Mentre Il Capo Non C’è Mi Faccio Un Bel Disco Dal Vivo. Nils Lofgren – Weathered

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Nils Lofgren – Weathered Live – 2 CD Cattle Track

In questi tempi nei quali il suo datore di lavoro Bruce Springsteen è stato impegnato con altri progetti, e quindi la E Street Band era in stand-by, Nils Lofgren ha avuto molto più tempo per dedicarsi ai suoi progetti solisti, che peraltro avevano preso l’abbrivio già nel 2014 con la pubblicazione dell’ottimo box retrospettivo Face The Music. In attesa che il grande capo li chiami di nuovo all’opera (e si vociferava che il Boss si stesse disputando l’uso del loro studio di registrazione casalingo, dove la moglie Patti Scialfa sta completando il suo album, per non meglio specificati progetti, leggi nuove canzoni *NDB Tra pochi giorni una realtà con il nuovo album Letter To You), Nils Lofgren ha pubblicato nel 2019 il suo album solo Blue With Lou https://discoclub.myblog.it/2019/05/08/non-un-capolavoro-ma-un-disco-onesto-e-personale-nils-lofgren-blue-with-lou/ , comprendente anche alcuni brani rimasti inediti dalla sua passata collaborazione con Lou Reed.

Ovviamente, visto che non c’era ancora la pandemia, Nils ha pensato bene di portare in tour quell’album e anche molti brani del suo enorme repertorio (oltre trenta album tra studio e live, compresi i Grin) : e per fare questo ha scelto una formidabile band per accompagnarlo, rispolverando dal doppio dal vivo del 1977 Night After Night il fratello Tom Lofgren a tastiere e chitarra, e una sezione ritmica con Kevin McCormick al basso e Andy Newmark alla batteria, già utilizzata nel disco in studio, e molte altre volte in passato, come pure la vocalist aggiunta Cindy Mizelle. Sedici canzoni in tutto, eseguite con foga e classe: Lofgren non hai mai avuto una grande voce, per quanto subito riconoscibile, ma come chitarrista è uno dei migliori su piazza, come mette subito in chiaro la potente Daddy Dream dal disco Wonderland del 1993, la ritmica scandisce il tempo, la Mizelle “aiuta” e sostiene Nils con la sua voce ricca di soul, ma quando il leader inizia a mulinare la sua chitarra in una lunga serie di assoli nei nove minuti del brano, il pubblico presente, pure non molto numeroso pare di capire, non può non apprezzare, fratello Tom aggiunge l’organo e il brano fila liscio come l’olio.

Sempre dallo stesso album (dove apparivano Newmark e McCormick) arriva anche Across The Tracks, tirata e a tutto riff, benché più contenuta come durata, Rock Or Not è una delle canzoni nuove, sempre aggressiva e tirata, più immediata della versione in studio, che lascia poi spazio a Girl In Motion, uno dei brani migliori di Silver Lining del 1991, qui in versione monstre da oltre 14 minuti, con la band che dà il meglio di sé, inclusi Newmark e McCormick che apparivano di nuovo nel disco originale. dove Kevin era anche il co-produttore, con Lofgren che racconta un episodio dell’epoca relativo a Ringo Starr, presente nell’album, ma a quanto mi risulta non in questo pezzo, ma si sa che le nebbie del tempo confondono le idee, e la canzone rimane comunque eccellente, soprattutto in questa versione allungata con grande assolo di Nils. E sempre dallo stesso album molto buona anche una vibrante Walkin’ Nerve, cantata a due voci con la Mizelle, seguita da Too Many Miles, scritta in origine per Bonnie Bramlett, un sinuoso blues, sempre con notevole lavoro della solista, Too Blue To Play, dal nuovo album è una ballata acustica, con i fremiti soul di Big Tears Fall, in origine su Back It Up Live cantati dalla Mizelle.

