Supplemento Della Domenica: Forse Il Tour Più Importante Di Sempre, E Per Una Volta A Prezzo Contenuto! Bob Dylan – The Complete 1966 Live Recordings

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Bob Dylan – The Complete 1966 Live Recordings – Sony 36CD Box Set

Direi che c’è abbastanza unanimità sul fatto che la tournée del 1966 di Bob Dylan, durante la quale si concretizzò il passaggio tra il folksinger dei primi anni ed il rocker del resto della carriera, sia stata una delle più importanti di tutti i tempi, se non la più importante. Per celebrare i 50 anni di quella serie di concerti, la Sony ha pubblicato questo sontuoso box di ben 36 CD, con all’interno tutte le registrazioni disponibili da quel tour (con alcune serate incomplete, ed in alcuni casi anche alcune canzoni): l’uscita non fa parte delle Bootleg Series dylaniane, ma resta un episodio a sé stante, con un occhio forse anche alla salvaguardia dei diritti d’autore sulle registrazioni, che scadono appunto dopo 50 anni: questa volta il box è anche offerto ad un prezzo accessibile, intorno ai cento/centoventi euro per 36 dischetti, forse anche per la confezione abbastanza spartana (c’è comunque un bel librettino con note del noto biografo Clinton Heylin – il quale ha appena pubblicato anche un libro a tema proprio su questo tour – ma niente a che vedere con i contenuti della Super Deluxe Edition di The Cutting Edge dello scorso anno, che però costava seicento dollari) o per il fatto che le scalette dei vari concerti sono (quasi) sempre le stesse.

In quel tour, Dylan usava presentarsi da solo con chitarra acustica ed armonica per la prima parte (sette canzoni), per poi essere raggiunto nella seconda metà (altri otto brani) da una band elettrica, che poi altri non erano che The Hawks, cioè la futura Band senza però Levon Helm (sostituito da Mickey Jones), quindi Robbie Robertson, Rick Danko, Richard Manuel e Garth Hudson. Ed il tour è passato alla storia anche per le contestazioni che Dylan era costretto a subire spesso quando passava al set elettrico, da parte di un manipolo di fans che non gli perdonavano la transizione da artista folk a rockstar, accusandolo in poche parole di essersi venduto (contestazioni che seguivano di un anno quella ormai leggendaria avvenuta al Festival di Newport, quando Bob salì sul palco con membri della Paul Butterfield Blues Band, tra cui Mike Bloomfiled, ed Al Kooper, scandalizzando i puristi): il culmine della protesta si ebbe nella famosa serata alla Free Trade Hall di Manchester (già pubblicata a parte come Bootleg Series Vol. 4, e presente comunque in questo box, con però come bonus una Just Like Tom Thumb’s Blues eseguita nel soundcheck), con il battibecco tra Dylan e tale Keith Butler, che gli urlò “Giuda!”, e Bob in risposta gli diede del bugiardo per poi ordinare alla band di suonare Like A Rolling Stone “fottutamente forte”. Tra l’altro, Bob aveva già all’attivo due dischi elettrici (la prima facciata di Bringing It All Back Home e tutto Highway 61 Revisited), e si era già esibito con una band in alcuni concerti americani dell’anno prima, quindi non si capisce del tutto l’astio di una parte del pubblico verso questo tipo di cambiamento.

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I dischi presenti nel box hanno tre diverse fonti di registrazione: la maggior parte proviene direttamente dal soundboard (cioè il mixer), ed è ottima anche se in mono, poi ci sono i concerti registrati dalla CBS in maniera professionale, in stereo (quello già citato di Manchester, i due di Londra alla Royal Albert Hall, e quello di Sheffield, ma di quest’ultimo stranamente solo la parte acustica, quella elettrica è soundboard), ed infine cinque CD di audience tapes, cioè registrati dal pubblico, messi alla fine del cofanetto e con una qualità da bootleg, presenti più che altro per il loro valore storico.

(NDM: per chi non vuole comunque sobbarcarsi la spesa dell’intero cofanetto, il 2 Dicembre uscirà in doppio CD – o doppio LP – The Real Royal Albert Hall Concert, che documenta la prima delle due serate a Londra, quella del 26 Maggio).

Dicevamo delle contestazioni, ma ascoltando attentamente il box si nota come Dylan non fosse criticato ovunque, ma soltanto in alcune date britanniche (anche se va detto che i concerti nel Regno Unito sono la grande maggioranza): i primi quattro CD, registrati a Sydney, Melbourne e Copenhagen, vedono infatti un Dylan accolto ottimamente dal pubblico (a parte un piccolo gruppetto, probabilmente organizzato, che a Sydney continua a chiedere  Hard Rain), e la performance di conseguenza ne esce più rilassata, con anche momenti ironici come l’introduzione parlata a Just Like Tom Thumb’s Blues (tra l’altro a Sydney troviamo una chicca assoluta, una rara versione dal vivo, nella parte elettrica, della splendida Positively 4th Street, un brano che non verrà più ripreso fino al tour con Tom Petty del 1986). Anche nei primi concerti in UK e Irlanda  la gente non è per nulla ostile, anzi applaude convinta anche la parte elettrica, come nel caso di Dublino, che comunque presenta uno dei migliori segmenti acustici di tutto il tour, con una Visions Of Johanna da antologia (suonata in anteprima come tutte le canzoni tratte da Blonde On Blonde, che uscirà nel pieno della tournée, il 16 Maggio, giorno dello show di Sheffield). Ad ogni modo Dylan mantiene sempre due atteggiamenti diversi a seconda del momento all’interno del concerto: rilassato, fluido e rigoroso nel canto durante la metà acustica, maggiormente teso e nervoso durante la parte rock, con le performance quasi sempre urlate nel microfono, e con una tensione crescente a seconda della risposta del pubblico, come se le contestazioni lo spingessero ad osare ancora di più (e sicuramente era così).

Riguardo alla scaletta, la parte acustica offre highlights assoluti come la già citata Visions Of Johanna e la lunga Desolation Row, ma anche una splendida It’s All Over Now, Baby Blue, oltre a pezzi “minori” ma impeccabili come She Belongs To Me e, in anteprima da Blonde Of Blonde (almeno fino a metà Maggio), la fluida 4th Time Around ed il futuro classico Just Like A Woman (forse l’unica che soffre leggermente l’assenza della band), per terminare con la sempre applauditissima Mr. Tambourine Man. La seconda parte, quella elettrica, rompe il ghiaccio con la roccata Tell Me, Momma, un brano inedito suonato solo in questo tour (non esiste neppure una versione di studio), una vera scossa per chi è abituato ad ascoltare il Dylan-menestrello, seguita da due arrangiamenti completamente stravolti delle originariamente acustiche I Don’t Believe You e Baby, Let Me Follow You Down, quest’ultima in una veste quasi rock’n’roll che suona fresca ancora oggi; dopo una solitamente rilassata Just Like Tom Thumb’s Blues, abbiamo il rock-blues chitarristico e trascinante di Leopard-Skin Pill-Box Hat e, dal periodo folk, la splendida One Too Many Mornings, bellissima anche in questa veste elettrica, con Danko alla seconda voce nel ritornello. Il finale è, in tutti i concerti del box, la parte saliente, con una grandissima Ballad Of A Thin Man, drammatica, intensa, pianistica, con Dylan che canta con grande forza, e la conclusiva Like A Rolling Stone, un pezzo che non ha bisogno di presentazioni, suonato sempre in maniera potente, con il muro del suono degli Hawks capace ogni volta di zittire anche i fischi.

La qualità delle performance è varia, ma non scende mai sotto il livello di guardia, al massimo ci sono serate in cui Bob sembra annoiato, quasi assonnato, anche se solo nella parte acustica (per esempio nei concerti di Belfast e Parigi, unica data nell’Europa “latina”, tra l’altro il giorno del suo 25° compleanno, il 24 Maggio), mentre ogni volta che attacca la spina sembra trasfigurarsi, forse spronato anche dalla presenza della band. Nelle serate di piena forma, invece, il concerto è un godimento dalla prima all’ultima canzone, cosa che già avevamo intuito nel 1998 con il live di Manchester (che rimane comunque uno dei migliori del tour), e giustifica in pieno la scelta di chi vuole accaparrarsi il cofanetto completo: Bob è infatti famoso da sempre per non suonare mai un brano due volte nello stesso modo, ed anche in questa tournée è bello notare le diverse sfumature nelle varie serate, e, ripeto, l’aumentare dell’intensità a seconda della forza della contestazione. Ma quindi, a parte Manchester, quali sono i concerti migliori? Sicuramente i due di Londra, con il secondo non di certo inferiore a quello pubblicato a parte (e dove la tensione tra Dylan ed il pubblico raggiunge livelli altissimi), ma anche Newcastle e Sheffield (che forse presenta la migliore parte acustica in assoluto del tour, eseguita con una precisione millimetrica): performance incendiarie, quasi feroci, con Dylan che riversa sul pubblico tutta la rabbia che ha in corpo e la band si dimostra già quel grande gruppo che da lì a due anni si farà conoscere con Music From Big Pink, con Robertson in particolare stato di grazia.

