Le Nuove “Preghiere” Rock Di “Sorella” Ashley. Ashley Cleveland – One More Song

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Ashley Cleveland – One More Song – 204 Records – CD/Download

Chi legge questo blog ricorderà certamente che ci siamo occupati di questa signora in occasione del suo ultimo album in studio Beauty In The Curve https://discoclub.myblog.it/2014/08/11/ce-si-vede-gospel-rock-ashley-cleveland-beauty-the-curve/ , e ora, a quasi quattro anni di distanza, Ashley Cleveland torna con il suo decimo lavoro One More Song, finanziato da una campagna di crowdfunding attraverso la piattaforma Kickstarter: ed ecco il risultato, sotto forma di una dozzina di nuove canzoni, confezionate nella consueta riconoscibile forma che abbiamo definito“Gospel Rock”. Prodotto come al solito dal marito, il musicista Kenny Greenberg (valido chitarrista e sessionmen), che ha portato negli studi di registrazione diversi validi musicisti che si alternano nei brani che compongono il CD: i bassisti Steve Mackey e Michael Rhodes, Danny Rader alla chitarra acustica e mandolino, Chad Cromwell e Nick Buda alla batteria, Eric Darken alle percussioni, Reese Wynans all’organo, e con il sostegno di una importante sezione fiati composta dai bravi Jim Hoke al sassofono, Steve Hermon alle trombe e John Hinchey al trombone, che accompagnano la Cleveland voce e chitarra acustica, senza dimenticare i puntuali interventi delle coriste Angela Primm, Gayle Mayes-Stuart e Tania Hancheroff.

Chi la segue conosce la sua musica, sa perfettamente che nonostante i testi siano “religiosi”, gli arrangiamenti e i suoni sono decisamente rock, a partire dall’iniziale Way Out Of No Way, una sorta di autobiografia sonora,  un brano dai toni blues che rimanda ai suoi percorsi giovanili; per poi rispolverare in un nuovo arrangiamento un traditional di pubblico dominio come la bella Down By The Riverside (dove spicca nel finale la sezione fiati), a cui fa seguito ancora una più rilassata e poetica Crooked Heart, e una canzone dedicata alla figlia minore Lily Grown Wild, un potente rock chitarristico con il marito Kenny Greenberg sugli scudi, che sembra quasi un pezzo degli Stones come ha ricordato in una recente intervista. Si prosegue con le “preghiere” con il medley composto dalla breve Take Me To The Water, accompagnata solo da una chitarra acustico e da un organo da chiesa, e da Cool Down By The Banks Of Jordan, un torrido gospel-blues con la potente voce di Ashley (entrambi i pezzi sono sempre brani tradizionali ri-arrangiati dalla Cleveland), che poi recupera un brano di Jim Lauderdale Halfway Down (cantata in passato anche dalla star del country Patty Loveless), che in questo caso viene rifatta in una versione bluesy molto grintosa, per poi passare ad una acustica e dolcissima To Be Good, uno sguardo profondo nella proprio sfera personale.

La “novena” si avvia al termine con il tambureggiante rock di Ezekiel 2, che Ashley ha composto insieme al chitarrista Phil Keaggy, non senza raccontare una storia vera, con la meravigliosa ballata One More Song, un ricordo dolce e personale di sua madre, recuperare da Beauty In The Curve un altro brano tradizionale come Walk In Jerusalem, dove emerge ancora una volta la bravura del marito Kenny, e infine concludere con un ulteriore gospel proveniente dal lontano passato, parliamo del 1928, Born To Preach The Gospel, riletto in forma moderna sempre con la meravigliosa voce della Cleveland in grande spolvero.

