Né Levrieri, Né Autobus, Solo Un Duo Texano: Ma Che Genere Fanno, Boh! Greyhounds – Cheyenne Valley Drive

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Greyhounds – Cheyenne Valley Drive – Bud’s Recording Services   

Conoscevo la compagnia di autobus americana e la razza di levrieri, ma ammetto che i Greyhounds come band mi mancavano: eppure sono su piazza, a Austin, Texas, da una ventina di anni, e pare abbiano già inciso sei  album, gli ultimi due per la rinata Ardent Records (ma altre discografie ne riportano solo quattro in tutto). Riconosco di conoscerli poco, ma quello che ho ascoltato in questo Cheyenne Valley Drive ha quanto meno acceso il mio interesse per un sound “diverso” dal solito. Intanto sono un duo, formato da Anthony Farrell, tastiere e voce, e Andrew Trube, chitarra e voce, che spesso si accompagnano con un batterista, che cambia a seconda degli album, per l’occasione Ed Miles. Quindi niente bassista, ma come insegna la storia, non è una novità, sin dai tempi dei Doors, nei Greyhounds la presenza di una tastiera permette di duplicarne le funzioni, ma per l’assenza del basso sono stati avvicinati a White Stripes e Black Keys, per quanto ascoltando l’album mi sembra che più correttamente si possa parlare di una fusione di soul raffinato (molto blue-eyed, ma anche nero), blues , funky e qualche piccolo elemento di rock sudista, in fondo risiedono in Texas.

Ascoltando il primo pezzo Learning How To Love mi è venuto da pensare a Gil Scott-Heron, un pezzo come The Revolution Will Not Be Televised, magari non a livello testi,  un bel piano elettrico, l’organo e il vocione di Farrell che accenna anche qualche falsetto, la chitarra insinuante di Trube, per una miscela quanto meno non molto frequentata di rock e musica nera https://www.youtube.com/watch?v=IMPQP_UkV88 . Nella successiva No Other Woman, abbiamo anche la presenza del sax di Art Edmaiston, che ricorda vecchie collaborazioni live dei due con la band di Jj Grey & Mofro, e quindi il blues-rock si fa più incalzante e sudista, con chitarre e tastiere più “cattive”. Space Song inizia con il riff di People Get Ready, ma è un attimo, anche se l’aria funky-soul-blaxploitation-space rock, grazie alla chitarra con wah-wah (che potrebbe essere di Will Sexton, presente come ospite nell’album, insieme alla moglie Amy LaVere), con tastiere appunto spaziali, visto il titolo della traccia, e la chitarra abbastanza presente e impegnata, creano sonorità interessanti. Ci sono momenti più orientati verso la canzone tradizionale, con nella piacevole melodia della morbida WMD, ritmi smussati e addolciti, quasi levigati.

Non è da trascurare che comunque l’album sia stato registrato ai Sam Phillips Recording Studios di Memphis, dopo gli album se etichetta Ardent ci può stare, se vuoi affrontare il crocevia tra la musica nera e quella bianca. Nel caso in oggetto di questo Cheyenne Valley Drive (che è l’indirizzo di casa del batterista), per quanto interessante, mi pare a tratti un po’ all’acqua di rose: alcuni cronisti fantasiosi hanno definito il loro sound “ZZ Top meets Hall & Oates”, e per quanto sui secondi possa concordare, i tre barbuti texani non li vedo molto tra le loro influenze, almeno al livello di grinta, ma ognuno ci vede (e ci sente) quello che vuole. Poi per confondere ulteriormente le idee nel loro CV viene detto che hanno scritto canzoni per Tedeschi Trucks, può essere ma sinceramente non ne ho trovate, mentre hanno aperto per i loro tour, e quindi una notizia non sicura poi per voce di popolo diventa certa, fine parentesi, torniamo al CD. Get Away Clean è un altro moderno R&B, con la giusta miscela di elementi più morbidi e altri ruvidi, pochi dei secondi, e anche 12th Street è levigata, ma con un bel assolo di Trube che illustra il lato più blues della loro musica; All We Are è un altro blue-eyed soul, con qualche elemento alla Doobie Brothers del periodo Michael McDonald e Rocky Love è di nuovo più bluesy, vagamente alla Steve Miller Band anni ‘70, con una bella chitarra di nuovo in modalità wah-wah, Goodbye è più grintosa e rock, mentre la conclusiva Credo è nuovamente una morbida soul  ballad https://www.youtube.com/watch?v=pqhmuuVa-HI . Insomma se avete capito che genere fanno beati voi, comunque piacevole e inconsueto nell’insieme.