Ottima anche la serata di Cardiff, di cui è presente solo la parte elettrica, il primo concerto britannico con qualche contestazione, anche se tiepida (solo la sera prima, a Bristol, era filato tutto liscio, con la gente ben disposta e che rideva anche di gusto alle battute di Dylan, e tra l’altro in questo concerto c’è una Ballad Of A Thin Man da urlo); Glasgow è invece il punto più alto per quanto riguarda le proteste dei fans, subito seguita in questo da Liverpool (entrambi i concerti sono su un solo CD ciascuno, mancando tutti e due dei primi tre brani acustici), ma anche in questi due casi Dylan risponde con una prova splendida, di grande intensità emotiva. E poi c’è Parigi, all’Olympia, un concerto a lungo mitizzato, con Bob che ha grossi problemi nella prima parte ad accordare la chitarra (cosa che lo infastidisce parecchio), ma è assolutamente inarrivabile nella seconda, con il pubblico francese che, forse un po’ a sorpresa, applaude convinto dalla prima all’ultima canzone senza tracce di protesta. Infine abbiamo gli ultimi cinque CD, quelli con gli audience recordings, che si riferiscono a tre concerti americani di warm-up tenutisi a Febbraio (White Plains, Pittsburgh e Hampstead), più frammenti della prima serata a Melbourne e di quella a Stoccolma: la qualità è, per usare un eufemismo, non eccelsa, ed è un peccato perché le performance sono di buon livello, e nella parte acustica delle serate americane troviamo due splendide canzoni come Love Minus Zero/No Limit e To Ramona, in seguito eliminate dalla setlist.

Forse il box completo è un po’ troppo per il “non dylaniano”, ma c’è da tener presente che, come già successo un anno fa con The Cutting Edge, siamo catapultati nel bel mezzo della storia della musica contemporanea in una sorta di Ritorno Al Futuro rock: se il box dello scorso anno lo avevo paragonato a Leonardo Da Vinci che dipingeva la Gioconda, qui è come assistere ad una rappresentazione teatrale di William Shakespeare con i suoi Chamberlain’s Men.

Marco Verdi

Altre Ristampe Future: Reparto “Fregature”. The Band Last Waltz/Queen On Air/David Bowie Legacy

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Tutte e tre le uscite sono previste per il mese di novembre, The Last Waltz della Band e l’antologia Bowie Legacy per il giorno 11, i Queen On Air invece per il 4 novembre. Perché “fregature” direte Voi? Andiamo con ordine e vediamo.

Partiamo dalla ristampa del famoso concerto The Last Waltz dedicato a The Band, anche uno splendido film diretto da Martin Scorsese (forse il più bello di tutti i tempi in ambito rock, se la batte con Woodstock, ma con ben altri mezzi tecnici e qualità audio video nettamente superiori)::ai tempi uscì come triplo vinile, poi venne pubblicato un doppio CD con il meglio del concerto, la VHS, e nel 2002 una versione in quadruplo CD con tutto il concerto in formato audio, e, per il mercato americano una edizione DVD+Blu-Ray del film. Questo, per le finezze dei discografici, avveniva nel 25° Anniversario dalla data dell’uscita (però il disco e il film uscirono nel 1978, quindi erano 24 anni), mentre quest’anno quantomeno il 40° Anniversario viene rispettato, 1976-2016. Dove sta la fregatura? Nella nuova confezione in uscita l’11 novembre, 4 CD e 1 Blu-Ray, non ci sono neppure due millisecondi di materiale inedito, mentre nella versione Super Deluxe (come direbbe Fantozzi, rilegata in pelle umana) è contenuto uno splendido libro con la sceneggiatura originale del film, che ai tempi Scorsese si era fatto stampare in due copie, una per lui e una per Robbie Robertson. Il tutto, disponibile in tiratura limitata di 2.500 copie, è in vendita solo sul sito della Rhino alla modica cifra di 260 dollari (ok 259.98) http://www.rhino.com/product/the-last-waltz-40th-anniversary-super-deluxe-edition. Però nella confezione trovate anche un secondo Blu-ray con una “rara” intervista degli anni ’90 con Martin Scorsese e Robbie Robertson https://www.youtube.com/watch?v=w_v3zbSEhaE . Ah beh, allora!

Se per caso in tutti questi anni avete vissuto su Marte e quindi non siete già felici proprietari delle svariate edizioni uscite negli anni, potete farci un pensierino, in caso contrario, occhio alla penna (e al portafoglio) perché pure la versione “normale” quintupla dovrebbe costare almeno una settantina di euro (nulla rispetto ai quasi 400, tasse e spedizione comprese, che pagheranno i fortunati abitanti europei ordinando la versione della Rhino)! Usciranno anche una versione in 6 LP e quella classica in 2 CD.Se volete, per curiosità, questo è il contenuto completo:

Disc One
1. “Theme From The Last Waltz” (with orchestra)
2. “Up On Cripple Creek”
3. “The Shape I’m In”
4. “It Makes No Difference”
5. “Who Do You Love” (with Ronnie Hawkins)
6. “Life Is A Carnival”
7. “Such A Night” (with Dr. John)
8. “The Weight”
9. “Down South In New Orleans” (with Bobby Charles)
10. “This Wheel’s On Fire”
11. “Mystery Train” (with Paul Butterfield)
12. “Caldonia” (with Muddy Waters)
13. “Mannish Boy” (with Muddy Waters)
14. “Stagefright”

Disc Two
1. “Rag Mama Rag”
2. “All Our Past Times” (with Eric Clapton)
3. “Further On Up The Road” (with Eric Clapton)
4. “Ophelia”
5. “Helpless” (with Neil Young)
6. “Four Strong Winds” (with Neil Young)
7. “Coyote” (with Joni Mitchell)
8. “Shadows And Light” (with Joni Mitchell)
9. “Furry Sings The Blues” (with Joni Mitchell)
10. “Acadian Driftwood”
11. “Dry Your Eyes” (with Neil Diamond)
12. “The W.S. Walcott Medicine Show”
13. “Tura Lura Lura (That’s An Irish Lullaby)” (with Van Morrison)
14. “Caravan” (with Van Morrison)

Disc Three
1. “The Night They Drove Old Dixie Down”
2. “The Genetic Method/Chest Fever”
3. “Baby Let Me Follow You Down” (with Bob Dylan)
4. “Hazel” – with Bob Dylan
5. “I Don’t Believe You (She Acts Live We Never Have Met)” (with Bob Dylan)
6. “Forever Young” (with Bob Dylan)
7. “Baby Let Me Follow You Down” (Reprise) (with Bob Dylan)
8. “I Shall Be Released”
9. Jam #1
10. Jam #2
11. “Don’t Do It”
12. “Greensleeves” (From Movie Soundtrack)

Disc Four: “The Last Waltz Suite”
1. “The Well”
2. “Evangeline” (with Emmylou Harris)
3. “Out Of The Blue”
4. “The Weight” (with The Staples)
5. “The Last Waltz Refrain”
6. Concert Rehearsal
7. “King Harvest (Has Surely Come)”
8. “Tura Lura Lura (That’s An Irish Lullaby)”
9. “Caravan”
10. “Such A Night”
11. “Rag Mama Rag”
12. “Mad Waltz” (Sketch track for “The Well”)
13. “The Last Waltz” (Instrumental)
14. “The Last Waltz (Sketch)

Disc Five: Blu Ray
1. “Theme From The Last Waltz” (with orchestra)
2. “Up on Cripple Creek”
3. “The Shape I’m In”
4. “It Makes No Difference”
5. “Who Do You Love” (with Ronnie Hawkins)
6. “Life Is A Carnival”
7. “Such A Night” (with Dr. John)
8. “Down South In New Orleans” (with Bobby Charles)
9. “Mystery Train” (with Paul Butterfield)
10. “Mannish Boy” (with Muddy Waters)
11. “Stagefright”
12. “Further On Up The Road” (with Eric Clapton)
13. “Ophelia”
14. “Helpless” (with Neil Young)
15. “Coyote” (with Joni Mitchell)
16. “Dry Your Eyes” (with Neil Diamond)
17. “Tura Lura Lura (That’s An Irish Lullaby)” (with Van Morrison)
18. “Caravan” (with Van Morrison)
19. “The Night They Drove Old Dixie Down”
20. “Baby Let Me Follow You Down” (with Bob Dylan)
21. “I Don’t Believe You (She Acts Live We Never Have Met)” (with Bob Dylan)
22. “Forever Young” (with Bob Dylan)
23. “Baby Let Me Follow You Down” (Reprise)
24. “I Shall Be Released” (Finale)
25. “The Well”
26. “Evangeline” (with Emmylou Harris)
27. “Out Of The Blue”
28. “The Weight” (with The Staples)
29. “The Last Waltz Refrain”
30. “Theme From The Last Waltz”

Ad agosto c’è stato un concerto celebrativo per il 40° dell’evento, sperando nell’uscita ufficiale di questo.

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Sempre l’11 novembre verrà pubblicata una ennesima antologia dedicata a David Bowie, Bowie Legacy The Best Of Bowie, altra uscita fondamentalmente inutile legata però al mercato natalizio: ci sarà la versione in 2 CD e quella in 1 CD. I compilatori della raccolta ci dicono che per la prima volta sono comprese anche le tracce tratte dall’ultimo disco di Bowie Blackstar, e anche un “inedito” (si fa per dire): un remix 2016 di Life On Mars curato dal produttore originale Ken Scott. Vedo già i segni dei dollaroni scorrere veloci come in una slot machine umana. Anche in questo caso tracklist di entrambe le versioni.

