutare da Devon Allman che duetta con lei e aggiunge la sua chitarra in un brano che ha anche un certo appeal southern, misto a un tocco radiofonico che forse le viene dal suo grande amore per Miranda Lambert, altro punto di riferimento, ma quando parte l’assolo di Devon non ce n’è per nessuno https://www.youtube.com/watch?v=p9JfsN4pcpI . Un altro che come axemen non scherza (ma vocalmente non è una cima) è Kenny Wayne Shepherd , che scatena tutta la sua potenza nel vibrante blues-rock di impronta sudista Bring On The Pain, uno dei due scritti con Lopez, dove i due si scambiano sciabolate con le chitarre nella jam strumentale https://www.youtube.com/watch?v=cjhvksgDvT4  e anche nella successiva Hard Change, la seconda scritta con Lopez, una certa vena zeppeliniana viene a galla, con riff a destra e a manca e con la sezione ritmica che picchia di brutto mentre Ally strapazza la sua Gibson con libidine https://www.youtube.com/watch?v=WgsGiUS1xU4 .

ally venable heart of fire 3 kws

E anche in Do It In Heels, a parte il titolo “modaiolo”, prevale la modalità fabbro ferraio e qualche retrogusto vicino alle Heart, che notoriamente erano discepole degli Zeppelin; e pure in Sad Situation non si scherza, wah-wah come piovesse, riff e ritmo che vanno di pari passo, fino al selvaggio ed immancabile assolo che Jimmy Page avrebbe approvato https://www.youtube.com/watch?v=Mlm7UZ5Hd8s . Nell’altra cover, una sorprendente Use Me di Bill Withers, si punta invece sulla raffinatezza, basso funky, congas santaniane (se esiste l’aggettivo), anche se l’arrangiamento complessivo non mi convince del tutto, detto del superbo tributo a SRV, la conclusiva What Do You Want From Me è un’altra orgia di wah-wah, con assolo liberatorio nel finale, ma manca quel quid che altri pezzi hanno. Comunque la ragazza è brava: per chi ama il suo blues ad alta gradazione rock!

Bruno Conti

Un Ripasso Della “Seconda Carriera” Della Storica Band Sudista. Lynyrd Skynyrd – Nothing Comes Easy 1991-2012

lynyrd skynyrd nothng comes easy box front

Lynyrd Skynyrd – Nothing Comes Easy 1991-2012 – Hear No Evil/Cherry Red 5CD Box Set

I Lynyrd Skynyrd, tra i più leggendari gruppi southern rock ancora in attività, sono discograficamente fermi a Last Of A Dyin’ Breed del 2012 https://discoclub.myblog.it/2012/09/03/e-alla-fine-ne-rimase-uno-lynyrd-skynyrd-last-of-a-dyin-bree/ , anche se fra live e tributi non hanno mai smesso di dare alle stampe materiale a loro nome. In questi giorni il mercato vede l’uscita di ben due progetti riguardanti la band di Jacksonville: il 9 aprile verrà rilasciato in varie configurazioni Live At Knebworth ’76, una mezza fregatura dato che in gran parte era già stato pubblicato anni fa con un altro titolo (ma ve ne parlerà prossimamente ed in maniera più diffusa Bruno), mentre è già disponibile da qualche settimana Nothing Comes Easy 1991-2012, un box quintuplo in formato “clamshell” che si occupa di riepilogare parzialmente la carriera dei nostri a seguito della reunion avvenuta nel 1987, dieci anni dopo il tristemente noto incidente aereo che mise temporaneamente fine alla loro avventura. Il cofanetto ripropone quattro studio album pubblicati nel periodo indicato nel titolo oltre ad un raro EP, scelti peraltro senza un preciso criterio logico: infatti sono presenti i primi due dischi dalla reunion in poi e gli ultimi due, tralasciando quindi il periodo di mezzo formato dall’ottimo unplugged di studio Endangered Species, i discreti Twenty e Edge Of Forever ed il poco riuscito Vicious Cycle.

