Lo Springsteen Della Domenica: Un Boss In Tono Minore, Più Folksinger Che Rocker. Bruce Springsteen – Stockholm 2005

bruce springsteen stockholm 2005

*NDB Causa problemi tecnici di connessione, ovviamente non dipendenti dalla mia volontà, ma generalizzati nella zona di Milano, da cui opero con il Blog, per un paio di giorni non è stato possibile inserire aggiornamenti con nuovi Post. In extremis, visto il titolo, aggiorno con questo nuovo articolo scritto da Marco, sulla serie dei concerti ufficiali del Boss. Poi da domani, sperando che il problema sia risolto in modo definitivo, provvederò a recuperare i Post mancanti. Per il momento buona lettura, e scusate il titardo.

Bruce Springsteen – Stockholm 2005 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Sono pronto a scommettere che se doveste chiedere a cento fans di Bruce Springsteen quale tournée tra quelle intreprese dal loro idolo sia la preferita, nessuno sceglierà i due tour acustici rispettivamente del 1995-1997 e del 2005: questo non perché in quelle due serie di spettacoli in solitaria il Boss abbia deluso, ma non si può ignorare che la fama di più grande intrattenitore dal vivo al mondo il nostro se la sia fatta come rocker a capo della E Street Band. Io stesso, che ho visto Bruce una decina di volte, pur avendone la possibilità non ho mai preso i biglietti per i due tour di cui sopra, in quanto a mio parere anche per un fuoriclasse come lui è dura mantenere desta l’attenzione per due ore e mezza da solo sul palco. Questo cappello serve per introdurre la penultima uscita della serie live tratta dagli archivi del Boss, che documenta appunto una serata presa dalla tournée del 2005 seguita alla pubblicazione dell’album Devils And Dust, e per l’esattezza uno show del 25 giugno all’Hovet, un impianto polisportivo che sorge a Stoccolma (comincio a pensare che tra i curatori di questa serie ci sia qualche scandinavo, dato che è la quinta uscita a riguardare un concerto tenuto nella penisola nordica, tre in Svezia e due in Finlandia).

Bruce come ho già detto in altre occasioni si presenta da solo (c’è però una tastiera “off-stage”, suonata da Alan Fitzgerald), ma a differenza del tour di The Ghost Of Tom Joad in cui si limitava a strimpellare la chitarra acustica ed a soffiare nell’armonica, qui si cimenta con chitarre sia acustiche che elettriche, ovviamente ancora armonica, ukulele, piano ed organo a pompa. Il pubblico svedese è caldo e partecipe, ed il Boss si presenta in buona forma anche se, come ho già accennato, lo Springsteen rocker è tutt’altra cosa rispetto alla versione folksinger: la classe però è la stessa e lo show è comunque godibile anche se qualche momento meno riuscito c’è, soprattutto a causa della decisione del nostro di stravolgere l’arrangiamento di alcuni pezzi con risultati alterni. I brani di Devils And Dust la fanno prevedibilmente da padroni, con ben otto selezioni (ed un cenno speciale lo meritano Long Time Comin’, Black Cowboys, Jesus Was An Only Son e Matamoros Banks), mentre stranamente da Tom Joad viene suonata solo la peraltro bellissima Across The River e da Nebraska (che poi è l’unico album di studio di Bruce veramente acustico) una Reason To Believe solo per armonica e voce filtrata, uno stravolgimento che reputo poco riuscito e difficilmente digeribile.

Ci sono altri arrangiamenti particolari, come l’opening track Downbound Train molto rallentata per voce ed organo, una The River pianistica (non male) ed una Point Blank in cui il Boss si accompagna al piano elettrico togliendole un pizzico di pathos; per contro, la My Hometown eseguita anch’essa al piano (acustico) è forse addirittura meglio di quella “lavorata” di Born In The U.S.A. Non mancano le rarità in scaletta, sia rispetto alle setlist abituali di questo tour (la discreta Empty Sky e la sempre stupenda Lucky Town) che in assoluto, come la b-side Part Man, Part Monkey e la pochissimo eseguita Walk Like A Man (tratta da Tunnel Of Love). E poi, visto che siamo pur sempre parlando di un concerto di Springsteen, ci sono anche diversi “magic moments” come la pianistica e toccante The Promise, un’intensa The Rising, convincente anche in questa veste spoglia, e la folkeggiante This Hard Land. La parte finale dello show inizia benissimo, con una coinvolgente Ramrod arrangiata quasi cajun, un’ottima Bobby Jean molto folk ed una pimpante ed energica Blinded By The Light, ma poi a mio parere si sgonfia negli ultimi due brani (cosa inaudita per un live del Boss, che è abituato a dare il meglio proprio nei bis), cioè una The Promised Land rallentatissima ed irriconoscibile (e francamente noiosa) ed una rilettura per voce ed organo di Dream Baby Dream dei Suicide, ripetitiva e troppo lunga.