Tracklist
[CD1]
1. Space Oddity (2009 Remastered Version)
2. The Man Who Sold The World (2014 Remastered Version)
3. Changes (2014 Remastered Version)
4. Oh! You Pretty Things (2014 Remastered Version)
5. Life On Mars? (2016 Mix)
6. Starman (Original Single Mix) (2012 Remastered Version)
7. Ziggy Stardust (2012 Remastered Version)
8. Moonage Daydream (2012 Remastered Version)
9. The Jean Genie (Original Single Mix) (2014 Remastered Version)
10. All The Young Dudes
11. Drive-In Saturday (2013 Remastered Version)
12. Sorrow (2013 Remastered Version)
13. Rebel Rebel (2014 Remastered Version)
14. Young Americans (Original Single Edit) (2014 Remastered Version)
15. Fame (2014 Remastered Version)
16. Golden Years (Single Version) (2014 Remastered Version)
17. Sound And Vision (2014 Remastered Version)
18. “Heroes” (Single Version) (2014 Remastered Version)
19. Boys Keep Swinging (2014 Remastered Version)
20. Fashion (Single Version) (2014 Remastered Version)
21. Ashes To Ashes (Single Version) (2014 Remastered Version)

[CD2]
1. Under Pressure (2011 Remastered Version) – Queen & David Bowie
2. Let’s Dance (Single Version) (2014 Remastered Version)
3. China Girl (Single Version) (2014 Remastered Version)
4. Modern Love (Single Version) (2014 Remastered Version)
5. Blue Jean (2014 Remastered Version)
6. This Is Not America (with The Pat Metheny Group) (2014 Remastered Version)
7. Dancing In The Street (2014 Remastered Version) – David Bowie & Mick Jagger
8. Absolute Beginners (Edit) (2014 Remastered Version)
9. Jump They Say (Radio Edit) (2014 Remastered Version)
10. Hallo Spaceboy (Pet Shop Boys Remix) (with The Pet Shop Boys)
11. Little Wonder (Edit)
12. I’m Afraid Of Americans (V1) (Radio Edit)
13. Thursday’s Child (Radio Edit)
14. Slow Burn (Radio Edit)
15. Everyone Says ‘Hi’ (Edit)
16. New Killer Star (Radio Edit)
17. Where Are We Now?
18. Lazarus (Radio Edit)
19. I Can’t Give Everything Away (Radio Edit)

Versione singola:

Tracklist
1. Let’s Dance (Single Version) (2014 Remastered Version)
2. Ashes To Ashes (Single Version) (2014 Remastered Version)
3. Under Pressure (2011 Remastered Version) – Queen & David Bowie
4. Life On Mars? (2016 Mix)
5. Changes (2014 Remastered Version)
6. Oh! You Pretty Things (2014 Remastered Version)
7. The Man Who Sold The World (2014 Remastered Version)
8. Space Oddity (2009 Remastered Version)
9. Starman (Original Single Mix) (2012 Remastered Version)
10. Ziggy Stardust (2012 Remastered Version)
11. The Jean Genie (Original Single Mix) (2014 Remastered Version)
12. Rebel Rebel (2014 Remastered Version)
13. Golden Years (Single Version) (2014 Remastered Version)
14. Dancing In The Street (2014 Remastered Version) – David Bowie & Mick Jagger
15. China Girl (Single Version) (2014 Remastered Version)
16. Fame (2014 Remastered Version)
17. Sound And Vision (2014 Remastered Version)
18. “Heroes” (Single Version) (2014 Remastered Version)
19. Where Are We Now?
20. Lazarus (Radio Edit)

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Per Queen On Air non possiamo parlare di uscita inutile, tutt’altro, si tratta di una pubblicazione molto interessante, ma anche qui c’è la “fregatura”: come vedete ne usciranno due versioni, una doppia e una sestupla, in CD (e anche triplo vinile); ma, per avere il compact dal vivo con il materiale registrato al Golders Green Hippodrome, London, 1973, Estádio Do Morumbi, São Paulo, Brazil, in 1981 e Maimmarktgelände, Mannheim, Germany, in 1986, 24 pezzi in tutto, vi dovete beccare anche tre dischetti di interviste effettuate per la BBC e Capital Radio tra il 1976 e il 1992, che francamente credo non interessino molto neppure ai fans più accaniti, ma per avere i pezzi live è l’unico modo. E la differenza di prezzo tra le due edizioni è notevole, si parla di una ventina di euro per la doppia e oltre i 55 per quella in 6 CD.

Comunque, al solito, ecco i contenuti, con tutte e sei le BBC Sessions dei Queen dal febbraio 1973 all’ottobre 1977 (qualcosa era già uscito in passato) e gli extra, Esce il 4 novembre.

Disc One
“My Fairy King”
“Keep Yourself Alive”
“Doing All Right”
“Liar”
“See What A Fool I’ve Been”
“Keep Yourself Alive”
“Liar”
“Son and Daughter”
“Ogre Battle”
“Modern Times Rock’n’Roll”
“Great King Rat”
“Son and Daughter”

Disc Two
“Modern Times Rock’n’Roll”
“Nevermore”
“White Queen (As It Began)”
“Now I’m Here”
“Stone Cold Crazy”
“Flick of the Wrist”
“Tenement Funster”
“We Will Rock You”
“We Will Rock You” (Fast)
“Spread Your Wings”
“It’s Late”
“My Melancholy Blues”

Disc Three
Golders Green Hippodrome, London, 13th September 1973
“Procession” (Intro Tape)
“Father to Son”
“Son and Daughter”
Guitar Solo
“Son and Daughter” (Reprise)
“Ogre Battle”
“Liar”
“Jailhouse Rock”

Estádio Do Morumbi, São Paulo, Brazil, 20th March 1981
Intro
“We Will Rock You” (Fast)
“Let Me Entertain You”
“I’m in Love with My Car”
“Alright Alright”
“Dragon Attack”
“Now I’m Here”
“Love of My Life”

Maimmarktgelände, Mannheim, Germany, 21st June 1986
“A Kind Of Magic”
Vocal Improvisation
“Under Pressure”
“Is This the World We Created”
“(You’re So Square) Baby I Don’t Care”
“Hello Mary Lou (Goodbye Heart)”
“Crazy Little Thing Called Love”
“God Save the Queen”

Disc Four: Interviews
Freddie Mercury With Kenny Everett (November 1976)
Queen with Tom Browne (Christmas 1977)
Roger Taylor with Richard Skinner (June 1979)
Roger Taylor with Tommy Vance (December 1980)
Roy Thomas Baker The Record Producers

Disc Five: Interviews
John Deacon, South American tour (March 1981)
Brian May Rock On with John Tobler (June 1982)
Brian May Saturday Live with Richard Skinner and Andy Foster (March 1984)
Freddie Mercury Newsbeat (August 1984)
Brian May Newsbeat (September 1984)
Freddie Mercury Saturday Live (September 1984)
Freddie Mercury with Simon Bates (April 1985)
Brian May The Way It Is with David ‘Kid’ Jensen (July 1986)

Disc Six: Interviews
Roger Taylor My Top Ten with Andy Peebles (May 1986)
Queen for an Hour with Mike Read (May 1989)
Brian May Freddie and Too Much Love Will Kill You with Simon Bates (August 1982)
Brian May Freddie Mercury Tribute Concert with Johnnie Walker (October 1992)

Anche per oggi è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

A Novembre Esce Anche Un “Mini” Album Dal Vivo Di Bob Dylan: The 1966 Live Recordings, Box Set Da 36CD!

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 L’indiscrezione girava in rete già da qualche tempo, ed oggi è stata confermata: l’11 Novembre la Sony pubblicherà The 1966 Live Recordings, un box che definire monumentale è il minimo, non nelle dimensioni, bensì nel contenuto. Trattasi infatti della tournée completa di quell’anno di Bob Dylan, una serie di concerti insieme a The Band (che allora si chiamavano ancora The Hawks) che è passata alla storia come uno dei tour più importanti di tutti i tempi, e che era già stata toccata dalle Bootleg Series con il quarto volume, che riguardava il concerto completo alla Free Trade Hall di Manchester (quello del famoso battibecco di Bob con il fan che gli aveva urlato “Judas!”), serata che per anni era stata erroneamente collocata alla Royal Albert Hall. Il box comprende tutto ciò che esiste su nastro di quei 23 concerti (la maggior parte in Europa, più qualcuno in Australia ed America), con qualche serata incompleta ed anche diverse audience recordings (gli ultimi cinque dischi). Un’operazione che serve anche a salvaguardare i diritti d’autore per quell’anno, ma che a differenza della edizione super deluxe del box The Cutting Edge dello scorso anno, costerà circa un quinto (in Italia ed Europa dovremmo aggirarci tra i 140 e 160 euro, ma è molto indicativo e spannometrico), anche perché la confezione si preannuncia nettamente più spartana (ma comprenderà comunque un libretto con le note del noto biografo Clinton Heylin, del quale sta per uscire un libro proprio relativo a questo tour).

Qualcuno criticherà la scelta di pubblicare 36CD in cui si ripetono sempre le stesse canzoni (le scalette dell’epoca erano un po’ statiche, anche se come vedrete qua sotto qualche variante ogni tanto c’era), ma, dato il prezzo per una volta abbordabile (in rapporto al numero di dischetti, è chiaro), io ci farei un pensierino. Ad ogni modo uscirà anche una versione doppia che riguarderà anche soltanto il “vero” concerto The Real Royal Albert Hall 1966 Concert, al momento non si sa se la serata del 26 Maggio o quella del 27, o un meglio delle due (lo stesso anche in doppio vinile, ma pare si tratti del 27 maggio, quindi i dischi 30 e 31 della lista qui sotto).