Bisogna ricordare che questa non più giovanissima signora è stata forse la prima donna nominata durante i famosi Grammy Awards nella categoria Rock Gospel, nel 1996 ed anche l’unica donna a vincere il premio tre volte, il tutto come conferma e certifica anche questo ultimo lavoro One More Song, dove ogni canzone come sempre funziona per proprio merito e nulla suona forzato, con testi intimamente personali, dove la fede è sempre presente in primo piano ma in mono naturale e non forzato. Ashley Cleveland per il sottoscritto  è una di quelle rare artiste con un proprio curriculum musicale impareggiabile, che ha attraversato disparati generi che vanno dal blues al rock, dallo stile  Americana al gospel-rock, esibendosi con cantanti del valore di John Hiatt, Steve Winwood, Joe Cocker, Emmylou Harris, Etta James, James McMurtry, come autrice nell’ultimo Mary Gauthier (*NDB. Dobbiamo recensirlo assolutamente) e moltissimi altri, a ulteriore dimostrazione che queste canzoni meriterebbero di essere ascoltate per conoscere finalmente una grande artista come “sorella” Ashley Cleveland, anche se i suoi dischi, da qualche anno a questa parte distribuiti in proprio, rimangono di difficile reperibilità per chi non abita negli States, e quindi piuttosto costosi. Però vale la pena di fare lo sforzo.

Tino Montanari

Ripassi Per Le Vacanze. Sempre La “Solita” Mary Gauthier – Trouble And Love

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Mary Gauthier – Trouble And Love – In The Black Records/Proper/Ird

L’ultimo disco di studio di Mary Gauthier era stato uno dei più belli e più intensi del 2010, http://discoclub.myblog.it/2010/05/05/uno-dei-dischi-dell-anno-mary-gauthier-the-foundling/, seguito a sua volta da un eccellente album dal vivo, http://discoclub.myblog.it/2012/11/05/poco-glamour-e-tanta-sostanza-per-una-grande-cantautrice-mar/, come potete (ri)leggere qui sopra, se vi aggrada, incensati dal sottoscritto su questo Blog, che ha sempre avuto una particolare predilezione per questa bravissima cantautrice, sin dai tempi dello splendido Drag Queens In Limousines. Ammirazione condivisa anche da molti suoi colleghi, in primis Bob Dylan, che nella sua Theme Time Radio Hour ha voluto trasmettere il brano I Drink insieme ai classici della canzone americana folk, blues e country. Un altro fan è Tom Waits, ma la stessa Mary ricambia chiamando gente come Dylan, Neil Young, Leonard Cohen, Patti Smith, “truth tellers”, i narratori della verità! Come un’altra collega che viaggia più o meno su queste coordinate sonore, Lucinda Williams, ha una voce facilmente riconoscibile, particolare, laconica, sofferta, malinconica, direi quasi sofferente e le vicende della sua vita ne giustificano l’impostazione. Con la sua storia di “trovatella” la Gauthier in The Foundling ha esorcizzato i suoi dolori più profondi ed ora con questo Trouble And Love, oltre ai guai, sempre presenti, esamina anche gli amori, nelle sue canzoni. Non possiamo dire che sia un album ottimista, ma laggiù, in fondo al tunnel, si intravede un po’ di gioia e speranza.