Don’t Let Your Guard Down e la lunga e improvvisata Give, sono altre due delle collaborazioni con Reed, entrambe più vibranti ed incisive nelle versioni live. Tender Love era una ballata in duetto con la Bramlett, qui sostituita dalla Mizelle, forse un po’ troppo zuccherosa ma non disprezzabile, stesso discorso per Like Rain, vecchio brano anni ‘70, più incisivo, con la Mizelle che sovrasta Lofgren, ma nell’insieme non dispiace, gradevole anche No Mercy, una ballata rock più elettrica e con la chitarra che torna a brillare. Mind Your Own Business è una strana cover di un pezzo country di Hank Williams, cantata con i tre fratelli di Lofgren, non malvagia e con Nils che va di slide, ma non si capisce cosa c’entri con il resto, molto meglio la cover di Papa Was A Rolling Stone dei Temptations, con jam annessa, che poi confluisce nel gran finale di I Came To Dance, uno dei brani migliori in assoluto di Nils Lofgren, oltre dieci minuti di rock (and roll) a tutto tondo, con chitarra fumante e band in grande spolvero, che chiude un album dal vivo più che soddisfacente nell’insieme e che conferma la sua fama di performer.

Bruno Conti

Non Un Capolavoro, Ma Un Disco Onesto E Personale. Nils Lofgren – Blue With Lou

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Nils Lofgren – Blue With Lou – Cattle Track Road CD

L’album di cui mi accingo a parlare ha origini lontane, e più precisamente nel 1978, anno in cui Nils Lofgren era in studio con il noto produttore Bob Ezrin per registrare il suo disco Nils. Il nostro era in un momento di impasse, avendo pronte le musiche di una manciata di canzoni ma con la difficoltà a trovare dei testi che lo soddisfacessero: fu così che Ezrin gli propose di incontrare Lou Reed per vedere se fosse possibile iniziare una collaborazione, e Nils gli diede retta. I due si piacquero subito (cosa non scontata quando c’era di mezzo l’ex Velvet Underground), e Lofgren diede a Lou un nastro con tredici canzoni per vedere se riusciva a cavarci qualcosa: dopo qualche giorno di silenzio, la classica telefonata in piena notte, con il rocker newyorkese che si dichiarò positivamente colpito dalle musiche di Nils, ed iniziò letteralmente a dettargli al telefono i testi appena scritti per quei brani (immagino il costo della bolletta telefonica).

Di questi tredici pezzi, tre se li prese lo stesso Reed per il suo album del 1980 The Bells (Stupid Man, City Lights e With You), altri tre finirono sul già citato Nils (A Fool Like Me, I’ll Cry Tomorrow e I Found Her) ed altri due li ritroveremo su due album successivi di Lofgren, Life su Damaged Goods (1995) e Driftin’ Man su Breakway Angel (2002). Il resto è storia recente: inattivo discograficamente dal 2011 (Old School), Nils ha approfittato della pausa concessa da Bruce Springsteen alla E Street Band (e prima di tornare in pista con Neil Young & Crazy Horse al posto di Frank “Poncho” Sampedro) per pensare ad un nuovo album da solista, e siccome non aveva ancora avuto modo di omaggiare Reed (scomparso nel 2013), ha avuto l’idea di utilizzare i restanti cinque brani della loro collaborazione, oltre a scriverne uno dedicato a lui e ad offrire una sua rilettura di City Lights. Il risultato, dall’emblematico titolo di Blue With Lou, è quindi un vero e proprio tributo all’amico che non c’è più, ed è uno dei lavori più personali dell’intera carriera di Lofgren (anche per altre due “canzoni-omaggio” che vedremo tra poco, ma non scritte pensando a Reed) oltre che uno dei più positivi da Crooked Line (1992) in avanti. Nils a mio parere non è mai stato un fuoriclasse come artista in proprio: ottimo sideman, eccellente chitarrista, ma un disco intero a suo nome si fa un po’ fatica a reggerlo dall’inizio alla fine, sia per qualche limite dal punto di vista del songwriting, ma anche a causa del fatto che madre natura lo ha dotato di una voce sì intonata, ma un po’ monocorde e scarsamente dotata di sfumature.