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Questa comunque la lista delle canzoni, disco per disco.

Disc: 1
1. She Belongs to Me (Incomplete)
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like Tom Thumb’s Blues
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 2
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Positively 4th Street

Disc: 3
1. She Belongs to Me (Incomplete)
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Tell Me, Momma (Fragment)
8. Baby, Let Me Follow You Down
9. Just Like Tom Thumb’s Blues

Disc: 4
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around (Fragment)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat (Incomplete)
6. Ballad of a Thin Man
7. Like a Rolling Stone

Disc: 5
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 6
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 7
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. Desolation Row
5. Just Like a Woman
6. Mr. Tambourine Man

Disc: 8
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 9
1. Fourth Time Around
2. Mr. Tambourine Man
3. She Belongs to Me
4. Vision of Johanna
5. It’s All Over Now, Baby Blue
6. Desolation Row
7. Just Like a Woman

Disc: 10
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings (Incomplete)
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 11
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 12
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna (Incomplete)
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row (Incomplete)
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 13
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 14
1. It’s All Over Now, Baby Blue
2. Desolation Row
3. Just Like a Woman
4. Mr. Tambourine Man
5. Tell Me, Momma (Incomplete – Drop Out)
6. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
7. Baby, Let Me Follow You Down
8. Just Like Tom Thumb’s Blues
9. Leopard-Skin Pill-Box Hat
10. One Too Many Mornings
11. Ballad of a Thin Man
12. Like a Rolling Stone

Disc: 15
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 16
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 17
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 18
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 19
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 20
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone
9. Just Like Tom Thumb’s Blues (Incomplete) Soundcheck

Disc: 21
1. It’s All Over Now, Baby Blue
2. Desolation Row (Incomplete)
3. Just Like a Woman
4. Mr. Tambourine Man
5. Tell Me, Momma
6. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
7. Baby, Let Me Follow You Down
8. Just Like Tom Thumb’s Blues
9. Leopard-Skin Pill-Box Hat
10. One Too Many Mornings (Incomplete)
11. Ballad of a Thin Man
12. Like a Rolling Stone

Disc: 22
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row (Incomplete)
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 23
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 24
1. She Belongs to Me (Incomplete)
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row (Incomplete)
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 25
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 26
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row (Incomplete)
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 27
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 28
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 29
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 30
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man

Disc: 31
1. Tell Me, Momma
2. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
3. Baby, Let Me Follow You Down
4. Just Like Tom Thumb’s Blues
5. Leopard-Skin Pill-Box Hat
6. One Too Many Mornings
7. Ballad of a Thin Man
8. Like a Rolling Stone

Disc: 32
1. She Belongs to Me
2. To Ramona
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Love Minus Zero / No Limit
7. Mr. Tambourine Man
8. Tell Me, Momma
9. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met) [Incomplete]

Disc: 33
1. She Belongs to Me
2. To Ramona
3. Visions of Johanna
4. Desolation Row (Incomplete)
5. Love Minus Zero / No Limit (Incomplete)
6. Mr. Tambourine Man
7. Positively 4th Street
8. Like a Rolling Stone

Disc: 34
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Love Minus Zero / No Limit
7. Mr. Tambourine Man
8. Tell Me, Momma
9. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
10. Baby, Let Me Follow You Down
11. Just Like Tom Thumb’s Blues
12. Leopard-Skin Pill-Box Hat
13. One Too Many Mornings (Incomplete)

Disc: 35
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row
6. Just Like a Woman
7. Mr. Tambourine Man
8. Tell Me, Momma
9. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
10. Baby, Let Me Follow You Down
11. Just Like Tom Thumb’s Blues
12. Leopard-Skin Pill-Box Hat (Fragment)

Disc: 36
1. She Belongs to Me
2. Fourth Time Around
3. Visions of Johanna
4. It’s All Over Now, Baby Blue
5. Desolation Row (Incomplete)
6. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
7. Baby, Let Me Follow You Down
8. Just Like Tom Thumb’s Blues (Fragment)
9. Leopard-Skin Pill-Box Hat (Incomplete)
10. One Too Many Mornings (Incomplete)
11. Ballad of a Thin Man (Incomplete)

Ed ecco la lista delle date e rispettive località.

Disc 1 – Sydney, April 13, 1966 (Soundboard recorded by TCN 9 TV Australia)
Disc 2 – Sydney, April 13, 1966 (Soundboard recorded by TCN 9 TV Australia)
Disc 3 – Melbourne, April 20, 1966 (Soundboard / unknown broadcast)
Disc 4 – Copenhagen, May 1, 1966 (Soundboard)
Disc 5 – Dublin, May 5, 1966 (Soundboard)
Disc 6 – Dublin, May 5, 1966 (Soundboard)
Disc 7 – Belfast, May 6, 1966 (Soundboard)
Disc 8 – Belfast, May 6, 1966 (Soundboard)
Disc 9 – Bristol, May 10, 1966 (Soundboard / audience)
Disc 10 – Bristol, May 10, 1966 (Soundboard)
Disc 11 – Cardiff, May 11, 1966 (Soundboard)
Disc 12 – Birmingham, May 12, 1966 (Soundboard)
Disc 13 – Birmingham, May 12, 1966 (Soundboard)
Disc 14 – Liverpool, May 14, 1966 (Soundboard)
Disc 15 – Leicester, May 15, 1966 (Soundboard)
Disc 16 – Leicester, May 15, 1966 (Soundboard)
Disc 17 – Sheffield, May 16, 1966 (CBS Records recording)
Disc 18 – Sheffield, May 16, 1966 (Soundboard)
Disc 19 – Manchester, May 17, 1966 (CBS Records recording)
Disc 20 – Manchester, May 17, 1966 (CBS Records recording except Soundcheck / Soundboard)
Disc 21 – Glasgow, May 19, 1966 (Soundboard)
Disc 22 – Edinburgh, May 20, 1966 (Soundboard)
Disc 23 – Edinburgh, May 20, 1966 (Soundboard)
Disc 24 – Newcastle, May 21, 1966 (Soundboard)
Disc 25 – Newcastle, May 21, 1966 (Soundboard)
Disc 26 – Paris, May 24, 1966 (Soundboard)
Disc 27 – Paris, May 24, 1966 (Soundboard)
Disc 28 – London, May 26, 1966 (CBS Records recording)
Disc 29 – London, May 26, 1966 (CBS Records recording)
Disc 30 – London, May 27, 1966 (CBS Records recording)\
Disc 31 – London, May 27, 1966 (CBS Records recordings)
Disc 32 – White Plains, NY, February 5, 1966 (Audience tape)
Disc 33 – Pittsburgh, PA, February 6, 1966 (Audience tape)
Disc 34 – Hempstead, NY, February 26, 1966 (Audience tape)
Disc 35 – Melbourne, April 19, 1966 (Audience tape)
Disc 36 – Stockholm, April 29, 1966 (Audience tape)

A tempo debito ci torneremo sopra, quando verranno comunicati ulteriori dettagli

Marco Verdi

Dite La Verità, Eravate Un Po’ Preoccupati ! Jerry Garcia & Merl Saunders – Garcia Live Vol. 6: Lion’s Share

jerry garcia garcialive volume six

Jerry Garcia & Merl Saunders – Garcia Live Vol. 6: Lion’s Share, July 5th 1973 – ATO Records 3CD

Dite la verità, eravate preoccupati che da un po’ di tempo non ci si occupava dei Grateful Dead? Eccovi serviti: è infatti uscito da qualche settimana il sesto volume della serie Garcia Live, dedicato ai migliori concerti dell’ex leader del leggendario gruppo di San Francisco, Jerry Garcia, una collana di pubblicazioni che ha sostituito la precedente, denominata Pure Jerry (ma anche i Dead stanno per pubblicare l’ennesimo Dave’s Picks). Questa volta ci si è rivolti ad un concerto del 1973, annata molto attiva per il nostro, insieme al tastierista Merl Saunders, una serata tenutasi al Lion’s Share  (un piccolo club di San Anselmo, nella Bay Area) poco tempo prima dei mitici concerti che avrebbero poi dato vita al famoso Live At Keystone. La formazione è la stessa, con Jerry e Merl accompagnati dal fido John Kahn al basso e Bill Vitt alla batteria, ai quali nella seconda parte dell’esibizione si aggiungerà (ma, come vedremo, potevano anche farne a meno) un trombettista indicato sul libretto come “Mystery Guest”, ma che dovrebbe essere Martin Fierro, dato che poi si occuperà del medesimo strumento nei Legion Of Mary, futura backing band del Garcia solista. Il triplo CD, che presenta un suono decisamente spettacolare (come se fosse stato inciso la settimana scorsa) vede i due leader (ma Jerry lo è di più) spaziare come di consueto dal rock al blues all’errebi, fino al jazz ed alla jam pura, con brani al solito lunghi e dilatati, perlopiù cover di pezzi famosi ma anche oscuri, dato che Garcia senza i Dead amava sperimentare ed occuparsi ben raramente di canzoni scritte da lui.