Come dicevo nel titolo, i contenuti dei suoi dischi, per chi non la ama, potrebbero risultare un po’ ripetitivi e non di facile accesso, ma, insistendo, si viene ripagati con una bella serie di canzoni. Anche le otto che compongono questo disco raccontano la “solita” storia, forse senza la disperazione assoluta che faceva di The Foundling un disco così bello, ma con alcune punte di eccellenza che la confermano come una delle voci più autorevoli del panorama femminile americano. Registrato in quel di Nashville, negli studi di Ricky Skaggs, il disco si avvale di una piccola pattuglia di musicisti ben assortiti, tra cui spiccano Viktor Krauss e Lynn Williams, come sezione ritmica, oltre ad una serie di vocalist di spicco tra cui Ashley Cleveland, le McCrary Sisters, Beth Nielsen Chapman e Darrell Scott, che divide con Guthrie Trapp il reparto chitarristico. A completare la formazione Jimmy Wallace alle tastiere, più un ospite di prestigio, di cui vi dirò fra un attimo. Tutti gli otto brani sono firmati con un altro autore o autrice, a partire dall’iniziale When A Woman Goes Cold, scritta con Gretchen Peters, una ballata (ma lo sono tutte, la forma musicale è quella) elettrica dalla struttura blues, non dissimile da quelle di Lucinda Williams, chitarristica, con Scott e Trapp che si dividono i compiti, ben sostenuti dall’organo di Wallace, il suono è vivo e pimpante, registrato in presa diretta, con tutti i musicisti presenti in studio, in circolo intorno a Mary Gauthier che dirige con autorità le operazioni, bella partenza. False From Truth, firmata con Beth Nielsen Chapman, che è anche la seconda voce della canzone, è una ulteriore ballata, di stampo più soffuso, con piano e contrabbasso, anche suonato con l’archetto e la chitarra in fingerpicking che sottolineano le pene d’amore del(la) protagonista “”You woke up inside a cage/I woke up consumed with rage/A million miles from our first kiss/How does love turn into this?…There are two of you and one don’t feel/I don’t know which one is real….”, molto bella .

Ancora più bella Trouble And Love, il co-autore è Scott Nolan, la voce di supporto mi sembra quella di Ashley Cleveland, ma è il brano che rifulge di suo, sostenuto da una bellissima chitarra “riverberata” che crea un effetto di profondità e ampi spazi, con piano e organo in grande evidenza, una meraviglia di canzone. Più sparso e contenuto è l’accompagnamento di Oh Soul, ambientata sul sito della tomba di Robert Johnson, e che prende la forma di un country-gospel, con la seconda voce e la chitarra acustica di Darrell Scott, a sottolineare la bellezza di questa composizione, firmata anche da Ben Glover, sullo sfondo si percepiscono anche le voci delle sorelle, McCrary per un altro brano dall’atmosfera magica e  delicata. Worthy, firmata di nuovo con Beth Nielsen Chapman, è ancora più triste e malinconica, con la Gauthier che si chiede ripetutamente se è “degna” (un tema ricorrente non ancora sviscerato a fondo neppure in The Foundling, le incertezze evidentemente rimangono), sulle note di una deliziosa slide acustica suonata da Scott e con il piano che sottolinea le evoluzioni vocali soffuse ma decise di Mary e Beth. Walking Each Other Flame, di nuovo con l’aiuto di Gretchen Peters, sembra il brano dalla struttura più country, ma sempre dal lato “giusto” di Nashville, un’altra ballatona, forse un filo più ottimista delle altre, ma giusto un poco, in ogni caso sempre molto bella e coinvolgente, con tutti gli strumenti bilanciati alla perfezione dalla stessa Mary Gauthier, che ha prodotto l’album, con l’aiuto di Patrick Granado.

Ancora migliore la terza e ultima collaborazione con la Peters, How To Live Alone, cantata con passione e partecipazione assoluta dalla Gauthier, la canzone si avvale anche di un emozionante intervento chitarristico da parte del grande Duane Eddy che nobilita ulteriormente le qualità sopraffine di questo fantastico brano. Conclude, su una nota di speranza, Another Train, nuovamente firmata con Ben Glover, e con in bella evidenza la chitarra di Guthrie Trapp https://www.youtube.com/watch?v=iGL1HG1qq7c , bravissimo in tutto il disco, ma tutto il gruppo di musicisti e cantanti è perfetto nel sottolineare lo spirito di questi brani che ancora una volta esplicano la ricerca spirituale della musica di Mary Gauthier, spesso malinconica e triste, seppur pervasa da una nuova vena di serenita che non spezza del tutto la sofferenza, ma la allevia in modo sostanziale. E poi, diciamocelo, sono otto belle canzoni, tutte nello stesso disco e non è poco di questi tempi.

Il disco è uscito il nove giugno, quindi questo è il primo dei “ripassi” di questa estate, e con i dischi di Rosanne Cash e Carlene Carter, fa un bel terzetto per le scelte dei migliori di fine anno.

Bruno Conti