Gli estimatori dello Springsteen elettrico (cioè tutti) si potranno ampiamente rifare con la prossima uscita, che documenterà una delle serate considerate migliori del famoso Reunion Tour del 1999 con la E Street Band.

Marco Verdi

Lo Springsteen Del 1° Aprile, Non E’ Uno Scherzo: Acustico E Ricco Di Sorprese! Bruce Springsteen – Trenton 2005

bruce springsteen live trenton 2005

Bruce Springsteen – Sovereign Bank Arena, Trenton NJ 2005 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Quello che al momento è l’ultimo episodio della serie di concerti live pubblicati mensilmente da Bruce Springsteen (mentre scrivo queste righe il prossimo volume è ancora ignoto) ci vede proiettati per la terza volta nell’anno 2005, con il Boss che si esibiva in perfetta solitudine a supporto dell’album Devils And Dust (che era però un disco elettrico, pur senza la E Street Band, ma con sonorità decisamente “roots”). A differenza degli altri due concerti già pubblicati questa serata del 22 Novembre a Trenton, in New Jersey (quindi a pochi chilometri da casa Springsteen), è davvero speciale, e non solo perché è l’ultima della parte americana del tour, ma soprattutto per il fatto che Bruce delizia il pubblico con una scaletta piena di scelte sorprendenti. E’ risaputo che lo Springsteen folksinger e storyteller è decisamente meno apprezzato di quello più prettamente rocker, ma Bruce sopperisce alla mancanza di una band con una performance di grandissima forza e vitalità (che è una costante per lui nelle serate finali di una tournée), ed interagisce parecchio con il pubblico dialogando a più riprese ed introducendo diverse canzoni ora scherzosamente ora più seriamente.

Abbiamo detto che il Boss è sul palco da solo (c’è solo Alan Fitzgerald alle tastiere, ma off-stage), ma il suono è decisamente variegato, in quanto il nostro si accompagna non solo con la chitarra acustica, ma anche con l’elettrica, l’armonica a bocca, l’ukulele, il pianoforte sia acustico che elettrico ed anche l’organo a pompa. E poi ci sono le canzoni, che in questa versione spoglia vengono anche arrangiate in maniera molto diversa, come una Born In The U.S.A. dura e bluesata (solo armonica e voce pesantemente filtrata), una The Promised Land cantautorale e quasi irriconoscibile, l’antica It’s Hard To Be A Saint In The City che diventa un brano quasi cooderiano con tanto di slide, Growin’ Up che invece vede Bruce all’ukulele ed una bella rilettura pianistica di All That Heaven Will Allow. Devils And Dust la fa ovviamente da padrone, con ben sette canzoni (ma stranamente nessuna da Tom Joad), con punte come la splendida Long Time Comin’ e le toccanti Leah e Matamoros Banks. Il nostro suona anche molto spesso il pianoforte, sia prevedibilmente nella splendida Backstreets (non è Roy Bittan, ma si difende) che nella struggente ed intensissima Drive All Night (suonata in questo tour per la prima volta dai tempi di The River), ma anche nella rara Thundercrack, che mantiene ugualmente la sua forza anche senza chitarre, mentre la poco nota My Beautiful Reward (era su Lucky Town) risulta addirittura migliorata dal maestoso arrangiamento a base di organo a pompa e con la fisarmonica di Fitzgerald.

E poi ci sono le già annunciate sorprese, siano esse relative (Empty Sky e Fire, due brani non inusuali ma suonati per la prima volta in questo tour, l’ultima delle due ancora con voce filtrata da vecchio bluesman degli anni trenta) che assolute, a partire dal pezzo che apre lo show, e cioè una vibrante versione del famoso strumentale di Link Wray Rumble, con cui il Boss fa capire da subito il suo stato di forma. Ma le altre due rarità sono ancora più inattese: la vecchissima e commovente Zero And Blind Terry, eseguita per la prima volta addirittura dal 1974 (e mai prima al pianoforte) e soprattutto l’inedita Song For Orphans, un intenso brano di inizio carriera che il Boss non era mai riuscito a pubblicare e che non aveva mai suonato in pubblico prima di questa serata, una vera chicca (ricorda leggermente My Back Pages di Bob Dylan). Dopo una festosa Santa Claus Is Coming To Town, eseguita con Patti Scialfa ed altri membri della sua famiglia (Patti era già salita sul palco per accompagnare il marito in una bellissima e toccante Mansion On The Hill) e la già citata The Promised Land, lo spettacolo si chiude in linea con gli altri concerti del tour, cioè con Bruce che si accomoda all’organo per una lucida rilettura di Dream Baby Dream dei Suicide.

Gran bel concerto, anche senza E Street Band.