La performance è scintillante, addirittura fantasmagorica nelle parti strumentali, con Jerry in forma assolutamente strepitosa e Saunders non da meno quando piazza le mani sui tasti dell’organo, lunghi brani suonati in maniera calda e liquida, che hanno l’unico tallone d’Achille nelle parti vocali; Garcia infatti, si sa, non è mai stato un grandissimo cantante, ma a seconda delle serate riusciva anche a cavarsela egregiamente: qui invece fa parecchia fatica, le stonature sono sempre in agguato, e Jerry questo lo capisce e cerca di non forzare più di tanto, con il risultato che le parti cantate abbassano di parecchio la tensione che si viene a creare quando il gruppo si limita a suonare. Altro tasto dolente, la presenza nella seconda metà del concerto di Fierro (o chi per esso), che con la sua tromba invadente e spesso fuori posto,  a mio parere, c’entra poco con il suono generale del quartetto, finisce per rischiare di rovinare delle parti strumentali che, con un cantante più in forma, avrebbero reso questo sesto volume uno dei più belli della serie. Ma anche così direi che l’acquisto può essere pienamente giustificato, in quanto di cantato complessivo non c’è poi molto, e lo stato di forma “chitarristico” di Garcia da solo può valere la spesa.

Il primo CD si apre con la nota After Midnight di J.J. Cale, più lenta di come la faceva Clapton e più nello stile del suo autore, e già si capisce che la serata è di quelle giuste, con Jerry che rilascia subito un assolo dei suoi, ben assecondato dall’organo “caldo” di Saunders, relegando quasi le strofe cantate ad un intermezzo obbligato. Someday Baby è un blues di Sam Hopkins (che Bob Dylan ha pubblicato su Modern Times cambiando solo qualche parola e firmandolo come suo), anch’esso rallentato, quasi spogliato delle sue caratteristiche originarie, ma con un’altra performance super del barbuto chitarrista, che riesce a far sua la canzone al 100%; She’s Got Charisma è un pezzo originale di Saunders, l’inizio è quasi bluesato, ma ben presto si trasforma in una sontuosa jam strumentale dove Jerry e Merl si affrontano ad armi pari, con momenti di psichedelia pura, diciotto minuti di godimento, che confluiscono in una That’s Alright Mama che di minuti ne dura tredici, in cui il noto successo scritto da Arthur Crudup (ma reso immortale da Elvis Presley) è solo un pretesto per le formidabili evoluzioni di Jerry. Il secondo dischetto si apre ancora con un brano di Merl, The System, un pezzo che non è certo un capolavoro (e Saunders come cantante non se la cava molto meglio di Jerry), ma l’abilità dei nostri nel trasformare in oro anche canzoni minori è impressionante, altri diciotto minuti di sballo strumentale. Il primo set di chiude con una concisa rilettura (“solo” sei minuti) di The Night They Drove Old Dixie Down di The Band, una delle grandi canzoni della nostra musica che nelle mani di Garcia e soci non può che scintillare luminosa, anche se Levon Helm la cantava cento volte meglio.

Dopo un break i nostri tornano sul palco insieme a Fierro (che si tratterrà fino alla fine), un’aggiunta che nelle intenzioni avrebbe dovuto dare più colore al suono, anche se a mio parere non ce n’era bisogno: I Second That Emotion (Smokey Robinson) è in versione decisamente calda e piena di ritmo, un suono corposo e denso e solita grande chitarra, mentre il classico di Rodgers & Hart My Funny Valentine è una scusa per altri venti minuti di suoni in totale libertà, al limite del free jazz, ma poi Jerry prende il sopravvento e stende tutti come al solito, anche se l’invadenza della tromba dopo un po’ diventa palese, mentre le cose vanno meglio con la più sintetica (ma sono pur sempre nove minuti) Finders Keepers, un classico nei concerti di Jerry e Merl (è dei Chairman Of The Board), con Jerry che sfodera un’altra prestazione da manuale in un brano che, se “de-trombizzato”, sarebbe stata ancora migliore. Il terzo CD inizia con l’ottima Money Honey di Jesse Stone, purtroppo inficiata dalla prova vocale insufficiente di Jerry, anche se la parte strumentale è come al solito sublime; Like A Road è una ballata delle meno note tra quelle scritte da Dan Penn (nello specifico insieme a Don Nix), un brano molto soulful e vibrante, anche per merito dell’organo, suonato con grande classe e pathos e cantato anche abbastanza bene (e la tromba qui tace). Poi, altri 27 minuti di jam che partono con un’improvvisazione chiamata Merl’s Tune, in cui si alternano momenti fantastici ad altri più cerebrali, e dove purtroppo Fierro fa il bello ed il cattivo tempo, per finire con la sempre splendida How Sweet It Is (To Be Loved By You) di Marvin Gaye, che Jerry ha spesso usato per chiudere i suoi concerti.

Un live dunque strumentalmente ineccepibile, con diversi momenti di pura poesia sonora, ma anche qualche difettuccio qua e là, che per fortuna però non compromette il giudizio finale che rimane assolutamente positivo.

Marco Verdi

“Antico”, Dylaniano E Sempre Gradevole… Felice Brothers – Life In The Dark

felice brothers life in the dark

Felice Brothers – Life In The Dark – Yep Rock

Come evidenzio nel titolo del Post, questa settima prova di studio dei Felice Brothers, band originaria delle Catskill Mountains, nel Nord dello stato di New York, è sempre molto gradevole, rigorosa per certi versi nelle sonorità abbastanza tradizionali e quindi “antica”, e “Dylaniana” nello spirito, grazie alla voce di Ian Felice, con un twang nasale che rimanda molto al bardo di Duluth. Ma i puntini di sospensione vogliono significare che questa volta i fratelli Felice, pur regalandoci ancora un buon album, non hanno raggiunto la qualità dei primi album (forse), quando il terzo fratello Simone era ancora in formazione (poi se ne sarebbe andato per una carriera solista e anche nel suo gruppo collaterale The Duke And The King http://discoclub.myblog.it/2010/10/07/ma-che-bello-the-duke-and-the-king-long-live-the-duke-and-th/, di cui attendo con ansia una nuova prova discografica) e neppure dell’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2014/07/07/fratelli-vagabondi-della-scena-folk-americana-felice-brothers-favorite-waitress/, di cui si era parlato in modo più che positivo sul Blog.

Intendiamoci, le influenze di Dylan (e della Band) sono sempre presenti, con un suono che rimanda ai Basement Tapes o a His Bobness nel periodo Nashville, ma questa volta le canzoni mancano un po’ di nerbo e melodia: i testi sono sempre legati alla grande tradizione della musica “Americana” (sia con la a maiuscola che minuscola), spesso visionari e divertenti, altre volte più legati a storie vere della provincia, con guizzi letterari anche intriganti: le rime dell’iniziale Aerosol Ball sono degne del miglior Zimmerman “The rain in Maine is made of novocaine”,“Every tooth in Duluth is Baby Ruth-proof”, e così via, cantate con una voce da Dylan anni ’60, su una musica “campagnola”, incentrata sulla fisarmonica di James Felice e sul violino di Greg Farley, ma anche sulla batteria veramente minimale di David Estabrook, il tutto contagioso e delizioso. Jack At The Asylum racconta con partecipazione la straziante storia di un malato mentale nell’attuale America, impietosa e meno attenta ai “diversi” dei tempi passati, a tempo di valzer, con piano in evidenza e la solita strumentazione fintamente sgangherata delle loro migliori canzoni, e un afflato degno del miglior Woody Guthrie nei testi. E anche la title track Life In The Dark ha il fascino dei loro episodi migliori, tra organo, piano e violino che sostengono la voce da storyteller di Ian Felice https://www.youtube.com/watch?v=d9vq5uSylPs . 

Addirittura Triumph ’73 potrebbero evocare rimandi allo Springsteen più romantico, oltre al “solito” Dylan, canzone che narra di una motocicletta (quella della copertina) anziché delle solite auto protagoniste di tante canzoni americane, in ogni caso molto bella https://www.youtube.com/watch?v=Ulu02UFP8lg . Mentre sto scrivendo mi accorgo che questo album cresce ascolto dopo ascolto e devo rivedere il mio giudizio affrettato, i fratelli Felice non hanno perso il loro tocco. Plunder, uno dei brani più mossi dell’album, ha perfino una chitarra elettrica degna dei primi folk-rockers o addirittura di un Chuck Berry, un organo vintage e pure un ritornello insinuante che ti si pianta in testa. Però il 1 minuto e 31 di Sally, tra bluegrass e old time music, non è memorabile, anche se viene subito redento dalla epica ballata country&western Diamond Bell https://www.youtube.com/watch?v=eRzG_xdocxA, che tra violino e fisarmonica avrebbe fatto la sua porca figura su John Wesley Harding e pure su Pat Garrett & Billy The Kid.; Altro momento country/bluegrass è rappresentato da Dancing On the Wing, un pezzo che sembra preso di sana pianta da qualche vecchio vinile della Nitty Gritty epoca Will The Circle Be Unbroken o dei primi Dillards, con assoli di violino, acustica e fisarmonica, un pianino indiavolato e il controcanto di James Felice, già presente in Jack At The Asylum. Conclude la malinconica Sell The House, altro inno all’America dei perdenti che prende la forma di una splendida ballata di nuovo vicina al primo Dylan, rarefatta ed intensa, di grande impatto emotivo. In coda c’è una traccia nascosta ( Chained To The Earth o Long Length Of Chain?), un altro esempio del country-folk “antico” ed elegiaco, cantato con voce spezzata da Ian, che caratterizza questo album, di nuovo con violino e fisa sugli scudi.