Bruno Conti

Oltre Le Gambe C’è Di Più! Samantha Fish – Belle Of The West

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Samantha Fish – Belle Of The West – Ruf Records 

Nel recensire il precedente disco di Samantha Fish Chills And Fever, avevo esordito dicendo che all’incirca ogni paio di anni la musicista di Kansas City si presentava con un nuovo album http://discoclub.myblog.it/2017/05/05/comunque-lo-si-giri-un-gran-bel-disco-samantha-fish-chills-fever/ . Quasi a volermi smentire, a soli sette mesi dal precedente, la nostra amica si ripete con questo Belle Of The West. E a differenza di quel disco, dove si avvaleva dei Detroit Cobras, utilizzando un sound molto sixties, anche intriso di fiati e influenzato dal soul, dalla garage music, dal R&R, oltre all’immancabile blues, per l’occasione torna allo Zebra Ranch Studio di Independence, Mississippi, quello di Luther Dickinson, che è il produttore dell’album, oltre a suonarci chitarra e mandolino, e portandosi appresso molti dei suoi amici per la registrazione dei vari brani: Lightnin’ Malcolm, chitarra, armonica e voce, Jimbo Mathus, fender rhodes, armonica e voce, oltre ad avere composto la title track, Amy Lavere, contrabbasso e voce, Lillie Mae Rische, violino e voce, Tikyra Jackson, batteria e voce, Sharde Thomas, fife (quella sorta di piccolo piffero), batteria e voce e Trina Raimey, batteria.

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https://www.youtube.com/watch?v=d07XcKjwshE

Il risultato direi che è una sorta di country-folk-roots rock, ovviamente con molti elementi blues, quasi più un disco da cantautrice che da blueswoman https://www.youtube.com/watch?v=lQxNC-fmEQ4 , abbastanza differente dai dischi precedenti, anche da Wild Heart, che era comunque prodotto da Luther Dickinson, elementi presenti pure nel disco Blues And Ballads dove erano impiegati molti di questi musicisti, ovvero Lavere, Thomas e Rische, oltre allo stesso Luther. Alla luce di quanto detto finora il CD risulta essere un disco formato da blues e ballate, non dissimile da quello del leader dei North Mississippi Allstars, magari più variegato nello stile. Dalla iniziale American Dream, dove il fife della Thomas e il violino di Lillie Mae conferiscono un’aura quasi paesana all’arrangiamento, con il suono volutamente secco e smorzato della batteria che si sposa con il sound da traditional del pezzo; Blood In The Water, comincia ad assumere tonalità più da cantautrice, anche se il guizzante violino della Rische e il piffero di Sharde si intrecciano con la chitarra della Fish che non dimentica di essere una delle soliste più intriganti in circolazione.

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https://www.youtube.com/watch?v=88BaytsPunI

Il trittico di canzoni che seguono è di notevole qualità, la dolce e malinconica Need You More appartiene alla categoria delle “ballads”, seppure in leggero mid-tempo e con la voce espressiva della nostra amica che assume tonalità meno esplorate in passato, ancora con il violino a fare da strumento guida nell’economia della canzone; mentre Cowtown potrebbe essere quasi un brano alla Delaney & Bonnie, costruito intorno ad un riff del piano elettrico e della chitarra, con un crescendo che si fa man mano incalzante e la solista pungente nel finale travolgente, ottima anche Daughters, un pezzo che potrebbe ricordare le canzoni più mosse di Natalie Merchant (ovviamente sono impressioni personali buttate lì per dare un’idea di quanto si va ascoltando), la melodia è piacevole, le armonie vocali avvolgenti e la chitarra e il piano elettrico di Mathus che aggiungono quel tocco pepato in più al brano che ci accompagna nel nostro viaggio verso Ovest, ma anche verso Sud.  Viaggio che si arricchisce ancora delle tonalità più bluesy di una Don’t Say You Love Me con i profumi del Mississippi, dove il disco è stato registrato, che si fanno più evidenti, mentre il cantato è più indolente ed energico al tempo stesso e anche la solista si ritaglia i suoi spazi nel finale in crescendo.

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https://www.youtube.com/watch?v=MrqzKgwyDss

Belle of The West, il pezzo firmato da Jimbo Mathus, è invece una deliziosa country ballad, cantata in souplesse dalla Fish che azzecca una tonalità birichina e morbida, senza cadere troppo nella leziosità, e il pezzo risulta uno dei più godibili del disco. Poor Black Mattie, la cover di un brano di R.L. Burnside, era già nel repertorio live della Fish almeno dal 2014, viene cantata in coppia con Lightnin’ Malcolm, che anzi è la voce solista della canzone, oltre a suonare l’armonica, con Samantha che risponde al call and response tipico delle 12 battute primigenie del Delta Blues più grezzo ed elettrizzante; blues che rimane protagonista anche nel suono secco ed asciutto di No Angels, altro pezzo corale, dove tutta la truppa dei musicisti si esalta in un brano dove le chitarre slide e soliste di Fish e Dickinson si sfidano in modo coinvolgente; Nearing Home, appartiene di nuovo alla categoria delle “ballate”, cantata a due voci con Lillie Mae Rische che ne è anche l’autrice, risulta un altro momento dove il country prende il sopravvento sul blues con risultati splendidi, mentre nella conclusiva Gone For Good, una slide acustica, il contrabbasso e poche percussioni, sono gli elementi principali per un nuovo tuffo nel blues acustico, senza dimenticare la voce della nostra amica, autorevole e partecipe quanto basta per confermare la sua ascesa ad essere considerata uno dei talenti più interessanti espressi dalla musica roots americana.

Bruno Conti