lynyrd skynyrd nothng comes easy box

Una pubblicazione quindi che interesserà più i neofiti o coloro che possiedono solo i lavori degli anni 70, visto che le strombazzate bonus tracks aggiunte ad ogni dischetto non sono né così rare né tantomeno imprescindibili. In generale il box offre comunque un buon ripasso della discografia recente del gruppo (ed il tutto è stato opportunamente rimasterizzato), con i primi due album ancora legati a doppio filo ai classici rock, blues e boogie tipicamente southern, ed il resto in cui il sound si sposta decisamente su territori hard e AOR. Il primo CD è dedicato a Lynyrd Skynyrd 1991 (indovinate in che anno è uscito), album pubblicato originariamente dalla Atlantic e prodotto dal grande Tom Dowd, con i membri della formazione “classica” Gary Rossington, Ed King, Billy Powell, Leon Wilkeson ed Artimus Pyle (che lascerà la band proprio in quell’anno sostituito da Kurt Custer), raggiunti dai nuovi Johnny Van Zant alla voce e Randall Hall alla chitarra, sostituti rispettivamente del fratello Ronnie Van Zant e di Steve Gaines, scomparsi nel già citato incidente aereo. Il disco è ancora oggi il migliore dal ’91 in poi, e può stare dignitosamente vicino ai lavori pubblicati dai nostri nei seventies, a partire dall’iniziale Smokestack Lightning, un trascinante boogie nel loro tipico stile con tutte le caratteristiche al posto giusto: voce grintosa, chitarre al vento, pianoforte infuocato e backing vocals femminili https://www.youtube.com/watch?v=rfRGWeZtUVk&list=OLAK5uy_m25iVuFxJgmtT0GFLElidVfR9G2Jv6oOk .

lynyrd skynyrd 1991

Gli altri highlights sono le potenti e rockeggianti Keeping The Faith, Southern Women, Good Thing (dalla strepitosa coda strumentale) e End Of The Road, tutte all’insegna del gran ritmo e chitarre goduriose, ben controbilanciate dalla limpida ballata elettroacustica Pure & Simple, il saltellante blues Money Man e Mama (Afraid To Say Goodbye), splendida soulful ballad di sette minuti; ci sono anche due pezzi dal suono un tantino “rotondo” (I’ve Seen Enough e It’s A Killer), ma sono entrambi perdonabili. Come unica e poco interessante bonus track abbiamo la versione “edit” di Keeping The Faith. Prodotto da un altro luminare del southern sound, Berry Beckett, The Last Rebel (1993, secondo CD del cofanetto) è ancora un buon disco anche se leggermente inferiore al suo predecessore, e comincia qua e là a spuntare qualche synth seppur usato con parsimonia. I punti di forza dell’album sono l’epica title track, forse la migliore ballata degli Skynyrd dalla reunion in avanti https://www.youtube.com/watch?v=rfRGWeZtUVk&list=OLAK5uy_m25iVuFxJgmtT0GFLElidVfR9G2Jv6oOk , il trascinante rock’n’roll Best Things In Life, sulla scia di classici come Down South Jukin’ e What’s Your Name, e la scintillante country ballad sudista Can’t Take That Away https://www.youtube.com/watch?v=fYA4XqP2Ih8 .

lynyrd skynyrd the last rebel

Non male neppure il sanguigno boogie con fiati Good Lovin’s Hard To Find, l’energica e possente One Thing, il godibile midtempo elettrico Outta Hell In My Dodge e la conclusiva Born To Run, con formidabile finale strumentale che vede il piano di Powell salire in cattedra. Anche qui con le tracce bonus non è che si siano sprecati, avendo aggiunto solo altre due edit versions (The Last Rebel e Born To Run), ed una bella rilettura acustica della title track che però è la stessa di Endangered Species. E veniamo al terzo dischetto, che ci fa fare un balzo in avanti di ben sedici anni e propone God & Guns: di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, la band ha sofferto altre perdite eccellenti (Powell, che però ha fatto in tempo a completare le sessions dell’album, e Wilkeson, mentre King ha lasciato il gruppo nel 1996 per problemi di salute) e quindi Rossington è rimasto l’unico membro originale, raggiunto però dall’ex Blackfoot Rickey Medlocke, che aveva brevemente fatto parte degli Skynyrd prima del loro esordio nel 1973, mentre gli altri componenti sono onesti mestieranti. Ma soprattutto i nostri hanno indurito all’inverosimile il suono alla stregua di un qualsiasi gruppo hard rock (con puntate verso l’AOR), ed il ricorso ad un produttore esperto in hard & heavy come Bob Marlette è significativo, così come la presenza tra gli ospiti di Rob Zombie https://www.youtube.com/watch?v=Vw_6eUgpo30&list=OLAK5uy_nHKof2QbYo33gN7YQ69kwUCAJK-zaQeM8 .