E concludo anch’io dicendo che mi ero sbagliato, ritiro le critiche: in corso d’opera e soprattutto ascolto dopo ascolto, questo Life In The Dark non è solo gradevole, ma è proprio un bel disco. Lunga vita ai Felice Brothers.

Bruno Conti

   

“Solo” Un Altro Gruppo Da New Orleans: Bayou Americana, Per Gradire! Honey Island Swamp Band – Demolition Day

honey island swamp band demolition day

Honey Island Swamp Band – Demolition Day – Ruf Records

L’ultima uscita della Ruf, il CD di Andy Frasco & The U.N., non mi aveva entusiasmato http://discoclub.myblog.it/2016/04/16/mi-aspettavo-piu-andy-frasco-and-the-u-n-happy-bastards/ . Ma l’etichetta tedesca si riprende subito con questa ottima proposta di un’altra band americana, anzi di New Orleans per la precisione. La Honey Island Swamp Band, gruppo della Louisiana che aveva raccolto positive recensioni anche sul Blog per il precedente Cane Sugar http://discoclub.myblog.it/2013/09/20/good-news-from-louisiana-honey-island-swamp-band-cane-sugar/ . Ma il quartetto (ora ampliato a quintetto) ha già una decina di anni di attività sulle spalle, con tre album di studio e un EP pubblicati, oltre ad un paio di titoli dal vivo della serie Live At Jazz Fest. Lo stile della band è una riuscita fusione di rock, soul, funky, blues, swamp music, con spruzzate anche di country e folk, che loro stessi, con felice espressione, hanno definito “Bayou Americana” https://www.youtube.com/watch?v=6rZ35Dy8RwY . Quindi a grandi linee siamo dalle parti di altre grandi band della Crescent City tipo Subdudes e Radiators, oltre agli inevitabili paragoni con Little Feat e Band, ma diciamo che le componenti “nere” sono meno accentuate che negli altri gruppi citati. Nella formazione i due leader sono il cantante, chitarrista, mandolinista, all’occorrenza anche armonicista Aaron Wilkinson, che è puree l’autore principale delle canzoni, e il chitarrista, virtuoso della slide, Chris Mulé, anche lui autore prolifico https://www.youtube.com/watch?v=IXeV90lcop0 . L’ottima sezione ritmica è composta da Sam Price al basso e Garland Paul alla batteria: con tutti e quattro i musicisti che apportano le loro eccellenti armonie vocali al suono complessivo del gruppo. Che aggiunge l’ultimo arrivato, il tastierista Trevor Brooks, a completare un sound già ricco,

Il disco precedente era stato prodotto dallo specialista di New Orleans John Porter con ottimi risultati, questa volta in città, al Parlor Studio, si è calato Luther Dickinson. Se l’anno scorso vi era piaciuto, come al sottoscritto, molto,  il disco dei Wood Brothers, qui troverete un altro dischetto più che soddisfacente http://discoclub.myblog.it/2015/12/27/recuperi-sorprese-fine-anno-2-peccato-conoscerli-the-wood-brothers-paradise/ . L’apertura è affidata a How Do You Feel, un pezzo che sembra provenire da una riuscita fusione degli Stones americani a tutto riff e degli intrecci vocali di gruppi come la Band e i Little Feat, con Mulé, l’autore del brano, che intreccia la sua slide con le fluide cascate di note del piano di Brooks, che ricorda molto il tocco del vecchio Nicky Hopkins, con tanto di gran finale di sax che ci ricorda appunto i Rolling di Sticky Fingers. grande inizio. Head High Water Blues, racconta i fatti conseguenti all’uragano Katrina, un evento che ha segnato tutti i musicisti della band, costretti a emigrare a San Francisco per un periodo di tempo, e lo fa a tempo di funky-blues, con la consueta slide tagliente di Mulé, ma anche interventi di Wilkinson con la seconda solista, tastiere “scure” e molto Gumbo nel suo dipanarsi, la voce caratteristica di Wilkinson, ottimo vocalist, qui autore del brano; No Easy Way parte lenta e solenne, quasi funerea, poi innesta un ritmo in crescendo, sulle ali della agile sezione ritmica, interventi mirati dei fiati, e quella slide incombente sullo sfondo del tessuto sonoro del pezzo, che sottolinea l’ottima performance vocale di Wilkinson, mentre un organo vintage dà il tocco in più, per un effetto che a tratti ricorda anche i Neville Brothers, con le percussioni ad aggiungere un feel quasi latino. Medicated, dell’accoppiata Wilkinson/Mulé, ha un’aria più spigliata e sbarazzina, quasi sixties, mi ricorda certe cose della prima J.Geils Band,  anche nell’approccio vocale, ritmo ed energia per un pezzo coinvolgente.

Watch And Chain, con un bel piano elettrico, poi ricorrente, ad aprire le procedure, si avvicina a quel sound Subdudes/Radiators di cui si diceva, sempre il bottleneck di Mulé che incombe sul tutto e ritmi spezzati tra blues e rock di sostanza, con i fiati che sottolineano la voce di Aaron, con improvvisi stacchi funky https://www.youtube.com/watch?v=7Kvml9a5Mok . Katie scritta da Mulé, è una canzone quasi folk, solo chitarra acustica, armonica ed una ritmica discreta, deliziosa nella sua semplicità, il tocco di organo è geniale https://www.youtube.com/watch?v=d8LBRTgxrE0 , mentre Ain’t No Fun è un southern-blues-rock, con la slide potente di Mulé di nuovo in azione, e quel groove che ricorda i vecchi Little Feat ma anche le twin guitars degli Allman Brothers, grande brano, con il basso di Sam Price che è una vera potenza. She Goes Crazy, di nuovo di Mulé, ha  un groove elettroacustico che tanto ricorda i vecchi Subdudes, ma è meno efficace di altri brani; Through Another Day è uno dei brani più potenti della raccolta, introdotto dal suono dell’armonica, poi si sviluppa su intricate atmosfere southern che ricordano il sound dei primi Widespread Panic, con eccellenti intrecci chitarristici. Say It Isn’t True è una bellissima ballata con armonica, piano e una delicata chitarra wah-wah ad incorniciare una splendida performance vocale di Aaron Wilkinson. Il mandolino e l’acustica slide che aprono la conclusiva Devil’s Den, scritta insieme a John Mooney, potrebbero far pensare ad un brano tranquillo, ma poi il pezzo si sviluppa in un notevole crescendo e diventa quasi epico, pur rimanendo nei suoi tratti di “Bayou Americana”. Consigliato di cuore!

Bruno Conti

Nuove Avventure “Underground” Per Lo Svedese Di New Orleans! Anders Osborne – Spacedust And Oceans Views

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Anders Osborne –  Spacedust And Oceans Views – Back On Dumaine Records

Lo svedese di New Orleans, Anders Osborne, un “cliente” abituale del blog, continua imperterrito a sfornate nuovi album: dopo lo splendido trittico (più un EP) pubblicato per la Alligator http://discoclub.myblog.it/2012/04/27/uno-svedese-di-new-orleans-a-los-angeles-anders-osborne-blac/ , culminato con l’ottimo Peace, non si è visto rinnovare il contratto dall’etichetta di Chicago, forse non era piaciuta la simpatica copertina con la bambina che mostrava l’indice?  Sta di fatto che il chitarrista e cantante ha continuato a produrre musica a livello indipendente, autofinanziandosi attraverso Pledge Music; lo scorso anno è uscito un album molto bello, a nome NMO, North Mississippi Osborne, insieme ai fratelli Dickinson, tra le cose migliori in assoluto pubblicate da entrambi, un disco dove il Ry Cooder degli anni ’70, incontrava il folk-rock-blues dei North Mississippi Allstars e la propensione di Osborne anche per la musica della Band, il sound New Orleans e altre sonorità seventies http://discoclub.myblog.it/2015/02/23/disco-bellissimo-peccato-esista-nmo-anders-osborne-north-mississippi-allstars-freedom-and-dreams/ . Purtroppo il disco all’inizio era solo per il download, poi disponibile anche sul sito di Anders, dove si può acquistare tuttora per un bel 20 $ più le spese di spedizione, insieme volendo a questo nuovo Spacedust And Oceans Views, stesso prezzo, li trovate eventualmente entrambi qui  https://squareup.com/store/anders-osborne-inc/.

Questa volta troviamo poche lancinanti cavalcate chitarristiche alla Crazy Horse, o taglienti rock-blues, ma un disco quasi pastorale, molto da cantautore, aspetto comunque sempre presente nelle opere del nostro ex barbutissimo amico (dalle ultime foto sembra l’abbia accorciata notevolmente): dalla delicata iniziale Pontchartrain, con una melodia circolare, leggere percussioni, un elegante e minimale giro di chitarra elettrica e Anders Osborne che ripete ad libitum “I am a burning man” su una melodia che ci ricorda alcune delle sue migliori canzoni più intimiste, passando per la quasi rassegnata Life Don’t Last That Long, un country-blues d’autore sereno che ricorda, come già successo in passato, certe cose minori di Jackson Browne, molto bella comunque.