Blue With Lou, pur avendo dei difetti e qualche episodio sottotono, si mantiene comunque ben al di sopra della sufficienza, ed anzi in molti punti è perfino ottimo: prodotto da Nils con la moglie Amy, l’album è stato registrato in presa diretta dal nostro con una configurazione a trio, molto essenziale, dove però i compagni di lavoro sono Kevin McCormick al basso ed Andy Newmark alla batteria, cioè due musicisti con un pedigree lungo come da qui a New York. Il disco ha quindi un suono secco, potente e diretto, tipico dei lavori incisi live in studio, con una serie di backing vocals sia maschili che femminili a dare più profondità. Comincerei senz’altro proprio dai sei brani scritti dal nostro insieme a Lou: Attitude City ha un ritmo pulsante, riff di chitarra quasi creedenciano e Nils che canta con la sua tipica voce pulita ma un po’ chioccia, una rock’n’roll song diretta e potente che fa comunque iniziare il disco col giusto piglio. Give è un funk-rock annerito e dal tempo veloce, non un grande brano dal punto di vista compositivo, ma suonato con una bella dose di grinta, con Nils che comincia a mostrare la sua abilità chitarristica. Talk Thru The Tears è invece una rock ballad pianistica (anche le tastiere sono suonate da Lofgren) dal ritmo sempre cadenzato e la chitarra che si fa spazio da par suo, con un coro maschile sullo sfondo quasi ecclesiastico, che crea un deciso contrasto con la strumentazione tipicamente rock.

Gli ultimi due inediti a firma Lofgren/Reed sono Don’t Let Your Guard Down, un rock’n’roll molto piacevole con la solita ottima chitarra ed un motivo diretto ed immediato, e Cut Him Up, rock song ariosa e limpida che si pone tra le più riuscite, grazie anche al tocco chitarristico sopraffino; e poi c’è City Lights, che viene riletta da Nils con un arrangiamento in stile reggae ed il sax di Brandford Marsalis a riempire gli spazi, una veste sonora molto distante da quella di Lou ma gradevole e ottimamente eseguita. La title track è invece un brano nuovo di zecca, seppur ispirata da Lou, ed è un pezzo di sette minuti dalla ritmica pulsante e con una slide tagliente, atmosfera bluesata e decisamente “black”, niente male. Le restanti cinque canzoni, tutte opera di Lofgren, partono con Pretty Soon, un buon folk-rock elettroacustico dal tempo sostenuto, una melodia discorsiva e distesa e splendidi riff di chitarra slide (odo qualche vago richiamo allo stile del Boss). La chitarristica Rock Or Not è aggressiva e vibrante, anche se forse concede poco all’ascoltatore e ha un ritornello un po’ sopra le righe, mentre Too Blue To Play è molto bella, una ballata acustica toccante ed intensa nonostante un altro coro maschile “strano” e la poco duttile voce di Nils, ma il brano ha uno script solido ed una parte di chitarra superlativa. Il finale rende Blue With Lou ancora più personale, in quanto presenta due omaggi a perdite recenti: Dear Heartbreaker è dedicata a Tom Petty, una rock ballad discretamente piacevole anche se un po’ ripetitiva e forse mancante del pathos necessario, mentre Remember You è dedicata al cane di Nils, Groucho, scomparso da poco, un pezzo lento e melodicamente intenso, anche se avrei evitato il sottofondo a base di synth: dal secondo minuto in poi il ritmo cresce, entra la chitarra ed il brano migliora sensibilmente.

Quindi un disco che non posso definire perfetto al 100%, ma comunque con molti più momenti positivi che sottotono, e di certo profondamente onesto e sincero: direi che può bastare.

Marco Verdi