Un’Orgia Di Wah-Wah Per Un Disco Di Psichedelia Massiccia. Tia Carrera – Tried And True

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Tia Carrera – Tried And True – Small Stone Records CD+Download – LP

Nonostante il nome Tia Carrera sono una band, vengono da Austin, Texas, sono in pista da una ventina di anni, e ogni tanto, quando li coglie l’estro, pubblicano un nuovo album (il precedente risale al 2011). Questo nuovo Tried And True, oltre ai cinque brani canonici della versione per il download e vinile, nella versione in CD riporta come bonus il contenuto del LP dello scorso anno Visitors/Early Purple, solo due brani, ma per un totale di 35 minuti. La formazione aggiunge ai due membri storici del gruppo, Jason Morales alla chitarra e Erik Conn alla batteria, anche il bassista Curt Christenson: genere direi rock-blues con fortissime influenze psichedeliche. Solo brani strumentali, spesso e volentieri abbondantemente oltre i dieci minuti, jam dove regna l’improvvisazione quasi pura, in un’orgia inarrestabile di wah-wah come se non ci fosse un futuro (e forse neppure un passato) per la musica, per dare una idea pensate alla terza facciata, quella futuristica e sperimentale di Electric Ladyland di Jimi Hendrix, mista allo stoner rock più estremo, al fuzz rock, quello che praticano quasi tutti gli artisti sotto contratto per la Small Stone Records, etichetta di Detroit, per la quale incidono anche i Tia Carrera.

Diciamo che non c’è molto da descrivere, ma ci provo, chi ama il genere avrà capito più o meno di cosa parliamo: Layback apre le ostilità, basso fuzzy e batteria molto attivi, Morales che dopo circa venti secondi innesta il wah-wah, che da lì a poco è in modalità Cry Baby, e per circa sette minuti inesorabili di libera improvvisazione da power trio non si fanno prigionieri. Taos è decisamente più free form, sempre psichedelia massiccia, per “soli” cinque minuti, una sorta di finale infinito di qualche brano heavy rock, Swingin’ Wing rallenta leggermente e dilata i tempi, batteria molto indaffarata, sound tra stoner, heavy rock sabbathiano, sempre con wah-wah immancabilmente innestato per altri sei minuti, Zen and the art of the Thunderstorm con i suoi 3:22 è quasi un 45 giri come durata, però qui andiamo di feedback massiccio, tipo il Neil Young di Arc/Weld.

Rimane la lunga title track, oltre 14 minuti, questa volta all’inizio siamo dalle parti del doom rock dei primi Black Sabbath, qualcuno ha detto War Pigs? Questa volta il wah-wah scatta solo dopo due minuti e mezzo, poi il brano si dipana inquietante e magnetico, grazie alla comunque eccellente interpretazione dei tre musicisti. Rimangono le due bonus tracks aggiunte alla edizione in CD: sempre registrate nel loro BBQ Shack Studios, a Austin, TX, si tratta di Visitors, altri 18 minuti abbondanti di psichedelia pura improvvisata, molto hendrixiana, con la chitarra di Morales ancora una volta in piena libertà, ben spalleggiato da Conn e Christenson, che trovato un groove non lo mollano più, mentre il wah-wah impazza sempre inesorabile, breve riposo per ricaricare le pile e vai con i 16 minuti di Early Purple, ennesima lunghissima jam costruita all’impronta, come usano fare d’abitudine i Tia Carrera, viulenza” sonora non consigliata ai deboli di cuore e di spirito, che se non amano il genere sono pregati di astenersi.