Nel disco suonano ottimi musicisti, che non saprei collocare nei vari brani, in quanto nelle note non è riportato, comunque ricordo il batterista di New Orleans Johnny Vidacovich, Ivan Neville, Brady Blade, e altri meno noti come il tastierista John “Papa” Gros, il trombonista Mark McGraine, il violinista Stevie Blacke, che cura gli arrangiamenti di archi, peraltro suonati tutti sempre da lui e appare con il suo strumento nella lunga ballata Cape Cod, dove fa capolino anche una delicata steel guitar, in un brano che ricorda addirittura certe cose del miglior Van Morrison, solenne e splendida. Come molto bella è pure la precedente Lafayette, una canzone dove sembra di ascoltare la Band con alla guida e alla voce Levon Helm https://www.youtube.com/watch?v=U9bqEXv6TyQ , e il nostro che alla chitarra, con slide e wah-wah, aggiunge pepe all’arrangiamento. Qui e là si appalesa anche una voce femminile che non ho riconosciuto, ma è assai efficace nel suo supporto canterino; Wind è più ondulata e moderatamente funky, con agganci alla produzione precedente di Osborne, sempre quel cantato piano alla Browne, su una base ritmica mossa e vivace, tra chitarre, voci di supporto e tastiere sullo sfondo.

Molto bella anchee All There Is To Know, altra ballata leggermente mossa e malinconica, come pure Can You Still Hear Me, un bel blues lento caratterizzato da uno dei rari lancinanti solo della chitarra di Anders Osborne, con Move To Mississippi che accentua questo afflato chitarristico ed è uno dei brani che più si avvicina al suono dei dischi rilasciati per la Alligator, quando nella parte centrale titilla la solista con le sue tipiche sonorità acide c’è veramente da goderne. L’elettroacustica Burning Up Slowly ci riporta alla calma e alla serenità dei brani iniziali, altro notevole esempio delle capacità compositive e vocali di questo bravissimo autore e cantante, come pure la leggermente jazzata Tchoupitoulas Street Parade, dedicata ad una località della sua amata New Orleans, con i fiati che la circondano in un caldo abbraccio ed un approccio principalmente strumentale. Big Talk ci mostra entrambe le facce della musica di Osborne, quella più tirata e selvaggia della prima parte e quella sognante e morbida del resto della canzone. A concludere il tutto una “strana” From Space, che sfiora la psichedelia pura nelle parti di chitarra del nostro amico e si avvale anche di inserti recitati in cui appare tra le altre la voce di Rickie Lee Jones (difficile non riconoscerla), quasi free form music che chiude in modo bizzarro un disco per il resto molto piacevole ed accattivante, che conferma la classe di questo signore che quando leggerete questa recensione https://www.youtube.com/watch?v=k-YEhzr3tTU , il 4 maggio scorso, avrà varcato anche lui la soglia dei 50 anni.

Bruno Conti

Il Capostipite Di Una Dinastia Di Musicisti Canadesi Fa Ancora Grande Musica! Ken Whiteley – Freedom Blues

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Ken Whiteley – Freedom Blues – Borealis Music 

Ken Whiteley fa parte di una sorta di dinastia di musicisti canadesi (anche se lui e il fratello Chris sono originari degli Stati Uniti, vivono in Canada, nella zona di Toronto, dalla metà degli anni ’50): proprio con il fratello Chris, ha iniziato a fare musica sul finire degli anni ’60 nella Original Sloth Band, un trio (il terzo componente della band era Tom Evans) che si muoveva in quell’ambito tra blues, folk, roots che era tra gli antenati di quella che oggi si definisce “Americana” music. Sempre con il fratello ha poi fondato i Whiteley Brothers,  dediti a questo stile di musica nell’area blues e dintorni, poi sono nati Ken Whiteley & The Beulah Band, dove milita anche il figlio Ben. A proposito di famiglia, all’appello mancano i figli di Chris: Jenny Whiteley, ottima cantautrice con parecchi album e collaborazioni nel suo carnet, mentre ignoro il CV di Dan Whiteley, l’altro fratello. Venendo al presente, Ken Whiteley ha appena pubblicato nel 2015 un album con la Beulah Band, sempre su Borealis Records, ma vista la distribuzione “carbonara” dell’etichetta pochi se ne sono accorti, mentre l’ultimo album a nome proprio Another Day’s Journey, risale 2010. Quindi cerchiamo di rimediare segnalando questo Freedom Blues, che in copertina riporta una foto del titolare, che ha a giudicare dalla lunga barba bianca e dall’aria vissuta uno potrebbe quasi pensare abbia almeno una ottantina di anni, mentre ne ha giusto compiuti 65 anni al 30 di aprile. Ma a parte i fatti anagrafici Whiteley è pur sempre un pimpante ed eccellente cantante e chitarrista, in possesso di una voce duttile e piacevole, che ricorda a chi vi scrive, di volta in volta, quella di gente come Jesse Winchester, David Bromberg o persino John Mayall, di cui in questo album per certi versi, in parte, ricalca lo stile musicale.

Accompagnato da una ottima band, dove brilla anche una piccola sezione di fiati, con Ewan Divitt, Richard Underhill e Perry White, oltre ad un gruppetto di cantanti di supporto, Kim Harris, Reggie Harris, Amoy Levy, Ciceal Levy (evidentemente i nuclei familiari sono importanti): a completare la formazione Bucky Berger alla batteria e il figlio Ben al basso. Tutto il resto lo suona Ken Whiteley  stesso: chitarre acustiche, elettriche e slide, banjo, armonica, mandolino, piano e organo, percussioni varie. Il risultato è un album dove lo stile cantautorale va a braccetto con il blues, ora venato di folk, ora elettrico, a tratti con forti elementi gospel, e anche con reminescenze del sound della grande Band quando a guidarla vocalmente era Levon Helm.. I brani sono scritti per la maggior parte dallo stesso Whiteley, ma troviamo un brano della nipote Jenny, altri autori minori, qualche traditional e un super classico posto in conclusione. A chi scrive l’album è piaciuto parecchio: dall’iniziale Bring It All Right Down dove sembra di ascoltare il miglior Jesse Winchester degli anni ’70, con la slide acustica di Ken a tessere splendide trame sonore, rafforzate dal suono vintage dell’organo Hammond e dalle corali armonie vocali che aggiungono fascino al tutto, mentre i fiati sono deliziosi in questo piccolo gioiello sonoro posto in apertura.

Freedom Blues sembra provenire dai vecchi vinili della David Bromberg Band, fiati sincopati, una voce sorniona, il blues rivisitato con gusto, le solite armonie vocali di supporto a “colorare” il brano. Freedom Is A Constant Struggle è un lungo gospel blues che parte come un brano di Ry Cooder, con una slide acustica e il canto d’insieme dei protagonisti, poi parte il call and response tipico del genere, intenso e complesso, di grande fascino, con i musicisti impegnati a cogliere le sfumature di questo poderoso brano tradzionale, mentre Whiteley distilla con maestria note dalla sua slide. Stesso discorso per la successiva Throw Me Anywhere, più cadenzata e mossa, che nella seconda parte tenta una trasferta in quel di New Orleans.  Omar Khadr’s Blues dove la voce di Whiteley assume un timbro alla John Mayall, potrebbe essere un brano dei Bluesbreakers americani della seconda fase, con Give Your Hands To Struggle che è una canzone della Sweet Honey In The Rock, quindi un gospel, ma intriso da una profonda anima soul, pezzo splendido e avvincente, Sewing Machines è una bella canzone pianistica scritta dalla cantautrice canadese Nancy White, gradevole anche Right Here In My Town e molto bella Halls Of Folsom, scritta dalla nipote Jenny Whiteley, che pare uscire da qualche disco solista di Levon Helm. Deliziose anche The Other Shore, sempre con quella slide tangente e la cover di Midnight Special, dove washboard e armonica rievocano antichi sapori musicali. E in conclusione di tutto una eccellente versione di I Shall Be Released di Bob Dylan, che parte intima e raccolta, poi si apre in un crescendo corale splendido, con la slide di Whiteley in grande evidenza.

Bruno Conti  

Un Bel Concerto Dalle Plurime Edizioni Per Un “Gentiluomo” Che Non C’è Più! Jesse Winchester – Defying Gravity Studio Six Montreal, 1976

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Jesse Winchester – Defying Gravity Studi Six Montreal 1976 – CD Echoes

*NDB Prima di addentrarci nella recensione una breve precisazione sul titolo del Post: lo stesso concerto, identico, ma con un altro titolo, Seems Like Only Yesterday è uscito anche negli States a “livello ufficiale”, per la Real Gone Music. prendete quello che trovate!

James Rideout “Jesse” Winchester è stato veramente un gentiluomo di altri tempi, un cantautore che avrebbe potuto avere un grande successo nell’era dorata di quel tipo di musica, ma che per le sue idee politiche in piena epoca della guerra in Vietnam si era rifugiato in Canada per sfuggire alla chiamata alle armi. Canada dove Winchester rimase in esilio fino al 1977, quando l’amnistia di Jimmy Carter per i renitenti alla leva gli consentì di rientrare negli Stati Uniti. Ma in quegli anni fervidi, tra il 1970 e il 1976, Winchester realizzò una serie di album splendidi per la Bearsville, l’etichetta fondata da Albert Grossman, il manager di Dylan e della Band, nel primo omonimo dei quali erano presenti sia Robbie Robertson che Levon Helm, il chitarrista della Band anche co-autore di un brano e produttore del disco, con Todd Rundgren ingegnere del suono. Quel disco, sentito ancora oggi è un mezzo capolavoro (a tratti sembra di sentire i Little Feat prima del loro tempo https://www.youtube.com/watch?v=hNGrSREm4YU e comprende la canzone più celebre del suo repertorio, Brand New Tennesse Waltz, con un verso stupendo che recita “I’ve a sadness too sad to be true”, su una musica magnifica. Ma il nostro ha scritto tantissime altre canzoni memorabili nella sua carriera, conclusa con un album ottimo, A Reasonable Amount of Trouble, pubblicato postumo nel 2014, pochi mesi dopo la sua morte avvenuta in aprile, per un cancro all’esofago che lo aveva tormentato negli ultimi anni della sua esistenza.