lynyrd skynyrd god and guns

Suono pesante quindi, come nella potentissima Still Unbroken, con uno di quei riffoni tagliati con l’accetta ed un assolo con steroidi a mille, o la roboante Simple Life, che però ha un ritornello decisamente radio friendly, la solida Little Thing Called You, southern rock per palati forti, l’autocelebrativa e durissima Skynyrd Nation e Comin’ Back For More, con Van Zant che sembra quasi Alice Cooper. Comunque grinta e feeling non mancano, i dischi brutti sono altri, anche se questi Lynyrd Skynyrd sono un’altra band non solo rispetto a quelli degli anni 70 ma anche paragonati ai primi due CD di questo box. Tracce del vecchio smalto ci sono ancora, come nella bella e limpida Southern Ways, che riprende volutamente il mood di Sweet Home Alabama, le ballatone Unwrite That Song, un po’ ruffiana ma dall’indubbio pathos, e That Ain’t My America, anche meglio nonostante il testo infarcito di stucchevole patriottismo, o la splendida Gifted Hands che è di gran lunga il pezzo migliore grazie anche ad un notevole finale chitarristico. Anche qui un misero bonus, Still Unbroken nella solita versione accorciata. Il quarto CD è ancora legato a God & Guns, in quanto si tratta dell’EP di sei pezzi incluso nelle prime copie del disco del 2009 (e qui di bonus tracks neanche l’ombra): tre outtakes di studio, delle quali l’unica degna di nota è il robusto country-blues Hobo Kinda Man, e tre brani dal vivo registrati nel 2007: la non eccelsa Red, White & Blue e le sempre formidabili Call Me The Breeze e Sweet Home Alabama.

lynyrd skynyrd last of a dying breed

Ed eccoci al quinto ed ultimo CD, il già citato Last Of A Dyin’ Breed del 2012, un disco con lo stesso approccio sonoro di God & Guns (e lo stesso produttore), ma nel complesso meno riuscito https://www.youtube.com/watch?v=ekOH20mxjP4&list=OLAK5uy_kPCkCe5wrWR5c1E_tAgDlWMlhDYrmncO4 . Alti e bassi, tra reminiscenze southern del bel tempo che fu e sonorità decisamente più tamarre: qualche buona canzone c’è, come l’iniziale title track, un bel boogie deciso, coinvolgente e tirato che è un piacere, la rock ballad One Day At A Time, dotata di un ritornello sufficientemente epico, la lenta Something To Live For, ballatona di livello più che buono e suonata nel modo giusto, e la fiera e potente Life’s Twisted. Il resto è hard rock di media qualità, con alcuni brani pessimi come Homegrown e Nothing Comes Easy, oltre a Ready To Fly che è uno slow abbastanza insapore. Qui le bonus tracks sono ben sei, vale a dire tutte quelle comprese nelle due edizioni deluxe dell’epoca (quella “normale” e quella esclusiva della rivista Classic Rock): quattro pezzi in studio, dei quali l’unico davvero incisivo è il rock-boogie Do It Up Right, con i suoi rimandi ai seventies, e due dal vivo, la non imperdibile Skynyrd Nation e la travolgente Gimme Three Steps, southern rock’n’roll allo stato puro. In conclusione, un boxettino che forse può valer la pena acquistare se non si conoscono i Lynyrd Skynyrd “post crash”, ma abbastanza inutile se si possiedono già i dischi in questione, anche per la deludente scelta di bonus tracks.

Marco Verdi