Bruno Conti

Saranno Anche Vecchie Notizie, Ma Sono Decisamente Buone! The Steel Woods – Old News

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The Steel Woods – Old News – Woods Music/Thirty Tigers

Come potrebbe lasciar intendere il titolo del CD, gli Steel Woods sono la classica band old school: un connubio tra southern, innervato da robuste dosi di rock tirato, e il classico suono country della loro nativa Nashville. Quindi tanto Lynyrd Skynyrd sound, ma anche le sonorità dell’other side of Nashville, quella frequentata dal chitarrista Jason Cope, per nove anni il solista nella band di Jamey Johnson, e poi legami con le ultime leve del rock sudista, a partire dai Blackberry Smoke.  Nove brani originali e sei cover, più della metà posizionate alla fine del disco. Un suono dove non si fanno molti prigionieri, due chitarre, basso, batteria e pedalare. Ovviamente tra le influenze e le “parentele” possiamo citare anche Chris Stapleton, JJ Grey, Black Crowes, e naturalmente Allman Brothers.

L’iniziale e poderosa All Of These Years sembra proprio una riuscita fusione tra Lynyrd e Allman, chitarre a tutto riff, la voce gagliarda di Wess Bayliff, che all’occorrenza è in grado di suonare qualsiasi strumento, oltre alla chitarra, tastiere, basso, mandolino, armonica, oltre a firmare con Cope quasi tutte le canzoni, ma in questo caso è il suono delle due soliste a dominare un brano che è puro southern rock d’annata. Il secondo pezzo Without You è una delle classiche power ballads dove la componente country non è insignificante, ma il lavoro della slide nobilita il brano con raffinata classe; Changes era su Black Sabbath Vol. 4 (prego?!), ma qui viene rivestita da una insolita patina funky-soul-rock che potrebbe rimandare al JJ Grey ricordato poc’anzi, con la voce vissuta di Bayliff che intona con passione le liriche di Geezer Butler, come se uscissero da qualche fumoso locale del Sud degli Stati Uniti, mentre le chitarre si fronteggiano quasi con lievità. Wherewer You Are è una ballatona elettroacustica malinconica di quelle che piacerebbero a Chris Stapleton, parte con voce e chitarra acustica appena accennata, poi in un lento crescendo entrano tutti gli strumenti, incluso violino e viola suonati da Jake Clayton, che danno un tocco leggiadro al tutto; ma il rock ovviamente non manca, Blind Lover, con un riff muscoloso e la ritmica che picchia alla grande, potrebbe rimandare ai Black Crowes più ingrifati, con le chitarre spianate https://www.youtube.com/watch?v=GQwT4YCWq6Q   e, sempre per rimanere in ambito sudista Compared To A Soul, con un solido giro di basso ad ancorarla, ricorda certi brani  più“scuri” e cadenzati dei vecchi Lynyrd Skynyrd.

Molto bella anche la title track Old News, un’altra ballata con ampio uso di archi, cantata splendidamente da Bayliff e con un bel assolo di slide di Cope; Anna Lee è uno dei brani più country del disco, con mandolino e chitarre acustiche a dominare il sound, dove comunque le elettriche si fanno sentire con forza. Red River (The Fall Of Jimmy Sutherland) è un breve strumentale dal suono poderoso a tutte chitarre, come eccellente è la cover di The Catfish Song di Townes Van Zandt che si trasforma in un pezzo molto ritmato ed elettrico, con armonica e piano ad integrare il suono robusto delle chitarre (come facevano un tempo gli Skynyrd con JJ Cale), seguita da Rock That Says My Name, un lungo brano “epico” che ricorda le cose più elettriche di Steve Earle. Nella parte finale troviamo quattro cover, One Of These Days di Wayne Mills, un honky –tonker non molto conosciuto, comunque una ballata deliziosa con uso pedal steel suonata da Eddie Long, Are The Good Times Really Over (I Wish A Buck Was Still Silver)di Merle Haggard, ancora country music di qualità sopraffina, di nuovo con pedal steel in evidenza. E per concludere in bellezza una “riffata” Whipping Post degli Allman Brothers, con l’organo a duettare con le chitarre con una grinta e risultati invidiabili https://www.youtube.com/watch?v=I3c6uzt4aac , e dulcis in fundo, Southern Accents di Tom Petty, un elegiaco e sentito inno al Sud degli States, interpretato con vibrante passione,  a conclusione di un album decisamente soddisfacente e che illustra la statura degli Steel Woods, veramente bravi.

Consigliato vivamente.

Bruno Conti