Ricordo ancora la sua splendida esibizione nello Spectacle di Elvis Costello, una serata magica dove erano presenti Ron Sexsmith, Sheryl Crow e Neko Case, con l’immagine stupenda di quest’ultima con delle lacrime silenziose che le scorrono sul viso, mentre Jesse Winchester esegue una struggente  “Sham-A-Ling-Dong-Ding”, e anche Costello e il resto del pubblico non erano meno emozionati, se non la conoscete andate a vedervi il video su YouTube, oppure guardate qui sopra e non potrete evitare di commuovervi.

Ma questo Live del 1976, perché di concerto radiofonico si tratta, lo ritrae nel pieno del suo fulgore artistico, una serata che è una primizia, Jesse è ancora in Canada, a Montreal, ma lo show viene trasmesso in contemporanea anche negli Stati Uniti, la prima volta nella storia, con una presentazione bilingue, anche in francese, e una esibizione notevole (e ben registrata), dove Winchester, accompagnato da un quartetto, dove la stella è il suonatore di pedal steel, Ron Dann, presente anche nell’album di quell’anno Let The Rough Side Drag, come pure in dischi di altri grandi canadesi come David Wiffen, Ian Tyson e Murray McLauchlan, ma anche l’altro chitarrista, Bob Cohen, era un ottimo musicista. Jesse Winchester era molto legato al Canada (dove aveva vissuto per lunghi periodi della sua vita, prima di tornare negli USA, in Virginia nel 2002) e quindi inizia la serata con un omaggio alla sua terra di adozione con una versione in francese di Let The Good Times Roll, per l’occasione Laisse Les Bons Temps Rouler, che sembra un pezzo di Zachary Richard prima del suo tempo.

Silly Heart, un’altra delle sue bellissime e malinconiche ballate, viene da Third Down, 110 To Go, il suo secondo eccellente album con un titolo mutuato dal football americano https://www.youtube.com/watch?v=K6djDoCx0TE , la voce di Winchester, calda ed avvolgente, è al top della sua espressività, pensate ad un Lyle Lovett ante litteram, partecipe delle storie dei personaggi delle sue canzoni. Tell Me Why You Like Roosevelt è un vecchio spiritual tradizionale, con delicati intrecci vocali e strumentali dell’ottima band che accompagna Winchester. Bowling Green è un brano del ’67 degli Everly Brothers, deliziosa (l’ha incisa anche, toh, Neko Case), con una pedal steel avvolgente, seguita da una versione assai mossa di Midnight Bus e dalla bluesata Everybody Knows But Me, sull’album del 1976, prima di lanciarsi nel più bel pezzo country scritto da un autore che country non era, anche se aveva vissuto a lungo a Memphis, pur essendo nato in Louisiana, stiamo parlando di The Brand New Tennessee Waltz, e qui la pedal steel è perfetta.

Ancora quasi country per Let The Rough Side Drag, con Winchester al piano e poi una ballata splendida come Defying Gravity, e pure All Of Your Stories, altro brano pianistico, in quanto a fascino non scherza. Seems Like Only Yesterday è un brillante country-rock, mentre si ritorna alle ballate acustiche malinconiche con Mississippi You’re On My Mind e ad un brano di grande atmosfera come Black Dog, poi lo swing-blues à la Bromberg di Twigs And Seeds. Ancora blues elettrico per Isn’t That So, che precede la bellissima Yankee Lady dal primo album, prima di avviarsi alla conclusione con You Can’t Stand Up Alone, a cappella. Il bis è una delicata e quasi jazzata Blow On Chilly Wind, altro brano che conferma la classe di questo splendido autore ed interprete.

Bruno Conti

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 2. Un Peccato Non Conoscerli: The Wood Brothers – Paradise

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The Wood Brothers – Paradise – Honey Jar Records

Vi offro una carota di fine anno: ma a differenza di quella di fronte al ciuccio nella copertina di Paradise, nuovo e nono album dei Wood Brothers, non è irraggiungibile, tutt’altro. Anzi, se amate la buona musica, e in questo disco ce n’è tanta, dovete fare il possibile per recuperarlo. I fratelli Wood sono due: Chris, anche contrabbassista con Medeski, Martin & Wood, trio di chiara impronta jazz e Oliver, chitarrista, cantante e produttore (recentemente con Shemekia Copeland per l’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2015/09/21/la-piu-bianca-delle-cantanti-nere-recenti-shemekia-copeland-outskirts-of-love/ , ma ha prodotto anche molti dei precedenti e nel 2014 l’eccellente disco di Seth Walker http://discoclub.myblog.it/2014/09/01/rock-blues-soul-miscela-perfetta-seth-walker-sky-still-blue/). A completare la formazione, quello che loro definiscono il terzo fratello (da cinque anni con loro), Jano Rix, a batteria, percussioni e tastiere. Il genere, oltre al rock, blues e soul ricordati nel titolo del Post su Walker, incorpora anche elementi di roots music, o Americana se preferite, e New Orleans sound mediato dall’ottica più rock dei Little Feat. E in questo album anche sprazzi di rock psichedelico fine anni ’60, alla Traffic, band in cui militava l’omonimo Chris Wood. Quindi, se vogliamo, lo stile si potrebbe avvicinare, anche grazie all’uso dei fiati in alcuni dei brani, a quello della Tedeschi-Trucks Band, band con cui Oliver ha spesso collaborato in passato, e i cui titolari, Derek Trucks alla alide, e Susan Tedeschi alla voce, sono presenti come ospiti in Never And Always, una di quelle ballate gospel profane, fintamente pigre e ciondolanti, con l’acustica e il contrabbasso dei Woods e la voce deliziosa di Susan ad evocare quelle calde atmosfere di certe canzoni della Band, fino alla esplosione breve e ficcante della slide di Trucks. 

Anche Raindrop, con i suoi ritmi funky e frastagliati, evoca sia il sound della succitata Band quanto il suono dei gruppi della Louisiana, grazie ai fiati, il trombone in particolare, che si insinuano nel groove poderoso della batteria e del basso di Chris Wood, per la prima volta alle prese con uno strumento elettrico in questo album, e anche la chitarra di Oliver ha la giusta quota di cattiveria, per non parlare delle voci delle McCrary Sisters. Ma “ecletticità” è la parola d’ordine di questo disco: in American Heartache, cantata a due voci dai fratelli Woods, si respira, anche grazie all’armonica dylaniana di Chris, profumo della grande musica americana evocata dal titolo del brano e Oliver rilascia anche un breve e ficcante assolo https://www.youtube.com/watch?v=F1eZqp-Bd3Y . Per non parlare di quella splendida e malinconica ballata che risponde al nome di Two Places, una canzone che parte piano sull’onda di una chitarra acustica, poi lentamente entrano tutti gli strumenti, una rullata di balleria e un colpo di basso, poi scivola dentro un evocativo Hammond e poi arrivano, in questo continuo crescendo, i fiati e tutto si rivela nel suo magico splendore. Ancora diversa la tirata e bluesata iniziale Singin’ To Strangers, di nuovo vicino allo spirito di Dylan e la Band https://www.youtube.com/watch?v=6WidA1yJBGU , grazie di nuovo all’armonica e al lavoro delle chitarre, magistralmente arrangiate, mentre Susan Tedeschi (o sono le McCrary?) presta nuovamente la sua voce per le perfette armonie vocali e Oliver inchioda un altro breve solo dei suoi, e sembra anche di ascoltare i vecchi Delaney & Bonnie, con il loro rock got soul.

Touch Of Your Hand. cantata da Chris Wood, con il classico risuonare del suo contrabbasso a contraddistinguerla, come pure il twangin’ evocativo delle chitarra di Oliver, ha anche tratti di country desertico e anomalo nel suo DNA, mentre Without Desire con il suo serpentino e sinuoso incedere ha stampato New Orleans nel biglietto da visita, tra chitarre, organi e fiati che si dividono equamente gli spazi con la chitarra di Oliver, un solista non esplosivo ma dalla tecnica e dal feeling magnifici. Come conferma, a proposito di serpenti, il R&R à la Little Feat, della vorticosa Snake Eyes, sempre arricchita dalle efficaci armonie vocali di tutto il gruppo, in cui anche Jarno Rix ha la sua parte https://www.youtube.com/watch?v=E7XOBPTI1Iw . Probabilmente, come ha detto il gruppo, alla riuscita di questo Paradise ha contribuito il fatto che i membri della band, vivendo ora tutti a Nashville, hanno potuto scrivere insieme i brani del disco. Come conferma la splendida River Of Sin https://www.youtube.com/watch?v=aLwGosdeiv8 , un’altra ballata jazzata dove si apprezzano il piano e l’organo di Rix che conferiscono un’aria old style, quasi alla Randy Newman, a questa delicata ode al peccato, sempre impreziosita da un cesellato lavoro vocale, in questo caso delle McCrary Sisters. Ho dimenticato qualcosa? Ah sì, manca la dolce e bucolica Heartbreak Lullaby, una piccola delizia folk ed acustica che completa la tavolozza di colori usata per questo Desire, prendere appunti di fine anno, please!

Bruno Conti