Marco Verdi

Torna Lo Springsteen Della Domenica: Adesso Cominciamo Con I Doppioni? Bruce Springsteen – Grand Rapids 2005/East Rutherford 1984

bruce springsteen grand rapids '05bruce springsteen brendan byrne arena 20 8 1984

Bruce Springsteen – Van Andel Arena, Michigan, August 3 2005 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Bruce Springsteen & The E Street Band – Brendan Byrne Arena, New Jersey, August 20 1984 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

Gli ultimi due episodi degli archivi dal vivo di Bruce Springsteen, dei quali mi accingo a parlare, hanno ottenuto qualche critica dai fans, non tanto perché si occupano di tour già documentati in uscite precedenti (con pubblicazioni mensili prima o poi doveva succedere), ma perché trattano di concerti molto vicini dal punto di vista temporale a quelli già disponibili: il doppio Van Andel Arena, Michigan (tratto dalla tournée acustica del 2005 in supporto a Devils & Dust) è del 3 Agosto, e c’era già la serata a Columbus, Ohio del 31 Luglio, mentre il triplo con la E Street Band del 20 Agosto 1984 è preso addirittura dalla stessa serie di concerti alla Brendan Byrne Arena (luogo anche del recente live del 1993 con “The Other Band”) dai quali era stato tratto quello del 5 Agosto. Ne consegue che anche le scalette sono piuttosto simili, anche se non mancano le chicche in ciascuna delle due serate: è noto che un concerto di Springsteen non è mai uguale ad un altro, e quindi se guardiamo il lato puramente musicale anche questi due live sono decisamente interessanti, e nel caso di quello del 1984, addirittura formidabile.

Lo show del 2005 vede Bruce da solo sul palco (con l’aiuto offstage di Alan Fitzgerald alle tastiere), che però non si destreggia soltanto alla chitarra acustica ma usa anche molto il pianoforte, oltre che saltuariamente la chitarra elettrica, e gioca anche a cambiare spesso e volentieri gli arrangiamenti delle canzoni. La parte del leone la fanno i brani di Devils & Dust, ben sette, tra cui l’intensa Black Cowboys, la splendida Long Time Comin’ e la toccante Jesus Was An Only Son. Stranamente, data la natura intima del concerto, non sono presenti pezzi da The Ghost Of Tom Joad, e soltanto uno da Nebraska, una irriconoscibile Reason To Believe con voce filtrata ed armonica (e senza chitarra), in puro stile Mississippi blues. Le chicche sono una Tunnel Of Love al piano elettrico, meglio dell’originale, Sherry Darling con lo stesso tipo di accompagnamento (che diventa una dolce ballata), rarità come Part Man, Part Monkey e Cynthia, oltre ad una fantastica The River sempre al piano (stavolta a coda) e la sempre bellissima Racing In The Street. La scaletta del secondo CD è più simile a quello di Columbus già pubblicato, e spiccano su tutte una vibrante rilettura di It’s Hard To Be A Saint In The City, ed il bis con le note Bobby Jean, The Promised Land (anche questa difficile da riconoscere) e la cover di Dream Baby Dream dei Suicide. Uno Springsteen intimo, anche se io continuo a preferirlo come rocker.

Ed il rocker viene fuori alla grandissima nello show in New Jersey nel 1984, l’ultima di dieci serate consecutive nella medesima location: un concerto magnifico, con classici a profusione suonati in maniera ispirata, tosta, roccata e diretta, per uno dei migliori CD della serie (meglio anche di quello registrato il 5 Agosto). Qui la parte principale la fa chiaramente Born In The USA, all’epoca uscito da poco: nove pezzi su dodici, con sorprendenti e folgoranti versioni di Cover Me, I’m Goin’ Down e My Hometown (bellissima quella sera, ed io non l’ho mai amata molto), oltre ad una toccante No Surrender acustica. Mentre pezzi in origine acustici, come Atlantic City e Highway Petrolman, sono suonati full band, ed in più troviamo anche una Out In The Street tra le più belle mai sentite, la sempre trascinante Cadillac Ranch ed un formidabile trittico formato da Growin’ Up, Backstreets e Jungleland, più di mezz’ora di grande musica. Ma l’highlight assoluto, che rende questo concerto molto popolare tra gli appassionati del Boss, è la presenza sul palco nei bis di Little Steven (che all’epoca aveva lasciato la band per dedicarsi alla carriera solista, sostituito da Nils Lofgren), un commovente “homecoming” che culmina con la classica Two Hearts cantata all’unisono e soprattutto con una fantastica rilettura in duetto dell’evergreen di Dobie Gray Drift Away, un momento magico che vale la serata, e che fa quasi passare in secondo piano il finale pirotecnico a base di Detroit Medley (con aggiunta di Travelin’ Band dei Creedence) e Twist And Shout mescolata con Do You Love Me dei Contours.

Un concerto interessante ed uno imperdibile: il prossimo volume prenderà in esame una tournée ancora non toccata da questa serie di concerti, ma non quella di The Rising come auspicavano molti fans, bensì quella di Magic, per l’ultimo show con Danny Federici come membro della band.

Marco Verdi